Riparto dell’assegno di reversibilità tra coniuge divorziato e coniuge superstite

Cass. sez.  1 n. 25.369 del 25.08.2022 , rel. Caradonna,  sull’intepretazione dell’art. 9 c.3 legge divorzio (1.12.1970 n. 898):

Prmesso che << 1.1. Il motivo è inammissibile, perchè la censura prospettata, lungi dal prospettare un error in iudicando, si risolve, nella sostanza, in una
critica investente l’accertamento e l’apprezzamento del giudice del
merito in ordine alla
quaestio facti, per di più deviando dal paradigma
di cui al vigente art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. (cfr. Cass.,
13 marzo 2018, n. 6035), non avendo la ricorrente dedotto nulla in
ordine alla decisività dell’errore denunciato, in cui è incorsa la Corte
territoriale, sul computo della durata dei matrimoni del coniuge
divorziato e del coniuge superstite, rilevato che, nel caso in esame, la
Corte territoriale ha determinato la percentuale del 25% della pensione
di reversibilità spettante alla Romagnoli, tenendo conto non soltanto
del criterio della durata dei matrimoni, ma anche dell’età e delle
condizioni economiche dei due coniugi, divorziato e superstite.
>>,

ebbene, premesso ciò, la SC passa poi ad osservare che :

<< 1.2  Ciò in ossequio al principio affermato da questa Corte, anche di
recente, secondo cui
in caso di decesso dell’ex coniuge, la ripartizione
dell’indennità di fine rapporto tra il coniuge divorziato e il coniuge
superstite, che abbiano entrambi i requisiti per la pensione di
reversibilità, deve essere effettuata ai sensi dell’art. 9, comma 3, della
legge n. 898 del 1970, oltre che sulla base del criterio legale della
durata dei matrimoni, anche ponderando ulteriori elementi, correlati
alla finalità solidaristica dell’istituto e individuati dalla giurisprudenza,
quali l’entità dell’assegno riconosciuto al coniuge divorziato e le
condizioni economiche di entrambi, tenendo inoltre conto della durata
della convivenza, ove il coniuge interessato alleghi, e provi, la stabilità
e l’effettività della comunione di vita precedente al proprio matrimonio
con il «de cuius» (Cass., 23 luglio 2021, n. 21247)
>>

Si badi che la disposizione menziona solo la durata del matrimonio: sarebbe servita dunque una motivazione più argomentata.

Assegno divorzile e oneri sopravvenuti per il debitore

Cass. 23.998 sez. 1 del 02.08.2022, rel. Valentino, interviene sull’oggetto (non ci sono apprfondimento o spunti di interesse).

L’ex marito, alla luce di allegati oneri sopraggiunti a suo carico, contesta la permanenza del suo debito di euro 1.400,00 mensili a favore della moglie (la quale nel aveva in primo grado chiesto 2.000,00 mensili)

1° <<La Corte di Appello
ha applicato correttamente i principi stabiliti dalle Sezioni Unite di
questa Corte con la sentenza n. 18278/2018, secondo la quale il
riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge
deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura
compensativa e perequativa, ai sensi dell’art. 5, comma 6, della I.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale6
n. 898 del 1970 richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei
mezzi dell’ex coniuge istante e dell’impossibilità di procurarseli per
ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima
parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre
attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione
dell’assegno>>;

2° : << Deve sottolinearsi, inoltre, che la circostanza dell’aumentato
impegno economico del ricorrente a causa della nascita dei suoi
gemelli ha indotto prima il Tribunale a diminuire l’assegno divorzile
e poi la Corte a confermare la diminuzione per cui il ricorrente non
può dolersi della violazione delle norme che enuncia. In tema di
assegno divorzile, «qualora a supporto della richiesta di sua
diminuzione o revoca siano allegati sopravvenuti oneri familiari
dell’obbligato, il giudice deve verificare se gli stessi abbiano
determinato un effettivo depauperamento delle sostanze di
quest’ultimo, tale da postulare una rinnovata valutazione
comparativa della situazione economico-patrimoniale delle parti o
se, viceversa, la complessiva, mutata condizione dell’obbligato non
sia comunque di consistenza tale da rendere irrilevanti i nuovi oneri»
(Cass., n. 21818/21;Cass., n. 14175/16; Cass., n. 618/2022).
Di talchè, allo stato, il ricorrente espone nuovamente i medesimi fatti
chiedendone una diversa valutazione nel merito insindacabile in sede
di giudizio di legittimità (ex multis Cass., S.U. n. 8053/2014; Cass.,
36171/2021). La Corte territoriale ha applicato correttamente le
norme richiamate dal ricorrente, svolgendo un esame dei fatti
acquisiti completo ed esaurientemente motivato (da ultimo Cass.,
n.618/2022). Il motivo è, pertanto, inammissibile in quanto diretto
a sollecitare un riesame dei fatti, attraverso una diversa loro
interpretazione
>>

Precisazioni sui marchi: convalidazine, distintività e rapporto tra disciplina ad hoc e concorrenza sleale

Uili precisaizoni da Trib. Bologna n. 1782/2021, Rg 12664/2017, Montedil srl c. Mon.Edil srl, rel. Romagnoli, su questioni frequenti in tema di marchi:

1) << L’istituto della convalidazione può valere, però, solo per il marchio successivo registrato (cfr. Cass. civ.
Sez. I, n. 26498 del 2013) o al massimo per la denominazione sociale e il nome a dominio (che sono
comunque segni distintivi in qualche modo “registrati”) quindi non per il marchio di fatto, quale è quello
(o meglio, quelli) della convenuta (MONT.EDIL IMPRESA EDILE, MONTEDIL COSTRUZIONI
EDILI e MONTEDIL SRL con la raffigurazione dell’escavatore, cfr. docc. 2, 2 ter, 2 bis, 3, 4, 5 e 14);
d’altronde, l’eventuale tolleranza dell’uso della ditta o dominazione sociale MONT.EDIL, non significa
tolleranza nell’uso dello stesso segno come marchio (cfr. Cass .civ. Sez. I, 20.4.2017 n. 9966): dunque in
nessun modo potrebbe esservi convalidazione del marchio
>>, p. 5;

Del resto il tenore della disposizione (art. 28 cpi) è inequivoco.

2) << Va altresì disattesa ogni prospettazione di nullità dei marchi attorei per assenza di capacità distintiva ai
sensi dell’art. 13 CPI: il termine “edil” è senz’altro evocativo del servizio edile, ma è un tutt’uno non
distinguibile nel marchio MONTEDIL che con l’anteposizione del termine “mont” conferisce al segno
nella sua unitarietà una capacità distintiva avulsa dalla natura del servizio prestato; per altro verso, la
circostanza che il termine “montedil” sia utilizzato da diverse imprese nella propria denominazione
sociale non fa di esso un segno divenuto di uso comune nel commercio ai sensi della lett. a art. 13 cit.,
che invece fa riferimento alla parola del linguaggio comune che si pretenda di utilizzare come marchio
>> e poi, superrata la questione della validità di quello aizonaot, affronta quella della legittimità di quello conveuto: << Se ciò è vero, appare chiaro che anche a considerare la natura “debole” del marchio “montedil”
l’introduzione di un punto fra “mont” ed “edil” non è variazione sufficiente ad escludere la confondibilità
fra i servizi richiamati dal segno; d’altronde, pur riconoscendosi che il marchio MONT.EDIL è stato
utilizzato assieme ad altri elementi (terminologici o figurativi) reputa il collegio che tali elementi
aggiuntivi non riescano a controbilanciare la somiglianza (quasi identità) fonetica e morofologicolessicale.
Va dunque riconosciuto che l’uso del segno “montedil” comunque scritto (con l’inserimento del punto
fra “mont” ed “edil” ovvero con l’aggiunta di ulteriori termini come “impresa edile” o “costruzioni edili”
o di elementi figurativi come l’escavatore stilizzato) da parte della convenuta è in violazione dei marchi
registrati attorei ex art. 20/1° co. lett. b) CPI, e conseguentemente ne va disposta l’inibitoria da ogni
utilizzo, anche quale denominazione sociale e nome a dominio.
Quanto specificamente al nome a dominio
www.montedilparma.com il collegio apprezza che l’aggiunta
del termine “parma” neppure valga a differenziare adeguatamente il segno rispetto ai marchi dell’attrice,
perché l’indicazione territoriale associata alla denominazione sociale semmai induce il mercato a ritenere
che il segno sia riconducibile ad unità territoriale dell’impresa piuttosto che a diversa impresa avente la
stessa denominazione, sicchè non consiste in idoneo elemento qualificante a designare la convenuta e ad
escludere il rischio associativo fra imprese
>>, p. 6

3) << Va disattesa la domanda concernente la concorrenza sleale confusoria (art. 2598 n. 1 c.c.) sulla quale
domanda il collegio osserva quanto segue.
Sebbene siano astrattamente compatibili e cumulabili la tutela dei segni distintivi prevista dal codice
della proprietà industriale e quella prevista dal codice civile in tema di concorrenza sleale (in tal senso è
chiaramente l’
incipit dell’art. 2598 c.c.), va condiviso il principio per cui la medesima condotta può integrare sia la contraffazione della privativa industriale sia la concorrenza sleale per l’uso confusorio di
segni distintivi solo se la condotta contraffattoria integri anche una delle fattispecie rilevanti ai sensi
dell’art. 2598 c.c., cioè a dire che va esclusa la concorrenza sleale se il titolare della privativa industriale
si sia limitato a dedurre la sua contraffazione (cfr. Cass. sez. I, 02/12/2016, n. 24658 in materia di
brevetto), se – in altre parole ancora – le due condotte consistano nel medesimo addebito integrante la
violazione del segno (o del brevetto).
In buona sostanza, dall’illecito contraffattorio non discende automaticamente la concorrenza sleale, che – dunque – deve constare di un
quid pluris rispetto alla pura violazione del segno o del brevetto, cioè di una modalità ulteriore afferente il fatto illecito >> p. 6/7

Marchio di servizio al limite della distintività ma registrato: BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS

L’appello amministrativo del USPTO riforma e registra il marchio <BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS>  per servizi offerti da una “non-profit entity promoting improvements in Black maternal and infant health care”.

Rigettata la domanda in primo grado amministrativo per carenza di distintività, viene invece accolta in secondo grado:

<<We agree with Applicant that the specimens show BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS is used in rendering the identified services, and identifies Applicant as the source of those services. See In re ICE Futures U.S. Inc., 85 USPQ2d 1664, 1669 (TTAB 2008) (noting that use in the “rendition” of services is an element of the “sale” of services under Section 45 of the Trademark Act). In particular, Applicant’s social media posts featuring the BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS promote Black maternal and infant health care and are directed to the public at large, including both expectant mothers and care givers.
Moreover, the fact that at least six other “Bill of Rights” marks have registered for
a variety of services—including one for “public advocacy to promote awareness of credit, debit and payment card processing practices”—suggests that there is nothing inherently unregistrable about these kinds of marks.
>>

E poi:

<< Here, Applicant is using the phrase BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS to identify its own activities promoting Black maternal and infant health care, as evidenced by the Instagram posts. That is, Applicant uses BLACK BIRTHING BILL
OF RIGHTS to speak directly to expectant Black women and health care providers
about Black maternal and infant health care rights. Applicant also is allowing others to use the phrase BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS as part of their campaigns to promote Black maternal and infant health care. The fact that Applicant allows  others to use BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS does not diminish its rights in the mark for its promotional and advocacy services. Indeed, Applicant’s “posting guidelines” for third-party use of the BLACK BIRTHING BILL OF RIGHTS seeks to
Serial No. 90581377 ensure that the proposed mark will be associated with Applicant’s efforts to promote Black maternal and infant health care >>

Tenuto però conto che il cuore del servizio è la promozione di alcuni diritti a favore di donne e bambini di colore, sembrerebbe difficile -se fosse da noi- evitare la scure di nullità rappresentata dall’art. 13.1.b del c.p.i.

La decisione è USPTO Trademark Trial and Appeal Board , In re National Association to Advance Black Birth  23 aogosto 2022, Serial No. 90581377.

(segnalazione e link da tweet della prof.ssa Alexandra J. Roberts)

L’atto di citazione di Moderna c. Pfizer Biontech per violazione dei brevetti sui vaccini anticovid

Il prof. Chiris Seaman mette a disposizione il link all’atto di citazione di Moderna contro Pzifer Biontech. (poi: PB) (caso Case 1:22-cv-11378 presso la corte del Distretto del Massachusetts, depositatato il 26 agosto).

<21.  Pfizer and BioNTech copied two critical features of Moderna’s patented mRNA technology platform. First, out of numerous possible choices, they decided to make the exact same chemical modification to their mRNA that Moderna scientists first developed years earlier, and which the Company patented and uses in Spikevax®. Second, and again despite having many  different options, the Pfizer and BioNTech vaccine encoded for the exact same type of coronavirus protein (i.e., the full-length spike protein), which is the coronavirus vaccine design that Moderna had pioneered based off its earlier work on coronaviruses and which the company patented and uses in Spikevax®. The Moderna inventions that Pfizer and BioNTech chose to copy were foun-dational for the success of their vaccine>

La domanda giudiziale è basata <<on three patents that claim priority to applications filed be-tween 2011 and 2016 covering Moderna’s foundational intellectual property, and the Company is seeking damages for revenue Pfizer and BioNTech derived from sales in the United States that are not subject to 28 U.S.C. § 1498 and from its domestic manufacture for supply to non-AMC 92 countries outside the United States>>.   Il che è poi dettagliato nei §§ 54 ss.

I vaccini PB son descritti ai § 72 ss

Le allegazioni sulle tre violazioni sono ai §§ 83 ss, 104 ss e 122 ss.

Curiosamente (ma comprensibilmente) Moderna chiede non misure ripristinatorie (inibitoria e ritiro dal commercio; misure “correttive” secondo il ns. art. 124 cpi),  ma solo  il risarcimento del danno (oltre all’accertamento della violazione).

L’azione in corte pare contrastare con l’impegno, assuntosi da Moderna nel 2020 (vedilo ad es. qui), di non far valere i suoi brevetti contro alcuno che li usasse per contrastare il vodic 19, finechè durasse la pandemia.

Moderna affronta l’obiezione e tenta gi giustificare la propria scelta:  <<22. Given the unprecedented challenges of the COVID-19 pandemic, Moderna volun-tarily pledged on October 8, 2020 that, “while the pandemic continues, Moderna will not enforce our COVID-19 related patents against those making vaccines intended to combat the pandemic.” Moderna refrained from asserting its patents earlier so as not to distract from efforts to bring the pandemic to an end as quickly as possible.

23.  By early 2022, however, the collective fight against COVID-19 had entered a new endemic phase and vaccine supply was no longer a barrier to access in many parts of the world, including the United States. In view of these developments, Moderna announced on March 7, 2022, that it expected companies such as Pfizer and BioNTech to respect Moderna’s intellectual  property and would consider a commercially-reasonable license should they request one. This announcement was widely publicized, including through coverage in TheWall Street Journal.5Critically, however, and to further its belief that intellectual property should never be a barrier to access, as part of this announcement, Moderna committed to never enforce its patents for any COVID-19 vaccine used in the 92 low- and middle-income countries in the Gavi COVAX Ad-vance Market Commitment (“AMC”). This includes any product manufactured outside the AMC-92 countries, such as the World Health Organization’s project in South Africa, with respect to COVID-19 vaccines destined for and used in the AMC-92 countries. Although they have contin-ued to use Moderna’s intellectual property, Pfizer and BioNTech have not reached out to Moderna to discuss a license>>

V. però la dettagliata critica di  Jorge L. Contreras per cui la dichiarzione 2020 di Moderna è giuridcamente vincolante e ora non può revocarla

I primi atti difensivi nella lite Twitter v. Elon Musk, a seguito della revoca di questi dell’offerta di acquisto

E’ stato diffuso il link all’atto di citazione in oggetto, (oppure anche qui , ove mancano le firme degli avvocati) : esso segue la dichiaraizone di Musk di revocare l’offerta per presunta opacità informativa sugli account fake di Twitter-

Leggi anche la difesa 15.07.2022 di Musk, che si oppone al procedimento veloce, e poi la difesa completa (Verified Counterclaims) 29 lugli 2022 .

Infine puoi qui leggere la controreplica di Twitter (plaintiff’s reply to verified conterclaims) del 4 agosto 2022.

Il retweet non significa condivisione del contenuto del post retweetato

Interessante decisione statunitense sul se un  retweet (e alcune osseraizoni via Tweeter sul gruppo esterminsta QAnon)  di post di QAnon sia da interpretare come condivisione delle idee del gruppo stesso : U.S. DISTRICT COURT- SOUTHERN DISTRICT OF NEW YORK 12 agosto 2022, Flynn c. Cable News Network, Case 1:21-cv-02587-GHW-SLC.

Flynn cita in causa la CNN per aver così interpretato e pubblicamente riferito.

Il giudice di new york accoglie .

Provvedimento interessante di cui qui mi limito a riportare la parte per cui  retweetare non vale condividere i contenuti:

<< In addition, CNN argues that the Flynns “publicized their support for QAnon” through retweets. …       The Court disagrees. Jack did not make the statement, “We are every day people seeking truth.” He retweeted it. There are many reasons that someone might retweet a statement; a retweet is not necessarily an endorsement of the original tweet, much less an endorsement of the unexpressed belief system of the original tweeter, as CNN would have it. Therefore, at the motion to dismiss stage, the Court cannot conclude as a matter of law that Jack adopted the content of the tweet and was therefore calling himself a member of the QAnon movement by using the word “we.” Nor can the Court conclude that the Flynns personally believed the other statements that they retweeted, particularly in light of the Flynns’ factual allegation that they do not share the beliefs of the QAnon movemen >>

Esatto: si può retweetare per molti altri motivi e cioè per qualunque ragione di interesse, magari di totale divergenza invece che convergenza ideale.

Può indurre in errore la versione italiana CONDIVIDI del pulsante corrispondente in Facebook e in LInkedin. Ma anche per questi vale lo stesso ragionamento: si può condividere per molte , anche opposte, ragioni.

(notizia e link al testo del provvedimento dal blog del prof. Eric Goldman)

Ancora sul diritto di parola vs. Facebook: non c’è State action , per cui è censurabile

Altra, ennesima, decisione che conferma la privatezza di Facebook , per cui la sua censura sui post degli utenti (qui relativi al Covid) è legittima, stante la base contrattuale.

Il Primo Emendamento quindi non è invocabile.

Si tratta di corte del nord California 9 agosto 2022, Case No. 22-cv-02482-CRB., Rogalinsky c. Meta.

La corte esamina il proprio recente precedente Hart. .v Facebooh , in cui pure aveva rigettata domanda basata sul 1 Emendamento, e poi la teoria del nexus test e joint action (tesi strampalatissima). Ma alla fine rigetta.

(notizia e link alal sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Il marchio tridimensionale deve differenziarsi dalle prassi del settore per avere distintività

L’appello amministrativo dell’EUIPO conferma il rigetto della domanda di registrazione come marchio 3D di una custodia (Case) per laptop per bimbi, sagomata con maniglie e piedestalli (2° Board of appeal, 24.05.2022, case R 503/2021-2, Speculative Product Design, LLC ; si v. le foto del case  nella decisione).

La domanda era stata rigettata in primo grado per forma necessaria ex art. 7.1.e.ii reg. 1001 del 2017.

Viene invece rigettata in appello per assenza di distintività ex art. 7.1.b del medesimo regolamento.

<<The shape of the sign must depart significantly from the shape that is expected by
the consumer – it must depart significantly from the norm or customs of the sector
as stated above (19/09/2001, T-30/00, red-white squared washing tablet (fig.),
EU:T:2001:223; 04/10/2007, C-144/06 P, Tabs (3D), EU:C:2007:577) – in other
words, the shape must be so materially different from basic, common or expected
shapes that it enables a consumer to identify the goods just by their shape. The
more closely the shape for which registration is sought resembles the shape most
likely to be taken by the product in question, the greater the likelihood of the
shape being devoid of any distinctive character for the purposes of Article 7(1)(b)
EUTMR (07/05/2015, C-445/13, Voss of Norway, EU:C:2015:303, § 81, 91;
24/05/2012, C-98/11, Hase, EU:C:2012:307, § 42; 07/10/2004, C-136/02,
Maglite, EU:C:2004:592, § 31).
34 When the Court of Justice refers to the ‘norm and customs of the sector’ and the
‘shape most likely to be taken by the product’, then firstly reference is being made
to design features that are conventional on the market (see 17/01/2006, T-398/04,
Tabs (3D), EU:T:2006:19, § 51). In respect of distinctive character, the view
expected to be taken by the targeted public is the decisive factor, and this is
influenced by their knowledge of available product designs and market
conditions.
35 According to the Court, a simple departure is not sufficient. Rather, it must be
significant (see 12/02/2004, C-218/01, Perwoll-Flasche, EU:C:2004:88, § 49;
25/03/2020, R 1248/2020-1, Shape of a lens (3D), § 48; 24/09/2020,
R 589/2020-5, Triangular shaped notches in three double chains (3D), § 26).
36 The presence in the market of a ‘standardised shape/appearance’ does not
constitute a necessary assumption for the conclusion that a sign consisting of the
representation of the product or its packaging does not differ significantly from
that shape/appearance, which is devoid of any distinctive character. It is therefore
not necessary for there to be a ‘standard’ or ‘standardised use’ with regard to the
goods in question which are on the market. Even if there are a variety of shapes
for the presentation of these goods, it is possible that the trade mark under
examination does not diverge from these products in such a way as to be
perceived as an indication of the commercial origin of the goods themselves.
>>

Il pubblicio di riferimento è attento: < Therefore, it is
highly likely that the consumer will carry out a comparison and pay high degree
of attention to the shape of these products as the shape is not merely a subsidiary
or irrelevant aspect in their choice>, § 41.

Al § 43 ss le anteriorità che permettono di confludere che quello inesame si inserisce “in scia”, senza dioffern ziarsi dalla prassi di settore.

Il Board però fa una supplemetnare ricerca in Internet, § 51 ss.

Lo scopo è quello appena citato: < the Board wishes to highlight, here, that the reason of providing these
examples of available designs for cases for tablets is not to prove that they create
an overall impression which is similar to the applicant’s 3D mark. The subject
matter of the appeal is not the likelihood of confusion, but the inherent
distinctiveness of the contested mark. The reason for providing these examples is
to show that there is a wide variety of shapes of cases for electronic devices with
touch screen (for kids), such as tablets, on the market and that, as a result,
consumers are accustomed to seeing products with characteristics, such as
handles or supports that resemble legs, or other features (for instance, eyes, ears,
etc.) that deviate significantly from the basic conventional rectangular shape of
cases for tablets. >, § 52.

Sintesi a §§ 57.

Che alcuni altri modelli siano contraffattori non conta a questo scopo, § 61.

In conclusione:

<< When taken as a whole, the mark applied for does not depart sufficiently and even
less ‘significantly’, from the norms and customs of the relevant sector. The
differences between the shape in the present case and the shapes that already exist
on the market will have the sole consequence that the trade mark applied for will
be perceived as a variant of those simple geometrical filter shapes (02/04/2020,
T-546/19, FORME D’UN RÉCIPIENT DORÉ AVEC UNE SORTE DE VAGUE
(3D), EU:T:2020:138, § 48).
71 Beyond the typical elements of cases for electronic devices with touch screen, the
sign does not exhibit any particular characteristics which could be remembered by
the consumer as an indication of origin. The characteristics are limited to those
which are technically necessary or intrinsic to the product to serve its function. As
proven by the examples above, the application fits seamlessly into the existing
range of shapes. The examples show numerous designs with playful or quirky
character, with lateral handles and legs for standing (22/06/2021, R 351/2021-4,
SHAPE OF A WASSERVE LUSTERÄTS (3D), § 18).
72 The consumer knows that the aforementioned characteristics of cases for
electronic devices with touch screen may be designed differently with regard to
the shape, colouring, and specific arrangement. However, they have no reason to
subject these design differences to an analytical assessment in order to discover
features which could guide him when deciding to purchase such goods with
regard to positive experiences and to a particular commercial origin. In particular,
they will not remember their exact design. The sign as a whole does not have a
design that would be perceived by average consumers as a commercial indication
of origin (22/06/2021, R 351/2021-4, SHAPE OF A WASSERVE LUSTERÄTS
(3D), § 20).
73 An applicant who claims that, contrary to the Office’s assessment, a trade mark
applied for has distinctive character, must provide specific and substantiated
information to show that the trade mark applied for is inherently distinctive
(25/11/2020, T-862/19, Form eines dunklen Flasche, EU:T:2020:561, § 53;
21/11/2018, T-460/17, Representation of an equilateral octagon, EU:T:2018:816,
§ 53). The Board is not required to specify, in a general and abstract manner,
everything which corresponds to the norm and customs of the sector concerned
(25/11/2020, T-862/19, Form eines dunklen Flasche, EU:T:2020:561, § 54;
13/05/2020, T-172/19, forme d’un tressage sur une bouteille (3D),
EU:T:2020:202, § 49).
74 The sign applied for is devoid of distinctive character.
>>

(notizia della decisione da ipkat.com )

Marchio complesso, look alike e risarcimento del danno

Trib. Torino con sent. 3930/2021 del 10.08.2021, RG 13800/2019, rel. La Manna, si sofferma su una contraffazione di marchio della nota azienda dolciaria CHOCOLADEFABRIKEN LINDT & SPRÙNGLI AG .
Si v. a p. 9 i marchi a confronto con fotografia a colori.

Giudizio sulla riprodiuzione dell’elemento figurativo principale (un drago) : <<Sulla base di tali criteri ritiene il Collegio che l’elemento figurativo utilizzato da Maja nelle proprie
confezioni relative ai prodotti per cui è causa sia contraffattivo del marchio attoreo attesa l’evidente
similitudine tra il drago contenuto nell’elemento circolare con la scritta facente riferimento alla casa
produttrice e alla data da cui la stessa sarebbe operativa. L’utilizzo del colore nero anzichè di quello oro
e la diversa configurazione del drago Maja rispetto a quello Lindt, nell’ottica di una valutazione
complessiva e globale, proprio in ragione della citata particolare capacità distintiva del marchio in
esame, non sono sufficienti, al fine di escludere che il consumatore medio della tipologia di prodotti per
cui è causa possa essere indotto in confusione nel raffronto tra i due elementi. La raffigurazione di un
drago, pur se disegnato diversamente da quello del marchio Lindt, inserito in un elemento circolare con
la scritta inserita è, di per sé solo, un elemento di significativo richiamo al marchio attoreo e di
conseguente possibilità di confusione tra i due elementi.
Per tali ragioni, quindi, la domanda di contraffazione deve essere ritenuta fondata con riferimento al
marchio complesso citato.
>>

Quanto al look alike, lo qualifica come imitazione servile e lo ravvisa nel caso de quo:

<<Ciò premesso in termini di principi generali si evidenzia che nella fattispecie in esame, come già
rilevato in sede cautelare, è ravvisabile un’ipotesi di
look alike. Risulta, infatti, evidente la forte
somiglianza tra le confezioni oggetto di causa, anche con riferimento alla confezione della variante
Pistacchio. Come chiaramente desumibile dalle immagini riportate, infatti, la somiglianza attiene tutti
gli elementi delle confezioni in esame, ovvero la forma della confezione a parallelepipedo con i lati
corti curvilinei, il cordino bianco posto come una maniglia nella parte superiore della scatola
trasversalmente tra il lato anteriore e quello posteriore della confezione, l’apertura a finestra con i
contorni curvilinei profilati in oro da cui si intravede l’uovo ricoperto di nocciole (nei prodotti
Nocciolato) protetto da una pellicola trasparente e avvolto in un nastro con un grande fiocco centrale, le
immagini sulle pareti laterali della scatola, la scritta Nocciolato di cui già si è detto, la figura del drago
inserita nell’elemento circolare con la scritta circostante. A proposito di tale ultimo elemento appare
chiaro, quindi, come la violazione del marchio complesso di cui sopra si è trattato si inserisce nel più
ampio contesto di imitazione dell’intera confezione relativa ai prodotti per cui è causa. E’, inoltre,
pacificamente emerso che le confezioni in esame venivano vendute in un mercato di Napoli a fianco a
quelle dell’attrice e che nello spaccio della convenuta Brusa venivano anche vendute le uova di Pasqua
a marchio Caffarel sempre prodotte dal Lindt, circostanze, queste, significative nella valutazione del
look alike in quanto costituiscono un’ulteriore circostanza da cui desumere la possibilità di
associazione tra i due prodotti da parte del consumatore.
Né vale affermare che tale rischio di associazione potrebbe essere scongiurato dalla differenza di
prezzo tra i due prodotti avendo la giurisprudenza già chiarito l’irrilevanza, ai fini della confondibilità
tra due prodotti, delle differenze di prezzo (in tal senso Tribunale Milano 14.7.2006, Tribunale Milano
17.7.2006)
>>

La retroversione degli utili: << Infine, ai sensi dell’art. 125 c.p.i., comma 3, il titolare danneggiato può chiedere il risarcimento del danno nella forma alternativa della restituzione degli utili del contraffattore. La retroversione degli utili può cumularsi al danno emergente e può essere chiesta o in via alternativa
al risarcimento del mancato guadagno o nella misura in cui gli utili del contraffattore superino il suddetto pregiudizio subito
>>. Errore: la restituzione degli utili non è una forma di risarcimento del danno: è pena privata.

Ma il g. lo  intuisce subito sotto: << La retroversione degli utili ha una causa petendi diversa, autonoma e alternativa rispetto alle fattispecie
risarcitorie di cui ai commi 1 e 2 dell’art. 125. Ci si trova di fronte non ad una mera e tradizionale
funzione esclusivamente riparatoria o compensativa del risarcimento del danno, nei limiti del
pregiudizio subito dal soggetto danneggiato, ma ad una funzione, se non propriamente sanzionatoria,
diretta, quantomeno, ad impedire che il contraffattore possa arricchirsi mediante l’illecito consistito
nell’indebito sfruttamento del diritto di proprietà intellettuale altrui
>>