Violazione di copyright (fornendo link a opere protette) da parte della piattaforma

Eric Goldman posta un commento (dandone pure il link, che segue, al testo) a US Appels Court del 10 circuito 16 ottobre 2023, caso No. 21-4128, Greer v. Moon e Kiwi Farms.

Si tratta di azione contro la pericolosissima piattaforma Kiwi Farms che nel caso permise l’upload da parte di terzi di materiale in violazione di copyright.

IL punto giuridico è se ricorra o meno un suo contributory infringement e in particolare l’elemento della material coontribution: cioè del terzo dei tre richiesti dalla giurisprudenza usa (“Mr. Greer had to plausibly allege: (1) his copyrighted work was directly infringed by a third party, (2) Mr. Moon and Kiwi Farms “kn[ew] of the infringement,” and (3) Mr. Moon and Kiwi Farms “cause[d] or materially contribute[d] to [third parties’] infringing activities.” Diversey, 738 F.3d at 1204.9 We address each in turn“).

Nel caso specifico la piattafroma non solo non rimosse il materiale, anzi dichiarandolo apertamente, ma pure irrise la vittima (tra l’altro affetta da facial paralysis)

Ecco il passaggio:

<<When Mr. Greer discovered the book had been copied and placed in a Google Drive on Kiwi Farms, he “sent Mr. Moon requests to have his book removed . . . .” RI.18. Mr. Moon pointedly refused these requests. RI.18. In fact, instead of honoring the requests, Mr. Moon posted his email exchange with Mr. Greer to Kiwi Farms, belittling Mr. Greer’s attempt to protect his copyrighted material without resort to litigation. RI.18–19.
After the email request, Kiwi Farms users continued to upload audio recordings of Mr. Greer’s book, followed by digital copies of his song. When Mr. Greer discovered the song on Kiwi Farms, he sent Mr. Moon a takedown notice under the DMCA. Mr. Moon not only refused to follow the DMCA’s process for removal and protection of infringing copies, he “published [the] DMCA request onto [Kiwi Farms],” along with Mr. Greer’s “private contact information.” RI.22. Mr. Moon then “emailed Greer . . . and derided him for using a template for his DMCA request” and confirmed “he would not be removing Greer’s copyrighted materials.” RI.23. Following Mr. Moon’s mocking refusal to remove Mr. Greer’s book and his song, Kiwi Farms users “have continued to exploit Greer’s copyrighted material,” including two additional songs and a screenplay. RI.23>>.

Il contributory infringement è altro dal concorso (paritario) nell’illecito brevettuale

Trib. Torino sent. 07.04.2021, n. 1.662/2021 – RG   8189 / 2019, rel. Martinat, Neotecman s.l. c. Farm New Brass s.r.l. e Automazioni Industriali s.r.l., si sofferma sull’art. 66.2 bis c.p.i. e sulla distinzione del contributory infringement (poi: c.i.) dal concorso nell’illecito brevettuale comune.

Dice così: <<Alla luce di quanto precede, pertanto, deve essere rigettata la domanda di contraffazione formulata da parte attrice per contributory infringment, domanda sulla quale, peraltro, il Collegio ritiene di dover far un’osservazione di carattere generale, dovendosi in merito osservare come il richiamo all’istituto di cui all’art. 66, comma 2 bis, del c.p.i., da parte dell’attrice sia quanto meno improprio.
Tale disposizione, infatti, punisce chi fornisce ad un terzo non autorizzato i mezzi per realizzare l’invenzione brevettata nella consapevolezza di tale uso illecito dei suddetti mezzi: tale norma, quindi, pare colpire l’attività di chi, nell’esercizio della sua ordinaria attività imprenditoriale, fornisca una componente del prodotto finale al realizzatore – appunto – del suddetto prodotto finale, ipotesi tuttavia insussistente nella fattispecie in esame, ove, in effetti, vi sono due soggetti che si pongono sin dall’inizio sullo stesso piano della catena produttiva finalizzata a realizzare il prodotto finale (ovvero il produttore del forno ed il produttore della pressa), posto che insieme hanno progettato il macchinario finale oggetto di contestazione, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze professionali, ed insieme lo hanno commercializzato presentandosi come partecipi di un progetto commerciale comune.

Pertanto, più che di contributo di uno dei due convenuti alla realizzazione della contraffazione da parte dell’altro (evento che rappresenta la condotta sanzionata dalla norma in commento), deve parlarsi di ordinario concorso – su basi paritarie – delle due convenute nella realizzazione del prodotto in asserita contraffazione, come del resto implicitamente confermato dal fatto che parte attrice mai ha individuato fra i convenuti il soggetto che abbia fornito la componente ed il soggetto che abbia utilizzato tale componente nel prodotto finale, essendo, in effetti, le due posizioni non individuabili nella fattispecie in esame.

Il motivo di tale mancata individuazione è quindi semplice da definire, ovvero l’assenza di un contributory infringment in senso stretto, trattandosi semmai di concorso paritario ed originario delle due società convenute (che hanno elaborato a tal fine un progetto industriale comune) nella realizzazione del macchinario in asserita contraffazione.

In ogni caso, indipendentemente dalla qualificazione giuridica della domanda di contraffazione formulata da parte attrice, non essendo il macchinario complessivamente realizzato dalle convenute in contraffazione del brevetto attoreo, ogni domanda di contraffazione, sia essa una contraffazione letterale, per equivalenti o per contributory infringment non può ritenersi sussistente, ragion per cui la domanda attorea di contraffazione deve essere rigettata in quanto infondata.
Consegue a quanto precede che ogni domanda accessoria (in quanto avente per presupposto l’accertamento della contraffazione) deve essere automaticamente rigettata (risarcimento del danno, distruzione dei prodotti in contraffazione, inibitoria, penali …)>>.

Due notazioni:

1) non è chiaro perchè il Trib. abbia scelto di dare chiarimenti sul c.i. , quando la lite era già decidibile nel senso del rigetto della domanda per assenza di contraffazione.  E’ allora solo un obiter dictum, non ratio decidendi.

2) sarebbe interessante approfondire la differenza tra c.i. e violazione brevettuale diretta. A prima vista (la più vistosa) parrebbe che solo nel c.i. fosse richiesto l’elemento soggettivo (<qualora il terzo abbia consocenza>). Bisognerebbe poi proseguire il ragionamento sulla differenza relativa all’elemento oggettivo.

(Cor)Responsabilità di Youtube per violazione di copyright commessa da un suo utente

Il consueto problema della qualificazione giuridica della piattaforma Youtube in caso di violazione di copyright è affrontato dalla Southern District Court di New TYork, 21.03.22, Buisiness Casual v. Youtube, caso 21-cv-3610 (JGK).

Tre le causae petendi azionate.

Il direct infringement è escluso per insufficiente allegazione/prova dell’elemento soggettivo richeisto dalla common law, p. 8 ss

Più interessante è che per la Corte , oltre a ciò, esso è escluso a causa della licenza pretesa da Youtube per chi carica materiali propri, come noto. Essa infatti impedirebbbe di ravvisare contraffazione in Y.

L’attore tenta di eludere tale esito  (<<Business Casual contends that the License does not cover the conduct at issue here because the License does not grant any rights “to an unrelated third party, like TV-Novosti, to do whatever it pleases with Business Casual’s content.”>>): ma per la Corte la licenza è sufficientemente ampia da coprire le condotte sub iudice di Y., p. 12.

Ancora, a fronte di una incomprensibile causa petendi dell’attore circa il non sufficientemente motivato ricorso di Y. al safe harbour ex § 512 DMCA, la Corte rigetta, precisando -in breve ma esattamente- la costruzione giuridica del safe harbour: <<The DMCA safe harbors provide potential defenses against copyright infringement claims where, but for the safe harbors, the plaintiff has a meritorious cause of action against the defendant for copyright infringement>>, p.  13

Infine son rigettate pure le causae petendi del concorso nell’illecito, contributory infringement, e della respooonsabilità vicaria, vicarious infringement, 14-15.

(notizia e link alla sentenza dal blog del prof. Eric Goldman)

Giudice USA sulla illecita estrazione di audio da un audiovisivo su Youtube (c.d. stream ripping)

Interessante il Report and Recommendations del giudice Buchanan della Virginia per la District Court  sulla pratica di business in oggetto, attuata da tal sig. Kurbanov, titolare e creatore dei siti www.FLVTO.biz e www.2conv.com .

La proposta segue un precedente contenzioso, reperibile in rete.

Si tratta di East. Dist. of Virginia, Alexandria Division, 16 dicembre 2021, Case 1:18-cv-00957-CMH-TCB, UMG Recordings e altri c. Kurbanov.

Interessante non è tanto il giudizio di illiceità (violazine del diritto di riproduzione e di distribuzione), che è ovvio; quanto invece, da un lato,  la descrizione della pratica del ripping (stream-ripping, con circonvenzione delle misure di sicurezza predisposte da Youtube) dell’audio dall’audiovisivo e, dall’altro,  la quantificazione dei danni ($ 1.250,0 per ogni violazione, che , moltiplicate per 1.618 violazioni, danno un totale di $ 2.022.500).

Da segnalare pure che viene accertata sia una violazione diretta che in compartecipazione alla violazione altui (contributory infringement), laddove incitava gli utenti a procedere in tale senso.

Ciò in base al DMCA.

In base al copyright act, poi, liquida aggiuntivi $ 80.990, dati da $ 50 per ogni violazione.   I criteri sono i soliti, parzialmente simili al ns. art. 158 l. aut.: spese risparmiate, profitti maturati , elemento soggettivo etc. (v. IV requested relief, sub A e sub B).

Pinterest corresponsabile per violazione di diritto di autore?

Il Northern District della California affronta la questione del ruolo di Pinterest (P.) in possibili violazioni di copyright (decisione 9 marzo 2021, caso 19-cv-07650-HSG, Davis c. Pintereset inc.).

(non è chiara la fonte delle immagini su P.:  <<These images may be captured by Defendant’s users, or may be copied from other sources on the internet>> p. 3. Copiate da altre sources da parte di chi? da P.?).

L’attore, fotografo professionista, cita P. per correponsabilità (contributory infringement) in violazione di copyright.

Allo scopo, <<to establish a claim for contributory copyright infringement, Plaintiff “must establish that there has been direct infringement by third parties…. Once this threshold issue has been established, Plaintiff must further allege that Defendant “(1) has knowledge of another’s infringement and (2) either (a) materially contributes to or (b) induces that infringement.”>> p. 3.

La material contribution <<“[i]n the online context” requires the defendant to have “actual knowledge that specific infringing material is available using its system, and . . . simple measures [would] prevent further damage to copyrighted works, yet [the defendant] continues to provide access to infringing works.” Id. at 671 (quotation omitted). And inducement requires the defendant to “distribute[] a device with the object of promoting its use to infringe copyright, as shown by clear expression or other affirmative steps taken to foster infringement.” See id. at 672. Here, Plaintiff alleges theories of liability premised on both material contribution and inducement, and Defendant challenges both theorie>>, ivi.

Sebbene riconoscendo la debolezza della propria prova di knowledge, l’attore afferma che -almeno in quello stadio processuale- poteva bastare il  constructive knowledge and willful blindness, p. 4 .

Ma la corte esclude pure la prova di questo elemento soggettivo alleggerito, facilitato. Bisogna infatti che la sua prova riguardi lo specifico atto in violazine dedotto in casua, p. 5 .

Si tratta del passaggio più importante a fini pratici, pure per il nostro ordinamento.

Non è <conoscenza presunta>  lo scambio pregiudiziale di email con l’azienda P., dice la corte: che anzi danneggia l’attore, perchè l’azienda gli aveva chiesto informazioni di dettaglio, che lui non aveva poi inviato, ivi.

Nemmeno è willful blindness la consapevolezza della generica possibilità di materiali illeciti , dovendo anche qui riguardare materiali specifici, p. 5/6.

Infine l’attore allega che P. rimuove metadati, che che potrebbero far capire la provenienza illecita dei materiali ospitati. Ma ciò -conclude la corte- al più rappresenta una indifferenza al rischio di P. alle violazioni, non una sua consapevolezzaa di quella specificamente dedotta in lite, p. 6

Eccezione probabilmente esatta a fil di legge, ma troppo penalizzante per i titolari dei diritti lesi.

Non è menzionata la questione del safe harbour (qui del § 512 DMCA, trattandosi di copyright).

(notizia e link alla notizia tratti dal blog di Eric Goldman)

Sulla willfull blindness , pur se nel diritto dei marchi, v. ora il saggio di Andrew Ligon Fant, Reconsidering the Willful Blindness Doctrine in Contributory Trademark Infringement, 29 J. Intell. Prop. L. 318 (2022).