Cass. sez. III, 26/06/2025 n. 17.179, rel. Fanticini:
<<- con le censure – che possono esaminate congiuntamente perché tra loro intimamente connesse – il ricorrente formula fondate critiche alla motivazione addotta del giudice d’appello, che per escludere il nesso causale tra un tamponamento (evento di lieve entità) e l’infarto miocardico occorso al Gu.Ma.:
– ha fondato il proprio decisum su un generico id quod plerumque accidit (secondo cui da sinistri di minima entità non possono derivare danni fisici gravi) che prescinde dalle risultanze peritali e non ha considerato che, ai fini risarcitori, la condotta lesiva può costituire anche solo una concausa dell’evento verificatosi;
– stando alla conclusione a cui è approdato, ha relegato l’infarto a evento eccezionale e, cioè, a un’ipotesi talmente improbabile da potersi ragionevolmente escludere la sua derivazione causale dall’incidente stradale, ma la motivazione sul punto non è perspicua – sia perché si basa su un postulato apodittico (è vero che da un sinistro lieve non derivano, solitamente, danni gravi, ma si tratta di una presunzione e non di un dato inconfutabile) e si risolve in una petizione di principio (“appare sicuramente un evento eccezionale che, in base ad una valutazione ex ante e secondo l’id quod plerumque accidit, non consegue, secondo il principio della regolarità causale, a sinistri del tipo di quello descritto”), sia perché non è esplicitata alcuna analisi sul grado di probabilità – ed è in parte contraddittoria – dato che la stessa Corte palermitana asserisce che il tamponamento, con conseguente ricovero, “può avere agito come concausa della complicazione della placca ateromatosa” – e, proprio per la sua lacunosità, inidonea a giustificare lo scostamento dalle contrarie conclusioni dei consulenti tecnici d’ufficio;
– ha enunciato i preesistenti fattori di rischio del ricorrente, ma – pur dando atto della possibile incidenza del sinistro in concomitanza coi medesimi (“Nel caso di specie, lo stimolo emotivo correlato al sinistro può avere contribuito alla complicazione della placca, in aggiunta all’azione infiammatoria scatenata dalla iperglicemia indotta dalla terapia steroidea in un preesistente ambiente protrombotico connesso al diabete, obesità e ipertensione”) – ha repentinamente e apoditticamente attribuito interamente a questi l’infarto: al contrario, la giurisprudenza di questa Corte ha da tempo recepito il principio noto come “thin skull rule”, secondo cui il danneggiante è responsabile per tutte le conseguenze del proprio comportamento, anche se aggravate da condizioni preesistenti del danneggiato (tra le altre, Cass., Sez. 3, Sentenza n. 28990 del 11 novembre 2019, ha ribadito che “In tema di responsabilità civile, l’autore del comportamento imputabile è responsabile per intero di tutte le conseguenze da esso scaturenti secondo normalità, non potendo, in tal caso, operarsi una riduzione proporzionale in ragione della particolare condizione del soggetto danneggiato (cd. thin skull rule)”; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 15991 del 21 luglio 2011, ha statuito che “Il concorso di una causa naturale non esclude la responsabilità del danneggiante, se la sua condotta ha avuto un’efficacia causale rilevante nella produzione dell’evento, secondo il criterio del “più probabile che non””);
– in definitiva, nella sentenza impugnata è mancato un compiuto accertamento del nesso causale secondo la nota regola del “più probabile che non” riferita allo specifico caso esaminato;