Limitazioni del diritto di brevetto: la c.d. Bolar clause (art. 68.1.b, cod. propr. ind.) è invocabile anche da chi non è lo sperimentatore se finalizzata a chiedere l’ AIC

Cass. sez. I, 05/07/2024 n. 18.372, rel. Iofrida, con una importante sentenza (non son numerose)  sull’oggetto:

<<2.9. Il Tribunale di Milano e la Corte d’Appello, con la sentenza n. 1785/2021, qui impugnata, pur avendo ritenuto che l’esenzione Bolar si applichi non soltanto al soggetto che autonomamente produce il principio attivo, svolge le sperimentazioni necessarie per chiedere l’AIC e poi chiede l’AIC, ma anche ai terzi produttori di principi attivi che non chiedono successivamente l’AIC, ma che forniscono il principio attivo a coloro che intendono chiederla, così da metterli nelle condizioni di fare ciò, con ciò proponendo un’interpretazione ampliativa rispetto all’ambito soggettivo di applicazione dell’eccezione, hanno ritenuto che tale portata oggettiva vada però applicata solo quando il produttore del principio attivo brevettato e il richiedente l’AIC, che successivamente lo utilizza per attività di studio e sperimentazione, perseguano la medesima finalità, ovvero l’ottenimento di un AIC di un farmaco; è stato così ritenuto illecito il caso in cui la produzione/offerta del prodotto sia obiettivamente slegata dalla finalità di ottenere un’AIC ed il profitto che il produttore ricava dalla vendita dello stesso sia la remunerazione di un’attività di studio e produzione, offerta e pubblicizzazione ovvero di un’attività di sfruttamento commerciale del principio brevettato, in quanto tale attività non può ricevere alcuna copertura dalla scriminante in esame.

Si deve ricordare che la tesi restrittiva (espressa in alcune pronunce di merito), in ordine all’ambito soggettivo, individua la ratio della “eccezione sperimentale” nell’impossibilità, per lo sperimentatore, di ricavare comunque un profitto diretto dalla propria attività di ricerca, dovendo questa essere intesa come mera ricerca volta al superamento e/o al miglioramento dell’invenzione, senza un profitto diretto e senza attività prodromiche alla vendita o produzioni in quantità incompatibili con la sola sperimentazione>>.

Opinione condivisa dalla SC:

<< In sostanza, l’obiettivo perseguito dal legislatore, anche Europeo, è quello di rendere lecite le attività necessarie per la presentazione alle autorità competenti di una richiesta di AIC per un farmaco generico, anche se comportano l’uso dell’invenzione brevettata altrui, e di consentire ai fabbricanti di farmaci generici di essere nelle condizioni per immettere sul mercato i loro prodotti nel minor tempo possibile, dopo la scadenza del brevetto, evitando che il titolare del brevetto farmaceutico, al quale l’ordinamento già attraverso il meccanismo del certificato di protezione complementare permette di recuperare, con un prolungamento della protezione, il tempo occorso per ottenere la concessione dell’autorizzazione all’immissione in commercio, goda, scaduta la sua privativa, di un ulteriore prolungamento di fatto del regime di esclusiva, in relazione al tempo occorrente al genericista per ottenere una “AIC” sul farmaco generico.

E, peraltro, l’art. 68, comma 1, lett. b), c.p.i., non richiede che chi presenti la domanda di “AIC” abbia fabbricato direttamente il principio attivo o compia direttamente le attività di sperimentazione.

In forza quindi della ratio della norma, si deve avere riguardo, più che al soggetto che pone in essere le condotte scriminate, alle finalità delle sperimentazioni necessarie ad introdurre farmaci generici sul mercato in tempi relativamente rapidi, che caratterizza l’eccezione Bolar.

Di conseguenza, dovendosi guardare alla finalità della eccezione Bolar (l’ottenimento di una “AIC” in tempi più rapidi, compatibilmente con quelli del settore farmaci), seppure essa possa applicarsi anche al produttore di principi attivi che svolga attività di studio/sperimentazione/produzione per le finalità registrative, non proprie ma, di un terzo genericista, occorre, in tal caso, che la finalità Bolar sia chiara ab origine e che quindi, a monte della attività di produzione e commercializzazione del principio attivo, vi sia un rapporto di “committenza”, in virtù del quale il produttore viene avvicinato dal terzo genericista “per un’attività di studio produzione e consegna a sua volta lecita in quanto ex ante connaturata alla predetta finalità” ed il produttore agisce “solo in ragione di una richiesta sorretta da una dichiarata finalità idonea a scriminare il suo comportamento espressamente contemplata – come limite di utilizzo – nel relativo regolamento negoziale”.

Le attività scriminate dalla lett. b) dell’art. 68 sono quelle finalizzate alla presentazione di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco e tale finalità deve emergere, nel caso in cui l’attività sia svolta non a fini registrativi propri ma di terzi, ex ante e in modo inequivoco.

Al di fuori di una richiesta da parte, la produzione/offerta del prodotto risulta slegata dalla finalità di ottenere una “AIC” e il profitto che il produttore ricava dalla vendita dello stesso è la remunerazione di un’attività di studio e produzione, offerta e pubblicizzazione, ovvero di un’attività di mero sfruttamento commerciale del principio brevettato da altri, avvenuta senza alcuna copertura della scriminante.

Soltanto chi fabbrica principi attivi o campioni per conto di un committente che possa avvalersi della Bolar (a fini registrativi sopra descritti) non può essere considerato contraffattore dell’altrui privativa industriale, anche se riceve un corrispettivo per il servizio offerto ad altri.

Nulla poi impedisce all’azienda produttrice di principi attivi di pubblicizzare in termini generali la propria attività, affinché il genericista – interessato ad un determinato principio attivo – possa rivolgersi a tale azienda per verificare se sia o meno interessata a produrre (su suo incarico) quello specifico principio attivo.

Vero che il genericista di piccole dimensioni (e quindi non dotato di strutture operative proprie), interessato a depositare e vedersi concedere una domanda di “AIC” per un proprio farmaco generico, in anticipo sulla scadenza del brevetto o del “CCP”, dovrà attivarsi per tempo, anche diversi anni prima facendo apposita richiesta a un produttore terzo che possa studiare e quindi produrre il principio attivo necessario ai fini registrativi.

Ma le tempistiche legate alla produzione di un principio attivo che il genericista “dotato di struttura produttiva interna” dovrà affrontare (ivi incluse quelle necessarie all’ottenimento delle varie autorizzazioni regolatorie) sono le medesime che dovranno essere affrontate dal produttore terzo contattato dal genericista di piccole dimensioni.

E, sempre nell’ottica funzionale-teleologica dell’interpretazione estensiva (si ripete, comunque favorevole alle ricorrenti, rispetto ad una interpretazione letterale), correttamente, la Corte territoriale ha ritenuto che perché possa affermarsi che la finalità Bolar connoti l’attività del produttore del principio attivo ab origine occorra, oltre alla preventiva richiesta da parte del genericista, anche che tale finalità registrativa sia indicata a livello negoziale quale limite di utilizzo, come previsione dell’impegno all’uso del principio attivo secondo le finalità Bolar, sorretto dalla pattuizione del pagamento di una penale in caso di violazione dell’impegno.

Si tratta di minime misure precauzionali al fine di evitare usi del principio attivo non scriminati dalla eccezione.

In definitiva, affinché possa applicarsi l’esenzione Bolar anche a chi produca il principio attivo protetto dal brevetto non per ottenere direttamente la “AIC” ma per cederlo a terzo (il genericista) che lo utilizzerà a tal fine, occorre che la finalità Bolar sia univoca e possa essere adeguatamente provata come presente ab origine. La corretta interpretazione della norma di diritto si impone con tale evidenza, da non lasciare adito a ragionevoli dubbi interpretativi>>.

Principio di diritto:
“In tema di limitazioni del diritto di brevetto e di interpretazione e applicazione dell’art. 68, comma 1, lett. b), del codice di proprietà industriale, di cui al D.Lgs. n. 30 del 10 febbraio 2005, frutto del recepimento in Italia della direttiva 2001/83/CE (art.10.6), poi modificata nella direttiva 2004/27/CE, la ratio della c.d. “Bolar clause” o “esenzione Bolar”, secondo cui sono consentite le attività di sperimentazione di un farmaco coperto da altrui brevetto, finalizzate all’ottenimento di una autorizzazione amministrativa all’immissione in commercio del farmaco, che si intende operare dopo la scadenza del brevetto altrui, è quella di agevolare il tempestivo ingresso sul mercato dei farmaci generici per non prolungare, di fatto, la durata della privativa, consentendo ai produttori genericisti di iniziare le attività amministrative e di sperimentazione prodromiche all’ottenimento di un’AIC, pur in costanza del brevetto di riferimento, introducendo limiti al diritto di esclusiva; l’eccezione o esenzione Bolar può ritenersi applicabile anche all’attività di terzi che producono il principio attivo del farmaco brevettato, per finalità registrative non proprie ma di terzi genericisti, non attrezzati a produrre in proprio, ma intenzionati ad entrare sul mercato, alla scadenza dell’esclusiva del titolo brevettuale; tuttavia tale interpretazione estensiva della eccezione presuppone, perché possa affermarsi che la finalità Bolar connoti l’attività del produttore del principio attivo ab origine ed ex ante, oltre alla preventiva richiesta da parte del genericista, anche che tale finalità registrativa sia indicata a livello negoziale quale limite di utilizzo, come previsione dell’impegno all’uso del principio attivo secondo le finalità Bolar“.

L’eccezione di sperimentazione (c.d. eccezione Bolar) verso il brevetto inventivo ex art. 68.1.b cod. propr. ind.

L’ecczione alla privativa brevettuale posta c.d di sperimetnazione o occezione Bolar da un noto caso giudiziario è cos’ discipolinata dalll’arty. 68.1.b:

<<1. La facolta’ esclusiva attribuita dal diritto di brevetto non si estende, quale che sia l’oggetto dell’invenzione:

a) ..

b) agli studi e sperimentazioni diretti all’ottenimento, anche in paesi esteri, di un’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco ed ai conseguenti adempimenti pratici ivi compresi la preparazione e l’utilizzazione delle materie prime farmacologicamente attive a cio’ strettamente necessarie; >>

L’interessante questione sub iudice è quella del se l’eccezione copra solo il futuro produttore che chiederà l’AIc oppure anche eventuali terzisti incaricati dal produttore stesso, che non ha il tempo o le risorse per provvedere in proprio alla sperimentazione.

La corte di appello di Milano 08.06.2021, n. 1785/2021-Rg 858/2019, Sicor-Teva c. Boheringer, confermando la decisione di primo greado, ha così statuito:

– L’art. 68.1.b cpi << è  volta  a  conferire  una  maggiore rapidità nell’ingresso dei farmaci generici sul mercato, poiché il genericista non è obbligato a portare a termine tutti gli studi clinici atti a dimostrare l’efficacia e la sicurezza del prodotto, basandosi sugli  studi  già  effettuati  in  relazione  al  farmaco  di  riferimento,  il  cd.  originator.  Tuttavia, non sono esclusi, per il genericista, gli studi di bioequivalenza, idonei a dimostrare che il medicinale generico ha la stessa efficacia terapeutica ed analoghi effetti collaterali dell’originator.   Per questa ragione, l’art. 10, comma IX del D. lgs.    n.    219/06  stabilisce  che  gli  studi  necessari  per  consentire  al  genericista  la procedura abbreviata non comportano pregiudizio alla proprietà industriale>>;

<< il  giudice  di  primo  grado,  pur  dando  conto  del  carattere  eccezionale  che contraddistingue la disposizione citata, a tutela della privativa industriale brevettuale, ha valorizzato la finalità delle sperimentazioni necessarie ad introdurre farmaci generici sul mercato in tempi relativamente rapidi.  Nel tentativo, dunque,  di contemperare le opposte esigenze, del titolare della privativa e  del genericista, il  giudice di  prime  cure   ha  ritenuto  che la clausola  Bolar   non possa  applicarsi ai meri produttori/rivenditori di principio attivo:  “a    coloro, cioè,   che svolgano un’attività di sperimentazione e produzione non  finalizzata ex  ante  all’ottenimento  di  un’AIC,  bensì  finalizzata  ad  ottenere    il prodotto/principio attivo oggetto della privativa e ad offrirlo  in  vendita ad altri; in questi casi, invero, la  produzione/offerta del prodotto è obiettivamente slegata  dalla  finalità  di  ottenere  un’AIC  ed  il  profitto  che  il  produttore  ricava  dalla vendita  dello  stesso  è  la  remunerazione  di  un’attività  di  studio  e  produzione, offerta e pubblicizzazione, ovvero di un’attività  di sfruttamento commerciale del principio brevettato avvenuta senza alcuna copertura della scriminante”.   Sempre  in  un’ottica  teleologica,  il  giudice  di  prime  cure  ha  ritenuto  che  i genericisti  privi  delle  necessarie  attrezzature  tecnologiche  e  competenze  possano rivolgersi  a  terzi  produttori  del  principio  attivo  per  richiedere  un’attività  di produzione e di consegna, da ritenere legittima in quanto funzionale all’ottenimento di un’AIC. 25.

La  Corte  reputa  corretta  tale  interpretazione,  che  costituisce  a  tutti  gli  effetti  un valido compromesso tra la libertà di iniziativa economica in un settore particolarmente significativo per la collettività mondiale e la necessaria tutela del titolare della privativa. Ed è dunque nel solco dell’attività  di  produzione  e  di consegna  dietro  specifica  richiesta  del  genericista  che  il  terzo  produttore  può muoversi  senza  trasmigrare  nell’ambito  della  commercializzazione  e  della pubblicizzazione  del  prodotto.        In altri termini, ciò significa che l’attività  del terzo  produttore,  non  potendo  essere  svincolata  da  una  specifica  richiesta  del genericista,    non  può    comprendere  una  vera  e  propria  attività  di  marketing, perché  il  concetto  di  marketing  si  pone  in  evidente  contrasto  con  le    finalità sperimentative  e registrative tipiche dell’eccezione  consentita dalla disposizione legislativa;  come,  del  resto,  anche  la  produzione  del  principio  attivo  in  quantità svincolate da una specifica richiesta e, perciò  stesso, neppure ex ante controllabili (come anche infra spiegato).   Ebbene, Sicor e Teva – che non hanno impugnato in maniera specifica l’interpretazione della disposizione nei termini sopra esposti – si sono  limitate  ad affermare che sarebbe “irrealistico” pensare che un produttore di  principi  attivi  inizi  a  sviluppare  il  processo  di  produzione  di  un  principio soltanto dopo aver ricevuto richiesta da un genericista, proprio perché, in tal caso, egli  non  sarebbe  mai  in  grado  di  soddisfare  tempestivamente  tale  richiesta  (cfr. atto di citazione in appello, I  cpv,  pag. 22).   Coerentemente, Sicor e Teva hanno ammesso nei propri atti di aver avviato le attività di produzione e pubblicizzazione del tiotropio prima ed indipendentemente da una specifica richiesta  ed  incarico  da  parte  di  una  società  genericista  (cfr.  pagg.  20  –  21  della comparsa conclusionale delle appellanti), in contrasto proprio con l’interpretazione pure estensiva ammessa dal giudice di prime cure. 26. Poste queste premesse di ordine generale, occorre passare in rassegna le obiezioni sollevate  dalle  parti  appellanti  e  ritenute  non  adeguatamente  valorizzate  dal Tribunale, alla  luce delle quali la  produzione  del principio attivo dovrebbe ritenersi  coperta  e  avallata  dalla  clausola  Bolar.    Le  impugnanti,  infatti,  hanno evidenziato  di  aver  sempre  avvertito  i  genericisti  di  poter  vendere  soltanto  per finalità Bolar, come, del resto, risultava dal sito internet.  Non avendo adeguatamente valorizzato tale circostanza, il giudice di prime cure aveva dunque errato.  Parimenti non era stato considerato il fatto che la stessa Sicor, pur avendo chiesto  ed  ottenuto  da  AIFA  un’autorizzazione  alla  produzione  del  tiotropio bromuro  a  fini  di  sola  sperimentazione  anche  clinica  e  per  mero  errore  avendo invece ottenuto l’autorizzazione a fini commerciali, si era poi attivata  per  far riscontrare detto errore, come risultava dai documenti nn.  34 – 3d.  27. La  Corte  premette  che  concorda  con  l’interpretazione  proposta  dal  giudice  di prime cure, sulla base della quale il mero inserimento del prodotto nel sito internet costituisce  espressione  della  nota  attività  di  marketing,  funzionale  a  catturare l’attenzione dei possibili clienti genericisti>>.

Il passaggio chiave è <dietro  specifica  richiesta  del  genericista> 

E’ infine interessante la discussione infatto sul se nel caso specifico ricorresse tale requisito o se invece il c.d. terzista avesse messo in vendita i propri risultati sperimentali.