Access provider responsabile per le violazioni di copyright dei suoi utenti: non vicariously bensì contributory

Così l’analitica e interessante Sony, Arista, Warner Bros ed altri v. Cox Communications , 4° circuito d’ appello, n. 21.-1168, 20.02.2024 , promossa dalle major dell’industria culturale contro un access provider:

<<A defendant may be held vicariously liable for a third party’s copyright infringement if the defendant “[1] profits directly from the infringement and [2] has a right and ability to supervise the direct infringer.”>>

– I –

Vicarious liability:

<<As these cases illustrate, the crux of the financial benefit inquiry is whether a causal relationship exists between the infringing activity and a financial benefit to the defendant.
If copyright infringement draws customers to the defendant’s service or incentivizes them to pay more for their service, that financial benefit may be profit from infringement. See, e.g., EMI Christian Music Grp., Inc. v. MP3tunes, LLC, 844 F.3d 79, 99 (2d Cir. 2016).
But in every case, the financial benefit to the defendant must flow directly from the third party’s acts of infringement to establish vicarious liability. See Grokster, 545 U.S. at 930 & n.9; Nelson-Salabes, 284 F.3d at 513.
To prove vicarious liability, therefore, Sony had to show that Cox profited from its
subscribers’ infringing download and distribution of Plaintiffs’ copyrighted songs. It did not.
The district court thought it was enough that Cox repeatedly declined to terminate infringing subscribers’ internet service in order to continue collecting their monthly fees.
Evidence showed that, when deciding whether to terminate a subscriber for repeat infringement, Cox considered the subscriber’s monthly payments. See, e.g., J.A. 1499 (“This customer will likely fail again, but let’s give him one more chan[c]e. [H]e pays 317.63 a month.”). To the district court, this demonstrated the requisite connection between the customers’ continued infringement and Cox’s financial gain.
We disagree. The continued payment of monthly fees for internet service, even by repeat infringers, was not a financial benefit flowing directly from the copyright infringement itself. As Cox points out, subscribers paid a flat monthly fee for their internet access no matter what they did online. Indeed, Cox would receive the same monthly fees even if all of its subscribers stopped infringing. Cox’s financial interest in retaining subscriptions to its internet service did not give it a financial interest in its subscribers’ myriad online activities, whether acts of copyright infringement or any other unlawful acts.
An internet service provider would necessariily lose money if it canceled subscriptions, but that demonstrates only that the service provider profits directly from the sale of internet access. Vicarious liability, on the other hand, demands proof that the defendant profits directly from the acts of infringement for which it is being held accountable>>

– II –

<<We turn next to contributory infringement. Under this theory, “‘one who, with
knowledge of the infringing activity, induces, causes or materially contributes to the infringing conduct of another’ is liable for the infringement, too.”>>

<<The evidence at trial, viewed in the light most favorable to Sony, showed more than mere failure to prevent infringement. The jury saw evidence that Cox knew of specific instances of repeat copyright infringement occurring on its network, that Cox traced those instances to specific users, and that Cox chose to continue providing monthly internet access to those users despite believing the online infringement would continue because it wanted to avoid losing revenue. Sony presented extensive evidence about Cox’s increasingly liberal policies and procedures for responding to reported infringement on its
network, which Sony characterized as ensuring that infringement would recur. And the jury reasonably could have interpreted internal Cox emails and chats as displaying contempt for laws intended to curb online infringement. To be sure, Cox’s antiinfringement efforts and its claimed success at deterring repeat infringement are also in the record. But we do not weigh the evidence at this juncture. The evidence was sufficient to support a finding that Cox materially contributed to copyright infringement occurring on its network and that its conduct was culpable. Therefore we may not disturb the jury’s verdict finding Cox liable for contributory copyright infringement>>

(notizia e link dal blogi di Eric Goldman)

Sul luogo del danno da illecito ai fini della giurisdizione ex reg. UE 1215 del 2012, art. 7 n° 2

Trib. Milano 5 luglio 2023 n° 5553/2023 sez. 14 Trib. IMpr., rel. Fazzini Elisa, rigetta una domanda di misure di diritto di autore avanzata da soggetto italiano contro pretesi contraffattori inglesi per carenza di giurisdizione.

Ciò perchè il criterio di colelgasmento del luogo del dannn (“in materia di illeciti civili dolosi o colposi, davanti all’autorità giurisdizionale del luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire;” art. 7 n. 2 del reg. cit.) non va inteso come danno conseguenza ma solo come danno evento.

<<A tale riguardo, il Collegio rileva che la Corte di Giustizia identifica, in generale, detto luogo sia in quello in cui ha avuto luogo la condotta lesiva, sia in quello in cui il danno si è concretizzato, sicché il convenuto può essere citato, a scelta dell’attore, dinanzi al giudice dell’uno o dell’altro (Corte UE 28 gennaio 2015, causa C-375/13; Corte UE 16 giugno 2016, causa C-12/15; Corte UE 5 luglio 2018, causa C27/17; Corte UE 29 luglio 2019, causa C-451/18). Alla luce degli insegnamenti della Suprema Corte, il tribunale ritiene che occorra tenere presente che “per luogo in cui il danno si è concretizzato” si deve aver riguardo al «danno iniziale», l’unico ad essere destinato ad assumere rilievo ai fini della giurisdizione, senza che assumono rilevanza i diversi luoghi ove si asserisce patito il pregiudizio patrimoniale (cfr. Cass. S.U. 13504/2023; Cass. S.U. 8571/2015; Cass. S.U. 23593/2010), in quanto il criterio del locus commissi delicti non può dilatarsi fino a ricomprendere qualsiasi luogo in cui possano
essere risentite le conseguenze negative a valle di un danno verificatosi altrove (cfr. Corte UE 10 giugno 2004, causa C-168/02), né tantomeno detto luogo può coincidere con il domicilio del danneggiato, laddove la condotta dannosa si sia verificata altrove (cfr. Corte UE 16 giugno 2016, causa C-12/15). In considerazione dei principi espressi dai giudici di legittimità e da quelli europei, è, dunque, evidente che la disposizione di cui all’art. 7.2 del Regolamento deve essere interpretata nel senso che per ‘luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire’ debba intendersi il luogo in cui “si è prodotta la lesione del diritto della vittima, senza avere riguardo al luogo dove si sono verificati o potranno verificarsi le conseguenze future della stessa” (cfr. Cass., S.U. 24245/2015), in quanto tale espressione non può riguardare il luogo del domicilio del ricorrente, in cui è localizzato il centro principale del suo patrimonio, per il solo motivo che egli avrebbe ivi subìto un danno finanziario derivante dalla perdita di elementi del suo patrimonio avvenuta e subìta in un altro Stato membro (cfr. Corte UE 10 giugno 2004, causa C-168/02).
Alla luce di tali principi, il tribunale ritiene che il “danno iniziale”, nel caso di specie, debba collocarsi nel Regno Unito a seguito della pubblicazione del libro “The Good Mothers”, essendosi verificate in Italia esclusivamente le eventuali conseguenze patrimoniali, che rappresentano il c.d. danno conseguenza o danno risarcibile, non contemplate dall’art. 7 n. 2 del Regolamento. Nessuna rilevanza,
assume, ai fini della sussistenza di una giurisdizione in capo al giudice italiano, la circostanza che il libro, attraverso la piattaforma e-commerce Amazon, sia acquistabile anche in Italia (cfr. nota 4, pag. 6 dell’atto di citazione), atteso che è circostanza pacifica che esso sia stampato esclusivamente in lingua inglese, non destinato, pertanto, a un pubblico italiano>>

Solo che la legge parla di evento dannoso: quindi fino a che una conseguenza negativa nel patrimoniio della vittima non ci sia, non c’è evento di danno. Quindi deve trattarsi del luogo del danno conseguenza, non della condotta.   La legge avrebbe dobuto dire “l’autorità giurisdizionale del luogo in cui la condotta poi risoltasi in danno è stata tenuta …> .

Il che dovrebbe valere per l’azione sia su danno patrimoniale che non patrimoniale.

Da notare che il giudice riesce ad applicare il reg. citato UE contro un soggetto di un paese che dal 2016 non è più in UE

Elaborazione creativa di opera fotografica: il caso del ritratto del giudice Ruth Bader Ginsburg, fermatosi però ai preliminari …

Il NOrth. Dist. of Georgia , Atlanta Division, del 13 marzo 2023, giudice Boulee, Creative Photographers, Inc. v. Julie Torres Art, LLC et al, civil action n° 1:22-CV-00655-JPB, esamina una interessante fattispecie concreta di creazione elaborativa di una fotografia della giurista Ruth Bader Ginsburg.

Solo che attore non è il fotografo ma un’associazione di categoria, in base a contratto di mandato/licenza.

Notizia riportata da molte fonti giuridiche sul web : ad es. da The art newspaper da C. Porterfiled. 17.03.2023.

Questi i due lavori a paragone :

Sarebbe stato interessante leggere la decisione. Solo che il giudice non ravvisa legittimazione nell’attore (l’associazione di categoria) e rigetta per il momento la domanda (gli concede 14 gg per modificarla).

In particolare non ravvisa l’esistenza di una licenza esclusiva, unica possibilità per chi non è owner. Si tratta, da noi, di carenza di legittimazione attiva (condizione dell’azione), da sempre riconosciuta al licenziatario esclusivo e solitamente negata a quello non esclusivo.

Clausola del contratto tra il fotografo e l’associazione

<<You retain [Plaintiff] as your exclusive agent to sell, syndicate,
license, market or otherwise distribute any and all
celebrity/portrait photographs and related video portraits,
submitted to us by you and accepted by us for exploitation for
sale or syndication during the term of this Agreement (the
“Accepted Images”). You must be the sole owner of the
copyright for all such photographs and may not offer any
celebrity/portrait photographs for sale or syndication to or
through any other agent, representative, agency, person or
entity during the Term of this Agreement.>>

Errore non piccolo da parte di chi preparò il contratto, probabilmente.

Faranno bene gli operatori a prendere nota e a verificare i loro conntratti alla luce del diritto nazionale.-

Diritto all’immagine e riproduzione abusiva in DVD musicale

Una signora viene riprodotta in un DVD musicale mentre si intrattiene in spazio pubblico con un signore che non è il marito, palesando una relazione che doveva restare nascosta.

La signora agisce per il risarcimento dei danni (patrimoniali e non, parrebbe).

In primo grado la domanda è rigettata, ravvisando il Tribunale un consenso tacitto, dovendosi interpretare la ripresa visiva come messa in scena concordata per la commercialzizazine del  DVd.

In appello la sentenza è riformata e viene riconosciuto alla signora il c.d. prezzo del consenso ipotizzabile.  Pertanto il titolare del diritto sul dvd (casa discografica) ricorre in cassazione: la quale decide con sentenza 25.11.2021 n°  36.754, rel. Vella    , rigettando il ricorso.

Tre punti:

1) la SC implicitamente ritiene che la competenza delle sezioni specializzate ex art. 3 d. lgs. 168/2003, laddove riferita al diritto di autore, comprende pure la riprodizone dell’immagine altrui ex art. 96 e 97 l. aut..  Conferma infatti la competenza solo perchè non di immaguine si discuteva ma di riservatezza (§ 3.3).

 Ora, che il diritto alla riservatezza sia diverso da quello sulla propria immagine (ex art. 10 cc e citt. artt. l. aut.) è possibile , ma richiederebbe approfondimento.

Che invece la competenza giurisdizionale, relativa al diritto di autore ex art. 3,.1.b d. l.g. s 168 cit (<<b) controversie in materia di diritto  d’autore  e  di  diritti connessi al diritto d’autore;>>; v-. pure ora il c. 3 bis dell’art. 156 l. aut.) comprenda pure le questioni sul diritto all’immagine ex art. 96-97 l. aut.,  è errato.    Il diritto all’immagine è certamente altro dal diritto di autore e dai diritti connessi; a nulla rileva la sedes materiae e cioè che sia regolato (anche) nella legge che regola il diritto di autore

2) interessante per i pratici, poi, è la distinzione tra l’affermare che il danno non patrimoniale sia in re ipsa e l’affermare invece che possa ritenersi presuntivamente provato (§ 6.1).

3) c’è una (nota) difficoltà logico-concettuale nel riconoscere il danno (patrimoniale, naturalmetne) ex prezzo del consenso a favore di chi mai avrebbe dato il consenso (come nel caso de quo di relazione sentimetnale da tenere nascosta). Non può infatti dirsi ristorare un pregiudizio (lucro cessante)  e cioè restituiRE un’opportunità di guadagno che era stata tolta. La somma in realtà ha carattere penale , ma allora c’è un duplice problema: 1) l’art. 156 l. aut. non prevede una sanzione ma solo una compensazione (dubbio parecchio che possa estendersi analogicamente l’art. 125/3 cod. propr. ind.); 2) come che sia, la medesima disposizione , riferendosi a <violazione di un diritto di utilizzazione economica>) è assai dubbio che comprenda pure il diritto all’immagine ex art. 96-97 l. aut. (e art. 10 cc)

Copyright sull’unicorno e riproduzione su zaini

La US DC southern district court di New York, 25.03.2021, OMG Accessories c. Mystic apparel, 19 CV 11589 (ALC) (RWL),  decide un caso di diritto d’autore in cui era stata riprodotta su zaini una creazione artistica (design) raffigurante con motivo seriale la figura mitologica dell’Unicorno  (unicorn pattern), registrato per il copyright (come succede in US).

L’originale e la pretesa violazione son riprodotte in sententa.

VEdiamo l’esame sul se ricorra la substantial similarity: la corte dice di sì, almeno in cvia cautelare (la motion to dismiss è respinta).

<<To determine substantial similarity, courts ask “whether an ‘ordinary observer, unless he set out to detect the disparities, would be disposed to overlook them, and regard [the] aesthetic appeal as the same.’” Id. at 66. (quoting Yurman Design, Inc. v. PAJ, Inc., 262 F.3d 101, 111 (2d Cir. 2001)). In other words, the question becomes “whether ‘an average lay observer would recognize the alleged copy as having been appropriated from the copyrighted work.’” Id. (quoting Knitwaves, Inc. v. Lollytogs Ltd. (Inc.), 71 F.3d 996, 1002 (2d Cir. 1995))  .

However, if the protected work in question includes “both protectible and unprotectible elements,” courts may apply a “more discerning” standard that requires the court to “‘extract the unprotectible elements from [its] consideration and [to] ask whether the protectible elements, standing alone, are substantially similar.’” Id. (quoting Knitwaves, Inc., 71 F.3d at 1002). However, in no event must the court “dissect [the works] into their separate components, and compare only those elements which are in themselves copyrightable.” Id. (internal citations omitted). Instead, the Court “‘compar[es] the contested design’s “total concept and overall feel” with that of the allegedly infringed work,’ as instructed by ‘[its] good eyes and common sense.’” Id. (first quoting Tufenkian Import/Export Ventures, Inc. v. Einstein Moomjy, Inc., 338 F.3d 127, 133 (2d Cir. 2003), then quoting Hamil Am. Inc., 193 F.3d a t 102>> (p. 5/6)

I convenuti avevano allegato che alcuni elementi del design attoreo non erano proteggibili,  in quanto motivi comuni. La corte bensì concorda : <Defendants allege that Plaintiff’s use of a close-eyelash line to express the eye of a unicorn, rainbow forelocks, and depiction of the horn of a unicorn are not protectable elements. The Court agrees. The unicorn is a mythical creature and it is often depicted with rainbow colored elements …  or other glamorized features regarding its horn and eyes>>.

Tuttavia precisa anche che i lavori sub iudice <<do “share a similarity of expression” or a similarity in their “total concept or feel” sufficient to survive a motion to dismiss. Hogan v. DC Comics, 48 F. Supp. 2d 298, 309 (S.D.N.Y. 1999) (quoting Williams v. Crichton, 84 F.3d 581, 589 (2d Cir. 1996)). The cumulative effect of the closed eyes with distinctive eyelashes, rainbow colored locks, glittered horn, and pink hearts on the face or cheek of the unicorn1 present a concept that is similar to the Unicorn Pattern Design and alleged infringing design. With this in mind, the Court finds that it would be premature to decide, at this stage, that “no reasonable jury, properly instructed, could find that the two works are substantially similar” based on their “total concept and overall feel.” Peter F. Gaito, 602 F.3d at 63>>

La corte rigetta pure -allo stato- la difesa da fair use.