Un interessante caso di marchio decettivo

Trib. UE 29.11.2023, T-107/23, Myforest Foods c. EUIPO, conferma la ingnnevolezza del marchio denominativo MYBACON per sostituti della carne (cl. 29: ‘Fungi-based meat substitutes; meat substitutes; prepared meals consisting primarily of meat substitutes including fungi-based meat substitutes’)

Ce ne notizia Marcel Pemsel in IPKat.

Giustamente il T. ritiene irrilevante l’argomento per cui il pubblico, che sceglie questi cibi, è attento oltre la media e non si fa ingannare.

Infatti sono acquisti fatti di solito  in fretta e senza leggere i dettagli in etichetta; e comunque possono essere fatti anche da chi di solito non acquista cibi del genere, rientrando allora nel publico rilevante

Pemsel ricorda il nesso con la disciplina delle pratiche commerciali scorrette per ingannevolezza (da noi: art. 21 ss cod. cons.): concetto che non si discosta da quello della disciplina dei marchi de qua (art. 14.1.b cod. cons.).

Marcel coglie una differenza però , relativa ai materiali su cui ancorare il giudizio (le informazioni in etichetta non contano per i marchi, contano per la disciplina consumeristica).     Forse esatto, alla luce dell’ampiezza del concetto di “pratica commerciale” (da noi: art. 18.1.d) del cod. cons.). Solo che anche un  marchio in sè non ingannevole può diventare tale con l’uso (art. 21.2 c.p.i.): quindi la differenza potrebbe svanire.

L’avvocato generale sul concetto di “ne bis in idem” (art. 50 Carta dei diritti fondamentali dell’UE)

Interessante esame condotto dalle  Conclusioni 30 marzo 2023 dell’AG . CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA nella causa di rinvio pregiudiziale C-27/22 , Volkswagen c. AGGM.

Riguardano la pratica commerciale sleale del c.d. Dieselgate

Le Conclusioni dell’AG affrontano temi di notevole spessore teorico. L’esito è che tocca al giudice nazinale dire se ricorrano o no i presupposti del ne bis in idem, ma l’AG fornisce qualche chiarimento.

Qui riporto solo il § 77 sul concetto di “stessi fatti”, anzi “fatti identici”:

<<La Corte può tuttavia fornire al giudice del rinvio i seguenti elementi di riflessione su tale punto:

– l’analisi, dettagliata e specifica, dei comportamenti sanzionati deve risultare in una constatazione della loro identità, non della mera analogia;

– in caso di cumulo transfrontaliero di procedimenti e di sanzioni, l’identità territoriale, fattore che può tuttavia servire ad altri fini, non è indispensabile (39). Questo stesso fattore consentirà di eliminare i sospetti di «scelta interessata» dell’autorità sanzionatoria competente (40);

– la procura di Braunschweig, pur sottolineando che l’assenza di supervisione è la causa degli illeciti commessi dalla VWAG in tutto il mondo tra il 2007 e il 2015, prende in considerazione, quali fatti rilevanti, la commercializzazione in altri paesi (tra cui l’Italia) di veicoli dotati del sistema informatico di manipolazione nonché la pubblicità ingannevole finalizzata alla vendita di tali automobili (41);

– il nesso tra questi tre elementi sembra chiaro, anche se sarà il giudice del rinvio a dover decidere se esso sia sufficiente per concludere nel senso dell’identità dei fatti materiali. La procura di Braunschweig indica precisamente che la sua ordinanza osterebbe, a causa del principio del «ne bis in idem», all’adozione di sanzioni in altri Stati nei confronti della VWAG per questi stessi comportamenti>>.

Il Consiglio di Stato sulle pratiche scorrette di Facebook: conferma la loro ingannevvolezza (ma non l’aggressività) nonchè l’onerosità (anzichè gratuità) del rapporto con l’utente

L’impugnazione contro TAR Lazio 10.01.2020 n. 260 (e n. 261) da parte di FAcebook è stata decisa e rigettata da Cons. St. 2630/2021 del 29.03.2021 perFacebook Inc.  (e dalla gemella in pari data n° 2631/2021 per Facebook Ireland Limited).

Il tema della commercialblità dei dati personali è affrontato al § 8: il coordinamento tra tutela personalistica e tutela economico-patrimoniale dei dati è agli inizi e necessita di ulteriori approfondimenti. Intanto, oltre ad alcuni interessanti studi già usciti, ci si dedica il Cons. St.: <<Riconoscere dunque la assoluta specialità del settore riferibile alla tutela dei dati personali condurrebbe, inevitabilmente, ad escludere in radice, l’applicabilità di ogni altra disciplina giuridica. Ferma dunque la riconosciuta “centralità” della disciplina discendente dal GDPR e dai Codici della privacy adottati dai Paesi membri in materia di tutela di ogni strumento di sfruttamento dei dati personali, deve comunque ritenersi che allorquando il trattamento investa e coinvolga comportamenti e situazioni disciplinate da altre fonti giuridiche a tutela di altri valori e interessi (altrettanto rilevanti quanto la tutela del dato riferibile alla persona fisica), l’ordinamento – unionale prima e interno poi – non può permettere che alcuna espropriazione applicativa di altre discipline di settore, quale è quella, per il caso che qui interessa, della tutela del consumatore, riduca le tutele garantite alle persone fisiche>>

I motivi di ingannevolezza stanno al § 5

Conferma invece che non ricorre la pratica aggressiva (§§ 13-15), rigettando l’appello dell’AGCM-.