Mese: Luglio 2025
Diritto d’autore e intelligenza artificiale: ampio studio per il Parlamento Europeo
Approfondito studio di Nicola Lucchi per il Parlamento Europeo Generative AI and Copyright Training, Creation, Regulation, luglio 2025:
Riporto i cinque principali punti come riassunti nell’Execurtive Summary:
“This study identifies five key findings:
(1) The current EU text-and-data mining (TDM) exception was not designed to accommodate the expressive and synthetic nature of generative AI training, and its application to such systems risks distorting the purpose and limits of EU copyright exceptions.
(2) Fully machine-generated outputs should remain unprotected; AI-assisted works require harmonised protection criteria.
(3) A statutory remuneration scheme is essential to bridge the growing value gap between creators and AI developers.
(4) The fragmented governance landscape underscores the need for more coherent, cross-sector institutional responses.
(5) Without timely reform, the EU risks legal uncertainty, market concentration, and cultural homogenisation”.
(segnalazione di Martin Ebers in Linkedin)
Concorso di cause (attuale e situazione sanitaria preesistente) nel danno alla persona
Cass. sez. III, 26/06/2025 n. 17.179, rel. Fanticini:
<<- con le censure – che possono esaminate congiuntamente perché tra loro intimamente connesse – il ricorrente formula fondate critiche alla motivazione addotta del giudice d’appello, che per escludere il nesso causale tra un tamponamento (evento di lieve entità) e l’infarto miocardico occorso al Gu.Ma.:
– ha fondato il proprio decisum su un generico id quod plerumque accidit (secondo cui da sinistri di minima entità non possono derivare danni fisici gravi) che prescinde dalle risultanze peritali e non ha considerato che, ai fini risarcitori, la condotta lesiva può costituire anche solo una concausa dell’evento verificatosi;
– stando alla conclusione a cui è approdato, ha relegato l’infarto a evento eccezionale e, cioè, a un’ipotesi talmente improbabile da potersi ragionevolmente escludere la sua derivazione causale dall’incidente stradale, ma la motivazione sul punto non è perspicua – sia perché si basa su un postulato apodittico (è vero che da un sinistro lieve non derivano, solitamente, danni gravi, ma si tratta di una presunzione e non di un dato inconfutabile) e si risolve in una petizione di principio (“appare sicuramente un evento eccezionale che, in base ad una valutazione ex ante e secondo l’id quod plerumque accidit, non consegue, secondo il principio della regolarità causale, a sinistri del tipo di quello descritto”), sia perché non è esplicitata alcuna analisi sul grado di probabilità – ed è in parte contraddittoria – dato che la stessa Corte palermitana asserisce che il tamponamento, con conseguente ricovero, “può avere agito come concausa della complicazione della placca ateromatosa” – e, proprio per la sua lacunosità, inidonea a giustificare lo scostamento dalle contrarie conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio;
– ha enunciato i preesistenti fattori di rischio del ricorrente, ma – pur dando atto della possibile incidenza del sinistro in concomitanza coi medesimi (“Nel caso di specie, lo stimolo emotivo correlato al sinistro può avere contribuito alla complicazione della placca, in aggiunta all’azione infiammatoria scatenata dalla iperglicemia indotta dalla terapia steroidea in un preesistente ambiente protrombotico connesso al diabete, obesità e ipertensione”) – ha repentinamente e apoditticamente attribuito interamente a questi l’infarto: al contrario, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo recepito il principio noto come “thin skull rule”, secondo cui il danneggiante è responsabile per tutte le conseguenze del proprio comportamento, anche se aggravate da condizioni preesistenti del danneggiato (tra le altre, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28990 del 11 novembre 2019, ha ribadito che “In tema di responsabilità civile, l’autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della particolare condizione del soggetto danneggiato (cd. thin skull rule)”; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21 luglio 2011, ha statuito che “Il concorso di una causa naturale non esclude la responsabilità del danneggiante, se la sua condotta ha avuto un’efficacia causale rilevante nella produzione dell’evento, secondo il criterio del “più probabile che non””);
– in definitiva, nella sentenza impugnata è mancato un compiuto accertamento del nesso causale secondo la nota regola del “più probabile che non” riferita allo specifico caso esaminato;
SRL socia di società di fatto (con altra SRL)
Cass. sez. I, 03/05/2025 n. 11.604, rel. Pazzi:
<<La riforma del diritto societario ha espressamente consentito la partecipazione, anche di fatto, di una società di capitali a una società di persone (cd. “supersocietà”).
Gli artt. 2361 cod. civ. e 111 – duodecies disp. att. cod. civ., infatti, hanno inequivocamente previsto che una società di capitali possa assumere la qualità di socio illimitatamente responsabile, tra l’altro, di una società in nome collettivo, pur se irregolare (art. 2297 cod. civ.) come la società di fatto.
La prova della sussistenza di tale società dev’essere fornita attraverso la dimostrazione dei presupposti costituiti dall’esercizio in comune dell’attività economica, dall’esistenza di un fondo comune (da apporti o attivi patrimoniali) e dall’effettiva partecipazione ai profitti e alle perdite e, dunque, da un agire nell’interesse, ancorché diversificato, dei soci (v. Cass. 5458/2023, Cass. 12120/2016).
La Corte distrettuale si è attenuta a questi principi.
Infatti, la sentenza impugnata ha accertato, in fatto, “la comunanza ed identità degli elementi organizzativi, strutturali ed amministrativi delle due imprese – comprovata anche dal vicendevole utilizzo del personale dipendente, dell’una a favore dell’altra società – e degli scopi dell’esercizio dell’attività economica volta a fornire ai clienti sia la vendita di macchine industriali, edili, stradali sia i servizi di supporto meccanico e di assistenza post-vendita” (pag. 11 della decisione impugnata).
Questi elementi, uniti al fatto che le due società avevano una compagine sociale coincidente e un identico amministratore unico, hanno indotto i giudici distrettuali a ritenere dimostrato, in via indiziaria, che le singole società avessero operato secondo i consolidati tratti dell’esercizio in comune dell’attività economica, di un agire unitario nell’interesse dei soci, nonché dell’assunzione ed esteriorizzazione del vincolo, anche verso i terzi, e dunque a ravvisare l’esistenza tra ORTES COMMERCIALE Srl e Ortes Service Srl di una società di fatto (Ortes) che appariva ed era rappresentata nei confronti dei terzi come un’unica realtà societaria.
Un simile accertamento, che risponde alle caratteristiche richieste dall’art. 2247 cod. civ., costituisce un apprezzamento di merito incensurabile in sede di legittimità (se non attraverso la deduzione di un vizio di motivazione, non prospettata nel caso di specie)>>.
Sul marchio tridimensionale e i suoi aspetti utilitari che ne minano la validità (ancora sul cubo di Rubik)
Trib. UE 9 luglio 2025, C-1170/23, Spin Master v. EUIPO + interv. Verdes Innovation, conferma l’appello EUIPO sulla invalidità del marchio di forma : i colori sulle facciate e sui singoli quadrettini sono necessari per la funzionalità del prtodortto.
La decisione inizia con un preambolo sui limiti generali alla registrabilità del marchio di forma(§ 32 ss), da studiare per chi si dovessere occuparsi del tema.
” 115 in that regard, it must be observed that the fact that each face (and each small square) of the cube can be distinguished by means of six different colours constitutes an essential characteristic of the contested mark which is necessary to obtain the technical result of that mark, as has been established in paragraphs 52 and 53 above. The technical function of that essential characteristic is to make it possible to distinguish, by means of a contrasting effect, each face of the cube, as well as each of the small squares of the grid structure appearing on each of those faces.
116 It must also be observed that the presence in the contested mark of non-essential characteristics consisting of a range of six basic colours, in so far as those colours per se are not functional, does not alter the conclusion that that mark consists exclusively of the shape of goods which is necessary to obtain a technical result, having regard to the case-law on minor arbitrary elements (see paragraph 40 above). Moreover, in the light of the basic character of those colours, the applicant’s claim that ‘excitement is not part of the technical function of a product’ is ineffective in the present case, since the technical function of the different colours at issue is not to ‘excite’ the observer, but to make it possible for him or her to distinguish, by means of a contrasting effect, the faces of the cube and the small squares on them. (…)
124 The Board of Appeal did not therefore make an error of assessment in finding, in essence, that the essential characteristic relating to the fact that each face (and each small square) of the cube can be distinguished by means of six different colours producing a contrasting effect was functional, that is to say, necessary to obtain the technical result of the contested mark>>.
L’edizione critica è in linea di massima opera dell’ingegno, perchè dotata di creatività
Soprendenti conclusioni 26.06.2025 dell’AG Spielmann in C-649/23, in Institutul de Istorie şi Teorie Literară „G. Călinescu”, Fundaţia Naţională pentru Ştiinţă şi Artă contro HK, in qualità di erede di TB, VP, GR . circa l’oggetto (da noi art. 85 quater l.a.).
Che il testo ricostruito sia frutto di attività creativa, infatti, è assai difficile, mirando lo studioso solo a ricostruire un fatto storico-letterario incerto.
Altra cosa è l’apparato critico accompagnatorio, che certamente può esserlo.
La segnalazione è di Eleonora Rosati in IPK
E’ però impossibile giudicare in astratto. Forse nel singolo caso anche una ricostruzione può essere frutto di creatività , magari quando il testo originale è assai lacunoso : ma allora sarebbe ancora una “edizioni critica” o diverrebbe piuttosto una normale opera derivata?
Così’ l’AG: <<Orbene, a mio avviso, quando un autore tenta di ricostituire un’opera letteraria incompleta in una forma che considera il più possibile simile a quella elaborata dall’autore dell’opera originale, non si può ritenere, in linea di principio, che egli stia semplicemente svolgendo un’attività di ricerca, fornendo un know-how o compiendo uno sforzo intellettuale privo di qualsiasi forma di creatività personale. Al contrario, può darsi che l’autore possa scegliere tra diverse opzioni. Le scelte grammaticali, lessicali, letterarie e stilistiche che compie saranno verosimilmente dettate, o almeno influenzate, dai suoi anni di esperienza, dalla sua competenza filologica, dalle sue conoscenze e dalla sua comprensione del periodo in cui l’opera originale è stata redatta e del periodo storico coperto da tale opera, dalla sua conoscenza dell’autore dell’opera originale, del suo stile e della sua espressione linguistica, nonché dalla sua interpretazione di ciò che percepisce essere l’intenzione di tale autore. Quando l’autore dell’edizione critica attinge non solo dal proprio mestiere e dalla propria conoscenza dell’autore, della lingua, dell’epoca e dell’opera originale, ma anche dalla sua propria immaginazione, dalle sue intuizioni e dalla sua sensibilità per inventare o reinventare gli elementi perduti o incomprensibili, pur cercando di rimanere fedele allo spirito dell’opera originale, egli sta svolgendo un’attività creativa ed imprime all’opera altrui la propria personalità, così creando un’opera derivata>>.
E poi in fine <<Pertanto, a seconda delle circostanze, la ricostituzione di un’opera diventata di dominio pubblico può essere simile alla creazione di un’opera derivata che presenti elementi di originalità in quanto l’autore ha preso in prestito o ha incorporato creazioni preesistenti. A tal fine, è necessario indagare in che modo l’autore dell’edizione critica sia intervenuto sull’opera originale (35). A tal proposito, spetta al giudice nazionale adito tenere conto di tutti gli elementi pertinenti della controversia principale (36). Il tipo di opere in questione e le competenze specifiche di altri ricercatori impegnati in studi identici o simili possono, in particolare, essere utili al fine di comprendere cosa debba essere qualificato come «opera autonoma», di per sé tutelata sulla base del diritto d’autore, e cosa invece sia una mera riedizione scientifica di conoscenze di dominio pubblico.>>
Segnalazione di Eleonora Rosati in IPKat, che ha la stessa perplessità.
Revocabilità del trasferimento immobiliare in sede di separazione personale tra coniugi
Cass. sez. II, 17/06/2025 n. 16.367 rel. Pirari, offre precisazioni all’operatore quando deve occuparsi di transigere una separazione o divofrsio con un trasferimento immobiliare:
<<5.2 Venendo al merito, osserva il collegio come la doglianza prospettata nei quattro motivi in esame sia stata risolta da questa Corte con l’ordinanza n. 17908 del 4/7/2019 (Rv. 654438 – 01), con la quale la terza Sezione, sia pure in una causa riguardante altro creditore, ma avente ad oggetto il medesimo atto di trasferimento dello stesso bene intercorso tra i coniugi De. – Gu., ha affrontato la questione della natura onerosa o gratuita dello stesso, e come ad essa possa attribuirsi efficacia riflessa anche nel presente giudizio.
Come più volte sostenuto da questa Corte, infatti, il giudicato formatosi in un determinato giudizio può spiegare efficacia riflessa nei confronti di un soggetto rimasto estraneo al rapporto processuale, purché questi sia titolare di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo, o comunque a questa subordinato (tra le tante Cass., Sez. 3, 4/7/2019, n. 17931; Cass., Sez. 2, 25/2/2019, n. 5411) e anche quando solo alcuni dei fatti costitutivi della fattispecie del rapporto pregiudiziale-condizionante integrino gli elementi del rapporto pregiudicato-condizionato (tra le tante Cass., Sez. 5, 23/10/2023, n. 29301), situazione questa verificatasi nel caso di specie.
Infatti, la citata ordinanza n. 17908 del 4/7/2019, partendo dal presupposto che “la giurisprudenza di legittimità, da tempo, riconosce che le attribuzioni patrimoniali dall’uno all’altro coniuge concernenti beni mobili o immobili, in quanto attuate nello spirito degli accordi di sistemazione dei rapporti fra i coniugi in occasione dell’evento di separazione consensuale, sfuggono sia alle connotazioni classiche dell’atto di “donazione” vero e proprio (tipicamente estraneo, di per sé, ad un contesto – quello della separazione personale – caratterizzato dalla dissoluzione della ragioni della convivenza materiale e morale), e dall’altro, a quello di un atto di vendita (attesa oltretutto l’assenza di un prezzo corrisposto), e che tali attribuzioni, sempre secondo l’oramai consolidato indirizzo di legittimità, svelano una loro “tipicità”, la quale, di volta in volta, può colorarsi dei tratti della obiettiva “onerosità”, ai fini della più particolare e differenziata disciplina di cui all’art. 2901 c.c., in funzione della eventuale ricorrenza, nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutorio-compensativa” più ampia e complessiva, di tutta quella serie di possibili rapporti aventi significati (o eventualmente, solo riflessi) patrimoniali, i quali, essendo maturati nel corso della (spesso anche lunga) quotidiana convivenza matrimoniale, per lo più non si rendono perciò sempre – guardati con sguardo retrospettivo – immediatamente riconoscibili come tali” (così, testualmente, già Cass. 23/03/2004 n. 5741), hanno affermato che l’onerosità dell’attribuzione patrimoniale non può farsi discendere tout court dall’astratta sussistenza di un obbligo legale di mantenimento, ma può emergere dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato da un coniuge al ménage familiare e non adeguatamente rappresentato dalla situazione patrimoniale formalmente in essere fino al momento della separazione”.
Partendo da tali considerazioni, è stato dunque osservato come “la qualificazione dell’atto dispositivo per cui è causa come atto a titolo oneroso dipende dalla possibilità di ricondurlo, in concreto, ad una causa che, trovando titolo nei pregressi rapporti anche di natura economica delle parti e nella necessità di darvi sistemazione nel momento della dissoluzione del vincolo, giustifichi lo spostamento patrimoniale fra i coniugi” e come, nonostante l’evidenza con cui De.Ma., rispondendo ad un impulso squisitamente arbitrario aveva deciso della sorte giuridico-economica delle proprie sostanze, sì da incidere negativamente nella propria sfera patrimoniale, la Corte territoriale non ne avesse tratto, invece, come avrebbe dovuto, elementi atti a confermare la peculiare natura “gratuita” dell’atto di disposizione assunto con l’atto di separazione.
5.3 Questa situazione è per l’appunto la stessa verificatasi nel caso di specie.
I giudici di merito, infatti, pur partendo dalla corretta considerazione secondo cui, in caso di separazione consensuale, l’atto di attribuzione patrimoniale in favore di uno dei due coniugi può assumere carattere di gratuità o di onerosità, dovendosi, al riguardo, tener conto della situazione in concreto realizzatasi, valutata la situazione familiare ed economico-patrimoniale delle parti, hanno ritenuto che l’atto di trasferimento avesse carattere solutorio e non di liberalità, in quanto l’immobile che ne era oggetto era adibito a casa familiare, nella quale abitavano la moglie e il figlio minore, e in quanto le parti avevano ritenuto, sia in sede di separazione, sia di divorzio, che spettasse alla moglie un assegno di mantenimento da parte del marito, da soddisfare una tantum proprio con il trasferimento, in suo favore della quota di proprietà del primo, che tale statuizione fosse congrua, atteso che la moglie lavorava in un supermercato con contratto part time con limitate prospettive di accrescere la sua capacità di produrre reddito e che nessuno potesse sindacare le scelte operate al riguardo dai coniugi.
Tali argomentazioni non considerano però che l’assegno di mantenimento, in sostituzione del quale era stata attribuito a Gu.Lu., in aggiunta alla sua quota, il 50% della proprietà dell’immobile adibito a residenza familiare, andava riconosciuto solo ove fosse emerso che la stessa non era in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto durante la convivenza matrimoniale e che versava effettivamente in una situazione di disparità economica rispetto al marito.
Tale disparità non è stata affatto sindacata dai giudici di merito, che si sono limitati a valutare lo stato economico della coniuge, senza esaminare in alcun modo quello dell’altro coniuge, ciò che sarebbe stato massimamente opportuno, ove si consideri che quest’ultimo non si era limitato a privarsi della sua quota di comproprietà di due immobili, assegnandoli alla moglie a titolo di mantenimento una tantum, in aggiunta al trasferimento ad essa, per la medesima causale, di titoli obbligazionari e azionari per euro 53.022,22, ma si era anche impegnato a corrisponderle un assegno mensile per il mantenimento del figlio minore, trasferendole anche la somma di Euro 2.750,00 in contanti, in quanto denaro personale di quest’ultima, e rendendosi sostanzialmente impossidente.
La pronuncia si pone allora in contrasto con quanto afferma la giurisprudenza in materia, secondo la quale, al fine di individuare l’esigenza di uno dei coniugi di vedersi assegnato un quid per il mantenimento, deve tenersi conto della situazione economico patrimoniale di entrambi i coniugi, deducendola “non solo” dalla valutazione dei redditi, ma da ogni altra circostanza rappresentata da elementi di ordine economico, o suscettibili di apprezzamento economico, idonei ad incidere sulle condizioni delle parti (sul punto la citata ordinanza n. 17908/2019)>>.
Micropermenti regolate dall’art. 139 cod. ass. anche quando frutto in inadempimento ad un contratto di trasporto
Cass. sez. III, 25/05/2025 n. 13.885, rel. La Battaglia, relativa ad un danno provocato al passeggero da negligente conduzione di autobus del trasporto pubblico locale:
<<1. Con l’unico motivo di ricorso, la società ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 122 e 139 D.Lgs. n. 209/2005, per aver ritenuto inapplicabile alla fattispecie concreta – ai fini della liquidazione del danno da lesione della salute – il D.Lgs. n. 209/2005, nonostante la causa dell’evento lesivo fosse palesemente riconducibile alla circolazione stradale (irrilevante essendo, a tal fine, il titolo contrattuale della responsabilità della società esercente il servizio di trasporto pubblico di linea). Invero – prosegue la ricorrente – “la norma non oper(a) alcuna differenziazione tra le diverse azioni spettanti al danneggiato, che sia quella diretta contro l’assicuratore di cui all’art. 142 Cod. Ass., ovvero quella contro il danneggiante: quel che conta, ai fini dell’applicazione dei criteri risarcitori ivi contemplati, è che il danno biologico tragga origine dalla circolazione del mezzo” (pag. 10 del ricorso per cassazione).
Il motivo è fondato.
L’art. 139 cod. ass. delinea il proprio ambito di applicazione, al comma 1, con riferimento al “risarcimento del danno biologico per lesioni di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione di veicoli a motore e di natanti”.
Elemento dirimente, ai fini dell’applicazione di tale disposizione, appare, dunque, il collegamento eziologico dell’evento lesivo della salute rispetto alla circolazione stradale (collegamento ben espresso da Cass., n. 4509/2022, che, in motivazione, osserva che “là dove si faccia questione di danni asseritamente derivanti dalla circolazione stradale, la circostanza dell’avvenuto danneggiamento di un soggetto impegnato in detta circolazione non assum(e) di per sé alcun rilievo determinante, occorrendo, ai fini della qualificazione della causa del danno (come segnatamente derivante dalla circolazione stradale), che nella ridetta circolazione stradale sia piuttosto impegnato il danneggiante, sì che possa senza alcun dubbio ricondursi la causa efficiente del pregiudizio denunciato a quella specifica fonte di danno (cfr. l’art. 139 cit., là dove sottolinea l’applicabilità delle tabelle ivi previste ai soli “danni derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione stradale”))”.
Dal punto di vista della causalità materiale, è evidente che tale collegamento sussista anche allorquando (come nel caso di specie) la circolazione stradale si correli all’esecuzione di un contratto di trasporto in favore del soggetto che ne risulterà danneggiato. In tal caso, infatti, l’obbligo del trasportare implica necessariamente un’attività di circolazione (nell’accezione richiamata dall’art. 122 cod. ass. e, in ultima analisi, dall’art. 3, comma 1, n. 9, del codice della strada), potendosene, quindi, ricavare che – come da ultimo affermato dalla S.C. – “qualunque danno causato da un veicolo senza guida di rotaie è un danno causato dalla “circolazione”, senza che rilevi che il veicolo sia fermo o in movimento, né che il danno sia arrecato dallo spostamento del mezzo o di sue parti, né, infine, che si sia verificato su area pubblica o privata” (Cass., n. 1812/2025).
Occorrerebbe, pertanto, spiegare perché, al cospetto di un danno biologico indubitabilmente originato dalla circolazione stradale (e, dunque, rientrante nella definizione di cui al menzionato art. 139, comma 1, cod. ass.), la liquidazione delle micropermanenti dovrebbe essere effettuata alla stregua di un criterio diverso da quello ivi previsto, per il sol fatto che il titolo della responsabilità dedotto dall’attore abbia matrice contrattuale (art. 1681 c.c.) anziché extracontrattuale (art. 2054 c.c.), in tal modo finendo per far dipendere l’ammontare della liquidazione da un’opzione soggettiva del creditore. Al contrario, l’indifferenza, da tale angolo visuale, del titolo azionato si ricava dalla centralità che – nella prospettiva del danneggiato – assume il rango inviolabile dell’interesse leso (vale a dire il diritto alla salute), la cui tutela “è compresa tra le obbligazioni del vettore, che risponde dei sinistri che colpiscono la persona del viaggiatore durante il viaggio” (così Cass., S. U., n. 26792/2008, al punto 4.6, dopo aver precisato – al punto 4.1 – che, “se l’inadempimento dell’obbligazione determina […] anche la lesione di un diritto inviolabile della persona del creditore, la tutela risarcitoria del danno non patrimoniale potrà essere versata nell’azione di responsabilità contrattuale, senza ricorrere all’espediente del cumulo di azioni”).
Dalle considerazioni sopra svolte discende l’accoglimento del ricorso, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio alla Corte d’Appello di Venezia, in diversa composizione, affinché proceda alla liquidazione del danno occorso alla signora To.Ca. sulla scorta dei criteri di cui all’art. 139 cod. ass., in applicazione del seguente principio di diritto:
“La liquidazione del danno biologico per lesioni cd. micropermanenti soggiace ai criteri di cui all’art. 139 D.Lgs. n. 209 del 2005 quand’anche il danno si verifichi nell’ambito di un contratto di trasporto su un veicolo a motore”. >>
Donazioni ed eredità ricevute nella valutazione delle condizioni economiche circa l’assegno di mantenimento
Cass. sez. I, 25/06/2025 n. 17.037, rel. Dal Moro:
<<Il diritto al mantenimento, ricorrendo le condizioni previste dall’art 156 c.c., è fondato sulla persistenza, durante lo stato della separazione, di alcuni degli obblighi derivanti dal matrimonio, e “l’entità di tale somministrazione è determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato”.
Questa Corte con un più recente orientamento rispetto a quello citato dal ricorrente, ha affermato che in tema di determinazione dell’assegno di mantenimento, sono irrilevanti le elargizioni a titolo di liberalità ricevute dai propri genitori dal coniuge obbligato o, comunque, da terzi, ancorché regolari e continuate dopo la separazione, in quanto il carattere di liberalità impedisce di considerarle “reddito” ai sensi dell’art. 156, secondo comma, c.c., così come non costituiscono reddito, ai sensi del primo comma dello stesso articolo, analoghi contributi ricevuti dal coniuge che si afferma titolare del diritto al mantenimento.
Sul punto, nel leading case in materia (v. Cass. n. 10380/2012), questa Corte ha osservato che “La questione della rilevanza delle elargizioni di terzi – in particolare familiari, normalmente i genitori – nel giudizio sul riconoscimento del diritto all’assegno di separazione o di divorzio e nella determinazione del suo ammontare è stata affrontata, nella giurisprudenza di questa Corte, quasi esclusivamente con riguardo alle elargizioni ricevute dal coniuge che pretenda tale diritto. All’iniziale orientamento favorevole alla rilevanza di dette elargizioni, ove non meramente saltuarie, bensì continue e regolari (cfr. Cass. 5916/1996, in tema di separazione, nonché Cass. 278/1977, 358/1978, 497/1980, 1477/1982, 4158/1989, in tema di divorzio), è poi subentrato un orientamento negativo (cfr. Cass. 11224/2003, 6200/2009, in tema di separazione, nonché Cass. 4617/1998, 7601/2011, in tema di divorzio) che fa leva sul carattere liberale delle elargizioni di cui trattasi, non comportanti l’assunzione di alcun obbligo di mantenimento da parte dei genitori, sui quali grava la sola obbligazione alimentare ai sensi dell’art.433 c.c. in via subordinata rispetto al coniuge (cfr. Cass. 11224/2003, cit.). Con riferimento, invece, alle elargizioni ricevute dal coniuge obbligato… non si registrano precedenti ad eccezione di Cass. 20352/2008, pronunciatasi in senso favorevole alla rilevanza di siffatte elargizioni, nella determinazione dell’assegno divorzile, nonostante perplessità sulla natura liberale delle stesse in quella fattispecie concreta”. Dopo tale disamina della propria giurisprudenza sul punto, la Corte in quel caso ha ritenuto che “l’irrilevanza delle elargizioni liberali di terzi, quali i genitori, ancorché regolari e protrattesi anche dopo la separazione, già affermata con riferimento alla condizione del coniuge richiedente l’assegno nella più recente giurisprudenza di questa Corte, sopra richiamata, debba confermarsi anche con riguardo agli aiuti economici ricevuti dal coniuge obbligato al pagamento dell’assegno. Decisivo è l’evidenziato carattere liberale e non obbligatorio di tali aiuti, che impedisce di considerarli reddito dell’obbligato, ai sensi dell’art. 156 c.c., comma 2, così come non costituiscono reddito, ai sensi del comma 1 dello stesso articolo, gli analoghi aiuti ricevuti dal coniuge creditore”.
Conclude la Corte in quel caso “La sentenza impugnata è dunque errata, avendo, invece, dato rilievo alle elargizioni fatte al sig. G. da suo padre (eccettuate, ovviamente, quelle per l’acquisto della casa di abitazione, tradottesi in un diritto reale acquisito al patrimonio del beneficiario), nella determinazione dell’assegno di separazione a suo carico”.
Pertanto, l’esclusione della considerazione degli atti di liberalità è legata al fatto che, pur anche quando si tratti di elargizioni sistematiche che incrementano la disponibilità del coniuge obbligato, in quanto frutto di una volontà sempre revocabile non costituiscono reddito in senso proprio.
Altro è, tuttavia, l’incremento patrimoniale che si verifica una tantum e che in modo definitivo accresce il patrimonio dell’obbligato, e che rappresenta le “altre circostanze” rispetto al reddito di cui l’art 156 c.c. impone di tener conto.
Perciò anche la donazione di immobili in favore del sig. Se.El. – in tanto in quanto ha incrementato il suo patrimonio al pari di quanto sarebbe avvenuto per effetto di una successione mortis causa, che pacificamente viene considerata onde “circostanziare” la valutazione della sussistenza del preteso diritto in discorso (cfr. Cass. n. 8176/2016 per cui “L’acquisto da parte dell’obbligato di una eredità produce un incremento particolare, non riferibile ad uno sviluppo naturale e prevedibile della situazione reddituale; rileva però ai fini della valutazione complessiva delle condizioni economiche delle parti (Cass. 4758 del 2010)”), è stata in questo caso correttamente tenuta in considerazione nella ricostruzione della situazione patrimoniale del ricorrente dal giudice di merito nella sentenza gravata>>.