L’interesse sociale coincide con quello dei soci (attuali)?

La risposta è sostanzialmente positiva per Trib. Milano 0.09.2021, n° 7201/2021, RG 75268/2015, ASAM – AZIENDA SVILUPPO AMBIENTALE E MOBILITA’ SPA c. amminstratori e sindaci.

la domanda è avanzata ex art. 2392 cc. da una società pubblica partecipata da Provincia Milano ( poi da Regione Lombardia) e a sua volta deteneva  partecipazioni in altre società pubbliche.

Ebbene, quanto all’oggetto:

<<La natura e i connotati pubblicistici specifici di tale gruppo impongono una valutazione dell’interesse sociale, inteso come interesse delle singole società controllate, che non può prescindere dall’interesse (comune) degli enti controllanti, che si sono avvalsi per meglio gestire i servizi di trasporto pubblico di tale forma di organizzazione. [n.d.s.: errore, conta l’interesse dei soci, non delle società partecipate]

La totalità dei soci, i titolari di tutti le azioni di ASAM, senza eccezione alcuna (e dunque in quel momento la società stessa) hanno (ha) approvato l’operazione straordinaria di diminuzione del capitale sociale. Quale danno ora può chiedere la società agli amministratori sottoposti al volere dell’unanimità dei soci?

Né può la società far valere la lesione di interessi di terzi, ovvero dei creditori (i finanziatori) di ASAM, dal momento che certo non è legittimata ad agire in sostituzione di questi, i quali peraltro – pur potendo – non hanno attivato le tutele a loro disposizione, non avendo neppure tentato di proporre opposizione ex art. 2445 c.c. all’operazione di riduzione del capitale sociale.

L’addebito svolto nei confronti degli amministratori si riduce dunque all’aver agito nell’esclusivo interesse dei soci, sacrificando l’interesse della società. Ma a ben guardare, e dovendo il giudizio necessariamente presupporre una valutazione ex ante della ragionevolezza delle decisioni degli organi sociali, non può non osservarsi che nel momento in cui il c.d.a ha autorizzato l’intera operazione non era dato distinguere interesse della società da quello dei soci che all’unisono chiedevano si procedesse nel senso indicato.>>, p. 36.

Le informazioni non finanziarie, obbligatorie per le grandi imprese, non modificano la ricostruzione dell’interesse sociale

La Direttiva UE 2014/95 del 22.10.2014 aveva introdotto l’obbligo per le imprese di maggiori dimensioni (“enti di interesse pubblico” e con almeno 500 dipendenti) di fornire annualmente alcune informazioni di carattere non finanziario, essenzialmente relative agli aspetti c.d  ESG (Environmental, Social, Governance).

Tale dir. modifica la Dir. 2013/34/UE del 26 giugno 2013 , relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese.

la Direttiva è stata recepita con il decreto legislativo 254 del 2016.

In particolare secondo l’art. 3 del d. lgs. 254, <<1. La dichiarazione individuale di carattere non finanziario, nella misura necessaria ad assicurare la comprensione dell’attivita’ di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta, copre i temi ambientali, sociali, attinenti al personale, al rispetto dei diritti umani, alla lotta contro la corruzione attiva e passiva, che sono rilevanti tenuto conto delle attivita’ e delle caratteristiche dell’impresa, descrivendo almeno: a) il modello aziendale di gestione ed organizzazione delle attivita’ dell’impresa, ivi inclusi i modelli di organizzazione e di gestione eventualmente adottati ai sensi  dll’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, anche con riferimento alla gestione dei suddetti temi;b) le politiche praticate dall’impresa, comprese quelle di dovuta diligenza, i risultati conseguiti tramite di esse ed i relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario;c) i principali rischi « ivi incluse le modalità di gestione degli stessi, generati o subiti, connessi ai suddetti temi e che derivano dalle attivita’ dell’impresa, dai suoi prodotti, servizi o rapporti commerciali, incluse, ove rilevanti, le catene di fornitura e subappalto(1); 2. In merito agli ambiti di cui al comma 1, la dichiarazione di carattere non finanziario contiene almeno informazioni riguardanti: a) l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche;b) le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera;c) l’ impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull’ambiente nonche’ sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio di cui al comma 1, lettera c), o ad altri rilevanti fattori di rischio ambientale e sanitario;d) aspetti sociali e attinenti alla gestione del personale, incluse le azioni poste in essere per garantire la parita’ di genere, le misure volte ad attuare le convenzioni di organizzazioni internazionali e sovranazionali in materia, e le modalita’ con cui e’ realizzato il dialogo con le parti sociali;e) rispetto dei diritti umani, le misure adottate per prevenirne le violazioni, nonche’ le azioni poste in essere per impedire atteggiamenti ed azioni comunque discriminatori;f) lotta contro la corruzione sia attiva sia passiva, con indicazione degli strumenti a tal fine adottati.>>

 Alcuni hanno sostenuto che questo modificasse il concetto di <<interesse sociale>> , al centro del diritto societario: lo scopo delle attività in comune non sarebbe più solamente quello di soddisfare i soci soddisfazione (che può prendere pieghe diverse come ad esempio shareholder value e/o livello dei profitti). Si è ipotizzato infatti che potessero rientrare tra gli interessi da perseguire da parte degli amministratori (in quanto pattuiti dai soci) anche interesse riconducibili a soggetti diversi.

Così però non è.

La Direttiva e la normativa di recepimento si limitano a porre dei limiti esterni all’autonomia privato-imprenditoriale dei soci (non rileva qui appurare se coincide ha sempre con questa iniziativa del management che potrebbe anche divergere). Non emergono soggetti diversi titolari di posizioni giuridiche, che gli amministratori debbano rispettare se non addirittura promuovere

Anzi,  come un recente studio evidenzia (Maugeri M., Informazione non finanziaria e interesse sociale, Rivista delle società, 2019, 5-6, 992 ss), la normativa vuole proprio tutelare l’interesse dell’investitore “tipologicamente istituzionale”.  Dato infatti che gli interessi socio-ambientali sono percepiti come sempre più decisivi per l’andamento dell’attività, la disclosure di informazioni in tal senso è finalizzata a rendere più informata e quindi efficace la scelta di investimento degli investitori (ivi, § 5, spt. 1024-1025).

Le relative scelte, che spetteranno agli amministratori, saranno governate dalla nota business judgment rule e cioè saranno censurabili solo se irragionevoli (in un’ottiva ex ante, naturalmente, per no nessere viziate dal senno di poi, hindsight bias) o se manchevoli di base informativa adeguata.