Precisazioni della Cassazione sull’interpretazione dei brevetti

– I –

Principio di diritto enunciato in tema di contraffazione brevettuale per equivalenti da Cass. n. 120 del 04.01.2022, rel. Ioffrida:

“”In tema di brevetti per invenzioni industriali e della loro contraffazione per equivalente, ai sensi dell’art. 52, comma 3 bis, del Codice Proprietà Industriale, di cui al D.Lgs. n. 30 del 2005, come modificato ad opera del D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 131, il giudice – chiamato a valutare l’esistenza di un illecito contraffattorio deve preliminarmente determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, poi individuare analiticamente le singole caratteristiche del trovato, così come espressamente rivendicate nel testo brevettuale, interpretate anche sulla base della loro descrizione e dei disegni allegati, e quindi verificare se ogni elemento così rivendicato si ritrovi anche nel prodotto accusato della contraffazione, anche solo per equivalenti, così intendendosi, secondo una delle possibili metodologie utilizzabili, quelle varianti del trovato che possano assolvere alla stessa funzione degli elementi propri del prodotto brevettato, seguendo sostanzialmente la stessa via dell’inventore e pervenendo al conseguimento dello stesso risultato””.

Precisazione (quella in rosso) non da poco: il riferimento è alla element by element approach , corollario della all elements rule (come talora si osserva, mentre invece non è necessitato a livello logico: conf. Rossi F., Teoria degli <<equivalenti>> ed <<element by element approach>> in EPC 2000 e nel nuovo art. 52, comma 3-bis, C.P.I., in Riv. dir. ind. 2010, 261).

– II –

Diverso aspetto colto da Cass. sez. I del 01.02.2023 n. 3013, rel. Catallozzi sul rapporto tra rivendiocazioni da un lato e  descrizione/disegni dall’altro:

<< – ciò posto, si osserva che, come osservato anche nello stesso precedente giurisprudenziale di questa Corte richiamato dalle ricorrenti, la descrizione ed i disegni allegati alla domanda di concessione di un brevetto industriale, pur non potendo in alcun modo determinarne l’ambito della tutela concessa dal brevetto laddove questo sia del tutto generico con riferimento all’indicazione dei limiti della protezione, possono essere utilizzati al fine di chiarire e interpretare la rivendicazione (cfr. Cass. 9 aprile 2019, n. 22079);

– infatti, l’individuazione dell’ambito di protezione brevettuale e dei relativi limiti è enucleabile anche attraverso la descrizione e i disegni del brevetto stesso, che assolvono a una funzione esplicativa delle rivendicazioni (cfr. Cass. 16 dicembre 2019, n. 33232; Cass. 5 marzo 2019, n. 6373; Cass. 28 luglio 2016, n. 15705);

– pertanto, pur riconoscendo la validità della regola che pone la sufficiente descrizione dell’invenzione quale requisito per il rilascio del brevetto e la centralità del ruolo delle rivendicazioni nell’individuazione dell’ambito della tutela, deve ritenersi che l’interpretazione di queste ultime non si limita al testo letterale delle stesse, pur non potendosi estendere a tutto ciò che può essere dedotto da un esperto del ramo dalla considerazione della descrizione e dei disegni;

– in particolare, non può disconoscersi la valenza interpretativa della descrizione e dei disegni nei casi, quale quello in esame, in cui tali strumenti, nel circostanziare la struttura di una certa caratteristica del trovato, consentono di puntualizzare, in funzione limitativa, l’oggetto della rivendicazione, formulata in termini ampi e caratterizzati da inevitabile genericità, partecipando alla dichiarazione di volontà del titolare circa il perimetro della tutela richiesta;

– in tali casi, l’utilizzo delle descrizioni e dei disegni, lungi dall’estendere l’ambito della protezione oltre quella espressa dalle rivendicazioni, permette che la concessione della privativa sia maggiormente aderente alla volontà del titolare e, coerentemente con quanto disposto dall’art. 52, comma 3, cod. prop. ind., realizza un’equa protezione del titolare e una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi, potenzialmente avvantaggiati dalla limitazione dell’ambito di protezione;>>

Affermazione non condivisibile , svalutando troppo il ruolo delle rivendicazioni e valorizzando troppo quello di descrizione e disegni: in contrasto con la “peripheral definition theory” , assai più coerente con la ratio dell’esclusiva brevettuale (su cui Cass. 120/2022 : v. mio post).

Barilla vs. Bauli: contraffazione di brevetto di procedimento e di nuovo uso

Ordinanza cautelare di Trib. Venezia 25.11.2022, RG 4779/2021, rel. Tosi, su un metodo di produzione di brioches e simili, idoneo a conferire maggior sofficità.

<<L’invenzione si propone quindi di permettere la produzione di un prodotto da forno soffice,
conservabile a temperatura ambiente, senza l’ausilio di additivi alimentari, che mantenga quanto più
possibile inalterate le sue caratteristiche di sofficità per un periodo di conservazione a temperatura
ambiente di almeno una settimana, preferibilmente di almeno due mesi, anche senza ricorrere ad un
confezionamento in atmosfera modificata.
Per ottenere questo risultato, l’invenzione (si fa qui riferimento al solo brevetto italiano per la parte
valida) si basa sull’iniettare nel prodotto uscito dal forno di cottura una soluzione idroalcolica, così
da far aumentare il contenuto di umidità del prodotto. Questa è la caratteristica di base, a cui, come
argomentano i CTU, si aggiungono poi altre caratteristiche, presentate inizialmente come opzionali
e poi confluite in diverso modo nelle rivendicazioni indipendenti dei tre brevetti. Appare evidente
che la frazione alcolica ha anche funzione di protezione da muffe e batteri.
IT’062 riguarda nella riv. 1 un procedimento per la produzione, in 15 l’ uso di una definita soluzione
idroalcolica nella produzione del prodotto da forno>>.

La giurisprudenza delle corti di appello dell’EPO (citano G2/88 o G6/88)
stabilisce che <<in generale un uso nuovo di una sostanza nota è in linea di principio brevettabile anche quando appunto l’unica caratteristica nuova è il diverso uso di una sostanza nota, purché tale uso implichi un nuovo effetto tecnico descritto nel brevetto in esame e non prima riconosciuto. In
tal caso la rivendicazione è da considerarsi nuova anche se l’effetto tecnico avrebbe potuto intrinsecamente essere ottenuto quando si fossero seguiti gli insegnamenti già noti.
Al contrario di quanto accade per i brevetti di procedimento, dunque, per quanto riguarda una  rivendicazione d’uso come la rivendicazione 17 (ora 15), l’effetto tecnico da raggiungere deve essere considerato parte dell’ambito di protezione della rivendicazione. È proprio tale effetto tecnico alla base della ragion d’essere di una rivendicazione d’uso. Nel caso di specie l’effetto tecnico è quello della sofficità, la quale è correlata alla umidità, quest’ultima determinata dal brevetto in un valore massimo>>.

Nel merito la descrizione precedente, confermata dal giudice cautelare,  aveva accertato che il metodo e il nuovo uso brevttati corrispondono alla prassi produttiva di Bauli.

Non c’è menzione della disposizione sul nuovo uso (art. 46.4. c.p.i.) nè di quella sul procedimento (art. 67cpi, spt. c.1 sub b)

Il giudice nega l’ordine del ritiro dal commercio.

E’ di interesse l’analiticità della penale.

Condanna alle spese di lite contenuta (€ 3.000), tenuto conto della complessità della materia.

Istruttiva sentenza bolognese sulla disciplina brevettuale , rimedi compresi

Trib. Bologna n. 258/2021, RG 20004/2013, del 03 febbraio 2021, rel. Rimondini, offre un’utile panoramica delle questioni da trattare nei giudizi brevettuali.

– p. 17-19:  ripasso dei requisiti di brevettabilità

– modalità del rinvio alle ctu: < Il Tribunale non ha pertanto
motivi per discostarsi dalle considerazioni del consulente, in quanto frutto di un
iter logico ineccepibile e condotto in modo accurato, in aderenza ai documenti,
agli atti e allo stato di fatto analizzato
>, p. 23

– limitazione delle rivendicaizoni ex 76/3 cpi: senpre ammessa,   <purchè la stessa non sia posta in modo
abusivo e reiterato e rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di
brevetto originaria (cfr. Tribunale Bologna, Sezione Specializzata in materia di
Impresa, 21.3.2018, n. 1223, in
www.giuraemilia. >, p. 26

– la descrizione può essere anche più più ampia della rivendicaizone dipendente: p. 27

– esclusa l’assegnazione in proprietà perchè inibitoria e ritiro dal commercio, disposte, son sufficienti per adeguata tutela, p. 32: questione interessante (in effetti la legge dà discrezionalità al giudice)

– concorrenza sleale ex 2598 n. 3 cc: esclusa per genericità della domanda: < Al riguardo va osservato che l’azione di contraffazione e quella di
concorrenza sleale sono certamente cumulabili, ma nel caso in esame l’azione ex
art. 2598 c.c. deve ritenersi infondata. Parte attrice, infatti, si è limitata a dedurre
tempestivamente solo che la realizzazione e commercializzazione di macchinari in
contraffazione con i diritti di privativa di Projecta integrava l’illecito
concorrenziale. Tale indicazione deve ritenersi troppo generica, non individuando
i fatti costitutivi alla base della domanda di concorrenza sleale
>. Affermazione assai perplessa, dato che la slealtà è in re ipsa dopo accertata la contraffazione. Semmai il problema è che il comando da c.p.i. copre quello emanabile da conc. sleale ex c.c., senza dare nulla in più : ma andava detto e motivato.

– negato il risarcimento del danno patrimoniale ex 125 c.1 cpi: < Nel caso in esame Projecta non ha tempestivamente compiuto alcuna
allegazione, neppure a livello generico, riguardo alla suscettibilità della
contraffazione a determinarle un danno, essendosi limitata – in tutti i tre i giudizio
– a dedurre che la contraffazione aveva per ciò solo procurato un danno, da
ragguagliare al valore complessivo del prodotto in contraffazione. La genericità di
tale allegazione non consente di apprezzare se vi sia stato, anche solo
potenzialmente, un danno, tenuto conto che – come eccepito da parte convenuta
fin dalla comparsa di risposta – Projecta non ha neppure allegato di sfruttare
commercialmente i propri titoli di privativa.
>>

– negato anche il danno non patriminiale sempre ex 125 c. 1 cpi: < L’attrice ha inoltre invocato l’art. 125, I comma, c.p.i. per il risarcimento
del danno non patrimoniale, che la norma in esame riconosce solo “nei casi
appropriati”. Il danno non patrimoniale, dunque, non sussiste in ogni ipotesi di
violazione di diritti di proprietà industriale, ma solo se la reputazione aziendale sia
stata pregiudicata dalla circolazione di prodotti contraffatti. Tale circostanza –
neppure dedotta specificamente dall’attrice – non pare ricorrere nell’ipotesi in
esame e, conseguentemente, la relativa richiesta va respinta.
>. Da segnalare: il d. non patrimoniale coincide con la lesione della reputazione.

– negato il danno, è negata anche la pubblicità alla sentenza: < Projecta ha domandato la pubblicazione della presente sentenza. L’art. 126
c.p.i. consente all’autorità giudiziaria di ordinare che la sentenza di accertamento
della violazione dei diritti di proprietà industriale di pubblicare la sentenza a spese
del soccombente. La pubblicazione della sentenza ha funzione di risarcimento in
forma specifica del danno (cfr. Cass., sez. I, 14.10.2009, n. 21835) e,
conseguentemente, l’infondatezza della domanda risarcitoria non consente di fare
applicazione dell’art. 126 c.p.i
>

Brevetto negato per un product-by-process claim: decisione del Board of Appeal

Rose Hughes su IPKat dà oggi conto di una interessante decisione del Board of appeal dell’EUIPO su un product by process patent (titolo dell’invenzione: Ocular implant obtained by double extrusion process ), non frequenti.

E’ la decisione 7 giugno 2022 , caso n° T 1869/ 19 – 3.3.07 , Allergan Inc. c. Generics ltd .

Concesso in prima istanza, poi revocato dalla Opposition division con decisione ora confermata dall”Appello

Il motivo è la mancanza di novità per insufficiente descrizione della novità apportata dal process asseritamente nuovo  (le caratteriostioche del prdotto, invece, erano già note)

<< With regard to these product-by-process features, such
features can only contribute to the novelty of the
claimed implant insofar as they give rise to a distinct
and identifiable characteristic of the product.
Accordingly, in order to establish novelty, it has to
be verified that the process features of the “productby-process” claim are such that the resulting product
is influenced by them in a way that it can be
distinguished from the products of the prior art
produced by a different process.
>>, § 1.3.

<< In the absence of any limitation in claim 1 as to the
conditions of the milling steps (a) and (b), and
considering that the size of dexamethasone in D1 is
identical to the claimed size, namely a diameter of
less than 10 μm, and the size of PLGA in D1 is
comprised between 9-12 μm in diameter while undefined
in claim 1 of the main request, it must be concluded
that the milling steps (a) and (b) cannot impart any
identifiable differentiating feature to the implant.
This conclusion was not disputed by the appellant.
>>, § 1.3.1

<< Consequently, the Board concurs with the opposition
division that a double extrusion as claimed in claim 1
of the main request does not inevitably cause the
obtainable product to have distinctive properties and
to be distinguishable from a bioerodible PLGA/
dexamethasone ocular implant made by single extrusion
as disclosed in D1 (see Decision of the opposition
division, point 2.5)
>>, § 1.4

Il contributory infringement è altro dal concorso (paritario) nell’illecito brevettuale

Trib. Torino sent. 07.04.2021, n. 1.662/2021 – RG   8189 / 2019, rel. Martinat, Neotecman s.l. c. Farm New Brass s.r.l. e Automazioni Industriali s.r.l., si sofferma sull’art. 66.2 bis c.p.i. e sulla distinzione del contributory infringement (poi: c.i.) dal concorso nell’illecito brevettuale comune.

Dice così: <<Alla luce di quanto precede, pertanto, deve essere rigettata la domanda di contraffazione formulata da parte attrice per contributory infringment, domanda sulla quale, peraltro, il Collegio ritiene di dover far un’osservazione di carattere generale, dovendosi in merito osservare come il richiamo all’istituto di cui all’art. 66, comma 2 bis, del c.p.i., da parte dell’attrice sia quanto meno improprio.
Tale disposizione, infatti, punisce chi fornisce ad un terzo non autorizzato i mezzi per realizzare l’invenzione brevettata nella consapevolezza di tale uso illecito dei suddetti mezzi: tale norma, quindi, pare colpire l’attività di chi, nell’esercizio della sua ordinaria attività imprenditoriale, fornisca una componente del prodotto finale al realizzatore – appunto – del suddetto prodotto finale, ipotesi tuttavia insussistente nella fattispecie in esame, ove, in effetti, vi sono due soggetti che si pongono sin dall’inizio sullo stesso piano della catena produttiva finalizzata a realizzare il prodotto finale (ovvero il produttore del forno ed il produttore della pressa), posto che insieme hanno progettato il macchinario finale oggetto di contestazione, ciascuno nell’ambito delle proprie competenze professionali, ed insieme lo hanno commercializzato presentandosi come partecipi di un progetto commerciale comune.

Pertanto, più che di contributo di uno dei due convenuti alla realizzazione della contraffazione da parte dell’altro (evento che rappresenta la condotta sanzionata dalla norma in commento), deve parlarsi di ordinario concorso – su basi paritarie – delle due convenute nella realizzazione del prodotto in asserita contraffazione, come del resto implicitamente confermato dal fatto che parte attrice mai ha individuato fra i convenuti il soggetto che abbia fornito la componente ed il soggetto che abbia utilizzato tale componente nel prodotto finale, essendo, in effetti, le due posizioni non individuabili nella fattispecie in esame.

Il motivo di tale mancata individuazione è quindi semplice da definire, ovvero l’assenza di un contributory infringment in senso stretto, trattandosi semmai di concorso paritario ed originario delle due società convenute (che hanno elaborato a tal fine un progetto industriale comune) nella realizzazione del macchinario in asserita contraffazione.

In ogni caso, indipendentemente dalla qualificazione giuridica della domanda di contraffazione formulata da parte attrice, non essendo il macchinario complessivamente realizzato dalle convenute in contraffazione del brevetto attoreo, ogni domanda di contraffazione, sia essa una contraffazione letterale, per equivalenti o per contributory infringment non può ritenersi sussistente, ragion per cui la domanda attorea di contraffazione deve essere rigettata in quanto infondata.
Consegue a quanto precede che ogni domanda accessoria (in quanto avente per presupposto l’accertamento della contraffazione) deve essere automaticamente rigettata (risarcimento del danno, distruzione dei prodotti in contraffazione, inibitoria, penali …)>>.

Due notazioni:

1) non è chiaro perchè il Trib. abbia scelto di dare chiarimenti sul c.i. , quando la lite era già decidibile nel senso del rigetto della domanda per assenza di contraffazione.  E’ allora solo un obiter dictum, non ratio decidendi.

2) sarebbe interessante approfondire la differenza tra c.i. e violazione brevettuale diretta. A prima vista (la più vistosa) parrebbe che solo nel c.i. fosse richiesto l’elemento soggettivo (<qualora il terzo abbia consocenza>). Bisognerebbe poi proseguire il ragionamento sulla differenza relativa all’elemento oggettivo.

Sui rimedi offerti dall’art. 125 c.p.i. in caso di violazione di brevetto, a seguito di sua limitazione ex art. 79 c.p.i.

Trib. Torino 18.05.2021, sent. n. 2464/2021 –  RG 4520/2016, rel. Vitrò, offre interessanti consideraizoni sull’oggetto.

E’ curioso innanzitutto quanto il giudice entri nei dettagli tecnici dell’invenzione.

Poi, è di interesse la limitazione brevettuale operata in corso di causa e la sua efficacia ex tunc, che permette di considerare valido il brevetto, di accertarne dunque la violazione e di impartire i comandi conseguenti , p. 26 (l’istituto della limitazione è esaminato con buon dettaglio).

Quanto all’art. 125 cpi, il Trib. fa presente che il c. 2 (royalty ragionevole) è determinazione minima del danno, p. 28. La formulazione della disposizione non è perspicua ma probabilmente il T. ha ragione.

Il tasso medio di royalty è del 4% , secondo il ctu Ranalli, pp. 30-31. Stranamente non è specificato su cosa si applichi la percentuale: di solito è sul fatturato.

La parte più interessante, infine, è quella sulla retroversione degli utili ex art. 125 c.3 cpi (sub § 3.4).

Due sono i punti più significativi: 1) questione del prodotto multicomponente o complesso e 2) determinazione degli utili  (sul fatturato), oggetto di assegnazione alla vittima.

1) Qui si pone il problema della loro determinazione in caso di prodotto complesso, quando la violazione riguardi solo una componente e non il tutto. Problema poco esaminato da noi ma oggetto di ampio esame nella letteratura statunitense.

Il T. approva l’idea del ctu di scorporare il corrispettivo riferito alla componente in violazione dal resto, p. 34. Il criterio per lo scorporo è mobile , essendo dato dal rapporto tra costo industriale del complessivo e quello della componente in violazione: <<(ii) determinazione per ciascuna fattura di vendita del rapporto tra costo industriale complessivo del compressore e costo industriale complessivo del prodotto complesso, sul presupposto che il coefficiente risultante dal rapporto di tali grandezze sia in grado di esprimere l’incidenza del fatturato riferibile al singolo compressore rispetto a quello del prodotto complesso; >>, p. 34 (non viene però indicata questa percentuale in termini  numerici, con qualche problema sulla sufficienza motivatoria della sentenza).

2) Su fatturato del prodotto in violazione così determinato, bisogna togliere i costi per determinare l’utile: <<Identificato il fatturato, l’utile ricavato dal contraffattore va individuato nella differenza tra il valore del fatturato generato dal prodotto in contraffazione e il totale dei costi incrementali (ossia dei costi variabili direttamente imputabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti in contraffazione, con esclusione in linea di principio dei costi generali e commerciali). Generalmente i costi variabili sono quelli che dipendono dall’aumento del produzione (sia diretti: materie prime, lavoro, imballi, trasporto, ecc.; sia indiretti: energia e altri materiai di consumo), senza dunque considerare i costi fissi, le svalutazioni, gli ammortamenti, gli accantonamenti, le componenti finanziarie e straordinarie >>, p. 34-5 (si v. i passi riportati dalla ctu per maggior dettaglio).

Sulla riformulazione processuale delle rivendicazioni brevettuali (art. 79 c. 3 c.p.i.)

Viene data notizia di Trib. Milano 19.11.2019, n° 10593/2019, Rg 24649/2016, rel. Mrangoni, che interviene sull’oggetto:

<<Quanto al tema della riformulazione in ogni stato e grado del giudizio ex art. 79 c.p.i., si tratta di un potere collegato al diritto sostanziale della parte quale dedotto in giudizio, da esercitarsi, infatti,personalmente o mediante procuratore speciale, in quanto esulante dallo ius postulandi (T. Milano,sent. n. 7708/2014; T. Milano, ord. 2/12/2014). Ciò significa che nel momento stesso in cui la parte si avvale del diritto sostanziale di riformulazionedel brevetto, il giudice, di qualunque grado sia (di merito e di legittimità), non può che prenderne atto, essendosi avuta una limitazione dell’oggetto della domanda mediante disposizione del dirittocontroverso. Non è questione di mutatio libelli, ma di disposizione del diritto sostanziale, sempre riconosciuta alla parte, purché esercitata con modalità non abusive e compatibilmente con il principio costituzionale del giusto processo, attesi gli accertamenti peritali che normalmente si rendono indispensabili per la natura tecnica della materia successivamente all’esercizio di tale diritto.

La natura del diritto esercitato implica che la domanda principale e quelle subordinate non debbano neppure essere esaminate, in quanto ormai superate dall’esercizio del suddetto potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privativa industriale (si veda anche la cit. sent. T. Milano 15/9/2012).

Peraltro, non ci si può esimere dal sottolineare come la facoltà di cui all’art. 79 comma terzo CPI, che esplicitamente riconosce lo ius poenitendi sostanziale, non possa essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma debba esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate.

Alla stregua di quanto considerato, l’esercizio del potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privative industriali di cui la convenuta si è avvalsa con le varie istanze di riformulazione, ha comportato la rinuncia ad altre domande, siano esse svolte in via principale o subordinata, circa la validità del medesimo brevetto.

Pertanto l’attenzione va concentrata sui requisiti di validità dell’ultima riformulazione effettuata daparte di ABIOGEN PHARMA s.p.a. in data 24.1.2018 per ciò che attiene in particolare al brevetto IT1318540>>

Tutto giusto, tranne il passo in colore verde. Stando alla lettera dell’art. 79/3 cpi, come è possibile sindacare e censurare l’esecizio del diritto di modifica , dato che è attribuito <in ogni stato e grado del giudizio>? Come si fa a capire quando ricorre una riformulazione abusiva? Parrebbe più coerente sanzionare abusi o strategie ( o anche solo negligenze) ritardatarie non con un rimedio reale ma risarcitorio : tramite spese di lite (ritenendolo naturalmente soccombente, come nel caso de quo)  e/o tramite sanzione ex art. 96 c.3 cpc,  o -in generale- tramite domanda di danno aquiliano generale ex 2043 cc tardivamente proposta ma ciò nonostante da ammettere in causa