Ancora sul diritto di parola vs. Facebook: non c’è State action , per cui è censurabile

Altra, ennesima, decisione che conferma la privatezza di Facebook , per cui la sua censura sui post degli utenti (qui relativi al Covid) è legittima, stante la base contrattuale.

Il Primo Emendamento quindi non è invocabile.

Si tratta di corte del nord California 9 agosto 2022, Case No. 22-cv-02482-CRB., Rogalinsky c. Meta.

La corte esamina il proprio recente precedente Hart. .v Facebooh , in cui pure aveva rigettata domanda basata sul 1 Emendamento, e poi la teoria del nexus test e joint action (tesi strampalatissima). Ma alla fine rigetta.

(notizia e link alal sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Quando la pagina Facebook di pubblico funzionario è pubblica oppure solo privata?

Interessante questione decisa dal 6° circuito di appello , Lindke v. Freed 27.06.2022, No. 21-2977 .

Un pubblico funzionario aveva bannato dal suo account Faceboook un “amico” troppo critico verso di lui.

La successiva azione del’escluso , basata sul Primo Emendamento (State action doctrine) , viene però in appello respinta perchè il funzinario aveva aperto la pagine F. non nella veste, ma come prIvato.

Ciò anceh se aveva indicato il suo ruolo pubblico e se interloquiva con gli amici F. su temi istituzionali

La parte rilevante è sub C, che ci sonclude così:a< But our state-action anchors are missing here. Freed did not operate his page to fulfill any actual or apparent duty of his office. And he didn’t use his governmental authority to maintain it. Thus, he was acting in his personal capacity—and there was no state action>>

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof Eric Goldman)

Ancora (male) per la tesi delle piattaforme come State Actors: sul diritto di parola verso un ente privato

Dei soggetti/gruppi no-vax gestiscono account e canali su Facebook e su Youtube.

Secondo le rispettive policy , però, vengono chiusi, per i contenuti disinformativi in tema sanitario

Allora i titolari ricorrono azionando il dirito di parola che oin bnase al 1 emendamento della costituizione usa non è mai inibibile dallo Stato.

Le piattaforme però sono gestite da imprese private, non dallo Stato; e solo contro questo il primo emendamento è azionabile.

L’azione è per vero estesa anche verso soggetti diversi, quando però vi sia dietro sempre lo Stato. Ma non è il caso delle piattaforme.

Il distretto nord della california (31.01.2021, Case 4:20-cv-09456-JST,  Informed Consent Action Network and founder Del Bigtree (collectively “ICAN”) c. Youtue altri) conferma l’orietnamento di gran lunga prevalente secondo cui le piattaforme non costituiscono State Actors (anche se di dubbia esattezza rigettando una possibile interpretazione storco-teleologico-evolutiva della norma costituzionale).

Il concetto di state action è declinabile in quattro modi: <<The Ninth Circuit has “recognize[d] at least four different criteria, or tests, used to identify state action: (1) public function; (2) joint action; (3) government compulsion or coercion; and (4) governmental nexus.” Id. (internal quotation marks and citation omitted). The inquiry to determine whether a private entity is acting through the state is “necessarily factbound.”>>

Nessuno dei due azionati (sub 2 e sub 3) viene però ravvisato dal giudice.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

L’account Twitter e Facebook di un senatore (statale, non federale) costituisce “designated public forum”

Un senatore della Florida, a seguito di critiche mossegli da un cittadino, lo “banna” dal suo account di Twitter e poi di Facebook. Dice che lo ha fatto per profanity nei suoi post ma la corte distrettuale USA rigetta e dà ragione al cittadino “bannato”, vedendovi una ritorsione per le critiche al suo operato politico (US DC Northern district of Florida  -Gainesville division , 17.03.2021, Attwood c. Clemons, Case No.: 1:18cv38-MW/MJF).

La domanda è basata sul 42 U.S. Code § 1983. Civil action for deprivation of rights, riferito al 1° e al 14° emendamento dlela costituzione.

Viene  accertato che il senatore abbia agito under color of state law, p. 9 ss.

Qui c’è l’interessante questione sollevata dal senatore ma rigetta dalla corte, attinente al se il legislator speech (statale) possa in linea di principio essere considerato esentato da state action perchè a sua volta tutelato quale inherently private, p. 14-15.

A p. 15 la corte ricorda  i due elementi per ravvisare state action nella gestione degli account social da parte dei politici: << 1) whether the official uses the account in furtherance of their official duties, and 2) whether the presentation of the account is connected with the official’s position. Charudattan, 834 F. App’x at 481–82; Knight First Amendment Inst., 928 F.3d at 235–36>>.
In conclusione <<a reasonable fact finder could find that Defendant’s social media activity constituted state action>>. Ma poi l’indagine prosegue dovend o accertare <<whether Defendant is entitled to summary judgment, this Court must also address which class of forum Defendant’s social media accounts constitute and whether Defendant’s restriction of Plaintiff’s speech is consistent with the class of forum identified>>, p. 19,.

A p. 20-23 evidenzia tre ragioni per applicare la public forum doctrine ai social media: si tratta di passaggio importante, anche se non nuovo.

Per la corte va dunque  applicato il concetto di forum , anche se ve ne sono quattro tipi: << 1) traditional public forums, 2) designated public forums, 3) limited public forums, and 4) non-public forums.Barrett v. Walker Cnty. Sch.Dist., 872 F.3d 1209, 1226 (11th Cir. 2017). As set out below, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums when the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p. 23 . Come si vede, conclude che ricorre il tipo n° 2, dopo aver soprattutto indagato l’alternativa possibile tra il n. 2 e il n. 3 (p .24 ss ove esame dei due cocnetti).

Del resto non c’erano limitazioni per gli utentei poste ex ante : <<in this case, Defendant’s social media settings and absence of any explicit restriction limiting discourse to certain speech shows that Defendant provides unrestricted access to the public for expressive activity. Therefore, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums>> p. 27

Passa poi all’analisi della violazione costitutizionale, p. 27 ss.

E esamina se ricorra discriminazione , se cioè la gestione e il bannaggio sia stato una viewpoint discrimination, p. 30 ss. La ravvisa: <<because Defendant’s actions arguably constitute viewpoint discrimination, this Court must next determine whether Defendant has a compelling interest in blocking Plaintiff. He does not. When the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff, the only interest in blocking Plaintiff is to suppress Plaintiff’s criticism of Defendant’s viewpoint. Put another way, the only interest Defendant has in blocking Plaintiff is to ensure that Plaintiff’s opposing viewpoints are not shared on his account. Such an interest is not compelling. Indeed, it runs afoul of the First Amendment. As such, Defendant’s actions do not survive strict scrutiny reviewwhen the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p .30.

Si noti la precisazione (non particolarmente rivoluzionaria, ma importante a fini pratici), per cui la possibilità per il cittadino di interloquiore in altro modo col Senatore (ad es. aprendo nuovi account) non ha rilevanza , trattandosi di burden on speech inammissibile, pp. 30-31-

(notizia e link alla sentenzi dal blog di Eric Goldman)