Creatività di opera digitale

Cass. 16.01.2023 n° 1.107, sez. 1, rel. Scotti,. sull’argomento.

Poche le consiedraizoni realmente interessanti, ripetendosi tralatici giudizi sulla creatività:

<<4.3. Nel caso di specie la Corte di appello è partita dall’esatta premessa, conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo il quale in tema di diritto d’autore il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento la L. n. 633 del 1941, art. 1 non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, ma si riferisce, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 della legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceva protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore.

Di conseguenza la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere, che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione (Sez. 1, n. 25173 del 28.11.2011; Sez. 1, n. 21172 del 13.10.2011; Sez. 1, n. 20925 del 27.10.2005)>>.

Interessante è semmai il giudizio sul perchè la sentenza non sia apparente/carente , ma sufficientemente motivata: compito difficile su un concetto vago come quello di creativirtà. Ecco :

<<4.4. Nella fattispecie, la Corte di appello ha osservato che l’opera è creativa allorché esprime una idea originale, proveniente solo dall’ispirazione del suo autore e ha confermato la valutazione espressa dal giudice di primo grado, sostenendo che l’immagine non era una semplice riproduzione di un fiore, ma ne comportava una vera e propria rielaborazione, perciò meritevole di tutela autorale per il suo carattere creativo (pag.11, primo periodo).

La Corte di appello, poi, ha rafforzato tale valutazione, dando conto dell’ampia valorizzazione impressa all’opera da parte della stessa RAI in occasione della presentazione della manifestazione alla stampa periodica, volta a porre in risalto il fiore e la sua valenza simbolica facendolo campeggiare sul palco spoglio, invece tradizionalmente addobbato con vere decorazioni floreali. Ha infine considerato quale ulteriore indizio confirmativo il grado di notorietà raggiunto dall’opera sul web, dando conto di visualizzazioni, preferenze e commenti.

4.5. La motivazione è pertanto esistente e non meramente apparente e rende ragione del percorso seguito dai giudici genovesi: l’opera non è una semplice riproduzione di un fiore ma una sua rielaborazione; la stessa RAI l’ha implicitamente riconosciuto, valorizzandola in modo accentuato come simbolo della manifestazione; gli utenti hanno reagito positivamente con acquisizione di un buon grado di notorietà.>>

Inrterssante, infine, è l’apertura verso la creatività di opera frutto di software (intellegenza artificiale?):

<<5.1. La RAI si duole del fatto che la Corte di appello abbia erroneamente qualificato come opera dell’ingegno una immagine generata da un software e non attribuibile a una idea creativa della sua supposta autrice.

La ricorrente sostiene che l’opera dell’arch. B. è una immagine digitale, a soggetto floreale, a figura c.d. “frattale”, ossia caratterizzata da autosimilarità, ovvero da ripetizione delle sue forme su scale di grandezza diverse ed è stata elaborata da un software, che ne ha elaborato forma, colori e dettagli tramite algoritmi matematici; la pretesa autrice avrebbe solamente scelto un algoritmo da applicare e approvato a posteriori il risultato generato dal computer.

(…) 5.3. La questione è nuova perché non risulta trattata nella sentenza impugnata e la stessa ricorrente non indica quando e come l’avrebbe sottoposta al giudice di primo grado e a quello di appello.

Non è certamente sufficiente a tal fine l’ammissione della controparte di aver utilizzato un software per generare l’immagine, circostanza questa che, come ammette la stessa ricorrente, è pur sempre compatibile con l’elaborazione di un’opera dell’ingegno con un tasso di creatività che andrebbe solo scrutinato con maggior rigore (cfr ricorso, pag.17), se, com’e’ avvenuto nel caso concreto, la RAI non ha chiesto ai giudici di merito il rigetto della domanda per quella ragione.

E infatti si sarebbe reso necessario un accertamento di fatto per verificare se e in qual misura l’utilizzo dello strumento avesse assorbito l’elaborazione creativa dell’artista che se ne era avvalsa.>>

La Sc ribadisce cjhe il giuidizi odi creatività è di fatti e no di diriutto, , § 4.6. Il che però non è esatto.

Titolarità dei diritti sulla creazione: all’appaltatore o al committente? dipende se è opera dell’ingegno o meno

Interessante fattispecie concreta decisa da Cass. 15.06.2022 n. 19.335, rel. Scotti, sez. 1, relativa ai diritti sui file creati da una agenzia pubblicitaria per l’azienda committente. In particolare la domanda giudiziale pare chiedesse la restituzione dei file aperti , usati per creare i file c.d. esecutivi (poi usati per creare materiali pubblicai vari).

1. La s.r.l. B.B. Farma, società farmaceutica operante nel settore dell’importazione parallela di farmaci, ha evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Milano la s.r.l. Imagine, agenzia di grafica, per sentirla condannare alla restituzione dei files aperti, ossia dei files informatici in formato sorgente, apribili e modificabili, sulla base dei quali la convenuta aveva realizzato per conto di BB Farma, in assenza di un contratto scritto, nel periodo 2006-2012 i files grafici esecutivi, relativi a immagini di confezioni, foglietti illustrativi e materiale pubblicitario inerente ai farmaci che essa importava e commercializzava.

Nel punto di interesse, la SC dice che il diritto sarebbe spettato alla committente se l’incrico avesse avuto riguardato opere dell’ingegno.
Ma ciò non risulta dal fascicolo, dal quale emerge invece che si trattava solo di appalto ordinario. A questo però non si può applicare l’elaborazione di dirito di autore relativa al chi spettino i diritti sull’opera dell’ingegno creata tramite lavoro altrui (autonomo o dipendente).

<<Nel caso in esame, invece, non è affatto pacifico e nemmeno accertato che la prestazione demandata da B.B. Farma a Imagine fosse l’elaborazione di un’opera dell’ingegno, ossia la creazione del file sorgente: questo, nella ricostruzione della sentenza impugnata, era solo un passaggio operativo per adempiere alla prestazione contrattuale di consegna dei files esecutivi.>>

L’accertamento del tipo di contratto è questione di fatto, dice la SC (in realtà tali sono solo i fatti storici: la loro qualificazione giuridica, no).

Ora , bisogna distinguere a seconda che si intenda che la creazione di opera dell’ingegno era stata programmata ex ante oppure che non lo fosse stata ma che pur tuttavia questa sia stata nell’occasione creata dall’appaltatore.

Infine la Sc aderisce alla teoria più diffusa circa il titolo di acquisto del diritto di autore:  “Molto si è discusso, inoltre, sull’acquisto a titolo originario o derivativo dei diritti di utilizzazione economica sull’opera dell’ingegno da parte del committente; appare convincente al riguardo l’autorevole opinione che, dopo aver distinto fra carattere e modo dell’acquisto, lo ha qualificato derivativo ma effetto del contratto con l’impresa committente, secondo uno schema concettuale analogo a quello disciplinato dal codice per la vendita di cosa futura ex art. 1472 c.c..”

Incontri fortuiti in diritto di autore?

La dist. court of Minnesota affronta un caso di  -in sostanza-  incontri c.d fortuiti (sent,. 28.09.2022. Civil No. 20-2152 (DWF/DTS) , Cooley c. Target)

Da noi non è chiaro se debbano entrambi aver tutela oppure se solo il primo (ad essere creato o pubblicato?).

La creazione del ragazzo è stata ripresa a suo dire dal colosso TARget con i suo capi di abbigliamento. Questi risponde che l’aveva autonomamente creata in precedenza,

Secondo il diritto usa l’attore deve dare o prova diretta del copiaggio o indiretta tramite il famso <<access>> all’opera + la somiglianza.

L’access a sua volta lo si prova o con la prova della possibilità di aver visto il lavoro o con quella che esso era <widely disseminated to the public>.

Qui solo segnalo che il passaggio per cui la presenza in rete sui social no costituisce <widely dissemination to the public>, come vorrebbe invece la difesa del ragazzo:

<< Cooley argues that because a Target employee found N.O.C. through social media
in 2018, “[t]here is no question that N.O.C.’s online presence was sufficient and
widespread enough to provide Target a reasonable opportunity to access [the Copyrighted
Works].” (Doc. No. 363 at 42.) This argument fails for several reasons. First, the Target
employee who found N.O.C. in 2018 found him through a separate Instagram account—
Krink. (Rashid Decl. ¶ 2, Ex. 5 at 14:14-18.) The Copyrighted Works were not
published on Krink’s Instagram account. Second, there is no evidence that the Target
employee that found N.O.C. worked with or had any interaction with Davis or Delta
Galil. Finally, and most importantly, the video was posted in May 2018,
after the alleged
infringement. To survive summary judgment, Cooley must put forth evidence that Davis
had a reasonable possibility of viewing each Copyrighted Work
before the alleged
infringement
>>

(notizia e link al testo dal blog del prof. Eric Goldman)

Blockchain e diritto di autore: interessante raccola di saggi in un quaderno di ALAI

ALAI tra i suoi Quaderni ha pubblicato il n° 3 <La tecnologia blockchain e il diritto d’autore: miraggio o realtà> , Atti del Convegno Roma, 19 giugno 2019 a cura di V. Coltellacci, Aracne ed. 2021 (link diretto al pdf qui).

Utile instrumentum  per sapere qualcosa di più su una materia ancora poco conosciuta perchè poco praticata in Italia  , almeno nell’abbinamento tra b. e proprietà intellettuale.

 

 

L’autore di opera dell’ingegno non può essere l’intelligenza artificiale (novità amministrative dagli USA)

Si consolida l’orientamento che nega legittimazione alla privativa in capo all’algoritmo di Intelligenza Artificiale, copyright o brevetto inventivo che sia.

Ora si pronuncia in tale sneo pure il  reclamo del US copyright office 14.02.2022, relativo alla composizione grafica “A Recent Entrance to Paradise”.

Si tratta sempre di uno dei tentativi dell’indomito dr. Stephen Thaler.

<<For this reason, the Compendium of U.S. Copyright Office Practices — the practice manual for the Office — has long mandated human authorship for registration. After enactment of the 1976 Copyright Act, the second edition of the Compendium was updated to reflect the Office’s understanding that human authorship is required by the law. See U.S. COPYRIGHT OFFICE, COMPENDIUM OF U.S. COPYRIGHT OFFICE PRACTICES § 202.02(b) (2d ed. 1984) (“COMPENDIUM (SECOND)”) (“The term ‘authorship’ implies that, for a work to be copyrightable,
it must owe its origin to a human being. Materials produced solely by nature, by plants, or by animals are not copyrightable.”), available at  https://www.copyright.gov/history/comp/compendium-two.pdf. The current Compendium retains this requirement and articulates its application in multiple circumstances where non-human expression raises unique challenges.
See COMPENDIUM (THIRD) §§ 709.1 (automated computer translations); 803.6(B) (derivative sound recordings made by purely mechanical processes); 805.4(C) & 806.4(C) (human performance required for choreography and pantomimes); 808.8(E) (human selection of color in colorized motion pictures); 906.8 (machine produced expression in visual arts works, such as linoleum flooring); 909.3(B) (x-rays and other medical imaging); 1006.1(A) (hypertext markup language if created by a human being “rather than a website design program”). Although no
Compendium section explicitly addresses artificial intelligence, the Board concludes that Office policy and practice makes human authorship a prerequisite for copyright protection.
The Office’s position is supported by a recent report from the U.S. Patent and Trademark Office (“USPTO”) addressing intellectual property issues raised by AI. USPTO sought public comment on whether “a work produced by an AI algorithm or process, without the involvement of a natural person . . . qualif[ies] as a work of authorship” under the Copyright Act. U.S. PATENT AND TRADEMARK OFFICE, PUBLIC VIEWS ON ARTIFICIAL INTELLIGENCE AND INTELLECTUAL PROPERTY POLICY at 19 (2020), available at https://www.uspto.gov/sites/default/files/documents/USPTO_AI-Report_2020-10-07.pdf. In its summary of responses,
USPTO noted that “the vast majority of commenters acknowledged that existing law does not permit a non-human to be an author [and] this should remain the law.” Id. at 20–21.

The Board agrees.>>.

E’ rigdettato anche la domanda bdsata sul work made for hire (creazione da parte del dipendente), non essendoci chiaramente alcun rapporto di lavoro tra la macchina e Thaler.

C’è già molta letteratura sul punto.

Per altri cenni v. mio post 01.12.2018 .

Tutela degli emoji come opera dell’ingegno o almeno come marchio di forma?

Tutele negate dalla corte del nord della california 16.02.2022, Case No. 21-cv-06948-VC, Cub Club Investment c. Apple.

Il creatore di emoji <racially diverse> cita Apple che li aveva copiati, anche se con alcune differenze.

<<The copyrighted works are expressions of Cub Club’s idea of racially diverse emoji. Each of the emoji described in the complaint are variations on this theme, depicting body parts in certain positions (thumbs up; thumbs down; a fist; etc.) in varying skin tones. There aren’t many ways that someone could implement this idea. After all, there are only so many ways to draw a thumbs up. And the range of colors that could be chosen is similarly narrow—only realistic skin colors (hues of brown, black, and beige, rather than purple or blue) fall within the scope of the idea. Cub Club’s emoji are therefore “entitled to only thin copyright protection against virtually identical copying.” Mattel, 616 F.3d at 915>>.

Quelli di A. sono assai simili ma non identici: <<As alleged in the complaint, Apple’s emoji are not “virtually identical” to Cub Club’s. Compared side by side, there are numerous differences. Whereas Cub Club’s emoji are filled in with a gradient, the coloring of Apple’s emoji are more consistent. The shape of Apple’s thumbs-up emoji is cartoonish and bubbled, while Cub Club’s is somewhat flatter. Many of Cub Club’s emoji have shadows; Apple’s do not. Even the colors used are distinct—although both Cub Club and Apple have chosen a variety of
skin tones ranging from dark to light, the specific colors vary. These differences are sufficient to take Apple’s emoji outside the realm of Cub Club’s protected expression>.

confronto tra il primo gruppo di emoji

Anche la tutela da trade dress (marchio di forma, o disegno, suppergiù) è negata  e per ragioni simili, ovviamente: <<Cub Club’s allegations that the asserted trade dress goes beyond these functional elements to the “look and feel” of the product
is not enough to save its claim. “As a matter of law, a product’s ‘overall appearance’ is functional, and thus unprotectable, where the product is ‘nothing other than the assemblage of functional parts.’ ” Blumenthal Distributing, Inc., 963 F.3d at 866 (quoting Leatherman Tool Group, Inc. v. Cooper Industries, Inc., 199 F.3d 1009, 1013 (9th Cir. 1999)). In the absence of allegations identifying non-functional elements of Cub Club’s product, such a conclusory statement is not sufficient to plausibly allege that the asserted trade dress is non-functional>>

(notizia e link alla sentenza dal blog de lprof. Eric Goldman)

Tutela delle ricette culinarie tramite diritto di autore? Pare difficile …

Un tribunale newyorkese decide sulla copiatura di ricette da cucina (vegana) sotto vari profili , tra qui quello -unico qui richiamato- del copyright (è il count 14 della domanda introduttiva, p. 17-18)

Si tratta di United States District Court, S.D. New York, Coscarelli v. Esquared Hosp., Decided Nov 24, 2021, n° 18-CV-5943 (JMF) (letta in casetext.com).

<<Applying the fact/expression dichotomy to recipes, courts have held that “the lists of required ingredients and the directions for combining them to achieve the final products” are not eligible for copyright protection, although original elementsreflecting the author’s creative expression – such as“musings about the spiritual nature of cooking, ”“reminiscences [the author] associate[s] with thewafting odors of certain dishes in various stages ofpreparation, ” and “suggestions for presentation,advice on wines to go with the meal, or hints onplace settings and appropriate music” – may be protectible . Publ’ns Int’l, Ltd. v. Meredith Corp.,88 F.3d 473, 480-81 (7th Cir. 1996); accordLambing v. Godiva Chocolatier, 142 F.3d 434 (6thCir. 1998); see also 37 C.F.R. § 202.1(a)(providing that the “mere listing of ingredients orcontents” 33 is “not subject to copyright”); seealso LaPine, 2009 WL 2902584, at *7 (noting that“individual recipes do not necessarily qualify forcopyright protection” (citing Publ’ns. Int’l, 88 F.3dat 481)), af ‘d, 375 Fed.Appx. 81 (2d Cir. 2010)(summary order).

Il che condanna la domanda attorea;: <That is because the elements that Defendants allegedly copied from Coscarelli’s cookbooks are primarily lists of ingredients and directions for combining them. For example, Plaintiffs allege thatDefendants copied, nearly verbatim, the ingredients and steps in the recipe for peanut butter dog treats that Coscarelli published in her Chloe’s Kitchen cookbook. But – critically – theymake no argument that the commentary (stating,“Now, something for our furry friends! There’s a whole lot of tail-waggin’ and lip-smackin’ whenmy pups smell these all-natural treats baking.These also make great gifts: Wrap these treats and,when you tie them off, attach a dog-bone cookiecutter and a copy of this recipe”) was copied. FAC¶¶ 192(e), 192(f). Whereas the latter may be entitled to copyright protection, the former plainly is not. 

Plaintiffs seek to distinguish Coscarelli’s “exciting, unique – and above all – original” recipes from the cases cited above, arguing that her recipes “bear no resemblance” to the “simple – and unoriginal -recipes not protected by copyright.” Pls.’ MSJMem. & Opp’n 28.

But the Supreme Court has held that “[n]o matter how much originalauthorship the work displays, the facts and ideas itexposes are free for the taking. The very samefacts and ideas may be divorced from the contextimposed by the author, and restated or reshuffledby second comers, even if the author was the firstto discover the facts or to propose the ideas.”Feist, 499 U.S. at 349 (cleaned up). It is the“selection and arrangement” of factual materialsthat may be subject to copyright. Id. Here, thelayout and color scheme of the two sets ofpublications of recipes are entirely different.  Defendants’ online version of the recipes features a two-column layout with the 34 ingredients shown on the left and the steps on the right andblack and white lettering, while Plaintiffs’ versionuses a single column and colorful lettering for thetitle and section headers. Cf. Boisson, 273 F.3d at274 (“In particular, the overwhelming similaritiesin color choices lean toward a finding ofinfringement”). And Plaintiffs’ failure to submit complete copies of her cookbooks and Defendants’online recipe collection prevents a reasonable jury from making the requisite finding of substantial similarity between the collections to support aclaim based on the selection or arrangement of acompilation. See Matthew Bender & Co.. v. WestPub. Co., 158 F.3d 674, 681-82 (2d Cir. 1998) (“If originally combined, a selection or arrangement ofunderlying materials that are themselvesunoriginal may support copyright protection.”).

Plaintiffs therefore fail to allege that Defendants copied any protectible elements of Coscarelli’s recipes. Cf. Barbour v. Head, 178 F.Supp.2d 758,764 (S.D. Tex. 2001) (denying summary judgmenton a claim of copyright infringement with respectto “recipes [that] contain[ed] more thanmechanical listings of ingredients and cookingdirections, ” including original “commentary” and“suggestions on the presentation of food”(emphasis added))>>

In breve n short, il claim 14 va respinto <<because Plaintiffs fail to allege that Defendants copied any protectible materia>>

Miramax c. Tarantino: sull’utilizzo da parte del regista tramite NFT (non fungible token) di scene ed altri dettagli del film PULP FICTION

E’ pubblicato il testo dell’atto di citazione del titolare dei diritti contro il regista per la sua dichiarazione di prossima messa in vendita di NFT contenenti scene del film.

A Tarantino spettano solo i diritti di <<“soundtrack album, music publishing, live performance, print publication (including without limitation screenplay publication, ‘making of’ books, comic books and novelization, in audio and electronic formats as well, as applicable), interactive media, theatrical and television sequel and remake rights, and television series and spinoff rights.”>> (§ 21).

Secondo lui,  gli NFT rientrano nel diritto alla <<screenplay publication> (§ 46), che però gli viene attribuito solo come esempio di <print publication>. Ogni altro diritto spetta a Miramax e soprattutto <<all rights (including all copyrights and trademarks) in and to the Film (and all elements thereof in all stages of development and production) now or hereafter known including without limitation the right to distribute the Film in all media now or hereafter known (theatrical, non-theatrical, all forms of television, home video, etc.)>>, § 20 e § 52.

Riassumendo: gli NFT rientrano nel conectto di <print publication> (tra cui quello di <screenplay>)? Oppure: <The question is whether selling “1 of 1” digital scans of pages from the screenplay falls within Tarantino’s publication rights or, conversely, constitutes the sale of something else, such as merchandise, that he assigned to Miramax> (così Aaron Moss).

Dal ns. punto di vista, un ottimo case study:

– circa l’art. 119 l. aut.,  (“transtipico”, applicabile a tutti i contratti dispositivi), riferito a modalità di sfruttamento inesistenti all’epoca degli accordi (1993).

– circa la duplice possibilità di azione in corte i) per violazione contrattuale, e ii) per violazione di diritto d’autore (v. First claim-Breach of Contract , § 51,  e Second claim-Copyright Infringement Under 17 U.S.C. § 501, § 54).   Come ovvio, del resto, dato che il contratto conforma il diritto assoluto (d’autore) nei confronti della controparte (v. da noi  le elaborazioni intorno all’art. 23/3 cpi, relativo alla licenza di marchio).

(link preso dal post 1 dic. 2021 di C. Rimmer in The Columbia Journal of Law & the Arts   sul tema).

Ora è resa nota la memoria di costituzione di Tarantino (oppure qui) , depositata il 9 dicembre 2021 (si noti il difensore, David Nimmer, autore di uno dei più citati trattati di copyright).    Qui però non è praticamente sviluppata alcuna difesa in diritto (allega il fair use, § 75, senza motivazione): forse è uno stadio processuale troppo iniziale per la relativa esternazione, secondo le strategie difensive consentite o suggerite dalla procedura USA

Sono tutelabili via copyright gli Emojis?

Dice di si, l’ufficio USA.

Con decisione 26.07-.2021 il Copyright Review Board decide il reclamo amministrativo, proposto da Apple, su alcuni Emojis (evoluzione degli Emoticons), basati sulla riproduzione di un cuore rosso con qualche variante: v. immagini nel file qui linkato.

Alcuni sono costituiti da forme banali e quindi non proteggibili; altri invece da forme più originali e quindi sono ammessi alla protezine.

Si v. la motivazione su ciascuna immagine (fissa o in movimento)  fornita dal’Ufficio.

(notizia e link alla decisione dal blog di Eric Godlman)

Sentenza milanese sulla riscossione dell’equo compenso da sfruttamento cinematografico ex art. 46 bis l. aut.

Viene fatta circolare ora Trib, Milano n° 7903/2020 del 03.12.2020, Rg 57224/2018, Sky italia c. SIAE ,che decide la lite sulla raccolta del compenso ex art. 46 bis l. aut.

I punti principali:

– tale raccolta non rientra nell’esclusiva di legge a favore della SIAE (dopo la dir. UE 26/2014 e il d. lgs. 35/17)

– la richiesta generalizzata dei compensi in mancanza di esclusiva ex lege e di incarico contrattuale costituisce abuso di posizione dominante nel mercato, merceologicamente determinato nel <<mercato specifico che attiene alla riscossione e ripartizione dell’equo compenso previsto dall’art. 46 bis l.a. che si pone in via del tutto autonoma ed indipendente rispetto ad altri diritti.>>, p. 19

<<Se infatti è del tutto pacifico in atti che attualmente SIAE gestisce la riscossione di tutti i proventi ex art. 46 bis l.a. per la totalità degli autori delle opere cinematografiche utilizzate dalle emittenti e cioè anche di quelli dovuti ad autori ad essa non associati o che non abbiano ad essa conferito alcun mandato la mancanza di una riserva legale che giustifichi l’attività di un unico ente di riscossione consente di individuare l’esistenza di un mercato concorrenziale potenziale che vale ad integrare un  ambito di sostituibilità dell’offerta di tali servizi da parte degli altri operatori indicati nel d.lsvo 35/17 (organismi di gestione collettiva ed enti di gestione indipendente).>>

La condotta di SIAE costituituisce abuso di posizione dominante laddove <<si è presentata dinanzi agli utilizzatori deelle opere cinematografiche come unico ente di riscossione dell’equo compenso con funzione di ripartizione di esso rispetto alla generalità degli autori delle opere stesse, a prescindere dall’esistenza di un rapposto volontario di rappresentanza ad essa conferito da ciascuno di essi in base alla manifestata volontà di associazione a SIAE o di conferire ad essa specifico mandato>>, 21-22

Tra le parti (e a seguito di precedente processo) era stata stipulato accordo nel 2015 che stabiliva gli obblighi di SKY per l’equo compenso cinema. Che SKY l’avesse liberamente sotto scritto non fa venir meno la sua impugnabilità: v. ad es. Corte giustizia 20.09.2001, C-453/99, caso Courage , come pure è pacifico se lo si ritiene nullo per violazione di norma imperativa (il passaggio sulla nullità: <<La clausola abusiva posta in essere da soggetto in posizione dominante viola in effetti l’ordine pubblico del mercato e la necessaria razionalità del suo assetto, violazione che connota il patto negoziale in termini di illiceità cui consegue la sua nullità (virtuale). La natura escludente dell’abuso induce infatti a ritenere l’esistenza di causa illecita, non già la mera violazione di una regola di comportamento.  L’eccezione di nullità dell’Accordo 13.2.2015 ai sensi dell’art. 1418 c.c.deve dunque essere ritenuta fondata >>, p. 23).

A maggiore ragione non fa venir meno l’impugnabilità (cioè non costituisce un venire contra factum proprium) la libera sottoscrizione del predetto accordo: infatti non era probabilmente tanto “libera”, se conseguente ad esercizio abusivo di posizione dominante

Infine, è processualmente  interessante la dichiarazione di inammissibilità e l’ordine di espunzione dal fascicolo (“dal giudizio”) dei doceumenti tardivamente introdotti.   Resta da vedere come si concretizzerà l’espunzione