La prova del mancato guadagno dell’avvocato colpito da invalidità temporanea

Utili precisazioni da Cass. 1 febbraio 2023 n. 3.018, sez. 6, rel. Iannello, circa il danno subito da un avvocato caduto a terra nel cortile del proprio condominio.

Riporto il pasaggio della corte di appello sul tema in oggetto, che il ricorso in parte qua non è riuscito a scalfire secondo la SC,  che quindi lo rigetta:

<< La Corte d’appello ha confermato il rigetto, per tale parte, della domanda risarcitoria per difetto di prova, sulla base dei seguenti testuali rilievi (v. pagg. 6 – 7 della sentenza):

“La valutazione equitativa è subordinata alla dimostrata esistenza di un danno risarcibile certo e non solo meramente eventuale o ipotetico, ed alla circostanza dell’impossibilità o estrema difficoltà di prova nel suo preciso ammontare.

“Nel caso di specie non vi è alcuna certezza del danno, sia perché il c.t.u. medico legale non ha rilevato un danno alla capacità lavorativa specifica di avvocato, sia perché, seguendo le stesse argomentazioni dell’appellante, la professione forense non è soggetta ad un guadagno quotidiano legato all’apertura o meno dello studio, come potrebbe essere nel caso di un esercizio commerciale, ma è fatta di ricavi e di lavoro spalmati nel tempo.

“Non e’, quindi, improbabile che un avvocato temporaneamente impossibilitato a muoversi, possa rinviare i propri appuntamenti e le proprie cause per motivi di salute, continuando a lavorare da casa per quanto possibile (redazione degli atti, contatti con i propri collaboratori ecc.) evitando, così, di subire decrementi patrimoniali.

“Non e’, quindi, condivisibile l’assunto dell’appellante per cui il danno sarebbe in re ipsa, essendo, comunque, necessaria la dimostrazione, quantomeno generica, della patita contrazione reddituale….

“Nel caso di specie l’appellante avrebbe avuto la possibilità, mediante la produzione delle sue dichiarazioni dei redditi prima e dopo il sinistro, di dare prova di un’eventuale contrazione del proprio reddito, tenuto conto che il sinistro si è verificato nel (Omissis), la causa è iniziata alla fine del 2007 ed il termine per le produzioni documentali scadeva nel 2008.

“Viceversa, lo stesso non ha mai depositato un solo documento di tipo contabile da cui fosse evincibile il richiesto danno patrimoniale, limitandosi a produrre, solo nel presente grado, e quindi in modo tardivo ed inammissibile, la propria dichiarazione dei redditi relativa al solo anno 2005, peraltro inidonea a provare il lamentato decremento.

“In tal modo il Tribunale non solo non ha avuto la prova del danno, ma nemmeno un parametro su cui orientarsi, così che anche una liquidazione in via equitativa risultava impossibile in quanto svincolata da qualsiasi riferimento certo”  >>.

Risarcimento del danno da chiusura dell’attività di impresa per infiltrazioni nell’immobile

Dopo due gradi con esito negativo , l’imprenditore danneggiato da infiltrazoni nei suoi locali tenta il ricorso in Cassazione. Ma gli va ancora male.

Questo il passaggio principale sulla liquidazione equitativa ex art. 1226 cc, svolto da Cass. n. 31.251 del 03.11.2021, rel. Scarpa A.: <<Alla liquidazione del danno il giudice può procedere anche in via equitativa, in forza del potere conferitogli dagli artt. 1226 e 2056 c.c., restando, peraltro, la cosiddetta equità giudiziale correttiva ed integrativa subordinata alla condizione che risulti obiettivamente impossibile o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare e, a un tempo, non comprendendo tale potere giudiziale anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo la liquidazione equitativa già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno subito>>

E poi: <<Ora, i danni derivanti dalla perdita del guadagno di un’attività commerciale per loro stessa natura evidenziano la pratica impossibilità di una precisa dimostrazione (cfr. Cass. Sez. 3, 24/04/1997, n. 3596; Cass. Sez. 1, 13/01/1987 n. 132). Ciò non di meno, spetta all’attore l’onere di fornire elementi, di natura contabile o fiscale, con riguardo, indicativamente, alla consistenza ed alla redditività dell’esercizio commerciale, al fatturato e agli utili realizzati negli anni precedenti, all’incidenza del pagamento del canone e degli oneri connessi alla locazione. Invero, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., non esime la parte interessata  dall’onere di dimostrare non solo l'”an debeatur” del diritto al risarcimento, ove sia stato contestato o non debba ritenersi “in re ipsa”, ma anche ogni elemento di fatto utile alla quantificazione del danno e di cui, nonostante la riconosciuta difficoltà, possa ragionevolmente disporre (cfr. Cass. Sez. 3, 17/10/2016, n. 20889).>>