Il mancato guadagno nel caso di recesso con preavviso insufficiente: precisazione bolognese

In una complessa lite tra una società della grande distribuzione organizzata e un suo fornitore di frutta, Trib. Bologna sent. n,. 1532/2022 del 10.06.2022, , RG 645/2017, offre un interessante passaggio sull’oggetto

<< 1. Il danno conseguente all’illecito azzeramento degli ordini di pere estere nell’inverno del 2014 può
essere commisurato all’utile netto, che Celox avrebbe ricavato dalla ricezione di un quantitativo di
ordini prossimo a quello degli ordini ricevuti in passato.
A tale fine deve considerarsi che, nel 2013, il fatturato relativo alle pere estere era stato di €
943.046,00.
Assumendo, secondo nozioni di comune esperienza, che l’utile netto possa determinarsi in misura
prossima al 10% del fatturato, il danno può essere calcolato in € 90.000,00 considerato che non vi
erano obblighi minimi di acquisto e che non ogni riduzione degli ordini è da considerarsi illecita, ma
solo il loro azzeramento.
2. Il danno conseguente all’inadeguatezza del preavviso può essere commisurato all’utile netto, che
C. avrebbe ricavato dalla regolare esecuzione del rapporto per il periodo di un anno (termine di
recesso adeguato).
La regolare esecuzione del rapporto avrebbe comportato la ricezione, appunto per un anno, di ordini di
pere, estere e italiane, in linea con quelli dell’anno precedente.
La prestazione offerta dalle convenute consisteva nella prosecuzione dell’attività di acquisto per le sole
pere nazionali e per soli mesi nove.
Il danno imputabile alle convenute può quindi essere determinato nell’utile netto ricavabile dalle pere
estere nel corso di un anno (ancora € 90.000,00) e in un quarto dell’utile annuale ricavabile dalle pere
nazionali.
Per le pere nazionali la mancata percezione dell’utile corrispondente all’intero periodo è infatti dipesa
dalla decisione di Celox di recedere con effetto immediato dal contratto e non da un rifiuto della
prestazione da parte di … [la GDO]
Il fatturato relativo alle pere nazionali è stato, nel 2013, pari a € 1.914.673; un quarto del fatturato è
pari a € 478.668.25; il 10% di un quarto è pari a € 47.866 circa, arrotondabili per difetto a € 40.000,00
in mancanza, come si è detto, dell’obbligo di un minimo di acquisto
>>

Soprende la stima nel 10 per cento dell’utile , qualificata come <nozione di comune esperienza> (fatto notorio, art. 115/2 cpc).

Ci pare errata perchè priva di fondamento. Serviva quindi istruttoria sul punto e, se l’attore non l’avesse dedotta, il giudice avrebbe dovuto rigettare o al massimo condannare solo nell’AN (condanna genrica art. 282 cpc).

Non si pone poi il problema della tassazione di tale credito da sentenza per utili non percepiti e quindi del se e del come il comando giudiziale debba tenerne  conto