Not every network is a monopoly: sulla concorrenza nei mercati online

dal saggio di uno dei maestri dell’antitrust (che si sta occupando molto dei mercati online)  Hovenkamp Herbert, Gatekeeper Competition Policy (February 4, 2023), intorno alla proposta di legge USA c.d. the American Innovation and Choice Online Act (AICOA)

<<While more studies need to be done, there is little reason today
for thinking that the exercise of market power is more common or
more harmful on online markets than on traditional markets.34 Internet
and traditional markets exhibit differing degrees of competition
depending on the product, including some monopoly. 35 Online firms
are more likely to be networked, and networking can be a source of
market power,36 but it can also result in better products, reduced costs,
or broader access.
Clearly networking can be a source of power because
networked markets appeal to a wider group of customers and can also
have lower costs. In addition to that are direct and indirect network
effects that can make networks appealing.
Not every network is a monopoly, however. Another
phenomenon that the internet facilitates is product differentiation, or
the assembly of different packages of products and other offerings.
For example, Facebook, Instagram, Twitter, LinkedIn, TikTok,
Reddit, and others are all social networking sites that are subject to
both direct and indirect network effects. Within a site, they become
more valuable as the number of users increases. They are not natural
monopolies or winner-take-all platforms, however, because of product
differentiation. The same thing can be said of countless newspapers
and other periodicals and dating sites, virtually all of which operate
mainly or exclusively online. (….)

With these realities, the best approach for antitrust policy is
some expansion of duties to deal that take network operational
obligations more seriously. But these rules should apply to every firm
that has substantial market power in a particular networked product or
service, not to a subset that is identified by absolute firm size, and then
without regard to power in a particular product. That approach is both
underinclusive as to firms and overinclusive as to products>>, pp. 10-12.

La responsabilità risarcitoria da illecito concorrenziale (cartello vietato), accertato in capo alla società madre, si estende pure alla società figlia

Nella causa C-882/19, Sumal c. Mercedes, è arrivata la sentenza 06.10.2021 della corte di giustizia , dopo le conclusioni dell’AG (più articolate).

Il danneggiato ha azione anche verso la società figlia: questo il responso.

Questioni pregiudiziali, § 15:

«[1])      Se la dottrina dell’unità economica che deriva dalla giurisprudenza della stessa [Corte] giustifichi l’estensione della responsabilità della società madre alla società figlia oppure se tale dottrina si applichi solo ai fini di estendere la responsabilità delle società figlie alla società madre.

[2])      Se la nozione di unità economica debba essere estesa nell’ambito dei rapporti infragruppo facendo esclusivamente riferimento a fattori relativi al controllo o se possa fondarsi anche su altri criteri, tra cui il fatto che la società figlia abbia potuto trarre beneficio dalle infrazioni.

[3])      Nel caso in cui sia riconosciuta la possibilità di estendere la responsabilità della società madre alla società figlia, quali siano i relativi requisiti.

[4])      Se la risposta alle precedenti questioni fosse favorevole a riconoscere l’estensione alle società figlie della responsabilità delle società madri per le condotte poste in essere da queste ultime, se sia compatibile con tale orientamento [della Corte] una norma nazionale, come l’articolo 71, paragrafo 2, della [legge sulla tutela della concorrenza], che contempla unicamente la possibilità di estendere la responsabilità della società figlia alla società madre, purché sussista una situazione di controllo della società madre sulla società figlia».

Risposta (sulla 2 e 3):

<<48   … un’entità giuridica che non sia indicata in tale decisione come autrice dell’infrazione al diritto della concorrenza può nondimeno essere sanzionata per il comportamento illecito di un’altra persona giuridica allorché tali persone giuridiche facciano tutte e due parte della stessa entità economica e formino così un’impresa, che è l’autrice dell’infrazione ai sensi del citato articolo 101 TFUE (…)

49      Infatti, la Corte ha già dichiarato che il rapporto di solidarietà che unisce i membri di un’unità economica giustifica in particolare l’applicazione della circostanza aggravante della recidiva nei confronti della società madre sebbene quest’ultima non sia stata oggetto di precedenti procedimenti, che hanno dato luogo a una comunicazione degli addebiti e a una decisione. In una situazione del genere, appare determinante il precedente accertamento di una prima infrazione derivante dal comportamento di una società figlia con la quale detta società madre, coinvolta nella seconda infrazione, formava, già all’epoca della prima infrazione, una sola impresa ai sensi dell’articolo 101 TFUE (…)

50     Di conseguenza, nulla osta, in linea di principio, a che la vittima di una pratica anticoncorrenziale proponga un’azione di risarcimento danni nei confronti di una delle entità giuridiche che costituiscono l’unità economica e, pertanto, dell’impresa che, commettendo una violazione dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, abbia causato il danno subito da tale vittima.

51     Pertanto, ..  la vittima di tale infrazione può legittimamente cercare di far valere la responsabilità civile di una società figlia di tale società madre anziché quella della società madre, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 42 della presente sentenza. La responsabilità della società figlia in parola può tuttavia sorgere solo se la vittima prova, sulla base di una decisione adottata in precedenza dalla Commissione in applicazione dell’articolo 101 TFUE, o con qualsiasi altro mezzo, in particolare qualora la Commissione abbia taciuto su tale punto in detta decisione o non sia stata ancora chiamata ad adottare una decisione, che, tenuto conto, da un lato, dei vincoli economici, organizzativi e giuridici di cui ai punti 43 e 47 della presente sentenza e, dall’altro, dell’esistenza di un legame concreto tra l’attività economica di tale società figlia e l’oggetto dell’infrazione di cui la società madre è ritenuta responsabile, la suddetta società figlia costituiva un’unità economica con la sua società madre.

52     Dalle considerazioni che precedono risulta che una siffatta azione di risarcimento danni proposta nei confronti di una società figlia presuppone che il ricorrente provi (…) i vincoli che uniscono tali società menzionati al punto precedente di quest’ultima, nonché il legame concreto, di cui al medesimo punto, tra l’attività economica di tale società figlia e l’oggetto dell’infrazione di cui la società madre è stata ritenuta responsabile. Pertanto, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la vittima dovrebbe dimostrare, in linea di principio, che l’accordo anticoncorrenziale concluso dalla società madre per il quale essa è stata condannata riguarda gli stessi prodotti commercializzati dalla società figlia. Così facendo, la vittima dimostra che è proprio l’unità economica cui appartiene la società figlia, insieme alla sua società madre, che costituisce l’impresa che ha effettivamente commesso l’infrazione previamente accertata dalla Commissione ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, TFUE, conformemente alla concezione funzionale della nozione di «impresa» accolta al punto 46 della presente sentenza.

53   (…)  54    A questo proposito, detta società figlia deve poter confutare la sua responsabilità per il danno lamentato, in particolare facendo valere qualsiasi motivo che avrebbe potuto dedurre se fosse stata coinvolta nel procedimento avviato dalla Commissione nei confronti della sua società madre, che ha portato all’adozione di una decisione della Commissione che constata l’esistenza di un comportamento illecito contrario all’articolo 101 TFUE (public enforcement).

55   Tuttavia, per quanto riguarda la situazione in cui un’azione di risarcimento danni si basa sulla constatazione, da parte della Commissione, di un’infrazione all’articolo 101, paragrafo 1, TFUE in una decisione rivolta alla società madre della società figlia convenuta, quest’ultima non può contestare, dinanzi al giudice nazionale, l’esistenza dell’infrazione così accertata dalla Commissione. Infatti, l’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 1/2003 prevede, segnatamente, che quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni o pratiche rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 101 TFUE che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione>>.

Rigettata (per ora) la domanda antitrust della FTC statunitense contro Facebook

Leggo in post odierno del prof. Hovenkamp su promarket.org che sono state rigettate le domande giudiziali della FTC Federal Trade Commission  e degli Attorney General statali separatamente presentate contro Faceook: v. sentenze 28 giugno 2021 reperibili qui e rispettivamente qui (link forniti dal cit. post dell’illustre studioso).

La censura si appunta sulla misurazione del market share:

<<Even accepting that merely alleging market share “in excess of 60%” might sometimes be acceptable, it cannot suffice in this context, where Plaintiff does not even allege what it is measuring. Indeed, in its Opposition the FTC expressly contends that it need not “specify which . . . metrics . . . [or] ‘method’ [it] used to calculate Facebook’s [market] share.” FTC Opp. at 18.  In a case involving a more typical goods market, perhaps the Court might be able to reasonably infer how Plaintiff arrived at its calculations e.g., by proportion of total revenue or of units  sold. See U.S. Dep’t of Justice & FTC, Horizontal Merger Guidelines § 5.2 (2010) (suggesting these to be the typical methods). As the above marketdefinition analysis underscores, however, the market at issue here is unusual in a number of ways, including that the products therein are not sold for a price, meaning that PSN services earn no direct revenue from users. The Court is thus unable to understand exactly what the agency’s 60%plus figure is even referring to, let alone able to infer the underlying facts that might substantiate it.  

Rather than undergirding any inference of market power, Plaintiff’s allegations make it even less clear what the agency might be measuring. The overall revenues earned by PSN services cannot be the right metric for measuring market share here, as those revenues are all earned in a separate market viz., the market for advertising. See Redacted Compl., ¶ 164; see also, e.g., id., ¶ 101 (noting that prior to its acquisition, in addition to competing in the PSN services market, “Instagram also planned and expected to be an important advertising competitor” to Facebook). Percent of “daily users [or] monthly users” of PSN services metrics the Complaint mentions offhandedly, see Redacted Compl., ¶¶ 3, 97 are not much better, as they might significantly overstate or understate any one firm’s market share depending on the various proportions of users who have accounts on multiple services, not to mention how  often users visit each service and for how long>> (v. a p. 28-29).

Ottimista (dal punto di vista della FTC) ciò nonostante  è il post 19 luglio del prof. Newman su promarket.org.

Risarcimento del danno antitrust da intesa vietata in base alla nuova normativa (d. lgs. 3 del 2017)

Trib. Napoli 06.07.2021, n. 6319/2021, RG 4754/2019, affronta il tema in oggetto toccando più punti, interssanti sia in pratica che in teoria.

Si tratta forse del primo provvedimento sull’oggetto, come ritiene pure il Tribunale, p. 8

la richeista danni derivava dall’acquisto a prezzo sovracompetitivo di un autocarro da un distributgore di una nota casa  europea, partecupe di un’intesa collusiva accertata dalla Commissione UE nel 2016.

Ricordo alcuni punti:

1 – prescrizione: decore da quanto l’istruttoria ammkinistrativa si  èconclusa <<L’eccezione di prescrizione, ad avviso del Tribunale, non è fondata. Essa trascura il fatto che solo nel 2016, con la definizione della procedura attraverso il suo concordato esito (settlement), si è potuto avere contezza dell’ingiustizia del danno (che è requisito fondamentale senza il quale non può radicarsi alcun diritto risarcitorio) e, pertanto, solo da tale data, deve ritenersi che l’attrice abbia avuto piena contezza dell’illecito in questione. Giova, inoltre, evidenziare che, negli stessi resoconti di stampa depositati dalla convenuta, si riporta l’originario comunicato della Commissione che afferma che l’inizio dell’indagine non significa necessariamente che le imprese siano “colpevoli”.>>

2 – il settlment  tra Commissione a imprese indagate: è equiparabile alla sanzione quanto ad accertamento dell’illecito: <<Non pare, però al Collegio, che dall’esito negoziale della vicenda sanzionatoria possano discendere le conseguenze auspicate dalla convenuta. Invero, il settlement è strumento assurto a dignità di normazione europea (art. 10 bis Regolamento CE 773/2004, come modificato dal Reg.622/2008, già in precedenza ricordato) e costituisce un esito transattivo della controversia connotato dall’accettazione completa, da parte dei soggetti colpiti da procedura di accertamento di illecito anticoncorrenziale, dell’esistenza di questo e della ritenuta sua efficacia lesiva della concorrenza. Da questo punto di vista, il settlementcostituisce uno strumento agile, un modo alternativo di risoluzione delle dispute, che vede la partecipazione delle società incolpate in colloqui e trattive prolungate (come successo nel caso di specie e come è dato leggere nel relativo provvedimento della Commissione europea in atti) e con conseguente accettazione delle sanzioni pecuniarie proposte.>>.

Qui il trib. è impreciso, a rigore: nella transazione -in sensocivilistico e secondo la concezione nazionale- non esiste alcun accertamento/riconoscimento dei diritti pregressi e solo si pattuisce sul futuro.

E poi: <<Va quindi concluso che la intesa sanzionata che costituisce prova della esistenza di una condotta violativa delle regola della concorrenza comporta la presunzione del trasferimento dei danni da sovraprezzo da monte a valle con fondatezza della domanda attorea, perché manca la prova contraria cui era onerata la parte convenuta che si è limitata, nella subordinata, a sostenere che la parte attrice non avrebbe comunque diritto al rimborso dell’intero sovrapprezzo sostenuto per l’acquisto dell’autocarro per cui è causa, ma solo di una parte dello stesso cioè di quella parte calcolata al netto di quanto già risparmiato in termini di imposte e nulla più>>, p. 15.

3 – c’è legittimazione ade agire dell’acquirente indiretto, p. 12.

4 –  è illecito di natura aquiliana, p. 14

5 – quantificazione: il sopvraprezzo costituente danno era stato stimato nel 20 % dall’attore (forse sulla base di precedenti giudiziali o amministrativi), ma stabilito nel 15 per cento in via equitativa dal Trib.

Sulla imputabilità alla controllata dell’illecito antitrust commesso dalla controllante : si pronuncia l’AG

L’avvocato generale Pitruzzella (AG)  nella causa C-882/19 Sumal contro Mercedes Benz Trucks Espana, ha presentato il 15 aprile 2021 le sue conclusioni .

La Commissione nel 2016 aveva accertato accordi collusivi tra i principali produttori di autocarri , tra cui Daimler.

Un acquirente di autocarri spagnolo cita in causa la controllata spagnola di Daimler, appunto Mercedes Benz Trucks Espana, per sovrapprezzo anticoncorrenziale, chiedendo il risarcimento dei danni

Essendo il cartello stato accertato nei confronti della capogruppo/controllante e non della controllata, quest’ultima eccepisce subito il difetto di legittimazione passiva

L’AG , a conclusione di un articolato ragionanento, ritiene che la controllata abbia legittimazione passiva per la domanda risarcitoria di danni cagionati dalla controllante.

Egli ricorda la centralità del concetto di impresa come unità economica nel diritto antitrust europeo . Ricorda che <<  La teoria dell’«unità economica» è stata elaborata intorno agli anni ’70 e utilizzata dalla Corte sia per escludere dall’ambito di applicazione del divieto di cui all’attuale articolo 101 TFUE gli accordi infragruppo (16), sia per imputare, all’interno di un gruppo di società, il comportamento anticoncorrenziale di un’affiliata alla capogruppo, inizialmente in situazioni in cui veniva eccepita l’incompetenza della Commissione a sanzionare quest’ultima, non avendo essa agito direttamente all’interno della Comunità>>, § 27.

(a ciò si può aggiungere qualche altra finalità, ad esempio la determinazione del fatturato ai fini delle sanzioni).

Le ragioni di questa estensione di responsabilità “ascendente” (dalla controllata alla controllante), possono essere due: o l’esercizio di influenza determinante, § 34, o l’esistenza stessa (in sè, potremmo dire) di un’unità economica, § 35: <<per altro verso, nella giurisprudenza si ritrovano altresì diversi elementi che militano nel senso di ritenere che sia l’esistenza stessa di un’unità economica a determinare la responsabilità della società madre per i comportamenti anticoncorrenziali della controllata. La Corte ha più volte sottolineato che la formale separazione tra due entità, conseguente alla loro personalità giuridica distinta, non esclude l’unità del loro comportamento sul mercato (34) e, pertanto, che esse costituiscano un’unità economica, vale a dire un’unica impresa, ai fini dell’applicazione delle norme sulla concorrenza. Sebbene la nozione funzionale di impresa non richieda che l’unità economica sia essa stessa dotata di personalità giuridica (35), la giurisprudenza le riconosce tuttavia una sorta di soggettività distinta e autonoma rispetto a quella delle entità che la costituiscono, che si sovrappone alla personalità giuridica di cui siano eventualmente dotate tali entità. Così, a partire dalla sentenza Akzo, la Corte non ha esitato a definire l’unità economica come un «ente» capace di violare le regole di concorrenza e di «rispondere di tale infrazione» (36). Nella prospettiva appena descritta, il fattore decisivo ai fini dell’imputazione della responsabilità della società madre per il comportamento anticoncorrenziale della controllata sarebbe dunque la loro condotta unitaria sul mercato (37), che connette insieme in un’unica unità economica più entità giuridicamente indipendenti.>> p. 35

La seconda ragione non è molto chiara e dunque condivisibile: sembra una tautologia e non mostra l’iter  logico seguito per arrivare alla conclusione

Comunque l’AG ammette che con la prima ragione non si potrebbe estendere la responsabilità al caso opposto (quello de quo) e cioè a quello della responsabilità discendente; mentre con la seconda ragione ciò è possibile, §§ 37-38

Come detto , la preferenza dell’AG cade sulla seconda ragione , §§ 40 e 44-45.

Il nucleo centrale del ragionamento è al paragrafo 46 dov’è vuole spiegare come si concilia questa regola con il principio di responsabilità personale: <<Poiché tale fondamento è del tutto indipendente da una qualche colpa della società madre (54), l’unico modo per conciliarlo con il principio della responsabilità personale è ritenere che tale principio operi a livello dell’impresa nel senso del diritto della concorrenza, ovvero a livello dell’entità economica che ha colpevolmente commesso l’infrazione (55). Tale entità, in quanto soggetto economico che agisce unitariamente sul mercato, è responsabile perché una delle sue componenti ha agito in modo da violare le regole sulla tutela della concorrenza (56). Tuttavia, non essendo tale entità dotata di soggettività giuridica, l’infrazione alle regole di concorrenza va imputata a una o, congiuntamente, a più entità alle quali potranno essere inflitte ammende (57). In effetti, benché le norme di concorrenza dell’Unione si rivolgano alle imprese e siano ad esse immediatamente applicabili, indipendentemente dalla loro organizzazione e forma giuridica, risulta tuttavia dalla necessaria effettività dell’attuazione di tali norme che la decisione della Commissione volta a reprimerne e a sanzionarne la violazione debba essere indirizzata a soggetti‑persona nei cui confronti sia possibile agire a fini esecutivi per ottenere il pagamento della relativa ammenda >>.

Il ragionamento non è molto lineare. Giuridicamente ritenere responsabile un’ <<entità economica>> (come un gruppo)  che non sia entità giuridica è un po’ problematico: soprattutto quando la conseguenza si basa sul solo fatto che una delle sue componenti  ha violato le regole dell’agire giudicico. Il superamento della personalità giuridica deve avere alla base una ragione molto forte e cioè giuridicamente dotata di senso, come ad esempio l’abuso della personalità giuridica.

in breve dice l’AG che i passi logici da compiere sono tre : <<49.  Il primo passo è l’accertamento dell’influenza determinante della società madre sulle controllate. Il secondo consequenziale passaggio è l’individuazione di una singola unità economica. L’influenza determinante è condizione necessaria affinché ci sia un’unità economica, cioè un’unica impresa in senso funzionale.

  1.     A questi due passaggi ne segue un terzo: l’attribuzione degli obblighi relativi al rispetto delle regole sulla concorrenza e della responsabilità per averle colpevolmente violate all’impresa unitaria così individuata, risultante da più soggetti giuridici distinti.
  1.     L’ultimo passaggio consiste nella concreta allocazione della responsabilità per l’infrazione commessa dall’impresa alle singole entità che la compongono, le quali, essendo munite di personalità giuridica, possono essere centro di imputazione di tale responsabilità e sopportarne le relative conseguenze in termini finanziari.
  1.     In questo modello ricostruttivo dell’unità economica non ci sono ragioni logiche per escludere che l’allocazione della responsabilità possa operare non solo in senso «ascendente» (dalla controllata alla società madre), ma anche in senso «discendente» (dalla società madre alla controllata).>>

Da ultimo l’AG indica le condizioni affinché la controllata risponda della condotta illecita della controllante: <<è, inoltre, necessario che tali controllate abbiano preso parte all’attività economica dell’impresa diretta dalla società madre che ha materialmente commesso l’infrazione.>> ,§ 56

In altri termini <<nel caso di responsabilità ascendente [responsabilità della madre per condotta delal figlia], in cui le controllate adottano un comportamento anticoncorrenziale nel quadro generale del potere di influenza della società madre, tale potere è sufficiente sia a individuare un’unità economica sia a fondare la responsabilità congiunta della società madre. Nel caso inverso, di responsabilità discendente [responsabilità della figlia per condotta della madre: come nel caso de quo], in cui è la società madre a commettere l’infrazione, l’unitarietà dell’attività economica risulterà – oltre che dall’influenza determinante esercitata dalla prima – dal fatto che l’attività della controllata è, in qualche modo, necessaria alla realizzazione della condotta anticoncorrenziale (per esempio perché la filiale vende i beni oggetto del cartello) (70). Poiché la nozione funzionale d’impresa in quanto unità economica attiene al concreto atteggiarsi di più entità giuridiche sul mercato, i suoi esatti confini vanno delineati proprio con riferimento alle attività economiche che tali entità svolgono e al ruolo che esse rivestono all’interno del gruppo societario: da un lato, l’influenza determinante esercitata dalla società madre, dall’altro, l’attività della o delle controllate oggettivamente necessaria a concretizzare la pratica anticoncorrenziale>> § 57

Nella sezione 5 l’AG affronta il tema della estendibilità di questo ragionamento, nato nella nel settore del Public enforcement e(erogazione di sanzioni), al private enforcement e cioè al risarcimento dei danni. Afferma questa estendibilità, § 66.

Il giudizio si può condividere astrattamente: non c’è motivo per differenziare.

Il problema tecnico giuridico è nu altro: che il diritto al risarcimento dei danni in generale in tutta la tort law europea è di competenza nazionale, non europea. Anche qui allora -come altrove: proprietà intellettjuale- c’è la dicotomia tra un settore appunto di competenza europea e le misure rimediali di competenza nazionale

Sul punto l’AG ricorda il precedente Skanska del 2019 secondo cui la legittimazione passiva alla domanda risarcitoria è di competenza Europea.

Si tratta forse della questione più complessa, attenendo al riparto normativo tra due ordinamenti Nazionale ed europeo: da un lato, lasciare il contenuto delle misure rimediali in toto ai diritti nazionali pregiudica l’uniforme applicazione del diritto europeo armonizzato; dall’altro e all’opposto, imporne una lettura europea significa vanificare la cometenza normativa nazionale.

Intelligenza artificiale, riduzione della competitività e danno ai consumatori: un paper approfondito dell’autorità britannica

L’autorità britannica per la concorrenza  fa uscire un paper introduttivo  al tema in oggetto, aprendo alle consultazioni. Si tratta di Algorithms: How they can reduce competition and harm consumers, 19.01.2021, della Competition and Markets Authority (CMA).

Il paper è approfondito e interessante: affronta un tema non nuovo ma finora poco studiato (lo dice lo stessa CMA).

Si affrontano i danni possibilmente derivanti dalla personalizzazione sia tramite prezzi (personalized pricing) sia tramite altre modalità.

I prezzi personalizzati possono talora essere benefici. Talatra però <<personalised pricing could lead to consumer harm. The conditions under which competition authorities might be concerned about personalised pricing are outlined in an OFT economics paper in 2013, and include where there is insufficient competition (i.e. monopolist price discrimination), where personalised pricing is particularly complex or lacking transparency to consumers and/or where it is very costly for firms to implement . In addition, personalised pricing could harm overall economic efficiency if it causes consumers to lose trust in online markets. It could also be harmful for economic efficiency when personalised pricing increases search and transaction costs, such as consumers needing to shop around or take significant or costly steps to avoid being charged a premium>> (p. ; v. poi il § Complex and opaque pricing techniques).

Quanto ai danni da personalizzazione non su prezzo: Personalised rankings, Recommendation and filtering algorithms, Manipulating user journeys, Algorithmic discrimination (qui ci sono invero già moltssimi scritti teorici, ma poco attenti ai riscontri paratici), Geographic targeting, Unfair ranking and design, Preferencing others for commercial advantage, dark patterns (nascondono ciò che l’utente sta per accettare), etc.

C’è poi una sezione sulle pratiche escludenti (self preferencing -noti sono gli addebiti al marketplace di Amazon-, Manipulating platform algorithms and unintended exclusion, Predatory pricing).

Altra sezione è quella sull’algorithmic collusion : Facilitate explicit coordination, Hub-and-spoke , Autonomous tacit collusion.

Il senso pratico dei britannici emerge nella sezione 3, Techniques to investigate these harms (distinguendo tra ipotesi con accesso diretto ai dati e agli algoritmi e senza accesso direto)

Infine, sez. 4, considerazioni di policy. C’è un seria ragione per intervenire :

  • The opacity of algorithmic systems and the lack of operational transparency make it hard for consumers and customers to effectively discipline firms. Many of the practices we have outlined regarding online choice architecture are likely to become more subtle and challenging to detect.
  • Some of the practices we outline involve the algorithmic systems of firms that occupy important strategic positions in the UK economy (and internationally).

In conclusione (§ 5) :

Firms maximise profit. In pursuing this objective, without adequate governance, firms designing machine learning systems to achieve this will continually refine and optimise for this using whatever data is useful. Algorithmic systems can interact with pre-existing sources of market failure, such as market power and consumers’ behavioural biases. This means that using some algorithmic systems may result in products that are harmful. As regulators, we need to ensure that firms have incentives to adopt appropriate standards and checks and balances.

The market positions of the largest gateway platforms are substantial and appear to be durable, so unintended harms from their algorithmic systems can have large impacts on other firms that are reliant on the gateway platforms for their business. If algorithmic systems are not explainable and transparent, it may also make it increasingly difficult for regulators to challenge ineffective measures to counter harms.

Due to the various harms identified in this paper, firms must ensure that they are able to explain how their algorithmic systems work.

Impegni antitrust verso la Commissione in caso di intese vietate e diritti di terzi

La Corte di Giustizia (CG) ha cassato la pronuncia del Tribunale con cui era stato escluso che la decisione della Commissione ex art .9 reg. 1/2003 (sull’applicazione delle regole di concorrenza ex art. 101 e 102 TFUE)  pregiudicasse i diritti di terzi: in particolare, i diritti delle controparti contrattuali i quelle imprese i cui impegni  proconcorrenziali erano stati receputui nella decisione della commissione.

Sempre che detti terzi non si fossero assunti volontariamente anche essi i medesimi impegni, ça va sans dire.

Si tratta di C.G.  09.12.2020, C-132/19 P, Groupe Canal + SA (GC+) c. Commissione ed altri.

La Commissione aveva aperto un’indagine sui contratti di licenza e distribuzione in UE praticati da Paramount e altre major cinematografiche usa, asseritamente restrittivi della concorrenza tramite le clausole imponenti restrizioni territoriali (esclusive nazionali). Aveva censurato in particolare quelle di Paramount con  Sky circa UK e Irlanda (§ 5 e ivipunti 2-3 del riepilogo del Tribunale). Aveva poi concordato con Paramount degli impegni, consacrato in decisione ex art. 9 cit. 26.07.2016

Le contestazioni dunque riguardavano <possibili restrizioni [che ostacolavano] la fornitura di servizi televisivi a pagamento nell’ambito di accordi di licenza [conclusi] fra sei case di produzione cinematografica americane e le principali emittenti [televisive] di contenuti a pagamento dell’Unione europea.>, § 5 punto 1 del cit. riepilogo operato dalla sentenza del Tribunale.

Il Tribunale aveva rigettato la istanza di annullamento della decisione , proposta da GC+ , asserendo che essa comubnque avrebbe potuto far rendere inefficace le clausole pregiudizievoli tramite azione giudiziale presso un giudice  nazionale.

La CG però, mentre rigetta gli altri motivi, accoglie il quarto seconda parte, § 94 ss

Ricorda infatti che, secondo l’art. 16 § 1 del cit. reg. 1/2003, <<quando le giurisdizioni nazionali si pronunciano su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell’articolo [101] o [102] [TFUE] che sono già oggetto di una decisione della Commissione, non possono prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Esse devono inoltre evitare decisioni in contrasto con una decisione contemplata dalla Commissione in procedimenti da essa avviati. A tal fine le giurisdizioni nazionali possono valutare se sia necessario o meno sospendere i procedimenti da esse avviati. Tale obbligo lascia impregiudicati i diritti e gli obblighi di cui all’articolo [267 TFUE]».>>

Questo è successo nel caso de quo: due sono gli errori compiuti dal tribunale (§§ 111 e 114).

Infatti <<l’intervento del giudice nazionale non è in grado di ovviare in modo adeguato ed effettivo alla mancata verifica, nella fase di adozione di una decisione emessa sulla base dell’articolo 9 del regolamento n. 1/2003, della proporzionalità della misura rispetto alla tutela dei diritti contrattuali dei terzi>>, § 115..

Non resta allora che <<affermare che il Tribunale ha erroneamente ritenuto, in sostanza, ai punti da 96 a 106 della sentenza impugnata, che la possibilità per le controparti contrattuali di Paramount, tra cui Groupe Canal +, di adire il giudice nazionale sia tale da rimediare agli effetti degli impegni di Paramount, resi obbligatori dalla decisione controversa, sui diritti contrattuali di dette controparti contrattuali, constatati al punto 95 della suddetta sentenza>, § 116..

Annulla quindi sia sentenza che decisione della Commissione.

L’antitrust USA ora agisce contro Facebook

Dopo aver promosso azione contro Google (v. mio post del 28.10.2020, US contro Google: partita l’azione antitrust) , gli Stati Uniti ora agiscono pure verso Facebook.

La Federal Trade Commission  FTC ieri ha depositato l’atto indtroduttivo contro Facebook per illegal monopolization. V. la notizia nel sito di FTC e qui il link al testo completo (con qualche omissis) del ricorso introduttivo datato 09.12.2020 .

Sostanzialmente sono ravvisati due tipi di condotte anticoncorrenziali: le acquisizioni di potenziali concorrenti e pratiche escludenti per l’accesso alle API’s.

Il primo tipo consiste soprattutto nell’acquisizione di Instagram e Whatsapp,

Il secondo prevedeva clausole anticompetitive per accedere alle sue interconnessioni, application programming interfaces (“APIs”),  con cui devono interagire le applicazioni di terze parti (<<the imposition and enforcement of anticompetitive conditions on access to APIs in order to suppress and deter competitive threats to its personal social networking monopoly>>, § 71.c).   Precisamente <<in order to communicate with Facebook (i.e., send data to Facebook Blue, or retrieve data from Facebook Blue) third-party apps must use Facebook APIs. For many years— and continuously until a recent suspension under the glare of international antitrust and regulatory scrutiny—Facebook has made key APIs available to third-party apps only on the condition that they refrain from providing the same core functions that Facebook offers, including through Facebook Blue and Facebook Messenger, and from connecting with or promoting other social networks>> (§ 23, p. 8).                Analiticamente sub D.1, al § 138 ss.

Il documento è interessante. Si v. ad es. il § sul business model di Facebook, IV.B, § 43 ss , p. 12 ss: <<while there are other ways in which personal social networking could be monetized, Facebook has chosen to monetize its businesses by selling advertising that is displayed to users based on the personal data about their lives that Facebook collects>>.

Si v. poi il petitum finale (p. 51-2, soprattutto il punto B):

A- that Facebook’s course  of  conduct,  as  alleged  herein,  violates  Section  2  of  the  Sherman Act and thus constitutes an unfair method of competition in violation of Section 5(a) of the FTC Act, 15 U.S.C. § 45(a);

B – divestiture of assets, divestiture or reconstruction of businesses (including, but not limited to, Instagram and/or WhatsApp), and such other relief sufficient to restore the competition that  would  exist  absent  the  conduct  alleged  in  the  Complaint,  including, to the extent reasonably necessary, the provision of ongoing support or services from Facebook to one or more viable and independent business(es);

C – any other equitable relief necessary to restore competition and remedy the harm to competition caused by Facebook’s anticompetitive conduct described above;

D – a prior notice and prior approval obligation for future mergers and acquisitions; 51

E – that Facebook is permanently enjoined from imposing anticompetitive conditions on access to APIs and data;

F – that Facebook is  permanently  enjoined  from  engaging  in  the  unlawful  conduct  described herein;

G – that Facebook is permanently enjoined from engaging in similar or related conduct in the future;

H – a requirement to file periodic compliance reports with the FTC, and to submit to such reporting and monitoring obligations as may be reasonable and appropriate; and

 I – any other equitable relief, including, but not limited to, divestiture or restructuring, as the Court  finds  necessary  to  redress  and  prevent  recurrence  of  Facebook’s  violations of law, as alleged herein

Si lamenta però, verso l’azione antirust de qua, che da un lato anche senza Instagram e Whatsapp , FB conserverà un notevole data advantage; dall’altro, che l’azione stessa non si cura di dare un maggiore controllo agli utenti sui propri dati (così Stucke M.E. , Why Isn’t the FTC Tackling Facebook’s Data-opoly?, promarket.org, 05.01.2021).