L’interesse sociale coincide con quello dei soci (attuali)?

La risposta è sostanzialmente positiva per Trib. Milano 0.09.2021, n° 7201/2021, RG 75268/2015, ASAM – AZIENDA SVILUPPO AMBIENTALE E MOBILITA’ SPA c. amminstratori e sindaci.

la domanda è avanzata ex art. 2392 cc. da una società pubblica partecipata da Provincia Milano ( poi da Regione Lombardia) e a sua volta deteneva  partecipazioni in altre società pubbliche.

Ebbene, quanto all’oggetto:

<<La natura e i connotati pubblicistici specifici di tale gruppo impongono una valutazione dell’interesse sociale, inteso come interesse delle singole società controllate, che non può prescindere dall’interesse (comune) degli enti controllanti, che si sono avvalsi per meglio gestire i servizi di trasporto pubblico di tale forma di organizzazione. [n.d.s.: errore, conta l’interesse dei soci, non delle società partecipate]

La totalità dei soci, i titolari di tutti le azioni di ASAM, senza eccezione alcuna (e dunque in quel momento la società stessa) hanno (ha) approvato l’operazione straordinaria di diminuzione del capitale sociale. Quale danno ora può chiedere la società agli amministratori sottoposti al volere dell’unanimità dei soci?

Né può la società far valere la lesione di interessi di terzi, ovvero dei creditori (i finanziatori) di ASAM, dal momento che certo non è legittimata ad agire in sostituzione di questi, i quali peraltro – pur potendo – non hanno attivato le tutele a loro disposizione, non avendo neppure tentato di proporre opposizione ex art. 2445 c.c. all’operazione di riduzione del capitale sociale.

L’addebito svolto nei confronti degli amministratori si riduce dunque all’aver agito nell’esclusivo interesse dei soci, sacrificando l’interesse della società. Ma a ben guardare, e dovendo il giudizio necessariamente presupporre una valutazione ex ante della ragionevolezza delle decisioni degli organi sociali, non può non osservarsi che nel momento in cui il c.d.a ha autorizzato l’intera operazione non era dato distinguere interesse della società da quello dei soci che all’unisono chiedevano si procedesse nel senso indicato.>>, p. 36.

Clusole onerose ex art. 1341 cc: serve bensì la predisposizione ex uno latere, purchè destinata a regolare una serie indefinita di rapporti

Sull’oggetto interviene Cass. 1.143 del 14.01.22, rel. Varrone, in questi termini:

<<La Corte d’Appello, come si è detto, ha dedotto la qualificazione del contratto dal raffronto con altri quattro contratti analoghi,rilevando, peraltro, che le condizioni contrattuali con specifico riferimento alla clausola in esame (remunerazione del patto di non concorrenza dopo la cessazione del rapporto) erano differenti, il che depone per una negoziazione del contenuto contrattuale tenuto conto anche della particolare natura del contratto fondato sull’intuitus personae.

Inoltre, con riferimento alla violazione e falsa applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ., la Corte di merito non ha considerato che le clausole onerose subordinate alla specifica approvazione per iscritto sono solo quelle che vengono inserite in contratti con condizioni generali predisposte da uno solo dei contraenti, ovvero conclusi mediante sottoscrizione di moduli o formulari; e che, secondo la giurisprudenza di legittimità consolidatasi in materia, possono qualificarsi come contratti “per adesione” esclusivamente le strutture negoziali destinate a regolare una serie indefinita di rapporti, tanto dal punto di vista sostanziale (se, cioè, predisposte da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti), quanto dal punto di vista formale (vale a dire se predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie): cfr. Sez. U n. 3989/1977; n. 4847/1986; n. 8407/1996; n. 2294/2001; n. 12153/2006; n. 7607/2015, fra le molte conformi).

Non possono, invece, ritenersi “per adesione” i contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento a singole e specifiche vicende negoziali e a cui l’altro contraente possa, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto. La clausola in esame, pertanto, si sottrae, diversamente da quanto ritenuto nella sentenza impugnata, all’ambito di applicazione degli artt. 1341 e 1342 cod. civ. già solo per il fatto (pacifico) che il regolamento negoziale di cui si discute sia riferibile ad una platea limitata e ben definita di soggetti, vale a dire i soli agenti della Segafredo ed inoltre per il fatto di non essere stato predisposto a mezzo di moduli e formulari tanto che, con specifico riferimento alla remunerazione del patto di non concorrenza, le condizioni cambiavano di volta in volta.

D’altra parte, ai fini dell’operatività degli artt. 1341 e 1342 cod.civ., non è sufficiente che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del regolamento (senza il concorso dell’altra parte) ma è necessario che le condizioni in esso fissate non possano che accettarsi (o rifiutarsi), nella loro interezza e, comunque, siano finalizzate a disciplinare una serie indefinita di rapporti; condizioni che, per quanto detto, non sono affatto riscontrabili nel caso di specie.

Sul punto il Collegio intende dare continuità anche al seguente principio di diritto: «in tema di condizioni generali di contratto, perché sussista l’obbligo della specifica approvazione per iscritto di cui all’art. 1341, comma 2, c.c., non basta che uno dei contraenti abbia predisposto l’intero contenuto del contratto in modo che l’altra parte non possa che accettarlo o rifiutarlo nella sua interezza, ma è altresì necessario che lo schema sia stato predisposto e le condizioni generali siano state fissate, per servire ad una serie indefinita di rapporti, sia dal punto di vista sostanziale, perché confezionate da un contraente che esplichi attività contrattuale all’indirizzo di una pluralità indifferenziata di soggetti, sia dal punto di vista formale, in quanto predeterminate nel contenuto a mezzo di moduli o formulari utilizzabili in serie. Ne consegue che non necessitano di una specifica approvazione scritta le clausole contrattuali elaborate in previsione e con riferimento ad un singolo, specifico negozio da uno dei contraenti, cui l’altro possa richiedere di apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto» (Sez. 6-2, Ord. n. 20461 del 2020; Sez. 6-3, Ord. n. 17073 del 2013).

Risulta erronea, pertanto, l’affermazione della Corte d’Appello di Genova circa la natura del contratto in esame come concluso mediante moduli o formulari predisposto unilateralmente da uno dei contraenti per disciplinare in modo uniforme i rapporti contrattuali con gli agenti>>.

Che debba esserci il requisito  del take or leave e cioè della possibilità solo di accettare in blocco, par corretto.

Che tutti gli agenti della Segafredo Zanetti non integrino la serie indefinita di rapporti, invece,  pare dubbio (necessiterebbe di approfondimento).

La lettera dell’art. 1341 cc, parlando di <predisposizione>, è poco chiara circa la necessità che il modulo si riferisca ad una serie indeterminata ex ante di rapporti.

Fotografia c.d. semplice, fotografia creativa e indicazioni sulla stessa ex art. 90 l. aut.

Trib. Milano 3 giugno 2020, n° 3108/2020, RG 9738/2020, decide una lite sulla tutela dlela fotogradia col diritto di autore.

Il fotografo avevca ceduto in vuia no esclusiva i propri diritti su uyno scatto, ritraente il calciatore Donnarimma, al corriere (mreglio al gruppo RCS)

Poi però se lo trova riprodotto dalla RAI (tv e sito web).

Rigettata la difesa di carenza di legittimazione attiva, il Trib. accoglie nel merito.

Interessante pure il ragionamento condotto per dimostrare l’implausibilità della tesi di buona fede in capo a RAI  , per aver reperita in un fantomatico <archivio> (per noi dire di quale sarebbe stato l’effetto giuridico conseguente nel caso di ravvisamento di tale buona fede, probabilmente l’elemento soggettivo per il risarcimento del danno). Importante è la conseguenza tratta: ricorre quindi il dolo eventuale (anche se non si lo scopo di tale affermazione, che costituisce un obiter dictum).

In rosso i passaggi più interessanti:  <<Coglie invece nel segno l’eccezione della convenuta circa il difetto della creatività della fotografia,con conseguente esclusione della tutela ex art. 2 l.d.a. e applicazione, invece, dell’art. 87 l.d.a. Nello specifico, sebbene non sia contestata dalla convenuta l’indubbia qualità tecnica e grafica delloscatto, lo stesso si sostanzia in un ritratto effettuato a bordo campo nel corso di una competizionesportiva, con conseguente funzione di mera cronaca dell’evento.

Dal confronto con gli altri ritratti del calciatore Donnarumma prodotti in giudizio sia dallo stesso attore(docc. 53, 55, 56 e 57) sia dalla convenuta (docc. 2, 3, 8, 9 e 10) non si rilevano particolari differenziazioni della fotografia oggetto di causa, tali da attribuire a quest’ultima un carattere distintivoo particolarmente creativo rispetto alle altre immagini del portiere.

Deve pertanto trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale che qualifica come protetti dallapiù ampia tutela autorale ex art. 2 l.d.a. solo gli scatti che trascendono il comune aspetto della realtàrappresentata (Trib. Roma, Sez. Spec. Impresa, 2 maggio 2011; App. Milano, 7 novembre 2000),  laddove, invece, la ‘fotografia semplice’ tutelata dagli artt. 87 e ss. l.d.a. è una mera rappresentazionedi accadimenti della vita, ancorché mediante tecniche fotografiche particolarmente raffinate ocomplesse (Trib. Milano, 17 aprile 2008; Trib. Milano, 21 ottobre 2004).

Nel caso di specie, dunque, può trovare applicazione la più ristretta disciplina di cui agli artt. 87 e ss.4.

Infondata è invece l’eccezione sollevata dalla convenuta circa la libera riproducibilità dello scatto.  RAI – RADIOTELEVISIONE ITALIANA S.P.A. ha infatti eccepito di avere reperito l’immagine oggetto di causa da un non meglio precisato ‘archivio’, senza però dare prova alcuna di quale sia labanca dati nella quale la fotografia avrebbe trovato collocazione.

L’attore, d’altro canto, ha documentato non solo come sull’immagine fosse espressamente indicata la clausola di riservatezza, così come il nominativo del fotografo (doc. 3), ma anche come, mediante accesso alla fotografia tramite motore di ricerca Google, i link di collegamento all’immagineriportassero chiaramente tutti gli elementi indicati dall’art. 90 l.d.a. (doc. 54 attore).

In assenza quindi di prova da parte della convenuta sulle concrete modalità di reperimento della predetta fotografia mediante produzione in giudizio dell’originale digitale estratto dal non meglio precisato ‘archivio’, non può accordarsi la presunzione di buona fede nella riproduzione, attesa la totale incertezza circa le modalità di estrazione e rielaborazione dell’immagine.

Di contro, invece, l’attore ha assolto al proprio onere probatorio ex art. 90, u.c., l.d.a. dando precisa dimostrazione di come un soggetto professionale avrebbe potuto avvedersi dell’esistenza di privativasullo scatto (doc. 54 attore).

Peraltro, la stessa convenuta afferma in comparsa di risposta che la ripresa del giocatore è, all’evidenza, avvenuta da bordo campo nel corso di una competizione sportiva, con un inquadratura solitamente utilizzata dai fotografi professionisti stazionanti nel recinto di gioco.  L’avere quindi riprodotto l’immagine senza dare dimostrazione della provenienza della stessa o , quantomeno, mediante la produzione in giudizio di documenti finalizzati a dimostrare anche solo l’accertamento della libera riproducibilità dell’opera, dimostrano la piena accettazione del rischio che la fotografia potesse essere protetta da privative concesse dalla legge n. 633/41, a prescinderedall’applicazione dell’art. 2 l.d.a. o della più restrittiva disciplina accordata dagli artt. 87 e ss. l.d.a., con conseguente esclusione della mera colpa, ricadendosi invece nell’elemento psicologico del dolo, ancorché nella sua forma eventuale>>.

Sentenza di appello sul limite della “essenzialità dell’informazione” a carico dei giornalisti: tra data protection e diritto di informazione

App. Roma 14.01.2022, n. 258/2022, rg 1214/2016, decide la lite promssa da AB, persona non nota (ma fratello di persona nota), verso un noto quotidiano nazionale per aver questo riportato, dando notizia della c.d. truffa dei Parioli, anche il nome del primo  e la somma di cui era stato truffato.

La sentenza ruota intorno alla <essenzialità> o meno di questi dati personali, requisito posto all’attività giornalistica dall’rt. 137/3 c. privacy.

Il giudizio è negativo: non erano necessario per una completa informazione.

In particolare : <<In definitiva, occorre verificare se, nel caso in esame, la pubblicazione del nome dell’attore e la relativa somma dal medesimo affidata a titolo di investimento alla società oggetto di investigazione, fosse o meno essenziale rispetto alla rilevanza in sé della notizia inerente la corposa attività di indagine inerente la c.d. “truffa dei Parioli”.   Rileva a tal fine la Corte, che effettivamente la pubblicazione di tali dati non fosse affatto  necessaria ai fini della essenzialità della notizia che in ogni caso, e a prescindere dalla pubblicazione dei dati personali dell’appellante e della somma al medesimo riferibile, aveva già di per sé un notevole impatto mediatico per il numero e per le personalità rimaste coinvolte nella vicenda, pur se come persone offese

Ritiene dunque la Corte che, attesa l’eccedenza della pubblicazione dei dati dell’attore rispetto alla  rilevanza della notizia, via sia stata una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali che non può che portare a ritenere fondata la domanda risarcitoria proposta dal B.>.

La domanda di danno patrimoniale è rigettata , ma viene accolta quella di danno non patrimoniale , determinato in euro 20.000,00.

Marchio generico, di uso comune e parodia dello stesso

Il marchio, costituito dalla parola <Supreme> in bianco su sfondo rettangolare rosso per abbigliamento, è stato oggetto della decisione portata da Trib. Milano 14.07.2020, n. 4218/2020, RG 21982/2018, che ne ha confermato la validità sotto il profilo della non genericità ex art. 13.1.b cpi  e della non qualificabilità come di <uso comuine> ex art. 13.1.b. cpi

Sul primo punto il giudizio è esatto.

Sul secondo invece è assai dubbio, parendo il termine <Supreme> assai comune nel commercio (anche se probabilmente la complessità data da lemma+colori muta questo primo giudizio).  Non persuasivo dunque il Trib. quando così motiva<: < Al fine di stabilire se un marchio sia corrispondente a espressioni del linguaggio comune, si deve prendere in considerazione la sua percezione negli ambienti interessati nel territorio nel quale la registrazione esplica effetto (v. sentenze CGEU 4 maggio 1999, cause riunite C-108/97 e C-109/97, Windsurfing Chiemsee, Race. pag. I-2779, punto 29, 12 febbraio 2004, causa C-363/99, Koninklijke KPN Nederland, Race. pag. I-1619, punto 77, e causa C-218/01, Henkel, Race. pag. I- 1725, punto 50 e, da ultimo, 9 marzo 2006, causa C-421/04, Matratzen Concord AG, punto 24 ).  Nella citata sentenza Matratzen (punto 25) la Corte UE rileva che è ben possibile che, a causa delle differenze linguistiche, culturali, sociali ed economiche tra gli Stati membri, un marchio che è privo di carattere distintivo o è descrittivo dei prodotti o dei servizi interessati in uno Stato membro non lo sia in un altro Stato membro (v., per analogia, quanto al carattere ingannevole di un marchio, sentenza 26 novembre 1996, causa C-313/94, Graffione, Race. pag. I-6039, punto 22).   Nel caso di specie deve escludersi che i consumatori di lingua italiana che operano nel mercato nazionale, venuti in contatto con il segno di causa, lo avvertano, senza ulteriore riflessione, come un segno di uso comune nel linguaggio corrente o negli usi costanti del commercio. Le convenute non hanno dimostrato che la lingua inglese venga utilizzata, anche solo in alternativa alla lingua nazionale, per rivolgere delle indicazioni descrittive ai membri del pubblico considerato (sul punto si ricorda come il Trib. UE, con sentenza 15 ottobre 2008, causa T-405/05, Powerserv Personalservice/UAMI – MANPOWER ha rilev ato, ai fini della valutazione in punto di capacità distintiva del marchio, che “non  è sufficiente una semplice conoscenza diffusa dell’inglese da parte del pubblico pertinente o di una parte significativa del medesimo, se l’inglese non viene effettivamente utilizzato (…) per rivolgersi a questo stesso pubblico”)>.

E’ giusto che l’onere di provarlo spetti ai convenuti. E’ però anche vero che il giudice poteva ritenerlo nullo d’ufficio ex art. 122 cpi , se avesse ravvisato l’ <uso comune>: esito possibilissimo se non probabile, come detto .

Più interessante  è la difesa di uso parodistico da parte dei covnenuti, i quali -a loro dire- lo avrebbero apertamente utilizzato come tale e cioè con apposita dichiarazione in tale senso.

Però l’eccezione di parodia, ammissibile anche per i marchi pur non espressamente prevista  (è invece ora prevista nel diritto di autore dall’art. 102 nonies l. aut. solo per gli usi on line), è di assai difficile (forse impossibile) accoglibilità, quando proposta da un concorrente. Il Tribunale la respinge  così: <Si può quindi affermare che la regola generale sia quella della protezione del marchio contro qualsiasi forma di agganciamento parassitario o di minaccia cheinterferisca con i messaggi comunicati dal marchio stesso e che il rischio diconfusione sull’origine rappresenti soltanto un’ipotesi particolare diagganciamento o di pregiudizio. Restano esclusi dall’ambito di operativitàdell’azione di contraffazione i c.d. usi civili del marchio altrui, da individuarsi inquegli usi che si collocano nella sfera esclusivamente privata. Tra questi rientra la parodia del marchio altrui intesa come genere artistico, che dà luogo ad opere autonome da quelle parodiate. Tale non è l’uso commerciale di segni distintivi, suscettibili di essere avvertiti come caricature di marchi altrui. Tale secondo caso, come osservato in dottrina, non è sussumibile nella scriminante dell’uso parodistico (per finalità artistiche) del marchio altrui ma costituisce, piuttosto, un’ipotesi di contraffazione del marchio, instaurando, per finalità commerciali, un agganciamento al messaggio di cui il marchio parodiato è portatore, che si traduce, per l’autore della parodia, in uno sfruttamento della notorietà del marchio parodiato, cui consegue detrimento (cfr., in giurisprudenza, Trib. Milano,4 marzo 1999, caso “Agip”; Trib. Torino, 9 marzo 2006, caso “Porco Diesel”)>>.

Il raginamento sul punto è corretto , tranne l’inciso <Tra questi rientra la parodia del marchio altrui intesa come genere artistico, che dà luogo ad opere autonome da quelle parodiate.>: non si può parlare di <opere> nei marchi, ma solo nel diritto di autore. Qui il giudice ha fatto una leggera confusione ma per il resto ha ragione.

Marchio figurativo v. marchio 3 D : sul marchio riproducente il Camper Van di Volkswagen

Il marchio <Cultcamper> (nome + figura del muso del noto camper van di volkswagen, poi: VW) viola quello 3D di vw COSTITUITO DALAa riproduizione appunto in cinque posiozini 3D del noto camper van (si v. le riproduzionui de imarchji nella testo della decisione).

L’appello amministrativo presso l’EUIPO con decisione 15.12.2021, caso R 609/2021-2 , riformando la decisione di primo grado e pur rigettando la domanda di rinomanza, ritiene da un lato il segno anteriore in 3D sufficientemente distintivo e dall’altro il segno  posteriore <Cultcamper> fonte di possibile confusione:

<<38  As a result, the opponent can only rely on the inherent distinctiveness of its earlier  marks. As already observed, the earlier marks have an inherently average degree of distinctive character.
39 Considering the above, and in particular the average distinctive character of the earlier marks, the codominance of the figurative element in the contested sign, the visual and conceptual similarity of the signs, the identity and similarity of the goods and services, applying the interdependence principle, the Board finds that, faced with the image of the mark applied for, the relevant Englishspeaking public in the EU will perceive that mark as another version of the earlier marks, rather than as a separate trade mark with a different commercial origin. It follows that there is a likelihood of confusion, including a likelihood of association, on the part of at least the relevant Englishspeaking public in the EU, whose degree of attention is average to high.

40 Even for a public with a high level of attentiveness, the fact remains that the average consumer only rarely has the chance to make a direct comparison between the different marks but must place his or her trust in the imperfect picture of them that he or she has kept in his or her mind (16/07/2014, T324/13, Femivia, EU:T:2014:672, § 48 and the caselaw cited therein; 15/10/2008, T305/06 T307/06, Ferromix, Inomix, Alumix, EU:T:2008:444, § 63).

41 In light of the above, the appeal is upheld, the contested decision is annulled in its entirety, the opposition is upheld and the contested trade mark application is rejected in its entirety>>

DA notare l’uguale rilevanza assegnata alle componenti denominativa e figurativa nel marchio posteriore, contrariamente ad un largo orientamento (ricordato in decisione) per cui in tali casi è di maggior impatto nel pubblico quella denominativa.

(notizia e link tratti dal blog IPKat).

Sentenza veneta in tema di tutela del software (sul concetto di diagramma di flusso)

Alcuni medici avevano consegnato a dei programmatori incaricati dalla ULSS delle idee scrtite sulla realizzazione di un software per le gestione e il monitoraggio dei pazienti affetti da dipendenze , per poi crearne una banca dati.

Avevano quindi agito per l’accertamento della titolarità propria, anzichè in capo alla ULSS, della privativa di autore.

In primo grado il Tribunale rigetta la domanda , osservando che  <la documentazione dimessa non integrasse il c.d. “materiale preparatorio” del software successivamente sviluppato, oggetto di tutela ai sensi dell’art. 2 c.p.i., dovendo esso intendersi solo come quel materiale che consenta ad un programmatore di passare alla successiva fase di stesura del codice sorgente del programma. Precisava che tale definizione poteva essere attribuita solo a diagrammi di flusso o a blocchi completi, mentre il materiale fornito dagli attori, di cui i convenuti comunque avevano tempestivamente eccepito l’assenza di data e di sottoscrizione, non poteva essere qualificato come tale>.

Va però male pure l’appello, deciso da App. Venezia 07.06.2021, sent. 1665/2021, RG 636/2019, est. Micochero.

La corte veneziana infatti conferma con questo passaggio motivatrio: <<Nel caso di specie gli appellanti, nell’atto introduttivo del presente grado di giudizio, compiono un’opera di confronto grafico tra la documentazione dimessa e le interfacce del programma in questione. Tale documentazione viene corredata da una descrizione avente ad oggetto la paternità del documento, che non era stata compiuta in alcun modo nel corso del primo grado, per cui essa costituisce nuova allegazione, inammissibile nel presente grado di giudizio.

Anche prescindendo da tale descrizione e dalla effettiva paternità dei disegni e degli schemi (oggetto del secondo motivo di gravame), va comunque evidenziato che gli schemi e i disegni riprodotti non possono essere qualificati come materiale preparatorio della fase di progettazione, come asserito dagli appellanti. Va infatti evidenziato che il software “….” è il risultato di un progetto denominato “….” voluto dalla Regione Veneto con delibera n. ….seguendo le linee guida dell’Osservatorio Europeo sulle droghe e tossicodipendenze, e affidato, per il suo sviluppo, alla ULSS ……. per migliorare il trattamento dei pazienti affetti da tossicodipendenze e ottimizzare le attività assistenziali del …. Ai tre medici che lavoravano presso il Dipartimento per le dipendenze della suddetta ULSS fu dato l’incarico di seguire il progetto, ed, in particolare, al ….,  fu attribuita la qualifica di direttore tecnico scientifico e di coordinamento del progetto. Risulta quindi evidente che i tre medici abbiano posto in evidenza quale dovesse essere lo scopo e l’utilità del programma, indicando ai programmatori (……) quali dovevano essere le informazioni che lo stesso doveva fornire, giungendo anche a suggerire la veste grafica più idonea allo scopo.

Tuttavia detta attività ancora non integra il concetto di lavoro preparatorio di progettazione perché, come correttamente spiegato nei considerando sopra riportati [N.d.s.: cons. 7 e 11 della dir. Ue 24 del 2009] , in quanto esso già presuppone l’utilizzo di un linguaggio tecnico che permetta al programmatore di procedere immediatamente alla realizzazione successiva dei codici sorgente. Rientrano in detto ambito i “flowchart” – diagrammi di flusso –   che già presuppongono una dimestichezza con il linguaggio informatico (algoritmi) e che permettono al programmatore di realizzare direttamente le stringhe nel linguaggio informatico, essendo diretti a creare una rappresentazione grafica delle operazioni da eseguire per l’esecuzione di un algoritmo. I documenti dimessi non sono, all’evidenza, diagrammi di flusso, ma costituiscono nient’altro che una spiegazione del risultato che si voleva attenere con il programma, una indicazione specifica ai programmatori su ciò che il programma doveva fornire all’utente. Ne consegue che essi non possono assurgere alla qualità di “lavori preparatori”, anche se riferibili ai tre medici>>.

Prova delle movimentazioni di conto corrente: non solamente tramite l’estratto del conto

Per Cass. 1538 del 19.01.2022, rel. Falabella, la prova dei movimenti del conto corrente non è fornibile solamente tramite gli estratti relativi: si tratta infatti di fatto oggetto di prova libera, assente un contrastante dato normativo.

Precisamente: << l’estratto conto non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; esso consente bensì di avere un appropriato riscontro dell’identità e consistenza delle singole operazioni poste in atto: ma, in assenza di alcun indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (così Cass. 2 maggio 2019, n. 11543, in motivazione): il correntista non è cioè tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche aliunde, vale a dire attraverso le risultanze degli altri mezzi di prova offerti dalla parte o assunti d’ufficio, che spetta al giudice di merito valutare con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. 19 luglio 2021, n. 20621). In tal senso, le movimentazioni occorse sono da considerare alla stregua di fatti suscettibili di prova libera, essendo dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento (Cass. 21
dicembre 2020, n. 29190, in motivazione)>>

Rifiuto di ricevere la consegna dell’immobile locato in caso di danneggiamento dello stesso

Può il prorpietario rifiutare di ricevere la resttiuzione formale del’limmobile qualora sia danneggiato e l’iniquilino non versi una somma sufficiente a rimetterlo inpristino stato? Si , secondo Cass. n° 39.179 del 09.12.2021, rel. Dell’Utri.

Precusanebte; <<secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, in tema di locazione, allorché il conduttore abbia arrecato gravi danni all’immobile locato, o compiuto sullo stesso innovazioni non consentite, tali da rendere necessario per l’esecuzione delle opere di ripristino l’esborso di somme di notevole entità, in base all’economia del contratto e tenuto comunque conto delle condizioni delle parti, il locatore può legittimamente rifiutare di ricevere la restituzione del bene finché tali somme non siano state corrisposte dal conduttore, il quale, versando in mora, agli effetti dell’art. 1220 cod. civ., rimane tenuto altresì al pagamento del canone ex art. 1591 cod. civ., quand’anche abbia smesso di servirsi dell’immobile per l’uso convenuto (cfr. Sez. 3, ordinanza n. 7424 del 17 marzo 2021; Sez. 3, ordinanza n. 30960 del 27 dicembre 2017; Sez. 3, ordinanza n. 10394 del 27 aprile 2017; Sez. 3, Sentenza n. 12977 del 24/05/2013, Rv. 626376 – 01).>>