La responsabilità risarcitoria da illecito concorrenziale (cartello vietato), accertato in capo alla società madre, si estende pure alla società figlia

Nella causa C-882/19, Sumal c. Mercedes, è arrivata la sentenza 06.10.2021 della corte di giustizia , dopo le conclusioni dell’AG (più articolate).

Il danneggiato ha azione anche verso la società figlia: questo il responso.

Questioni pregiudiziali, § 15:

«[1])      Se la dottrina dell’unità economica che deriva dalla giurisprudenza della stessa [Corte] giustifichi l’estensione della responsabilità della società madre alla società figlia oppure se tale dottrina si applichi solo ai fini di estendere la responsabilità delle società figlie alla società madre.

[2])      Se la nozione di unità economica debba essere estesa nell’ambito dei rapporti infragruppo facendo esclusivamente riferimento a fattori relativi al controllo o se possa fondarsi anche su altri criteri, tra cui il fatto che la società figlia abbia potuto trarre beneficio dalle infrazioni.

[3])      Nel caso in cui sia riconosciuta la possibilità di estendere la responsabilità della società madre alla società figlia, quali siano i relativi requisiti.

[4])      Se la risposta alle precedenti questioni fosse favorevole a riconoscere l’estensione alle società figlie della responsabilità delle società madri per le condotte poste in essere da queste ultime, se sia compatibile con tale orientamento [della Corte] una norma nazionale, come l’articolo 71, paragrafo 2, della [legge sulla tutela della concorrenza], che contempla unicamente la possibilità di estendere la responsabilità della società figlia alla società madre, purché sussista una situazione di controllo della società madre sulla società figlia».

Risposta (sulla 2 e 3):

<<48   … un’entità giuridica che non sia indicata in tale decisione come autrice dell’infrazione al diritto della concorrenza può nondimeno essere sanzionata per il comportamento illecito di un’altra persona giuridica allorché tali persone giuridiche facciano tutte e due parte della stessa entità economica e formino così un’impresa, che è l’autrice dell’infrazione ai sensi del citato articolo 101 TFUE (…)

49      Infatti, la Corte ha già dichiarato che il rapporto di solidarietà che unisce i membri di un’unità economica giustifica in particolare l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva nei confronti della società madre sebbene quest’ultima non sia stata oggetto di precedenti procedimenti, che hanno dato luogo a una comunicazione degli addebiti e a una decisione. In una situazione del genere, appare determinante il precedente accertamento di una prima infrazione derivante dal comportamento di una società figlia con la quale detta società madre, coinvolta nella seconda infrazione, formava, già all’epoca della prima infrazione, una sola impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE (…)

50     Di conseguenza, nulla osta, in linea di principio, a che la vittima di una pratica anticoncorrenziale proponga un’azione di risarcimento danni nei confronti di una delle entità giuridiche che costituiscono l’unità economica e, pertanto, dell’impresa che, commettendo una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, abbia causato il danno subito da tale vittima.

51     Pertanto, ..  la vittima di tale infrazione può legittimamente cercare di far valere la responsabilità civile di una società figlia di tale società madre anziché quella della società madre, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 42 della presente sentenza. La responsabilità della società figlia in parola può tuttavia sorgere solo se la vittima prova, sulla base di una decisione adottata in precedenza dalla Commissione in applicazione dell’articolo 101 TFUE, o con qualsiasi altro mezzo, in particolare qualora la Commissione abbia taciuto su tale punto in detta decisione o non sia stata ancora chiamata ad adottare una decisione, che, tenuto conto, da un lato, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici di cui ai punti 43 e 47 della presente sentenza e, dall’altro, dell’esistenza di un legame concreto tra l’attività economica di tale società figlia e l’oggetto dell’infrazione di cui la società madre è ritenuta responsabile, la suddetta società figlia costituiva un’unità economica con la sua società madre.

52     Dalle considerazioni che precedono risulta che una siffatta azione di risarcimento danni proposta nei confronti di una società figlia presuppone che il ricorrente provi (…) i vincoli che uniscono tali società menzionati al punto precedente di quest’ultima, nonché il legame concreto, di cui al medesimo punto, tra l’attività economica di tale società figlia e l’oggetto dell’infrazione di cui la società madre è stata ritenuta responsabile. Pertanto, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la vittima dovrebbe dimostrare, in linea di principio, che l’accordo anticoncorrenziale concluso dalla società madre per il quale essa è stata condannata riguarda gli stessi prodotti commercializzati dalla società figlia. Così facendo, la vittima dimostra che è proprio l’unità economica cui appartiene la società figlia, insieme alla sua società madre, che costituisce l’impresa che ha effettivamente commesso l’infrazione previamente accertata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, conformemente alla concezione funzionale della nozione di «impresa» accolta al punto 46 della presente sentenza.

53   (…)  54    A questo proposito, detta società figlia deve poter confutare la sua responsabilità per il danno lamentato, in particolare facendo valere qualsiasi motivo che avrebbe potuto dedurre se fosse stata coinvolta nel procedimento avviato dalla Commissione nei confronti della sua società madre, che ha portato all’adozione di una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un comportamento illecito contrario all’articolo 101 TFUE (public enforcement).

55   Tuttavia, per quanto riguarda la situazione in cui un’azione di risarcimento danni si basa sulla constatazione, da parte della Commissione, di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in una decisione rivolta alla società madre della società figlia convenuta, quest’ultima non può contestare, dinanzi al giudice nazionale, l’esistenza dell’infrazione così accertata dalla Commissione. Infatti, l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede, segnatamente, che quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione>>.

Sulla imputabilità alla controllata dell’illecito antitrust commesso dalla controllante : si pronuncia l’AG

L’avvocato generale Pitruzzella (AG)  nella causa C-882/19 Sumal contro Mercedes Benz Trucks Espana, ha presentato il 15 aprile 2021 le sue conclusioni .

La Commissione nel 2016 aveva accertato accordi collusivi tra i principali produttori di autocarri , tra cui Daimler.

Un acquirente di autocarri spagnolo cita in causa la controllata spagnola di Daimler, appunto Mercedes Benz Trucks Espana, per sovrapprezzo anticoncorrenziale, chiedendo il risarcimento dei danni

Essendo il cartello stato accertato nei confronti della capogruppo/controllante e non della controllata, quest’ultima eccepisce subito il difetto di legittimazione passiva

L’AG , a conclusione di un articolato ragionanento, ritiene che la controllata abbia legittimazione passiva per la domanda risarcitoria di danni cagionati dalla controllante.

Egli ricorda la centralità del concetto di impresa come unità economica nel diritto antitrust europeo . Ricorda che <<  La teoria dell’«unità economica» è stata elaborata intorno agli anni ’70 e utilizzata dalla Corte sia per escludere dall’ambito di applicazione del divieto di cui all’attuale articolo 101 TFUE gli accordi infragruppo (16), sia per imputare, all’interno di un gruppo di società, il comportamento anticoncorrenziale di un’affiliata alla capogruppo, inizialmente in situazioni in cui veniva eccepita l’incompetenza della Commissione a sanzionare quest’ultima, non avendo essa agito direttamente all’interno della Comunità>>, § 27.

(a ciò si può aggiungere qualche altra finalità, ad esempio la determinazione del fatturato ai fini delle sanzioni).

Le ragioni di questa estensione di responsabilità “ascendente” (dalla controllata alla controllante), possono essere due: o l’esercizio di influenza determinante, § 34, o l’esistenza stessa (in sè, potremmo dire) di un’unità economica, § 35: <<per altro verso, nella giurisprudenza si ritrovano altresì diversi elementi che militano nel senso di ritenere che sia l’esistenza stessa di un’unità economica a determinare la responsabilità della società madre per i comportamenti anticoncorrenziali della controllata. La Corte ha più volte sottolineato che la formale separazione tra due entità, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non esclude l’unità del loro comportamento sul mercato (34) e, pertanto, che esse costituiscano un’unità economica, vale a dire un’unica impresa, ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza. Sebbene la nozione funzionale di impresa non richieda che l’unità economica sia essa stessa dotata di personalità giuridica (35), la giurisprudenza le riconosce tuttavia una sorta di soggettività distinta e autonoma rispetto a quella delle entità che la costituiscono, che si sovrappone alla personalità giuridica di cui siano eventualmente dotate tali entità. Così, a partire dalla sentenza Akzo, la Corte non ha esitato a definire l’unità economica come un «ente» capace di violare le regole di concorrenza e di «rispondere di tale infrazione» (36). Nella prospettiva appena descritta, il fattore decisivo ai fini dell’imputazione della responsabilità della società madre per il comportamento anticoncorrenziale della controllata sarebbe dunque la loro condotta unitaria sul mercato (37), che connette insieme in un’unica unità economica più entità giuridicamente indipendenti.>> p. 35

La seconda ragione non è molto chiara e dunque condivisibile: sembra una tautologia e non mostra l’iter  logico seguito per arrivare alla conclusione

Comunque l’AG ammette che con la prima ragione non si potrebbe estendere la responsabilità al caso opposto (quello de quo) e cioè a quello della responsabilità discendente; mentre con la seconda ragione ciò è possibile, §§ 37-38

Come detto , la preferenza dell’AG cade sulla seconda ragione , §§ 40 e 44-45.

Il nucleo centrale del ragionamento è al paragrafo 46 dov’è vuole spiegare come si concilia questa regola con il principio di responsabilità personale: <<Poiché tale fondamento è del tutto indipendente da una qualche colpa della società madre (54), l’unico modo per conciliarlo con il principio della responsabilità personale è ritenere che tale principio operi a livello dell’impresa nel senso del diritto della concorrenza, ovvero a livello dell’entità economica che ha colpevolmente commesso l’infrazione (55). Tale entità, in quanto soggetto economico che agisce unitariamente sul mercato, è responsabile perché una delle sue componenti ha agito in modo da violare le regole sulla tutela della concorrenza (56). Tuttavia, non essendo tale entità dotata di soggettività giuridica, l’infrazione alle regole di concorrenza va imputata a una o, congiuntamente, a più entità alle quali potranno essere inflitte ammende (57). In effetti, benché le norme di concorrenza dell’Unione si rivolgano alle imprese e siano ad esse immediatamente applicabili, indipendentemente dalla loro organizzazione e forma giuridica, risulta tuttavia dalla necessaria effettività dell’attuazione di tali norme che la decisione della Commissione volta a reprimerne e a sanzionarne la violazione debba essere indirizzata a soggetti‑persona nei cui confronti sia possibile agire a fini esecutivi per ottenere il pagamento della relativa ammenda >>.

Il ragionamento non è molto lineare. Giuridicamente ritenere responsabile un’ <<entità economica>> (come un gruppo)  che non sia entità giuridica è un po’ problematico: soprattutto quando la conseguenza si basa sul solo fatto che una delle sue componenti  ha violato le regole dell’agire giudicico. Il superamento della personalità giuridica deve avere alla base una ragione molto forte e cioè giuridicamente dotata di senso, come ad esempio l’abuso della personalità giuridica.

in breve dice l’AG che i passi logici da compiere sono tre : <<49.  Il primo passo è l’accertamento dell’influenza determinante della società madre sulle controllate. Il secondo consequenziale passaggio è l’individuazione di una singola unità economica. L’influenza determinante è condizione necessaria affinché ci sia un’unità economica, cioè un’unica impresa in senso funzionale.

  1.     A questi due passaggi ne segue un terzo: l’attribuzione degli obblighi relativi al rispetto delle regole sulla concorrenza e della responsabilità per averle colpevolmente violate all’impresa unitaria così individuata, risultante da più soggetti giuridici distinti.
  1.     L’ultimo passaggio consiste nella concreta allocazione della responsabilità per l’infrazione commessa dall’impresa alle singole entità che la compongono, le quali, essendo munite di personalità giuridica, possono essere centro di imputazione di tale responsabilità e sopportarne le relative conseguenze in termini finanziari.
  1.     In questo modello ricostruttivo dell’unità economica non ci sono ragioni logiche per escludere che l’allocazione della responsabilità possa operare non solo in senso «ascendente» (dalla controllata alla società madre), ma anche in senso «discendente» (dalla società madre alla controllata).>>

Da ultimo l’AG indica le condizioni affinché la controllata risponda della condotta illecita della controllante: <<è, inoltre, necessario che tali controllate abbiano preso parte all’attività economica dell’impresa diretta dalla società madre che ha materialmente commesso l’infrazione.>> ,§ 56

In altri termini <<nel caso di responsabilità ascendente [responsabilità della madre per condotta delal figlia], in cui le controllate adottano un comportamento anticoncorrenziale nel quadro generale del potere di influenza della società madre, tale potere è sufficiente sia a individuare un’unità economica sia a fondare la responsabilità congiunta della società madre. Nel caso inverso, di responsabilità discendente [responsabilità della figlia per condotta della madre: come nel caso de quo], in cui è la società madre a commettere l’infrazione, l’unitarietà dell’attività economica risulterà – oltre che dall’influenza determinante esercitata dalla prima – dal fatto che l’attività della controllata è, in qualche modo, necessaria alla realizzazione della condotta anticoncorrenziale (per esempio perché la filiale vende i beni oggetto del cartello) (70). Poiché la nozione funzionale d’impresa in quanto unità economica attiene al concreto atteggiarsi di più entità giuridiche sul mercato, i suoi esatti confini vanno delineati proprio con riferimento alle attività economiche che tali entità svolgono e al ruolo che esse rivestono all’interno del gruppo societario: da un lato, l’influenza determinante esercitata dalla società madre, dall’altro, l’attività della o delle controllate oggettivamente necessaria a concretizzare la pratica anticoncorrenziale>> § 57

Nella sezione 5 l’AG affronta il tema della estendibilità di questo ragionamento, nato nella nel settore del Public enforcement e(erogazione di sanzioni), al private enforcement e cioè al risarcimento dei danni. Afferma questa estendibilità, § 66.

Il giudizio si può condividere astrattamente: non c’è motivo per differenziare.

Il problema tecnico giuridico è nu altro: che il diritto al risarcimento dei danni in generale in tutta la tort law europea è di competenza nazionale, non europea. Anche qui allora -come altrove: proprietà intellettjuale- c’è la dicotomia tra un settore appunto di competenza europea e le misure rimediali di competenza nazionale

Sul punto l’AG ricorda il precedente Skanska del 2019 secondo cui la legittimazione passiva alla domanda risarcitoria è di competenza Europea.

Si tratta forse della questione più complessa, attenendo al riparto normativo tra due ordinamenti Nazionale ed europeo: da un lato, lasciare il contenuto delle misure rimediali in toto ai diritti nazionali pregiudica l’uniforme applicazione del diritto europeo armonizzato; dall’altro e all’opposto, imporne una lettura europea significa vanificare la cometenza normativa nazionale.