Cass. sez. III, 20/05/2025 n. 13.383, rel. Fiecconi:
<<6.5. Tuttavia, questa Corte ha avuto anche modo di chiarire che al riconoscimento di danni biologici di lieve entità deve corrispondere un maggior rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo in caso contrario ritenersi normalmente assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale (Cass. Sez. 3, ord. n. 5547 del 1 marzo 2024).
6.1. Sul punto, occorre peraltro sottolineare l’incongruenza tra quanto correttamente enunciato dalla Corte di merito in linea di principio e quanto nei fatti operato, là dove il giudice, dopo avere personalizzato il danno nella misura massima consentita per le micro-permanenti ex artt. 138 e 139 CdA (20%), proprio sulla base delle circostanze dedotte dal ricorrente, ha comunque riconosciuto una minor parte di danno morale (pari a Euro 623,83) senza offrire alcuna ragione a supporto di tale riconoscimento, seppur riducendolo rispetto a quanto liquidato dal primo giudice a tale titolo (Euro 2.000,00).
6.2. Tale esito, tuttavia, risulta intangibile in quanto non oggetto di censura da parte dell’ente debitore e, in parte, corrispondente a quanto preteso dal ricorrente, il quale però assume di avere diritto al riconoscimento di un danno maggiore anche sotto questo profilo.
6.3. Posta questa necessaria premessa, il principio enunciato dalla Corte di merito, in linea generale, si pone nel solco dell’orientamento, ispirato dai diritti fondamentali e universalmente riconosciuti alla persona, secondo cui non costituisce duplicazione risarcitoria la differente autonoma valutazione del danno alla persona compiuta con riferimento alla sofferenza interiore patita dal soggetto in conseguenza della lesione del suo diritto alla salute, come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 235 del 2014, punto 10.1 e s. (ove si legge che la norma di cui all’art. 139 cod. ass. “non è chiusa anche al risarcimento del danno morale”), e come oggi normativamente confermato dalla nuova formulazione dell’art. 138 lett. e), cod. ass., introdotta – con valenza evidentemente interpretativa – dalla legge di stabilità del 2016.
6.4. Tuttavia, come anzidetto, la fattispecie in esame dimostra che la Corte di merito è incorsa in un errore metodologico nell’applicare in concreto i suddetti principi operando una sorta di automatico riconoscimento del danno morale dopo avere operato la personalizzazione del danno biologico nella misura massima, non supportando tale applicazione con un’idonea motivazione.
6.5. Sicché la motivazione resa rappresenta l’occasione per chiarire altresì che il principio dell’autonoma riconoscibilità del danno morale, ravvisabile “anche” nelle lesioni micro-permanenti regolate dal Codice delle assicurazioni (cfr. Corte Cost 235/2014 cit.), diversamente da quanto avviene per le lesioni più rilevanti, normalmente non abbia alcuna ragion d’essere quandanche sia stata già operata, in aumento, la massima personalizzazione del danno biologico permanente, e ciò per evitare che si attui una doppia valutazione di una componente del micro-danno (la personalizzazione) che già idealmente racchiude in sé tutti i risvolti aggiuntivi di compromissione morale ed esistenziale che, in alcuni casi, si possono verificare anche con riguardo alle micro-lesioni, come nel caso di specie riconosciuto nella misura massima dai giudici di merito.
6.6. In altri termini, ciò che si vuole affermare in questa sede è che, nel campo delle lesioni micro-permanenti, il bilanciamento dei valori da considerare nel risarcire il danno complessivo è già stato operato dal legislatore nell’ammettere una personalizzazione del danno nella misura massima del 20% e, pertanto, una ulteriore automatica considerazione di un differente fattore di incremento del danno non patrimoniale da risarcire non sarebbe coerente con un sistema tutto incentrato sul concetto: – a. di unitarietà del danno rispetto a qualsiasi lesione di un interesse o valore costituzionalmente protetto e non suscettibile di valutazione economica; – b. di onnicomprensività intesa come obbligo, per il giudice di merito, di tener conto, a fini risarcitori, di tutte le conseguenze (modificative in pejus della precedente situazione del danneggiato) derivanti dall’evento di danno, nessuna esclusa, con il concorrente limite di evitare duplicazioni attribuendo nomi diversi a pregiudizi identici, e procedendo, a seguito di articolata, compiuta ed esaustiva istruttoria, ad un accertamento concreto e non astratto del danno, all’uopo dando ingresso a tutti i necessari mezzi di prova, ivi compresi li fatto notorio, le massime di esperienza, le presunzioni (cfr. per tutte, Cass. Sezioni Unite n. 29672-5 del 2008).
6.7. Vero è dunque che la giurisprudenza, rispetto ai danni alla persona che non rientrano nelle cd micro-permanenti, ha da sempre considerato autonomamente liquidabile la componente attinente alla sofferenza interiore, ove provata, non ammettendo che esso possa presumersi assorbito anche da una un’operazione di personalizzazione in aumento del medesimo (cfr. da ultimo anche Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 7892 del 22/03/2024; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 6444 del 03/03/2023; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4878 del 19/02/2019).
6.8. Tuttavia, è anche vero che la possibilità di invocare il valore rappresentativo della lesione psico-fisica (in sé considerata come danno biologico) alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare l’eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale (v. Cass. 10/11/2020, n. 25164), deve ritenersi tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l’entità dell’invalidità riscontrata, attesa la ragionevole e intuibile idoneità di fatti lesivi di significativa ed elevata gravità a provocare forme di sconvolgimento o di debordante devastazione della vita psicologica individuale (ragionevolmente tali da legittimare il riconoscimento dalla compresenza di un danno morale accanto a un danno biologico), rispetto alla corrispettiva idoneità delle conseguenze limitate a un danno biologico di moderata entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità (e sempre salva la prova contraria), tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale (cfr., su questo specifico aspetto, Cass., Sez. 3, ord. n. 6444 del 03/03/2023).
6.9. Da quanto sopra segue la necessità di affermare il seguente principio, declinabile sul piano concettuale e non solo probatorio, secondo cui, “al riconoscimento di danni biologici di lieve entità corrisponde un maggior rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenersi presumibilmente assorbito, nel riscontrato danno biologico di lieve entità, il danno morale laddove sia stata già riconosciuta una personalizzazione del danno biologico nella misura massima” >>.