La comunione legale è senza quote, per cui l’esecuzione forzata contro uno solo dei coniugi per debiti personali ha ad oggetto il bene per intero (e non per metà)

Copsì Cass. sez. 3 del 04.01.2023 n. 150:

<< con riguardo alla peculiare fattispecie in cui il bene ricada nella comunione legale tra coniugi, è stato affermato lo specifico principio secondo il quale la natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per debiti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e con diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso oppure del valore di questo, in caso di assegnazione (Cass. 14/03/2013, n. 6575).

Sulla base di tale principio, questa Corte non solo ha confermato che l’esecuzione sul bene ricadente nella comunione legale tra coniugi può avere ad oggetto il bene esclusivamente nella sua interezza e non per una inesistente quota della metà, ma ha ulteriormente specificato che, pur non essendo esclusa la legittimazione del coniuge non debitore ad esperire le opposizioni all’esecuzione e agli atti esecutivi, nonché l’opposizione di terzo, tuttavia tali rimedi non possono essere da lui esperiti al fine di escludere dall’espropriazione una quota del bene in natura (Cass. 29/05/2015, n. 11175) ed ha ribadito che l’unico diritto spettategli è quello di percepire, in sede di distribuzione, la metà del ricavato della vendita del bene, al lordo delle spese di procedura (Cass. 31/03/2016, n. 6230).

Se da un lato, infatti, va ritenuto insussistente l’interesse del coniuge debitore a dedurre l’appartenenza del bene alla comunione legale (poiché, di regola, l’esecutato non ha interesse a dolersi dell’appartenenza del bene staggito ad altri od anche solo in parte ad altri), dall’altro lato va pure esclusa la legittimazione del coniuge non debitore a paralizzare o inficiare gli atti di disposizione del bene compiuti durante il processo di espropriazione, e quindi a rivendicare alcunché sulla base della deduzione di una pretesa di natura reale, potendo egli soltanto esercitare il diritto personale ad ottenere la metà (lorda, non potendo porsi a suo carico anche le spese di una liquidazione che già ha luogo contro la sua volontà) del controvalore del bene all’atto della distribuzione.

Questa Corte ha, inoltre, escluso l’applicabilità, alla fattispecie, del meccanismo processuale di cui agli artt. 599-601 c.p.c., attesa la non configurabilità, nel bene oggetto di comunione legale tra coniugi, di una “quota”, come parte ideale del bene staggito sulla quale si puntualizzi la proprietà esclusiva del singolo comunista (Cass. 31/03/2016, n. 6230, cit.).

I detti principi si sono consolidati nella giurisprudenza di legittimità, la quale non solo ha reiteratamente riaffermato il principio – costituente la premessa generale delle implicazioni relative ai diritti spettanti al coniuge non debitore – secondo cui la comunione tra coniugi ha natura di comunione “senza quote” (cfr., ad es., Cass. 05/04/2017, n. 8803); ma ha anche puntualmente riaffermato che la rilevata natura comporta che l’espropriazione, per obbligazioni personali di uno solo dei coniugi, di uno o più beni in comunione abbia ad oggetto la “res” nella sua interezza e non per la metà o per una quota, traendone la conseguenza che, in ipotesi di divisione, è esclusa l’applicabilità sia della disciplina sull’espropriazione dei beni indivisi (artt. 599 e ss. c.p.c.) sia di quella contro il terzo non debitore (Cass. 24/01/2019, n. 2047).

Va, dunque, data continuità all’orientamento secondo il quale, per il debito di uno dei coniugi, correttamente è sottoposto ad esecuzione per l’intero il bene ricadente nella comunione legale con l’altro coniuge, con conseguente esclusione di ogni irritualità o illegittimità degli atti della procedura, fino al trasferimento del bene a terzi, non potendosi riconoscere al coniuge non debitore il diritto di caducare tali atti, né quello di ottenere la separazione di parti o quote del bene staggito o di conseguire dalla procedura esiti diversi dalla vendita per l’intero, salva la corresponsione, in sede di distribuzione, della metà del ricavato lordo della vendita, dovuta in dipendenza dello scioglimento, limitatamente a quel bene, della comunione senza quote>>.