Istruttiva sentenza bolognese sulla disciplina brevettuale , rimedi compresi

Trib. Bologna n. 258/2021, RG 20004/2013, del 03 febbraio 2021, rel. Rimondini, offre un’utile panoramica delle questioni da trattare nei giudizi brevettuali.

– p. 17-19:  ripasso dei requisiti di brevettabilità

– modalità del rinvio alle ctu: < Il Tribunale non ha pertanto
motivi per discostarsi dalle considerazioni del consulente, in quanto frutto di un
iter logico ineccepibile e condotto in modo accurato, in aderenza ai documenti,
agli atti e allo stato di fatto analizzato
>, p. 23

– limitazione delle rivendicaizoni ex 76/3 cpi: senpre ammessa,   <purchè la stessa non sia posta in modo
abusivo e reiterato e rimanga entro i limiti del contenuto della domanda di
brevetto originaria (cfr. Tribunale Bologna, Sezione Specializzata in materia di
Impresa, 21.3.2018, n. 1223, in
www.giuraemilia. >, p. 26

– la descrizione può essere anche più più ampia della rivendicaizone dipendente: p. 27

– esclusa l’assegnazione in proprietà perchè inibitoria e ritiro dal commercio, disposte, son sufficienti per adeguata tutela, p. 32: questione interessante (in effetti la legge dà discrezionalità al giudice)

– concorrenza sleale ex 2598 n. 3 cc: esclusa per genericità della domanda: < Al riguardo va osservato che l’azione di contraffazione e quella di
concorrenza sleale sono certamente cumulabili, ma nel caso in esame l’azione ex
art. 2598 c.c. deve ritenersi infondata. Parte attrice, infatti, si è limitata a dedurre
tempestivamente solo che la realizzazione e commercializzazione di macchinari in
contraffazione con i diritti di privativa di Projecta integrava l’illecito
concorrenziale. Tale indicazione deve ritenersi troppo generica, non individuando
i fatti costitutivi alla base della domanda di concorrenza sleale
>. Affermazione assai perplessa, dato che la slealtà è in re ipsa dopo accertata la contraffazione. Semmai il problema è che il comando da c.p.i. copre quello emanabile da conc. sleale ex c.c., senza dare nulla in più : ma andava detto e motivato.

– negato il risarcimento del danno patrimoniale ex 125 c.1 cpi: < Nel caso in esame Projecta non ha tempestivamente compiuto alcuna
allegazione, neppure a livello generico, riguardo alla suscettibilità della
contraffazione a determinarle un danno, essendosi limitata – in tutti i tre i giudizio
– a dedurre che la contraffazione aveva per ciò solo procurato un danno, da
ragguagliare al valore complessivo del prodotto in contraffazione. La genericità di
tale allegazione non consente di apprezzare se vi sia stato, anche solo
potenzialmente, un danno, tenuto conto che – come eccepito da parte convenuta
fin dalla comparsa di risposta – Projecta non ha neppure allegato di sfruttare
commercialmente i propri titoli di privativa.
>>

– negato anche il danno non patriminiale sempre ex 125 c. 1 cpi: < L’attrice ha inoltre invocato l’art. 125, I comma, c.p.i. per il risarcimento
del danno non patrimoniale, che la norma in esame riconosce solo “nei casi
appropriati”. Il danno non patrimoniale, dunque, non sussiste in ogni ipotesi di
violazione di diritti di proprietà industriale, ma solo se la reputazione aziendale sia
stata pregiudicata dalla circolazione di prodotti contraffatti. Tale circostanza –
neppure dedotta specificamente dall’attrice – non pare ricorrere nell’ipotesi in
esame e, conseguentemente, la relativa richiesta va respinta.
>. Da segnalare: il d. non patrimoniale coincide con la lesione della reputazione.

– negato il danno, è negata anche la pubblicità alla sentenza: < Projecta ha domandato la pubblicazione della presente sentenza. L’art. 126
c.p.i. consente all’autorità giudiziaria di ordinare che la sentenza di accertamento
della violazione dei diritti di proprietà industriale di pubblicare la sentenza a spese
del soccombente. La pubblicazione della sentenza ha funzione di risarcimento in
forma specifica del danno (cfr. Cass., sez. I, 14.10.2009, n. 21835) e,
conseguentemente, l’infondatezza della domanda risarcitoria non consente di fare
applicazione dell’art. 126 c.p.i
>

Sui rimedi offerti dall’art. 125 c.p.i. in caso di violazione di brevetto, a seguito di sua limitazione ex art. 79 c.p.i.

Trib. Torino 18.05.2021, sent. n. 2464/2021 –  RG 4520/2016, rel. Vitrò, offre interessanti consideraizoni sull’oggetto.

E’ curioso innanzitutto quanto il giudice entri nei dettagli tecnici dell’invenzione.

Poi, è di interesse la limitazione brevettuale operata in corso di causa e la sua efficacia ex tunc, che permette di considerare valido il brevetto, di accertarne dunque la violazione e di impartire i comandi conseguenti , p. 26 (l’istituto della limitazione è esaminato con buon dettaglio).

Quanto all’art. 125 cpi, il Trib. fa presente che il c. 2 (royalty ragionevole) è determinazione minima del danno, p. 28. La formulazione della disposizione non è perspicua ma probabilmente il T. ha ragione.

Il tasso medio di royalty è del 4% , secondo il ctu Ranalli, pp. 30-31. Stranamente non è specificato su cosa si applichi la percentuale: di solito è sul fatturato.

La parte più interessante, infine, è quella sulla retroversione degli utili ex art. 125 c.3 cpi (sub § 3.4).

Due sono i punti più significativi: 1) questione del prodotto multicomponente o complesso e 2) determinazione degli utili  (sul fatturato), oggetto di assegnazione alla vittima.

1) Qui si pone il problema della loro determinazione in caso di prodotto complesso, quando la violazione riguardi solo una componente e non il tutto. Problema poco esaminato da noi ma oggetto di ampio esame nella letteratura statunitense.

Il T. approva l’idea del ctu di scorporare il corrispettivo riferito alla componente in violazione dal resto, p. 34. Il criterio per lo scorporo è mobile , essendo dato dal rapporto tra costo industriale del complessivo e quello della componente in violazione: <<(ii) determinazione per ciascuna fattura di vendita del rapporto tra costo industriale complessivo del compressore e costo industriale complessivo del prodotto complesso, sul presupposto che il coefficiente risultante dal rapporto di tali grandezze sia in grado di esprimere l’incidenza del fatturato riferibile al singolo compressore rispetto a quello del prodotto complesso; >>, p. 34 (non viene però indicata questa percentuale in termini  numerici, con qualche problema sulla sufficienza motivatoria della sentenza).

2) Su fatturato del prodotto in violazione così determinato, bisogna togliere i costi per determinare l’utile: <<Identificato il fatturato, l’utile ricavato dal contraffattore va individuato nella differenza tra il valore del fatturato generato dal prodotto in contraffazione e il totale dei costi incrementali (ossia dei costi variabili direttamente imputabili alla produzione e commercializzazione dei prodotti in contraffazione, con esclusione in linea di principio dei costi generali e commerciali). Generalmente i costi variabili sono quelli che dipendono dall’aumento del produzione (sia diretti: materie prime, lavoro, imballi, trasporto, ecc.; sia indiretti: energia e altri materiai di consumo), senza dunque considerare i costi fissi, le svalutazioni, gli ammortamenti, gli accantonamenti, le componenti finanziarie e straordinarie >>, p. 34-5 (si v. i passi riportati dalla ctu per maggior dettaglio).

Sulla riformulazione processuale delle rivendicazioni brevettuali (art. 79 c. 3 c.p.i.)

Viene data notizia di Trib. Milano 19.11.2019, n° 10593/2019, Rg 24649/2016, rel. Mrangoni, che interviene sull’oggetto:

<<Quanto al tema della riformulazione in ogni stato e grado del giudizio ex art. 79 c.p.i., si tratta di un potere collegato al diritto sostanziale della parte quale dedotto in giudizio, da esercitarsi, infatti,personalmente o mediante procuratore speciale, in quanto esulante dallo ius postulandi (T. Milano,sent. n. 7708/2014; T. Milano, ord. 2/12/2014). Ciò significa che nel momento stesso in cui la parte si avvale del diritto sostanziale di riformulazionedel brevetto, il giudice, di qualunque grado sia (di merito e di legittimità), non può che prenderne atto, essendosi avuta una limitazione dell’oggetto della domanda mediante disposizione del dirittocontroverso. Non è questione di mutatio libelli, ma di disposizione del diritto sostanziale, sempre riconosciuta alla parte, purché esercitata con modalità non abusive e compatibilmente con il principio costituzionale del giusto processo, attesi gli accertamenti peritali che normalmente si rendono indispensabili per la natura tecnica della materia successivamente all’esercizio di tale diritto.

La natura del diritto esercitato implica che la domanda principale e quelle subordinate non debbano neppure essere esaminate, in quanto ormai superate dall’esercizio del suddetto potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privativa industriale (si veda anche la cit. sent. T. Milano 15/9/2012).

Peraltro, non ci si può esimere dal sottolineare come la facoltà di cui all’art. 79 comma terzo CPI, che esplicitamente riconosce lo ius poenitendi sostanziale, non possa essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma debba esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate.

Alla stregua di quanto considerato, l’esercizio del potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privative industriali di cui la convenuta si è avvalsa con le varie istanze di riformulazione, ha comportato la rinuncia ad altre domande, siano esse svolte in via principale o subordinata, circa la validità del medesimo brevetto.

Pertanto l’attenzione va concentrata sui requisiti di validità dell’ultima riformulazione effettuata daparte di ABIOGEN PHARMA s.p.a. in data 24.1.2018 per ciò che attiene in particolare al brevetto IT1318540>>

Tutto giusto, tranne il passo in colore verde. Stando alla lettera dell’art. 79/3 cpi, come è possibile sindacare e censurare l’esecizio del diritto di modifica , dato che è attribuito <in ogni stato e grado del giudizio>? Come si fa a capire quando ricorre una riformulazione abusiva? Parrebbe più coerente sanzionare abusi o strategie ( o anche solo negligenze) ritardatarie non con un rimedio reale ma risarcitorio : tramite spese di lite (ritenendolo naturalmente soccombente, come nel caso de quo)  e/o tramite sanzione ex art. 96 c.3 cpc,  o -in generale- tramite domanda di danno aquiliano generale ex 2043 cc tardivamente proposta ma ciò nonostante da ammettere in causa