Cautela a carico del cliente della banca nell’uso del bancomat e suo controllo in Cassazione

Cass. sez. 3 del 8 . 11.2023 n. 31.136, rel. Gianniti:

<<Secondo la giurisprudenza di questa corte (cfr. in particolare Cass. n. 26916/2020), “la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa solo se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente”  [tecniamente non è così].

Orbene, entrambi i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del suddetto principio, ma, compiendo una diversa valutazione del compendio probatorio, sono addivenuti a conclusioni antitetiche.

Invero, il giudice di primo grado ha accolto la domanda risarcitoria del F. così argomentando:

“Nel merito la domanda è fondata poiché quanto prospettato dall’attore ha trovato dalla documentazione prodotta sufficiente riscontro probatorio in ordine sia all’an sia al quantum debeatur. L’attore, infatti, è riuscito a dimostrare la veridicità della sua tesi a dispetto di quella prospettata dalle convenute…. Pertanto, l’attore lamenta il comportamento poco corretto ed inadempiente dell’istituto bancario che ha consentito nonostante il blocco e le varie denunce presentate, delle operazioni extra fido senza alcuna autorizzazione, comportando ciò un aggravio di spese a quest’ultimo che si è trovato con un saldo negativo di Euro 5.581,97 Euro. Si osserva che nel caso de qua trattasi di carta di debito da utilizzarsi tramite codice segreto (PIN), che dovrebbe essere a conoscenza solo del legittimo possessore e fruitore del servizio bancomat come da contratto. Tuttavia, va detto che più volte è capitato (come riportato anche da fatti di cronaca accaduti recentemente) che le chiavi di accesso ai servizi a pagamento vengono carpite da terze persone con inganno, senza che il titolare abbia la possibilità di rendersi conto del fatto nell’immediato. Ebbene, in tali casi vi è da dire che l’istituto bancario che eccepisca la colpa concorrente del titolare della carta per custodia difettosa del codice personale, ha l’onere di provare concretamente tale negligenza, la quale non può ritenersi in re ipsa per il solo fatto che una tessera bancomat, dopo il furto, sia stata utilizzata illecitamente. Dunque, i convenuti non hanno assolto al loro onere probatorio ai sensi dell’art. 2697 c.c., pertanto, le contestazioni restano delle mere eccezioni senza fondamento. E’ evidente il grave inadempimento e la responsabilità di entrambi gli enti convenuti nella vicenda de qua. E’ evidente, infatti che il comportamento negligente sia della Banca sia della ICCREA terza chiamata in causa, è la concausa della sottrazione illecita delle somme, dal momento che, nonostante l’immediata denuncia e blocco della carta da parte del F., gli enti convenuti non hanno adempiuto agli obblighi di vigilanza, correttezza e buona fede contrattuale, consentendo movimenti ben oltre i limiti contrattuali stabiliti creando così un grave disagio economico e non, oltre che un danno all’attore”.

Al contrario, il giudice di appello ha rigettato la domanda risarcitoria del F., sul presupposto che la di lui condotta gravemente colposa era risultata:

“- dalla ricostruzione dei fatti offerta dal sig. F., il quale nella denuncia presentata ai Carabinieri in data 06/7/2009, alle ore 13.29 – ovvero quattro giorni dopo dal presunto smarrimento – ha dichiarato di essersi accorto della perdita della carta (che di per sé va conservata con la massima attenzione, e dunque con una particolare diligenza) in circostanze del tutto casuali, cioè controllando nel portafogli, dopo aver verificato, rivolgendosi ad un operatore di cassa della filiale di riferimento, l’effettuazione di prelievi non autorizzati sul conto corrente nei giorni immediatamente precedenti;

– dalle dichiarazioni dello stesso sig. F., che non ha potuto escludere di aver dimenticato (…) la carta bancomat “…all’interno dallo sportello sito in Agenzia di Via (Omissis)”, così denotando una significativa superficialità nella conservazione della carta di debito, nonostante sia un dato di comune esperienza, noto ai più, che trova frequente riscontro nelle cronache, che proprio in occasione delle operazioni agli sportelli automatici si verificano episodi di truffa e/o di furto delle carte bancomat a danno degli ignari titolari;

– dalla peculiarità della vicenda oggetto di causa, dove tutte le operazioni contestate dall’attore hanno avuto luogo con il corretto inserimento del P.I.N. (chiaro sintomo che esso potrebbe non essere stato adeguatamente custodito dal titolare sig. F.) e prevalentemente anteriori al blocco della carta richiesto dall’appellato solo il 06/7/2009;

– dal fatto che il sig. F. ha posto a fondamento della domanda risarcitoria soltanto n. 5 operazioni, per complessivi Euro 1.414,10 – avvenute, rispettivamente il 3/7/09, alle ore 20.47 (di Euro 250,00), il 4/7/09, alle ore 11.31 (di Euro 250,00), alle ore 11.38 (di Euro 59,90), ed alle ore 12.24 (di Euro 349,00), il 5/7/09, alle ore 11.57 (di Euro 250,00), ed il 6/7/09, alle ore 10.17 (di Euro 250,00) -, tralasciandone altre n. 3, per complessivi Euro 674,90 – avvenute, rispettivamente, il 4/7/09, alle ore 11.43 (di Euro 89,90), il 5/7/09, alle ore 12.47 (di Euro 290,00), ed il 6/7/09, alle ore 10.32 (di Euro 295,00) -, che pure rientrano nel medesimo contesto temporale delle prime, nel quale, a suo dire, non avrebbe avuto la materiale disponibilità della carta bancomat”.

In sintesi, il giudice di appello ha ritenuto che il F., da un lato, non ha custodito adeguatamente il bancomat (in quanto ha dichiarato di non poter escludere di averlo dimenticato all’interno dello sportello elettronico automatico ed ha aggiunto di essersi reso conto del relativo smarrimento soltanto dopo un controllo fortuito nel proprio portafoglio) e, dall’altro, non ha custodito adeguatamente il PIN necessario per il funzionamento del bancomat, in quanto tutti i prelievi denunciati (oltre ad altri che non hanno formato oggetto di denuncia) sono avvenuti con l’inserimento corretto del PIN e sono avvenuti prima della denuncia e del blocco della carta (incombenti questi entrambi risalenti al 6 luglio 2009).

Non spetta a questa Corte statuire quale sia la motivazione più coerente con le risultanze processuali acquisite: nella presente sede di legittimità, invece, rileva il fatto che, a fronte della motivazione del giudice d’appello, adeguatamente articolata la censura del ricorrente si risolve, sostanzialmente, in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice di merito, così in sostanza sollecitando, attraverso l’apparente deduzione del vizio di violazione di legge, una rivisitazione del suo giudizio.

E tuttavia questa non è consentita a questa Corte, alla quale non spetta il riesame della vicenda processuale, ma solo il controllo della correttezza giuridica e della coerenza logica delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, cui competono, in via esclusiva, l’individuazione delle fonti del proprio convincimento ed il controllo della loro attendibilità e concludenza, nonché la scelta, tra le complessive risultanze processuali, di quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (cfr., ex plurimis, Cass. n. 13881/2015; n. 24679/2013; n. 27197/2011; n. 6694/2009).

Quanto, poi, al passaggio in cui (p. 23) il ricorrente si duole che la banca “…nella sua difesa non ha mai precisato i presidi di sicurezza di cui era dotata la tessera bancomat smarrita/sottratta…” – fermo restando che nel giudizio di legittimità non sono prospettabili nuove questioni di diritto (Cass. n. 21633/2018; n. 9812/2002) – occorre qui rilevare che trattasi di censura di cui non vi è traccia nella sentenza impugnata (e che, d’altronde, il ricorrente neppure indica aver formato oggetto di esame nei due giudizi di merito).

Anzi, sotto questo profilo, non può non essere sottolineato il particolare contesto contrattuale della fattispecie, nella quale non risulta che fossero contrattualmente previsti specifici sistemi di controllo e presidi di sicurezza a carico della banca: orbene, in tale specifico contesto contrattuale, l’uso della carta con uso di pin corretto da parte di soggetto ignoto è stato legittimamente posto dal giudice di appello ad esclusivo carico del titolare della carta>>.

Sono qui di interesse le (peraltro scarne) circostanze di fatto relative alla non diligente gestione del tesserino bancmat (nulla si dice però del pin)

La prova del credito (addebiti ingiustificati) verso la banca non richiede necessariamente l’estratto di conto corrente, potendo bastare anche una c.t.u. basata sul’estratto c.d. scalare

Cass. sez. 1 del 18.04.2023 n. 10.293, rel. Nazzicone:

<<Esso invero intende riproporre un giudizio sul fatto, dal momento che la sentenza impugnata ha ritenuto di aderire alle risultanze dei calcoli operati dal c.t.u.: il quale si è sì fondato su conti c.d. scalari, ma ha rielaborato per intero il dovuto, espungendo le poste indebite risultanti.

Tale modus procedendi, da un lato, non incorre nella violazione delle norme invocate dalla ricorrente, e, dall’altro lato, appartiene all’ambito del giudizio sul fatto ed all’apprezzamento delle risultanze processuali, interamente affidato al giudice del merito.

Come è stato già rilevato (Cass. 27 ottobre 2020, n. 23476, non massimata), non è necessariamente inaffidabile il ricorso allo strumento degli estratti scalari (in cui, come ivi si osserva, vengono registrati con la medesima valuta i movimenti per somma algebrica); ed è una valutazione del giudice del merito, nel caso di specie positivamente svolta condividendo le risultanze del c.t.u., l’idoneità dei predetti estratti scalari a dar conto del dettaglio delle movimentazioni debitorie e creditorie (principio, del pari, già espresso da Cass. 30 giugno 2020, n. 13186, non massimata, in presenza di una valutazione di incompletezza degli estratti da parte del giudice del merito).

Va considerato, infatti, che le movimentazioni possono ricavarsi anche da tali documenti, i c.d. riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, secondo l’insindacabile accertamento in fatto del giudice di merito, ciò bastando ai fini probatori (Cass. 25 maggio 2022, n. 16837, non massimata sul punto).

Del resto, nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione di quanto indebitamente trattenuto dalla banca, non è tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di restituzione soltanto mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti desumersi aliunde, vale a dire attraverso le risultanze di altri mezzi di prova, che forniscano indicazioni certe e complete, anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. 19 luglio 2021, n. 20621; nonché Cass. 29 marzo 2022, n. 10140; Cass. 19 gennaio 2022, n. 1538).

Ed invero, secondo l’indirizzo ormai consolidato, nei rapporti bancari di conto corrente, nel caso di domanda proposta dal correntista, come nella specie, l’accertamento del dare-avere non deve necessariamente essere effettuato mediante la documentazione delle singole rimesse suscettibili di restituzione, operata esclusivamente mediante la produzione di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo tale accertamento essere effettuato anche con l’ausilio di una consulenza d’ufficio, da valutarsi con un accertamento in fatto, insindacabile innanzi al giudice di legittimità.

L’enunciato principio di diritto afferma quindi come, a fronte di una produzione non integrale degli estratti conto, è sempre possibile, per il giudice del merito, ricostruire i saldi attraverso l’impiego di mezzi di prova ulteriori, purché questi siano idonei a fornire indicazioni certe e complete che diano giustificazione del saldo maturato all’inizio del periodo per cui sono stati prodotti gli estratti conto rapporto (Cass. n. 11543-2019; Cass. n. 9526-2019). La prova dei movimenti del conto può, pertanto, desumersi aliunde (Cass. n. 29190-2020), avvalendosi eventualmente dell’opera di un consulente d’ufficio che ridetermini il saldo del conto in base a quanto emergente dai documenti prodotti in giudizio, che devono fornire indicazioni certe e complete nei termini sopra illustrati (Cass. n. 20621-2021).

Ne deriva che la valutazione del materiale probatorio presente è attività riservata al giudizio del merito, senza che possa intervenire un sindacato e controllo da parte di questa Corte.

La censura in esame – a fronte di un giudizio di fatto operato dal giudice di merito, sulla base degli estratti scalari e della c.t.u. tende ad un’inammissibile rivisitazione del merito; e la corte territoriale ha rilevato come la banca non avesse contestato il conferimento del quesito al c.t.u., sulla base della documentazione in atti, ossia degli estratti scalari, né tale contestazione era stata mossa nella richiesta di integrazione della consulenza (pp. 8 e 9), statuizione neppure specificamente impugnata>>.

Ci pare tutto giusto (mancando disposizione contraria , la prova certo può darsi anche diversamente  dal e.c. cronologico, se persuasiva secondo le leggi della scienza contabile).   Solo che tale persuasività (idoneità allo scopo) è giudizio di diritto (art. 116 cpc), non di fatto.

Prova del credito bancario: successione di conti correnti con produzione di estratto conto solo dell’ultimo ma non dei precedenti estinti, il cui saldo costituisce la prima voce di quello prodotto

Interessante fattispecie (non so dire quanto frequente) e soluzione ragionevole (abbastanza scontata, non potendosene immaginare una diversa; v. però la perplessità in parentesi quadra) fornita da Cass. 15.601 del 16 maggio 2022, sez. 1, rel. Scotti .

In breve, per la SC tocca al correntista contestare alla Banca la prima voce (di apertura) di un estratto di conto corrente, quando sia costituita dal saldo di precedente conto ormai estinto , a sua volta preceduto da altri conti correnti estintisi (il  saldo di ciascuno dei quali era confluito come voce di apertura nel conto seguente).

 <<5.5. Inoltre il motivo asseritamente ignorato deduceva l’incompletezza degli estratti conto forniti dalla Banca solo perché non sarebbero stati parimenti forniti gli estratti conto completi di altri conti correnti precedentemente intrattenuti dalle societàgarantite e successivamente estinti e azzerati, senza dimostrareche anche tali altri conti fossero oggetto di causa.

Né può ritenersi incompleto un estratto conto solo perché laprima posta passiva registrata si riferisce ad un debito del correntista riveniente dalla chiusura di un altro rapporto bancario. [errore!!! Invece è incompleto, dato che la posta non si riferisce ad una operazione spefica ma è una sintesi di tutte quelle dell’estratto ultimo del conto chiuso]

5.6. Beninteso, ciò non significa che una banca possainserire nell’estratto conto il saldo negativo di precedenti contichiusi senza che il cliente possa al riguardo articolare alcuna difesa al riguardo.Certamente l’estratto conto che inizi con il saldo negativo diun precedente conto non può dirsi incompleto. La completezza,però, non significa necessariamente veridicità.

È anche vero, cioè, che detta posta, come tutte le poste di unconto, può essere oggetto di contestazione da parte del correntista (il quale ha appunto l’onere di contestare le varie poste del contonell’ambito della dialettica fra le parti voluta dal legislatore pergiungere all’accertamento del saldo) e, se una contestazione vi sia,scatta l’obbligo della banca di fornire la prova della correttezzadella posta di cui trattasi: prova che in un caso come quellooggetto del giudizio consisterebbe appunto, di regola, nella produzione degli estratti conto da cui risulti quel saldo negativo.

I ricorrenti sostengono appunto di aver contestato, nel giudizio di merito le poste iniziali di quei conti in quanto costituitedal saldo negativo di altri conti nei quali era stati applicati interessianatocistici e addebitate spese non dovute.Se una tale contestazione fosse stata effettivamentesollevata, i giudici di merito avrebbero dovuto pretendere dallabanca la produzione anche degli estratti conto per così dire«secondari». Sennonché la deduzione dei ricorrenti di avercontestato nel merito, per la ragione appena detta, la correttezzadei saldi negativi dei conti secondari, è oltremodo generica, vistoche essi non indicano quando e come l’avrebbero sollevata nelgiudizio di merito, e dunque inammissibile, dato che anche lasentenza impugnata non vi fa alcun cenno>>.

La SC non indica alcuna disposizione di legge per sorreggere il suo giudizio.

Si v. ad es l’art. 50 TUB per l’ingiunzione e l’art. 119 TUB sulle comunicazioni periodiche alla clientela.

1) La petizione ereditaria non si applica al credito da conto corrente. 2) Unico legittimato all’azione di restituzione dell’indebito è il percettore diretto, non il terzo cui questi ne abbia trasferito una parte

Interessante (e frequente …) fattispecie concreta decisa da Cass. sez. 2, n° 19.936 del 21.06.2022, rel. Tedesco.

Muoino a breve distanza di tempo i due contitolari, coniugi, di un  conto bancario cointestato.

Il procuratore del secondo deceduto (moglie) ritira il saldo dal conto e ne traferisce metà ad un terzo.

Essendosi però  estinta la procura col decesso, il procuratore non aveva titolo : pertanto il vero erede esperisce azione nei suoi confronti e nei confronti del terzo beneficiario

La SC riforma la corte di appello laddove aveva applicato la petizioone di eredità (art. 534 cc) e nega che questa si applichi al credito da conto corrente.

Inoltre nega che il terzo beneficiario della metà del conto corrente abbia legittimazione passiva: .

Avendo natura di indebito, l’azione di restituzione delle somme illegittimamente prelevate dall’ex procuratore è strettamente personale, per cui solo quest’ultimo è legittimato passivo.    Del resto è proprio questa l’azione data al reale creditore verso il creditore apparente (art. 1189 c. 2 cc)

Principio di diritto: “L’art. 1189 c.c., in tema di pagamento al creditore apparente, è applicabile anche nell’ipotesi di pagamento delle somme depositate in conto corrente, effettuato dalla banca dopo la morte del correntista in favore di un soggetto non legittimato a riceverlo; conseguentemente l’azione accordata all’erede per la restituzione è quella disciplinata dall’art. 2033 c.c., che è esperibile solo nei confronti del destinatario del pagamento e non anc:he nei confronti di colui al quale la somma sia stata trasferita dall’accipens dopo che egli l’abbia indebitamente riscossa dalla banca debitrice

Non è però chiaro come possa dirsi che l’ex procuratore fosse creditore apparente e cioè <legittimato a riceverlo in base a circostanze univoche>, se la perocura si estingue ex lege in caso di decesso (§ 5 sentenza di Cass.)! Tanto più che il debitore (banca) è un soggetto abituato a trattare questo tipo di vicende giuridiche e operatore professionale qualificato!

Accesso abusivo in conto corrente online e inadempimento contrattuale

Cass. 20.05.2022 n. 16.417, rel. Caiazzo, affronta (sommariamente) il tema della sottrazione di somme a seguito di accesso ad un conto on line, eseguito tramite le credenziali del titolare (che evidentemente il terzo in qualche modo si era illecitamente procurate).

In generale, <<in tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l’adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della dimostrazione del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, o dall’eccezione d’inadempimento del creditore ex art. 1460 c.c. (Cass., n. 25584/18; n. 3587/21; SU, n. 13533/01).>>

In particolare, <<nell’ambito del rapporto di conto corrente, con modalità telematiche, tale regula juris declina la responsabilità della banca per operazioni effettuate a mezzo di strumenti elettronici, con particolare riguardo alla verifica della loro riconducibilità alla volontà del cliente mediante il controllo dell’utilizzazione illecita dei relativi codici da parte di terzi, ha natura contrattuale e, quindi, va esclusa se ricorre una situazione di colpa grave dell’utente. [non chiara la costrizione sintattica del periodo …]

Orbene, la Corte territoriale ha adottato una ratio erronea in quanto se, da un lato, riconosce che manca un comportamento colposo della M., violando la suddetta regola di diritto ex art. 1218 c.c., le attribuisce la responsabilità del prelievo dal conto corrente, senza peraltro indicarne il titolo.

Invero, la ricorrente ha correttamente allegato la fattispecie d’inadempimento ascritta alla banca, consistente nel non aver impedito l’illecito prelievo, mentre l’istituto bancario non ha eccepito un fatto estintivo o impeditivo della pretesa della controparte.

In sostanza, la sentenza impugnata ha ascritto alla ricorrente una responsabilità per fatto altrui del tutto estranea, come noto, al nostro ordinamento giuridico, presumendo del tutto astrattamente che la ricorrente avrebbe potuto omettere una misura di cautela inerente al corretto utilizzo dell’operatività del conto corrente online, senza alcun riferimento ad una concreta condotta, commissiva od omissiva, della correntista.

Invece, la banca non ha eccepito un fatto estintivo del diritto fatto valere dall’attrice consistente nella violazione delle norme prudenziali che informano le modalità d’uso dei rapporti di conto corrente telematico.>>

La maggior difficoltà teorico è se sia stata correttamente allegato l’inadempimento della banca semplicemente affermando che non aveva <impedito l’illecito prelievo>, senza altri aggiungere.

Astrattamente infatti l’allegazione è troppo generica , visto che da essa non si evince alcuna negligenza della banca (rimane infatti incerto se l’accesso abusivo sia avvenuto per negligenza della banca o della correntista).

Resta da capire se, data la enorme asimmetria di potere nel rapporto (il sistema informatico è totalmente in mano alla banca) , possa ugualmente bastare questa allegazione.

La SC non menziona alcuna norma speciale regolanti la materia , ad es. quelle sui servizi di pagamento in cui la fattispecie forse rientra.

Ad es. l’art. 126 bis. c. 4 T.U. Bancario , <<Spetta al prestatore dei servizi di pagamento l’onere della prova di aver correttamente adempiuto agli obblighi previsti dal presente capo>>

Oppure il d. lgs. 11 del 17.01.2010, artt. 7-14. Ad es. si v. l’art. 10 Prova di autenticazione ed esecuzione delle operazioni di pagamento, secondo cui :

<< 1. Qualora l’((utente)) di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento gia’ eseguita o sostenga che questa non sia stata correttamente eseguita, e’ onere del prestatore di servizi di pagamento provare che l’operazione di pagamento e’ stata autenticata, correttamente registrata e contabilizzata e che non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti.

((1-bis. Se l’operazione di pagamento e’ disposta mediante un prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, questi ha l’onere di provare che, nell’ambito delle proprie competenze, l’operazione di pagamento e’ stata autenticata, correttamente registrata e non ha subito le conseguenze del malfunzionamento delle procedure necessarie per la sua esecuzione o di altri inconvenienti connessi al servizio di disposizione di ordine di pagamento
prestato.))
((2. Quando l’utente di servizi di pagamento neghi di aver autorizzato un’operazione di pagamento eseguita, l’utilizzo di uno strumento di pagamento registrato dal prestatore di servizi di pagamento, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, non e’ di per se’ necessariamente sufficiente a dimostrare che l’operazione sia stata autorizzata dall’utente medesimo, ne’ che questi abbia agito in modo fraudolento o non abbia adempiuto con dolo o colpa grave a uno o piu’ degli obblighi di cui all’articolo 7. E’ onere del prestatore di servizi di pagamento, compreso, se del caso, il prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento, fornire la prova della frode, del dolo o della colpa grave dell’utente.))
>>.

Prova delle movimentazioni di conto corrente: non solamente tramite l’estratto del conto

Per Cass. 1538 del 19.01.2022, rel. Falabella, la prova dei movimenti del conto corrente non è fornibile solamente tramite gli estratti relativi: si tratta infatti di fatto oggetto di prova libera, assente un contrastante dato normativo.

Precisamente: << l’estratto conto non costituisce l’unico mezzo di prova attraverso cui ricostruire le movimentazioni del rapporto; esso consente bensì di avere un appropriato riscontro dell’identità e consistenza delle singole operazioni poste in atto: ma, in assenza di alcun indice normativo che autorizzi una diversa conclusione, non può escludersi che l’andamento del conto possa accertarsi avvalendosi di altri strumenti rappresentativi delle intercorse movimentazioni (così Cass. 2 maggio 2019, n. 11543, in motivazione): il correntista non è cioè tenuto a documentare le singole rimesse suscettibili di ripetizione soltanto mediante la produzione in giudizio di tutti gli estratti conto periodici, ben potendo la prova dei movimenti del conto desumersi anche aliunde, vale a dire attraverso le risultanze degli altri mezzi di prova offerti dalla parte o assunti d’ufficio, che spetta al giudice di merito valutare con un accertamento in fatto insindacabile innanzi al giudice di legittimità (Cass. 19 luglio 2021, n. 20621). In tal senso, le movimentazioni occorse sono da considerare alla stregua di fatti suscettibili di prova libera, essendo dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento (Cass. 21
dicembre 2020, n. 29190, in motivazione)>>

Diritto a copia degli estratti conto bancari e ordine di esibizione del giudice ex art. 210 cpc

Per Cass. 24.641 del 13.09.2021 , il cliente ha diritto a copia degli estratti conto ex art. 119/4 TUB, secondo cui Il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni hanno diritto di ottenere, a proprie spese, entro un congruo termine e comunque non oltre novanta giorni, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni. Al cliente possono essere addebitati solo i costi di produzione di tale documentazione” (si badi: non è scontato che  nel concetto di <<documentazione inerente a singole operazioni >> rientrino gli estratti conto periodici).

Ma non può direttamente ottenerli tramite un ordine di esibizione ex art. 210 cpc: deve prima tentare di procurarseli in proprio e, solo in caso di insuccesso, può invocare l’esibizione ex art. 210 cpc.

Lineare sentenza del relatore Di Marzio,  che riassume l’insegnamento nel seguento principio:

«Il diritto spettante al cliente, a colui che gli succede a qualunque titolo o che subentra nell’amministrazione dei suoi beni, ad ottenere, a proprie spese, copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni, ivi compresi gli estratti conto, sancito dall’articolo 119, quarto comma, del decreto legislativo 1 o settembre 1993, n. 385, recante il testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, può essere esercitato in sede giudiziale attraverso l’istanza di cui all’articolo 210 c.p.c., in concorso dei presupposti previsti da tale disposizione, a condizione che detta documentazione sia stata precedentemente richiesta alla banca, che senza giustificazione non vi abbia ottemperato; la stessa documentazione non può essere acquisita in sede di consulenza tecnica d’ufficio contabile, ove essa abbia ad oggetto fatti e situazioni che, essendo posti direttamente a fondamento della domanda o delle eccezioni delle parti, debbano necessariamente essere provati dalle stesse», § 12.12.

Sul conto corrente bancario cointestato: rapporto esterno (vs. banca) e interno (tra cointestari)

Chiarimenti utili nella pratica sul tema in oggetto da parte di Cass. 4838 del 23.02.2021, rel. Tedesco.

Gli eredi (fratelli) di un cointestatario di conto corrente, titolare assieme alla moglie, agiscono verso quest’ultima per ottenere la metà della somma presente sul conto. Ottengono ragione in primo grado ma non in secondo grado.

La Cass. afferma  questi principi:

<<La cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell’onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purchè gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (Cass. n. 18777/2015). Pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo (Cass. n. 3248/1989; n. 4066/2009)>>.

Segue poi il punto relativo ai rapporti interni: <<Nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti non sono regolati dall’art. 1854 c.c., riguardante i rapporti con la banca, bensì dall’art. 1298 c.c., comma 2, in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicchè, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto (Cass. n. 77/2018).>>

Prova dell’erroneo addebito di interessi nel conto corrente bancario: necessità assoluta di tutti gli estratti conto?

La prova dell’erroneo addebito degli interessi, operato dalla Banca, non necessariamente deve consjstere in tutti gli estratti conto pertinenti al tempo dedotto.

Essi possono infatti essere integrati da CTU , purchè questa poggi su un minino di documenti da cui risalire per coprire i periodi non documentati da estratti conto. La CTU ad es. può partire da un dato contabile della banca stessa, la quale non può poi negarlo (§ 3 , citando la sentenza di appello).

Così  Cass. 04.03.2021 n. 5887, rel. Dolmetta.

In pareticolare così scrive il rel.: <<La giurisprudenza della Corte – occorre subito riscontare in proposito – ha infatti chiarito che il giudice del merito deve in ogni caso valutare la possibilità che la prova dell’indebito sia desumibile aliunde, in maniera diversa dagli estratti conto, cioè.

Ben può – si è così precisato – il giudice integrare la prova offerta dal correntista; nel caso, pure con mezzi di cognizione disposti d’ufficio, come la CTU, alla quale il giudice può ricorrere quando la prova dei movimenti del conto, che sia prodotta dal correntista, non risulti completa, ma comunque tale da consentire al CTU di operare il calcolo delle competenze trimestrali (cfr., in specie, Cass., n. 31187/2018; Cass., n. 29190/2020; si veda, altresì, la pronuncia di Cass., n. 30822/2018, la quale – al di là della imperfetta sintesi approntata dall’Ufficio del Massimario – ha in realtà puntualizzato che, in caso di produzione parziale degli estratti, il calcolo dei rapporti di dare e di avere decorre “dalla data della posta iniziale a debito annotata sul primo estratto conto disponibile” e dalla misura data da questo saldo, senza alcun previo azzeramento dello stesso).

In realtà, è improprio e scorretto – così si è rilevato in particolare – considerare gli estratti conto come “veicolo di una prova legale” di fatti, che invece sono suscettibili di prova libera, cioè dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento (Cass., n. 29190/2021)>>, § 12.

Non risultano però chiarissimi i fatti e  la pertinenza ad essi del ragionamento della SC. Infatti , ad una prima lettura, da un lato, la lacuna documentale riguardava solo il periodo 1983-1990, mentre il correntista  era “a posto” per il prosieguo (1991-2012, anno di chiusura del conto); dall’altro , egli aveva poi limitato la domanda appunto solo a detto prosieguo.