Utili precisazioni del Tribunale di Roma sull’azione di accertamento del diritto di paternità degli artisti interpreti esecutori: il diritto morale degli AIA ex artt. 81 e 83 l. aut.)

Una (leggermente) datata sentenza Trib. Roma 24.06.2019 n. 13360/2019, Rg 3038/2013, Rucher c. D’Amario-Morricone ed altri, decide una lite promossa dall’erede di un chitarrista e finalizzata a far riconoscere la paternità dell’esecuzione di alcune musiche e ad ottenere rimedi onseguenti.

Il diritto di paternità è astrattamente riconosciuto agli AIE , pur se none spressamente rpevcisto.  La domanda però è respinta .

La setnenza affronta interessanti questioni giuridiche che raramaente vengono portate in giudizio. A causa della sua analiticità si porrà come riferimento per eventuali future liti sul tema,

L’avvocato generale sul concetto di “ne bis in idem” (art. 50 Carta dei diritti fondamentali dell’UE)

Interessante esame condotto dalle  Conclusioni 30 marzo 2023 dell’AG . CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA nella causa di rinvio pregiudiziale C-27/22 , Volkswagen c. AGGM.

Riguardano la pratica commerciale sleale del c.d. Dieselgate

Le Conclusioni dell’AG affrontano temi di notevole spessore teorico. L’esito è che tocca al giudice nazinale dire se ricorrano o no i presupposti del ne bis in idem, ma l’AG fornisce qualche chiarimento.

Qui riporto solo il § 77 sul concetto di “stessi fatti”, anzi “fatti identici”:

<<La Corte può tuttavia fornire al giudice del rinvio i seguenti elementi di riflessione su tale punto:

– l’analisi, dettagliata e specifica, dei comportamenti sanzionati deve risultare in una constatazione della loro identità, non della mera analogia;

– in caso di cumulo transfrontaliero di procedimenti e di sanzioni, l’identità territoriale, fattore che può tuttavia servire ad altri fini, non è indispensabile (39). Questo stesso fattore consentirà di eliminare i sospetti di «scelta interessata» dell’autorità sanzionatoria competente (40);

– la procura di Braunschweig, pur sottolineando che l’assenza di supervisione è la causa degli illeciti commessi dalla VWAG in tutto il mondo tra il 2007 e il 2015, prende in considerazione, quali fatti rilevanti, la commercializzazione in altri paesi (tra cui l’Italia) di veicoli dotati del sistema informatico di manipolazione nonché la pubblicità ingannevole finalizzata alla vendita di tali automobili (41);

– il nesso tra questi tre elementi sembra chiaro, anche se sarà il giudice del rinvio a dover decidere se esso sia sufficiente per concludere nel senso dell’identità dei fatti materiali. La procura di Braunschweig indica precisamente che la sua ordinanza osterebbe, a causa del principio del «ne bis in idem», all’adozione di sanzioni in altri Stati nei confronti della VWAG per questi stessi comportamenti>>.

Chi paga le spese condominiali per un appartamento di proprietà di un trust? Il trustee , dice la Cassazione

Cass.  n° 3.190 del 02.02.2023, sez. 2, rel. Scarpa:

<<l’unità immobiliare compresa nel Condominio di , alla quale si riferiscono i contributi oggetto del decreto ingiuntivo per cui è causa, è stata conferita in un “trust” traslativo, denominato “GP Trust”, sicché la “trustee” … s.r.l. è divenuta titolare della proprietà della stessa ed è tenuta, in quanto tale, a sostenerne le spese, non assumendo rilevanza, a tali fini, i limiti ai relativi poteri e doveri imposti dal disponente nell’atto istitutivo e l’effetto segregativo proprio dell’istituto, in vista del successivo ed eventuale trasferimento della titolarità dei beni vincolati ai soggetti beneficiari. Pur conferendo l’operazione al “trustee” una proprietà limitata nell’esercizio alla realizzazione del programma stabilito dal disponente nell’atto istitutivo a vantaggio del o dei beneficiari, i tre centri di imputazione della vicenda sono il disponente, il “trustee” e il beneficiario, mentre il “trust” non rileva quale soggetto giuridico dotato di una distinta individualità. A ciò consegue altresì che il “trustee” è il titolare dei diritti conferiti nel patrimonio vincolato ed è l’unico soggetto di riferimento nei rapporti con i terzi, operando non quale rappresentante del “trust” o del beneficiario, ma quale titolare della legittimazione dispositiva del diritto (ex multis, Cass. 26 maggio 2020, n. 9648; Cass. 20 giugno 2019, n. 16550; Cass. 30 maggio 2018, n. 13626; Cass. 19 maggio 2017, n. 12718; Cass. 27 gennaio 2017, n. 2043).
Questa interpretazione trae fondamento dall’art. 2 della Convenzione sulla legge applicabile ai trusts e sul loro riconoscimento, adottata a L’Aja il 1° luglio 1985 e ratificata dalla legge 16 ottobre 1989, n. 364, secondo la quale “per trust s’intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente – con atto tra vivi o mortis causa – qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico. Il trust presenta le seguenti caratteristiche: a) i beni del trust costituiscono una massa distinta e non fanno parte del patrimonio del trustee; b) i beni del trust sono intestati a nome del trustee o di un’altra persona per conto del trustee; c) il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di amministrare, gestire o disporre beni secondo i termini del trust e le norme particolari impostegli dalla legge (…)”.
Del tutto diversa dal trust, e dunque estranea alla fattispecie per cui è causa, per come in fatto ricostruita dai giudici del merito, è la disciplina posta dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966, la quale riguarda la mera amministrazione di beni per conto di terzi, conferita a società fiduciarie mediante mandato, salva rimanendo la proprietà effettiva di questi in capo ai mandanti (cfr. Cass. Sez. Unite 27 aprile 2022, n. 13143)>>.

Marchio figurativo costituito da barattolo per confetteria

Si consideri la seg.  figura come marchio per caramelle e confetti:

Il Trib UE 29.03.2023, T-199/22, Perfetti Van Melle spa vc. EUIPO, conferma che si tratta di marchio privo di distintività ex art. 7.1.b reg. 207/2009.

Passo pertinente: << 21  In secondo luogo, dai punti da 31 a 34 della decisione impugnata si evince che, alla luce dei risultati della ricerca effettuata dall’esaminatrice, la commissione di ricorso ha considerato che il segno in questione sarebbe stato percepito, almeno da una parte non trascurabile del pubblico di riferimento, come l’immagine del contorno di un contenitore cilindrico dalle linee ondulate, che presenta nell’estremità superiore tre righe orizzontali, le ultime due delle quali sono unite centralmente tra di loro da cinque trattini verticali. Pertanto, detta commissione ha ritenuto che la forma rappresentata dal segno di cui trattasi fosse solo una mera variazione dalle confezioni e dagli imballaggi cilindrici utilizzati normalmente in commercio per i prodotti in questione. Tale valutazione della commissione di ricorso è priva di errori. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, il fatto che il segno di cui trattasi non sia rappresentato in prospettiva nella domanda di registrazione o che possa essere percepito anche come figura piana non esclude affatto la possibilità che una parte non trascurabile del pubblico di riferimento percepisca, senza riflessione, il segno di cui trattasi come la raffigurazione di un recipiente che può contenere i prodotti rivendicati nella domanda di registrazione.    22     In terzo luogo, secondo la giurisprudenza, i criteri di valutazione del carattere distintivo dei marchi tridimensionali costituiti dalla forma del prodotto stesso non differiscono da quelli applicabili alle altre categorie di marchi. Tuttavia, in sede di applicazione di tali criteri, la percezione del consumatore medio non è necessariamente la stessa nel caso di un marchio tridimensionale costituito dall’aspetto del prodotto stesso e nel caso di un marchio denominativo o figurativo, che consiste in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che designa. Non è, infatti, abitudine del consumatore medio presumere l’origine dei prodotti sulla base della loro forma o della forma della loro confezione, in assenza di elementi grafici o testuali, e potrebbe quindi risultare più difficile stabilire il carattere distintivo nel caso di un marchio tridimensionale siffatto che in quello di un marchio denominativo o figurativo (sentenze del 7 ottobre 2004, Mag Instrument/UAMI, C‑136/02 P, EU:C:2004:592, punto 30, e del 20 ottobre 2011, Freixenet/UAMI, C‑344/10 P e C‑345/10 P, EU:C:2011:680, punti 45 e 46).    23      D’altra parte, secondo la giurisprudenza, più la forma della quale è stata chiesta la registrazione come marchio assomiglia alla forma che con ogni probabilità assumerà il prodotto di cui trattasi, più è verosimile che detta forma sia priva di carattere distintivo nel senso di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001. Ciò premesso, solo un marchio che si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore e che, di conseguenza, assolva la sua funzione essenziale d’indicatore d’origine non è privo di carattere distintivo nel senso di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento 2017/1001 [sentenze del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI, C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punto 39; del 15 maggio 2014, Louis Vuitton Malletier/UAMI, C‑97/12 P, non pubblicata, EU:C:2014:324, punto 52, e del 21 aprile 2015, Louis Vuitton Malletier/UAMI – Nanu-Nana (Raffigurazione di un motivo a scacchiera marrone e beige), T‑359/12, EU:T:2015:215, punto 23].     24      Tuttavia, da tale giurisprudenza non si evince che occorra sistematicamente circoscrivere il settore in cui si opera il paragone ai prodotti stessi per i quali è chiesta la registrazione. Non si può escludere che i consumatori di un dato prodotto siano eventualmente influenzati, nella loro percezione del marchio che riveste tale prodotto, dalle modalità di commercializzazione sviluppate per altri prodotti di cui essi siano ugualmente consumatori. A seconda della natura dei prodotti in questione e del marchio richiesto, può essere quindi necessario, per valutare se il marchio sia privo o no di carattere distintivo, prendere in considerazione un settore più vasto (sentenza del 12 gennaio 2006, Deutsche SiSi-Werke/UAMI, C‑173/04 P, EU:C:2006:20, punto 32).     25 In particolare, quando il marchio di cui si chiede la registrazione è costituito dalla forma tridimensionale della confezione dei prodotti interessati, la norma o gli usi pertinenti possono essere quelli che vigono nel settore dell’imballaggio dei prodotti della stessa natura e destinati agli stessi consumatori di quelli per i quali è chiesta la registrazione (sentenza del 12 gennaio 2006, Deutsche SiSi-Werke/UAMI, C‑173/04 P, EU:C:2006:20, punto 33).

26      Tale giurisprudenza, elaborata per marchi tridimensionali costituiti dall’aspetto del prodotto stesso, si applica anche quando il marchio controverso è un marchio figurativo costituito dalla rappresentazione bidimensionale di detto prodotto. Infatti, neanche in un caso del genere, il marchio consiste in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che contraddistingue [sentenze del 22 giugno 2006, Storck/UAMI, C‑25/05 P, EU:C:2006:422, punto 29, e del 5 febbraio 2020, Pierre Balmain/EUIPO (Raffigurazione di una testa di leone circondata da anelli che formano una catena), T‑331/19, non pubblicata, EU:T:2020:33, punto 25].

27      Pertanto, contrariamente a quanto afferma la ricorrente e conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 26, la commissione di ricorso ha correttamente applicato, nel caso di specie, i principi elaborati nel contesto dei marchi tridimensionali costituiti dall’aspetto del prodotto stesso o della sua confezione al contesto di marchi figurativi costituiti dalla rappresentazione bidimensionale di detto prodotto o della sua confezione. Al riguardo, occorre precisare che detti principi non si applicano unicamente ai casi in cui il marchio bidimensionale consiste in una fotografia o in una riproduzione grafica fedele e in prospettiva del prodotto, ma anche al caso di una rappresentazione molto semplice e puramente schematica del prodotto di cui trattasi, senza alcuna rappresentazione prospettica [v., in tal senso, sentenza del 24 novembre 2016, Azur Space Solar Power/EUIPO (Raffigurazione di linee e mattoni bianchi su fondo nero), T‑578/15, non pubblicata, EU:T:2016:674, punto 13].>>

Da notare la sottile questione del se al marchio figurato in questione possa applicarsi l’elaborazione in tema di marchio tridimensionale (§§ 22 segg.)

Marchio denominativo generico/non distintivo : il caso DECOTEC

Trib UE 29.03.2023 , T-308/22, Celotec GmbH c. EUIPO-Decotec Printing. conferma le decisioni amminisative , per cui il marchio in oggetto per carta tappezzeria cancelleria tappeti etc. (vcl. 16-19-27) non è generico nè privo di distintività.

Norma azionata: art. 7.1.b-c del reg. UE 207/2009.

 

Libertà di ricerca scientifica e di parola vs. diffamazione: possono i ricercatori dire che un certo anestetico non è superiore agli altri in commercio?

la risposta dovrebbe essere senza esitazioni  positiva e  tale è quella dell’appello del 3 circuito USA in Pacira Biosciences v. AMERICAN SOCIETY OF ANESTHESIOLOGISTS, INC ed altri, 24 marzo 2023, No. 22-1411  (link da JUSTIA US LAW e notizia dal blog di Rebecca Tushnet).

Sentenza interessante, anche perchè riferisce in dettaglio delle opinioni espresse.

Violazione azionata: <<Pacira seeks relief based on two statements: (1) that EXPAREL is “not superior” to local anesthesia; and (2) that it is an “inferior analgesic.”>>

Ma i due gradi rigettano perchè :

i) si tratta di opinioni, non suscettibile di essere sottoposte al test di vero/falso : <<Pacira’s critiques about the Articles’ data and methodology may be the basis of future scholarly debate, but they do not form the basis for trade libel under New Jersey law. To conclude otherwise would risk “chilling” the natural development of scientific research and discourse. Kotlikoff, 444 A.2d at 1088; see also ONY, 720 F.3d at 497 (observing that scientific conclusions inspire other scientists to “respond by attempting to replicate the described experiments, conducting their own experiments, or analyzing or refuting the soundness of the experimental design or the validity of the inferences drawn from the results”). Thus, the verifiability factor supports our conclusion that the statements are nonactionable opinions;>>, P. 17

La corte si sofferma anche sulla (sottile) differenza tra defamation e trade libel, p. 9 ss.

ii) anche il contesto indica che si trattava di opinioni e non di fatti: <<The statements here were made in a peer-reviewed journal for anesthesiology specialists. While statements are not protected solely because they appear in a peer-reviewed journal, such journals are often “directed to the relevant scientific community.” ONY, 720 F.3d at 496-97. Their readers are specialists in their fields and are best positioned to identify opinions and “choose to accept or reject [them] on the basis of an independent evaluation of the facts.” Redco Corp. v. CBS, Inc., 758 F.2d 970, 972 (3d Cir. 1985).
Such is the case here. First, Anesthesiology is a leading journal in the field and is offered as a free benefit to the ASA’s members, who are “physicians practicing in anesthesiology as well as anesthesiologist assistants and scientists interested in anesthesiology.” JA34. Second, the readers were provided with the data and methodology on which the statements were based. The Hussain Article stated that it was based on nine randomized studies, gave the reasons for selecting those studies, and disclosed the possible shortcomings of its methodology. The Ilfeld Review disclosed the seventy-six randomized controlled trials involving EXPAREL it reviewed, what those trials concluded, and the methods the authors used to analyze the data. The CME’s statement that EXPAREL is “inferior” to local anesthetics is based directly on the Ilfeld Review’s finding that “[n]inety-two percent of trials (11 of 12) suggested [standard local anesthesia] provides superior analgesia to [EXPAREL].” JA96. Similarly, the CME’s statement allegedly suggesting that industry-sponsored studies favoring EXPAREL were biased is drawn directly from the Articles, which state that industry-sponsored studies were “considered a potential source of bias.” JA78; see also JA145 (“Explicitly excluded from the Cochrane bias tool is industry funding.”).19 Therefore, the journal’s readers were provided the basis for the statements, have the expertise to assess their merits based on the disclosed data and methodology, and thus are equipped to evaluate the opinions the authors reached.
For these reasons, content, verifiability, and context all support the conclusion that the statements are nonactionable opinions. The District Court, therefore, properly dismissed Pacira’s complaint.>>

Il legame tra uomo e cane arriva in Cassazione

Interessanti questioni esaminate da Cass. sez. 3 del 24.03.2023 n. 8459, rel. Oliva.

Domanda originaria: <<Con atto di citazione ritualmente notificato F.C. evocava in giudizio B.A. innanzi il Tribunale di Padova, chiedendo che venisse accertata la sua qualità di comproprietaria di un cane, acquistato nel corso della precedente relazione affettiva stabile intercorsa tra le parti, nonché lo scioglimento della relativa comunione con affidamento dell’animale e risarcimento dei danni, emotivi e patrimoniali>>.

Diritto di comproprietà escluso dal giudice del marito, come confermato dalla SC

Negato pure il dirito di visita all’animale per assenza/insufficienza del rapporto di affezione: <<Con il secondo e terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 76 del 2016 e dell’art. 132, comma 2, c.p.c. per aver la Corte omesso di valutare, senza motivare sul punto, la sussistenza di un rapporto tra le parti qualificabile come coppia di fatto e, di conseguenza, per aver escluso l’esistenza di un legame affettivo stabile con l’animale.

Entrambi i motivi, suscettibili di trattazione congiunta, sono inammissibili.

Le censure, infatti, non si confrontano con la motivazione della sentenza, la quale -oltre ad aver effettivamente considerato la possibile sussistenza di una famiglia di fatto tra le parti, escludendola sulla base della carenza del minimo requisito della convivenza e della brevità della relazione- ha negato il diritto di visita della ricorrente sulla base non della insussistenza della coppia di fatto, bensì per la carenza di prova dell’instaurazione di un rapporto significativo tra la ricorrente e il cane, vista la breve relazione sentimentale che l’aveva legata al suo padrone (cfr. pagg. 21-22 della sentenza: “La coppia B.- F. non costituiva famiglia nemmeno di fatto, né era definibile quale nucleo familiare in cui l’animale si trovava inserito. Si trattava di una relazione sentimentale molto breve che non aveva condotto le parti nemmeno alla convivenza. (…) Al di là della circostanza pacifica che la frequentazione della sig.ra F. con il cane, nell’ambito della sua relazione sentimentale con il sig. B., si sia limitata a circa 4 mesi, l’appellata non ha provato che, nonostante il breve periodo, si sia instaurato con l’animale un rapporto tale da far presumere che le possa essere riconosciuto un diritto di visita nei confronti dell’animale”)>>.

Quindi, anche in assenza di famiglia di fatto, il rapporto di affezione con il cane, se significativo, fa nascere un diritto di visitarlo. Su che base normativa? “Ogni altro fatto idoneo a produrle” ex art. 1173 cc?

Ma solo con un cane o pure con altri animali? E con cose?

Uso del marchio in forma diversa da quella registrata e relativa prova

In relazione alla prova dell’uso chiesta dall’istante a carico di chi oppone un’anteriorità (art. 42.2. reg. 207/2009, da noi art. 178.3 cpi), è interessante  Tribunale UE 8 marzo 2023, T-372/21, Sympatex Technologies GmbH c. EUIPO-Livve Espanola SA.

Se ne possono trare infatti utili indicaizoni a livello pratico-opertivi sul sempre critico punto della prova dell’uso.

Inoltre esamina la norma -complessa pure a livello teorico- dell’uso del segno “in una forma che si differenzia per taluni elementi che non alterano il carattere distintivo del marchio nella forma in cui esso è stato registrato, a prescindere dal fatto che il marchio sia o no registrato nella forma in cui è usato a nome del titolare;” , art. 15.1.b) reg. 207 cit.-art. 24.2 cpi.

Ci sono infine le consuete argomentazioni sul giudizio di confondibilità

Supersocietà di fatto è figura diversa da holding di fatto: nella prima serve anche la c.d. “economia aggiuntiva”

Cass. sez 1 del 15.02.2023 n. 4784, rel. Campese, sull’oggetto.

Sulla presunto requisito della “economia aggiuntiva” per la supersocietà di fatto:

<<5.2. Neppure convince l’assunto per cui (cfr. in particolare, il secondo motivo), nel ritenere configurabile una supersocietà di fatto tra la (Omissis) s.r.l., il G., la (Omissis) s.r.l. e la (Omissis) s.r.l., la corte di appello non avrebbe verificato e riscontrato rigorosamente l’esistenza di un elemento imprescindibile per la configurazione della fattispecie, come richiesto dalla giurisprudenza, ossia il presupposto dell’economicità aggiuntiva derivante dalla società di fatto.

5.2.1. Di economia aggiuntiva, invero, può discutersi – in thesi – in presenza di una holding di tipo personale (che abbia assunto la veste di società di fatto), costituente impresa commerciale suscettibile di fallimento in quanto fonte di responsabilità diretta dell’imprenditore, quando questa agisca in nome proprio per il perseguimento di un risultato economico ottenuto attraverso l’attività svolta, professionalmente, con l’organizzazione ed il coordinamento dei fattori produttivi relativi al proprio gruppo d’imprese.  Deve trattarsi, cioè, di una stabile organizzazione volta a determinare l’indirizzo, il controllo ed il coordinamento di altre società (non limitandosi al mero esercizio dei poteri inerenti alla qualità di socio): il che, appunto, ne consente la configurabilità come un’autonoma impresa assoggettabile a fallimento sia quando la suddetta attività si esplichi nella sola gestione del gruppo, sia quando abbia di natura ausiliaria o finanziaria (cfr. sostanzialmente, in tal senso, Cass. n. 5520 del 2017; Cass. n. 23334 del 2010; Cass. n. 3724 del 2003, Cass. n. 12113 del 2002).   In quest’ottica, allora, le società coordinate devono risultare destinate a realizzare un medesimo scopo economico non corrispondente con quello proprio ed autonomo di ciascuna di queste esse, né coincidente con un mero godimento degli utili eventualmente prodotti dalle medesime.   Peraltro, se è pacifico che, in caso di attività di direzione e coordinamento abusiva, l’holder miri a realizzare un fine di lucro tendenzialmente distinto da quello perseguito dalle singole società eterodirette, esso può, tuttavia, anche coincidere con quest’ultimo, allorquando il profitto conseguito rifluisce nel patrimonio dell’imprenditore capogruppo.   Non occorre, per converso, che l’attività di direzione risulti idonea a far conseguire al gruppo vantaggi economici diversi ed ulteriori rispetto a quelli realizzabili in mancanza dell’opera di coordinamento, né che le attività di servizi realizzate dall’holder disvelino un’economicità autonoma rispetto a quella propria delle attività svolte dalle società controllate.

5.2.2. La corte di appello, tuttavia, condividendo gli assunti del giudice di prime cure, ha chiaramente inteso escludere che, nella specie, si fosse al cospetto di una holding di tipo personale che abbia assunto la veste della società di fatto, sicché nemmeno è utile indugiare ulteriormente sul punto>>.

Contraffazione musicale (negata) dal distretto sud di New York

Mark Jaffe dà notizia di South. Distr. of New York 24 marzo 2023, Case 1:21-cv-04047-VM, EMELIKE NWOSUOCHA c. DONALD MCKINLEY GLOVER II,
JEFFEREY LAMAR WILLIAMS ed altri.

Interessante esame delle questioni proprie delle liti su copyright musicale nella sentenza in esame: questioni sempre ostiche per chi non conosce teoria o almeno tecnica musicale.

Il problema di solito -e pure qui- è quello di individuare le parti non originali di una composizione, le quali non sono proteggibili.

In generale:

<<Thus, “copyright protects only that which is original,” and “does not protect ideas, only their expression.” McDonald, 138 F. Supp. 3d at 455. “This principle excludes from copyright the raw materials of art, like colors, letters, descriptive facts, and standard geometric forms, as well as previous creative works that have fallen into the public domain,” and “[i]t likewise excludes the basic building blocks of music, including tempo and individual notes.” Id. at 454 (collecting cases). Further, “words and short phrases, including titles and slogans, rarely if ever exhibit sufficient originality to warrant copyright protection,” and “[l]onger phrases are also not protectable if they are common or cliché.” Id. Similarly, “common rhythms, song structures, and harmonic progressions are not protected” and “[t]hemes fall into the category of uncopyrightable ideas.” Id. at 454-55. Still, “a work may be copyrightable even though it is entirely a compilation of unprotectible elements,” because “the original way in which the author has selected, coordinated, and arranged the elements of his or her work” is protectible. Knitwaves, Inc. v. Lollytogs Ltd. (Inc.), 71 F.3d 996, 1003-04 (2d Cir. 1995) (internal quotation marks omitted)>>

In aprticolare nel caso sub iudice:

<<Additionally, the parties agree, and the Court concurs, that the Complaint does not allege infringement of the “overall structure of the songs, order, and number of verse and chorus sections,” or the “instrumentation,” “musical notes,” or “musical production.”5 (See Opposition at 2-6; Memorandum at 4-6; Complaint ¶¶ 39-40.)
The Court finds that the “distinct and unique vocal cadence, delivery, rhythm, timing, phrasing, meter and/or pattern” or “flow” as well as the “lyrical theme” and “structure” of the chorus in Plaintiff’s Composition lack sufficient originality alone, or as combined, to merit compositional copyright protection or are categorically ineligible for copyright protection. (Complaint ¶ 39.) For instance, Nwosuocha asserts copyright over the “lyrical theme” of Plaintiff’s Composition, but a lyrical theme is simply an idea, and ideas are not protectable. Moreover, the idea of a boastful rapper is certainly not original to Nwosuocha.
The Court further finds that although the “content” of the chorus of Plaintiff’s Composition, which the Court understands to mean the lyrics, bears sufficient originality to merit compositional protection, a cursory comparison with the Challenged Composition reveals that the content of the choruses is entirely different and not substantially similar.6 As noted previously, the “question of substantial similarity is by no means exclusively reserved for resolution by a jury” and the Second Circuit has “repeatedly recognized that, in certain circumstances, it is entirely appropriate for a district court to resolve that question as a matter of law, either because the similarity between two works concerns only non-copyrightable elements of the plaintiff’s work, or because no reasonable jury, properly instructed, could find that the two works are substantially similar.” Peter F. Gaito, 602 F.3d at 63. Here, no reasonable jury, properly instructed, could find that the lyrics of the chorus of Plaintiff’s Composition and the chorus of the Challenged Composition are substantially similar>>.

Si tratta però di esame ultroneo , condotto dalal corte senza necessità, dato che l’opera nmon era stata retgistrata come richeide il diritto usa per aver tutela in corte. O meglio -particolare assi imporante- l’attore aveva registrato solo il fonogramma (sound recording) e  non l’opera muscia /musical registration): inadempimeot palese del suo consulente IP .