Ripasso sul tema in Cass. sez. II, 10/06/2025 n. 15.432, rel. Oliva:
sul primo tema:
<<Occorre prendere le mosse dal principio, richiamato anche dalla sentenza impugnata, secondo cui “Nel sepolcro ereditario lo ius sepulchri si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, mentre in quello gentilizio o familiare -tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio- lo ius sepulchri è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari di esso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione mortis causa” (Cass. Sez. U, Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018, Rv. 649495, che ha ritenuto che il diritto di sepolcro, contemplato nella scheda testamentaria, andasse qualificato come gentilizio poiché il testatore aveva in esso espresso la volontà che la tomba ospitasse l’intera famiglia dei cugini, se essi l’avessero voluto, sicché la ricorrente ne era divenuta titolare ancorché non erede dell’originario fondatore del sepolcro).
Nello stesso senso, questa Corte aveva affermato, già prima dell’arresto delle Sezioni Unite del 2018 appena richiamato, che “Lo ius sepulchri, cioè il diritto alla tumulazione (autonomo e distinto rispetto al diritto reale sul manufatto funerario o sui materiali che lo compongono), deve presumersi di carattere non ereditario, ma familiare, in difetto di specifica diversa volontà del fondatore, e quindi considerarsi sottratto a possibilità di divisione o trasmissione a terzi non legati iure sanguinis al fondatore medesimo, mentre resta in proposito irrilevante la eventuale cedibilità prevista nel regolamento o nell’atto di concessione comunale. A tal fine l’individuazione della natura di una cappella funeraria come sepolcro familiare o gentilizio oppure come sepolcro ereditario costituisce apprezzamento di mero fatto non suscettibile di sindacato in sede di legittimità, qualora sorretto da motivazione sufficiente e immune da vizi logico – giuridici” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1789 del 29/01/2007, Rv. 595720).
Esiste dunque una differenza fondamentale tra sepolcro familiare o gentilizio, in relazione al quale lo ius sepulchri si acquista per volontà del fondatore e prescinde dalle vicende legate alla successione di questi, e sepolcro cd. ereditario, poiché in relazione a quest’ultimo “… lo ius sepulchri si trasmette nei modi ordinari, per atto inter vivos o mortis causa, come qualsiasi altro diritto, dall’originario titolare anche a persone non facenti parte della famiglia, mentre nel sepolcro gentilizio o familiare -tale dovendosi presumere il sepolcro, in caso di dubbio- lo ius sepulchri è attribuito, in base alla volontà del testatore, in stretto riferimento alla cerchia dei familiari destinatari del sepolcro stesso, acquistandosi dal singolo iure proprio sin dalla nascita, per il solo fatto di trovarsi col fondatore nel rapporto previsto dall’atto di fondazione o dalle regole consuetudinarie, iure sanguinis e non iure successionis, e determinando una particolare forma di comunione fra contitolari, caratterizzata da intrasmissibilità del diritto, per atto tra vivi o mortis causa, imprescrittibilità e irrinunciabilità. Tale diritto di sepolcro si trasforma da familiare in ereditario con la morte dell’ultimo superstite della cerchia dei familiari designati dal fondatore, rimanendo soggetto, per l’ulteriore trasferimento, alle ordinarie regole della successione mortis causa” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7000 del 08/05/2012, Rv. 622129, che ha respinto il ricorso avverso la decisione di merito che, correttamente motivando, aveva dichiarato l’avvenuta trasformazione del sepolcro da familiare ad ereditario sulla scorta dei comportamenti tenuti dai discendenti nei confronti del Comune, titolare del potere concessorio sull’area cimiteriale, ritenuti compatibili esclusivamente con la successione ereditaria nei diritti relativi alla tomba di famiglia).
Una volta accertato che si configuri un sepolcro gentilizio, se del caso applicando la presunzione affermata dalle Sezioni Unite di questa Corte con la già richiamata Ordinanza n. 17122 del 28/06/2018, Rv. 649495, occorre anche tener conto del principio secondo cui “In assenza di disposizioni specifiche da parte del fondatore, lo ius sepulchri d’indole gentilizia spetta, oltre che al fondatore stesso, ai componenti del nucleo familiare strettamente inteso, nel quale debbono farsi rientrare tutte le persone legate al fondatore da vincolo di sangue o legate tra loro da vincoli di matrimonio. Tale diritto, pur non essendo precisato in una disposizione di legge, trova il suo fondamento in un’antica consuetudine, conforme al sentimento comune, e nelle esigenze di culto e pietà dei defunti che, quando esercitate dai prossimi congiunti, realizzano, allo stesso tempo, la tutela indiretta di un interesse concernente la persona del defunto e l’esigenza sociale di far scegliere ai soggetti più interessati la località ed il punto ove manifestare i sentimenti di devozione verso il parente deceduto” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8020 del 22/03/2021, Rv. 660987, che ha escluso il diritto della nuora della sorella del fondatore del sepolcro gentilizio ad essere sepolta nella tomba di famiglia, non rilevandosi alcun rapporto di consanguineità della stessa con il fondatore).>>
Sul secondo tema:
<< La Corte di Appello, dopo aver ravvisato la natura gentilizia del sepolcro oggetto di causa, e ritenuto che il marito della Vi.Ma. rientrava tra gli originari beneficiari indicati dalla fondatrice, ed era perciò titolare iure proprio del cd. ius sepulchri primario, ha riconosciuto la sussistenza, in capo alla moglie, del cd. ius sepulchri secondario, consistente nel diritto di accedere alla cappella per onorare la memoria e la salma del suo congiunto, espressamente riconoscendo natura reale anche a tale seconda posizione soggettiva (cfr. punto 8.5 della motivazione della sentenza impugnata).
In argomento, tuttavia, occorre considerare che “Nel nostro ordinamento, il diritto sul sepolcro già costruito nasce da una concessione da parte dell’autorità amministrativa di un’area di terreno (o di una porzione di edificio) in un cimitero pubblico di carattere demaniale (art. 824 cod. civ.) e tale concessione, di natura traslativa, crea, a sua volta, nel privato concessionario, un diritto soggettivo perfetto di natura reale, e perciò, opponibile, iure privatorum, agli altri privati, assimilabile al diritto di superficie, che si affievolisce, degradando ad interesse legittimo, nei confronti della P.A. nei casi in cui esigenze di pubblico interesse per la tutela dell’ordine e del buon governo del cimitero, impongono o consigliano alla P.A. di esercitare il potere di revoca della concessione” (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8197 del 07/10/1994, Rv. 488032). Ad avere dunque natura reale è il diritto, nascente dalla concessione amministrativa del terreno demaniale destinato ad area cimiteriale, di edificarvi una tomba “… (il cosiddetto diritto di sepolcro), la cui manifestazione è costituita prima dalla edificazione, poi dalla sepoltura. Tale diritto, che afferisce alla sfera strettamente personale del titolare, è, dal punto di vista privatistico, disponibile da parte di quest’ultimo, che può, pertanto, legittimamente trasferirlo a terzi, ovvero associarli nella fondazione della tomba, senza che ciò rilevi nei rapporti con l’ente concedente, il quale può revocare la concessione soltanto per interesse pubblico, ma non anche contestare le modalità di esercizio del diritto de quo, che restano libere e riservate all’autonomia privata” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1134 del 24/01/2003, Rv. 559992).
Oltre a ciò, si deve rilevare che tradizionalmente si distingue tra diritto primario al sepolcro, ossia il diritto di essere seppellito o di seppellire altri in un dato sepolcro, e che taluno ritiene di avere natura reale, tale altro personale, ed il diritto di sepolcro secondario, questo però di natura personalissima ed intrasmissibile, che spetta a chiunque sia congiunto di una persona, che riposa in un sepolcro, di accedervi e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella spoglia.
Questo diritto secondario è senz’altro, come si è detto, di natura personale, difettando il potere sulla cosa caratteristico del diritto di sepolcro primario, e consistendo esso piuttosto che nella tutela del godimento o dell’uso di un sepolcro, nella tutela del sentimento del parente verso il defunto (così le recenti pronunce (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 370 del 10/01/2023, Rv. 666957 e Cass. Sez.2, Sentenza n. 17357 del 24/06/2024, non massimata) o comunque di coloro che sono legati da rapporti personali o affettivi tali da giustificarne l’accesso alla tomba per svolgere gli uffici ed i riti in memoria dei loro cari scomparsi.
È vero che questa Corte, nel remoto precedente del 1961 richiamato dalla sentenza impugnata, ha affermato che “Il diritto primario di sepolcro rispetto ad una tomba gentilizia importa il diritto alla tumulazione in quella tomba e determina una comunione indivisibile tra tutti i titolari del predetto diritto primario, sicché resta escluso il potere di disposizione della tomba stessa da parte di uno o di alcuni solo tra i predetti titolari o aventi causa da essi. Il diritto secondario di sepolcro importa il diritto di accedere alla tomba per compiervi gli atti di culto e di pietà verso le salme dei propri congiunti o dei propri danti causa, ivi legittimamente seppellite, nonché il diritto di impedire atti che turbino l’avvenuta tumulazione delle predette salme. Il diritto secondario di sepolcro si risolve in un ius in re aliena che grava sulla tomba e ne segue gli eventuali trasferimenti” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 246 del 07/02/1961, Rv. 880956). La successiva elaborazione giurisprudenziale, tuttavia, come si è già detto, ha distinto le due fattispecie, riconoscendo al cd. ius sepulchri secondario natura di diritto personale. In tal senso, questa Corte ha chiaramente affermato che “Dal diritto “primario” al sepolcro -consistente nel diritto ad essere seppellito o a seppellire altri in un dato sepolcro- si distingue quello “secondario” dei parenti ad accedere alla sepoltura del proprio congiunto e ad opporsi a qualsiasi trasformazione idonea ad arrecare pregiudizio al rispetto dovuto alle sue spoglie; quest’ultimo costituisce esplicazione della personalità e della libertà religiosa dell’individuo (tutelata dagli artt. 2,13 e 19 Cost.) e dalla sua lesione può derivare un danno non patrimoniale risarcibile” (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 370 del 10/01/2023, Rv. 666957).
Da quanto precede deriva che la Vi.Ma. non era legittimata a ricorrere alla tutela possessoria, in quanto “Il possesso è il potere sulla cosa che si manifesta in un’attività corrispondente all’esercizio della proprietà o di altro diritto reale” (art. 1140 c.c.). Il diritto di sepolcro secondario, del quale la Vi.Ma. aveva invocato tutela, si risolve infatti nella posizione soggettiva “… di natura personalissima ed intrasmissibile, che spetta a chiunque sia congiunto di una persona, che riposa in un sepolcro, di accedervi e di opporsi ad ogni trasformazione che arrechi pregiudizio al rispetto dovuto a quella spoglia” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 17357 del 24/06/2024, non massimata, pag. 15).>>