Installare televisioni in albergo, portanti segnale tv fatto circolare via cavo, costituisce comunicazione al pubblico

L’annoso tema , che non cessa di porre dubbi, è esaminato da Corte di Giustizia 11.04.2024. C-11-04.2024, Citadines Betriebes GmbH c. MPLC MPLC Deutschland GmbH (AG è Szpunar).

Riporto tutto il passo rilevante

<<35   Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisca una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.

36      A tal riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, «[g]li Stati membri riconoscono agli autori il diritto esclusivo di autorizzare o vietare qualsiasi comunicazione al pubblico, su filo o senza filo, delle loro opere, compresa la messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente».

37      Come ripetutamente dichiarato dalla Corte, in forza di tale disposizione, gli autori dispongono di un diritto di natura precauzionale che consente loro di frapporsi tra eventuali utenti della loro opera e la comunicazione al pubblico che detti utenti potrebbero voler effettuare, e ciò al fine di vietare quest’ultima (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 62 e giurisprudenza ivi citata).

38      Per quanto concerne il contenuto della nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, essa deve essere intesa, come indicato al considerando 23 della direttiva 2001/29, in senso ampio, quale comprendente qualsiasi comunicazione al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione e quindi qualsiasi trasmissione o ritrasmissione, di tale natura, di un’opera al pubblico, su filo o senza filo, compresa la radiodiffusione. Dai considerando 4, 9 e 10 di detta direttiva emerge, infatti, che obiettivo principale di quest’ultima è la realizzazione di un elevato livello di protezione a favore degli autori, consentendo a questi ultimi di ricevere un adeguato compenso per l’utilizzo delle loro opere, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 63 e giurisprudenza ivi citata).

39      A tal proposito, come ripetutamente dichiarato dalla Corte, tale nozione consta di due elementi cumulativi, vale a dire un atto di comunicazione di un’opera e la comunicazione di quest’ultima a un pubblico, e implica una valutazione individualizzata (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 37; del 2 aprile 2020, Stim e SAMI, C‑753/18, EU:C:2020:268, punto 30, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 66 e giurisprudenza ivi citata).

40      Ai fini di una tale valutazione è necessario tener conto di svariati criteri complementari, di natura non autonoma e interdipendenti tra loro. Poiché tali criteri possono essere presenti, nelle diverse situazioni concrete, con intensità molto variabile, occorre applicarli sia individualmente sia nella loro reciproca interazione (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 35, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 67 e giurisprudenza ivi citata).

41      Tra tali criteri la Corte, da un lato, ha messo in evidenza il ruolo imprescindibile dell’utente e il carattere intenzionale del suo intervento. Esso realizza infatti un «atto di comunicazione» quando interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a un’opera protetta, in particolare quando, in mancanza di detto intervento, tali clienti non potrebbero, in linea di principio, fruire dell’opera diffusa (v. in tal senso, sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

42      Inoltre, la Corte ha dichiarato che il carattere lucrativo di una comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, non è privo di rilevanza (sentenza dell’8 settembre 2016, GS Media, C‑160/15, EU:C:2016:644, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

43      D’altronde, per rientrare nella nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi di tale disposizione, occorre inoltre che le opere protette siano effettivamente comunicate a un pubblico [sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 40, e del 28 ottobre 2020, BY (Prova fotografica), C‑637/19, EU:C:2020:863, punto 25 e giurisprudenza ivi citata].

44      A tal riguardo, la Corte ha precisato che la nozione di «pubblico» riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e implica, peraltro, un numero di persone abbastanza rilevante (sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 41, e del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 69 e giurisprudenza ivi citata).

45      Parimenti, secondo costante giurisprudenza, un’opera protetta, per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», deve essere comunicata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, deve essere rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto nel momento in cui egli ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

46      È alla luce, in particolare, di tali criteri, e conformemente alla valutazione individualizzata ricordata al punto 39 della presente sentenza, che occorre valutare se, in una causa quale quella oggetto del procedimento principale, il gestore di un albergo che fornisce nelle camere e nella palestra dello stesso apparecchi televisivi e/o radiofonici ai quali ritrasmette un segnale di radiodiffusione realizzi un atto di comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29.

47      Sebbene spetti, in linea di principio, al giudice nazionale stabilire se ciò si verifichi in una particolare fattispecie e apportare al riguardo tutte le valutazioni di fatto definitive, la Corte è competente a fornire al giudice del rinvio tutti gli elementi di interpretazione attinenti al diritto dell’Unione per valutare se esista un tale atto di comunicazione al pubblico.

48      Nel caso di specie, in primo luogo, occorre considerare che il gestore di un albergo realizza un atto di comunicazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, qualora trasmetta deliberatamente opere protette alla sua clientela, distribuendo volutamente un segnale a mezzo di apparecchi televisivi installati in detto albergo (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punto 54 e giurisprudenza ivi citata).

49      In secondo luogo, la Corte ha già dichiarato che i clienti di un siffatto albergo costituiscono un numero indeterminato di destinatari potenziali, nella misura in cui l’accesso di tali clienti ai servizi dell’albergo in parola è frutto, in via di principio, della scelta specifica di ciascuno di essi e non è soggetto ad altro limite se non la capacità ricettiva dell’albergo, e che i clienti di un albergo costituiscono un numero di persone abbastanza rilevante, e di conseguenza queste ultime devono essere ritenute un «pubblico» [sentenza del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 41 e 42].

50      In terzo luogo, la Corte ha dichiarato che, perché sussista la comunicazione al pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, occorre che l’utente interessato, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, dia accesso a una trasmissione radiodiffusa contenente un’opera protetta a un pubblico ulteriore e che risulti che, in assenza di tale intervento, le persone che costituiscono tale pubblico «nuovo», pur trovandosi all’interno della zona di copertura di detta trasmissione, non possano, in via di principio, usufruire di tale opera. Pertanto, qualora il gestore di un albergo trasmetta deliberatamente alla sua clientela una tale opera, distribuendo volontariamente un segnale a mezzo di ricevitori televisivi o radiofonici installati in tale albergo, egli interviene, con piena cognizione delle conseguenze del suo comportamento, per dare ai suoi clienti accesso a tale opera. Infatti, in assenza di questo intervento, tali clienti, pur trovandosi all’interno di una tale zona di copertura, non potrebbero, in via di principio, usufruire di detta opera (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 46 et 47 e giurisprudenza ivi citata).

51      In quarto luogo, secondo la giurisprudenza della Corte, affinché vi sia comunicazione al pubblico, ai sensi di tale disposizione, è sufficiente che l’opera sia messa a disposizione del pubblico in modo che coloro che compongono tale pubblico possano avervi accesso (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 43). Ne consegue che è irrilevante la circostanza, menzionata dal giudice del rinvio, che gli apparecchi televisivi non siano stati accesi dalla Citadines, bensì dai clienti dell’albergo gestito da tale società.

52      In quinto luogo, per quanto riguarda il carattere lucrativo di cui al punto 42 della presente sentenza, dalla giurisprudenza della Corte risulta che l’atto con il quale il gestore di un albergo dà ai suoi clienti accesso a un’opera radiodiffusa costituisce una prestazione di servizio supplementare che incide sullo standing di tale albergo e, quindi, sul prezzo delle camere di quest’ultimo, di modo che tale atto riveste carattere lucrativo [v., in tal senso, sentenze del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 44, nonché del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 44 e 45].

53      In sesto e ultimo luogo, non si può ritenere che la fornitura di apparecchi televisivi nelle camere e nella palestra dell’albergo oggetto nel procedimento principale costituisca una «mera fornitura di attrezzature fisiche» ai sensi del considerando 27 della direttiva 2001/29.

54      Infatti, per quanto concerne gli alberghi, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, anche se la mera fornitura di attrezzature fisiche, che coinvolge, oltre a detto albergo, abitualmente imprese specializzate nella vendita o nella locazione di apparecchi televisivi, non costituisce, in quanto tale, un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29, tuttavia tali installazioni possono rendere tecnicamente possibile l’accesso del pubblico alle opere radiodiffuse. Pertanto, se, mediante apparecchi televisivi in tal modo installati, tale albergo distribuisce il segnale ai suoi clienti alloggiati nelle camere di quest’ultimo, si tratta di una comunicazione al pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, senza che occorra accertare quale sia la tecnica di trasmissione del segnale utilizzata (v., in tal senso, sentenza del 7 dicembre 2006, SGAE, C‑306/05, EU:C:2006:764, punto 46).

55      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 dev’essere interpretato nel senso che la fornitura di apparecchi televisivi installati nelle camere o nella palestra di un albergo, qualora un segnale sia, inoltre, ritrasmesso a tali apparecchi mediante una rete di distribuzione via cavo propria di tale albergo, costituisce una «comunicazione al pubblico» ai sensi di tale disposizione.>>

§§ centrali sono i 50 e 54.

Al solito, non convince il requisito della lucrosità, assente nella fattiusopecie legale.

E’ comunicazine al pubblico (art. 3 dir. Infosoc. 2001/29 sul copyright) predisporre antenne nei vari appartamenti di un condominio?

Si , se vengono dati in affitto, ricorrendo in tale caso il pubblico “nuovo” richiesto dalla fattispecie (euro)normativa.

Così la corte di Giustizia  UE , C-135/23, del 20.06.2024, GEMA v. GL, sulla annosa questione interpretativa del concetto di “comunicazione al pubblico” (v. ora la sintetica ma precisa esposizione di Cogo, in AA.VV., Lineamenti di diritto industriale,. Wolters Kluwer, 2024, 560 ss):

<< 33   A tal riguardo, in primo luogo, si deve considerare, al pari dell’avvocato generale ai paragrafi 40 e 50 delle sue conclusioni, e fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, che il gestore di un condominio, dotando gli appartamenti di apparecchi televisivi e di antenne da interno che, senza che siano necessari ulteriori interventi, ricevono segnali e consentono la diffusione di trasmissioni, in particolare di musica, in detti appartamenti, realizza intenzionalmente un intervento al fine di consentire ai propri clienti l’accesso a tali emissioni, all’interno degli appartamenti locati e durante il periodo di locazione, senza che sia determinante che questi ultimi si avvalgano o meno di tale possibilità (v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2017, Stichting Brein, C‑610/15, EU:C:2017:456, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

34 Inoltre, l’intervento di tale gestore che dà accesso ad opere radiotelevisive ai suoi clienti deve essere considerato come una prestazione di servizi supplementare fornita al fine di trarne un certo utile.

35 L’offerta di questo servizio influisce infatti sulla categoria degli appartamenti di cui si tratta nel procedimento principale e quindi sul prezzo dell’affitto di tali appartamenti (v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, SCF, C‑135/10, EU:C:2012:140, punto 90 e giurisprudenza ivi citata) o, come rilevato al punto 25 della presente sentenza, sulla loro attrattiva e, pertanto, sulla loro frequentazione. Si deve quindi ritenere che l’offerta di siffatto servizio consenta di dimostrare il carattere lucrativo della comunicazione, ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 24 e 25 della presente sentenza.

36 Ai fini dell’esame che deve essere effettuato dal giudice del rinvio, è irrilevante la circostanza, evidenziata da tale giudice, che gli apparecchi televisivi di cui si tratta nel procedimento principale siano collegati a un’antenna «interna» piuttosto che a un’antenna «centrale», come quella oggetto della causa che ha dato luogo all’ordinanza del 18 marzo 2010, Organismos Sillogikis Diacheirisis Dimiourgon Theatrikon kai Optikoakoustikon Ergon (C‑136/09, EU:C:2010:151).

37 Infatti, una distinzione siffatta tra antenne centrali e interne non sarebbe conforme al principio di neutralità tecnologica, in forza del quale la legge deve enunciare i diritti e gli obblighi delle persone in modo generico, al fine di non privilegiare il ricorso a una tecnologia rispetto a un’altra (v., in tal senso, sentenza del 24 marzo 2022, Austro-Mechana, C‑433/20, EU:C:2022:217, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

38 In secondo luogo, perché venga in considerazione la nozione di «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, è necessario che le opere protette siano effettivamente comunicate a un pubblico. A tal riguardo, la Corte ha precisato che la nozione di «pubblico» riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende, peraltro, un numero di persone piuttosto considerevole (sentenza del 20 aprile 2023, Blue Air Aviation, C‑775/21 e C‑826/21, EU:C:2023:307, punti 51 e 52, nonché giurisprudenza ivi citata).

39 Pertanto, la nozione di «pubblico» comporta una certa soglia de minimis, il che esclude da detta nozione un numero di interessati troppo esiguo, se non addirittura insignificante. Per determinare tale numero, occorre tener conto, in particolare, del numero di persone che possono avere accesso contemporaneamente alla medesima opera, ma altresì di quante tra di loro possano avervi accesso in successione (v., in tal senso, sentenze del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 43 e 44, nonché del 19 dicembre 2019, Nederlands Uitgeversverbond e Groep Algemene Uitgevers, C‑263/18, EU:C:2019:1111, punto 68 e giurisprudenza ivi citata).

40 Nel caso di specie, il giudice del rinvio non fornisce indicazioni quanto al numero di persone che possono avere accesso alle opere, parallelamente o in successione, limitandosi ad affermare che l’immobile di cui si tratta nel procedimento principale è composto da 18 appartamenti. Tale giudice non indica, in particolare, se gli appartamenti siano oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, il che può incidere sul numero di persone che possono avere accesso in successione alle opere di cui si tratta.

41 Conformemente alla giurisprudenza citata al punto 31 della presente sentenza, spetta, rispettivamente, al giudice nazionale stabilire se opere protette siano effettivamente comunicate a un «pubblico», ai sensi della giurisprudenza citata ai punti 38 e 39 di tale sentenza, e alla Corte fornirgli indicazioni utili al riguardo.

42 Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 36 delle sue conclusioni, se il giudice del rinvio dovesse constatare che gli appartamenti dell’immobile di cui si tratta nel procedimento principale sono oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, i loro locatari dovrebbero essere qualificati come «pubblico», dato che essi costituiscono insieme, al pari dei clienti di un albergo, un numero indeterminato di potenziali destinatari [v., in tal senso, sentenza del 15 marzo 2012, Phonographic Performance (Ireland), C‑162/10, EU:C:2012:141, punti 41 e 42].

43 In terzo luogo, da una giurisprudenza costante risulta che, un’opera protetta, per essere qualificata come «comunicazione al pubblico», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, deve essere comunicata secondo modalità tecniche specifiche, diverse da quelle fino ad allora utilizzate o, in mancanza, deve essere rivolta ad un «pubblico nuovo», vale a dire a un pubblico che non sia già stato preso in considerazione dal titolare del diritto nel momento in cui egli ha autorizzato la comunicazione iniziale della sua opera al pubblico (sentenza del 22 giugno 2021, YouTube e Cyando, C‑682/18 e C‑683/18, EU:C:2021:503, punto 70 e giurisprudenza ivi citata).

44 Come sottolineato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, i locatari di appartamenti di un immobile oggetto di locazioni di breve durata, segnatamente a titolo di alloggio turistico, possono costituire un siffatto pubblico «nuovo», dal momento che tali persone, pur trovandosi all’interno della zona di copertura di detta trasmissione, non potrebbero fruire dell’opera diffusa senza l’intervento del gestore di tale immobile, mediante il quale quest’ultimo installa, in tali appartamenti, apparecchi televisivi muniti di un’antenna da interno (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2016, Reha Training, C‑117/15, EU:C:2016:379, punti 46 e 47).

45 Per contro, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, se il giudice del rinvio dovesse constatare che gli appartamenti di cui si tratta sono dati in locazione a locatari per uso residenziale, questi ultimi non possono essere considerati un «pubblico nuovo», ai sensi della giurisprudenza citata al punto 43 della presente sentenza.

La CG si adegua alle Conclusioni del bravo A.G. SZpunar.

Fair use (negato) sull’uso non autorizzato in campagna elettorale di fotografia di bambino

Lo US 8th circuit of appeal con sentenza 7 giugno 2024, No. 22-3623 e No. 23-2117 , Griner c. King +1 , sull’uso indebito in campagna elettorale della famosa fotografia cd Success kid, qui sotto riprodotta:

Il centro della sentenza è la ricorrenza o meno di fair use (essendo stato azionato il diritto di autore sulla fotografia registrata dal papà al Copyright Office): fair fair use che non viene ravvisato.

(dal blog di Eric Goldman)

Trib Bologna su concorrenza parassitaria e sul rapporto tra tutela d’autore ex art. 2.4 l. aut., da una parte, e art. 2.10 l. aut., dall’altra.

In un caso di pretesa copiatura di decorazioni su mattonelle, Trib. Bologna n. 747/2023 del 03.04.2023, Rg 1234/2019, rel. Romagnoli, segnalato da giurisprudenzadelleimprese.it, affronta i due temi.

Sul primo:

<< estrema sintesi, la concorrenza parassitaria consiste nella imitazione sistematica e protratta nel tempo
dell’attività imprenditoriale del concorrente, laddove ciò che distingue tale fattispecie di modalità
scorretta di concorrenza (ex art. 2598 n. 3 c.c.) rispetto ai casi tipici di cui ai nn. 1 e 2 dell’art. 2598 c.c.
è il continuo e sistematico operare sulle orme dell’imprenditore concorrente attraverso l’imitazione non
tanto dei prodotti ma piuttosto di rilevanti iniziative imprenditoriali in un contesto temporale prossimo,
così da rivelare l’intento di avvantaggiarsi sul mercato sfruttando il lavoro e gli sforzi altrui (cfr. ex
multis Cassazione civile, sez. I, 12/10/2018, n. 25607); in altre parole, la concorrenza parassitaria
consiste nel comportamento dell’imprenditore che in modo sistematico e continuo segue le orme di un
imprenditore concorrente, ne imita le iniziative con assiduità e costanza, non limitandosi a copiare un
unico oggetto (cfr. Cass. civ. sez. I, 29/10/2015, n. 22118) e dunque pur senza confusione di attività e
di prodotti (cfr. Trib. Napoli 18.2.2014) sicché, ove si sia correttamente escluso nell’elemento
dell’imitazione servile dei prodotti altrui il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente alla sola
fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n. 1 dello stesso art. 2598 c.c.), debbono essere indicate le
attività del concorrente sistematicamente e durevolmente plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più
o meno integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o ricerca (Cass. n. 25607 cit.).
In ultima analisi, nella concorrenza parassitaria l’attività commerciale dell’imitatore si traduce in un
cammino continuo e sistematico, anche se non integrale, essenziale e costante sulle orme altrui, giacché
l’imitazione di tutto o di quasi tutto quello che fa il concorrente, nonché l’adozione più o meno
immediata di ogni sua nuova iniziativa, seppure non realizzi una confusione di attività e di prodotti, è
contraria alle regole che presiedono all’ordinato svolgimento della concorrenza (Tribunale Milano, Sez. Proprieta’ Industriale e Intellettuale, 02/05/2013, n. 6095)”.

Sul secondo:

<<Innanzi tutto, va correttamente individuato l’ambito di tutela autorale tra le opere del disegno
industriale ex art. 2 n. 10 L.A. e le opere dell’arte figurativa di cui al n. 4 dell’art. 2 L.A., che si
pongono su un piano di reciproca esclusione (cfr. Cass. civ. sez. I, 23.3.2017 n. 7577 in motivazione)
essendo, in particolare, protette come disegno industriale le opere che trovano la loro collocazione
“nella fase progettuale di un oggetto destinato ad una produzione seriale, a condizione che siano
dotate di carattere creativo e valore artistico”, mentre ricadono nell’ambito di tutela dell’arte
figurativa le opere riprodotte “in un solo esemplare o in un numero limitato di esemplari […] e
destinato a un mercato differente, sicuramente più ristretto, rispetto a quello cui sono indirizzati i beni
oggetto della produzione industriale” (cfr. ex multis Cassazione civile, sez. I, 12.1.2018, n. 658).
Nella fattispecie, il motivo decorativo delle piastrelle non è opera figurativa, neppure nel caso, non
provato, della trasposizione/incorporazione di opera figurativa dell’artista sulla piastrella: non si dubita
del contributo artistico dello stilista, che si concretizza nel motivo decorativo della piastrella, ma la
destinazione alla produzone industriale è incompatibile con la tutela autorale ex art. 2 n. 4 L.A.
D’altronde, la destinazione all’industria e alla riproduzione seriale, non fa della decorazione della
piastrella un’opera del design industriale ex art. 2 n. 10 L.A., non solo perché il carattere creativo e la
novità sono elementi costitutivi anche dell’opera del design industriale, ma soprattutto perché l’opera
del design industriale è quella che presenta “di per sé carattere creativo e valore artistico”, laddove
tale quid pluris è ricavabile da indicatori oggettivi, quali il riconoscimento da parte degli ambienti
culturali ed istituzionali di qualità estetiche ed artistiche, l’esposizione in mostre o musei, la
pubblicazione su riviste specializzate ecc. (cfr. Tribunale Torino, Sez. spec. Impresa, 31.1.2019, n.
482); prove che spettano alla parte che invoca la tutela e che fanno difetto nella fattispecie che occupa.
Nella fattispecie trattasi, in definitiva, di mera decorazione della piastrella, che non assurge né ad opera
dell’arte figurativa né a design industriale per il fatto di essere il risultato della collaborazione con
l’artista che ne ha disegnato il motivo ornamentale>>

Copyright sul design di una lampada oppure solo sull’intero allestimento fieristico in cui è inserita?

La seconda risposta è quella giusta per Cass. sez. I, ord. 29/04/2024 n. 11.413, rel. Caiazzo, in una decisione non particolarmente perspicua. E’ il caso della lampada Castiglioni.

Il Trib. accoglie la domanda solo sulla lampada. L’appello ammette in teoria la tutela solo sull’intero allestimento fieristico ma in pratica poi non la concede.

LA SC  rigetta il ricorso confermando il secondo grado.

Il punto più interssante è il passaggio della corte di appello , riportato dalla SC :

<<In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato che “…il tutto non senza considerare, infine, come la rilevante differenza funzionale che connota gli oggetti in questione (faretto illuminante posto all’esterno della lampada nella scenografia della Triennale e corpo illuminante interno al telo nella lampada per cui è qui processo), lungi dal costituire mero elemento “irrilevante” (come asserito dal Tribunale), appaia tale da escludere in radice la stessa ipotesi di plagio evocata da parte appellata, concorrendo a integrare una diversa modalità diffusiva della luce ed un diverso impatto visivo e stilistico.”.

In sostanza, non può condividersi la diversa interpretazione del Tribunale, secondo la quale l’apporto creativo era ravvisabile anche nella sola lampada, sebbene estrapolata dal contesto del più ampio allestimento ove risultava inserita, quale elemento di spicco dello stesso, dotato di piena autonomia. Invero, nell’opera per cui è causa, le differenze che la lampada presenta rispetto al bene esposto alla triennale connota una diversa modalità diffusiva della luce, tale da escludere ogni forma di plagio parziale>>.

Cioè la lampada da sola e l’intero allestimento, in cui è inserita, sono oggetti diversi per la privativa: o l’uno o l’altro.

La scelta della ricorrenza dell’una o dell’altro da parte del giudice è questione di fatto, precisa la SC.

NOnconcordo: il concetto di opera dell’ingegno è giuridico, non fattuale.

Ci son anche dei passaggi generali sul concett di “opera” applicato ai modelli, ma nulla di interssante (<<L’individuazione dell’oggetto è quindi una ricerca necessaria che va svolta su basi oggettive per evitare problemi di certezza del diritto; la percezione e le sensazioni soggettive di coloro che osservano l’opera rappresentano comunque elementi strumentali a tal fine, ma non sono decisivi.

Alla luce dell’insieme di tali osservazioni, si arriva ad una prima conclusione e cioè che sono qualificabili come “opere” quei modelli che rappresentano una creazione intellettuale originale propria dell’autore.>>)

Negata la contraffazione di “Top Gun Maverick” rispetto all’originario articolo giornalistico “Top Gun”

Interessante sentenza segnalata da Hayleigh Bosher richiamando il sito Variety.com  del US Central District California , Shosh Yonay, et al. v. Paramount Pictures Corporation, et al., Case 2:22-cv-03846-PA-GJS del 5 aprile 2024 sulla domanda di contraffazione svolta dagli eredi di Ehud Yonay autore dell’articolo TOP Gun che ispirò la prima versione del film (regolarmente accosentita dal giornalista) e oggi pure il sequel (non acconsentita, , nemmeno come credits, non valendo l’originario consenso per gli eredi)

Per la corte non c’è la substanzial similarity dell’exstrinsic test , dopo aver esaminato i segg. profili: a) Plot, Sequence of Events, and Pacing; b. Theme and Mood; c. Dialogue and Characters; d. Setting; e. Selection and Arrangement.

Qui conta l’analisi del giudice circa le somiglianze delel aprti espressive, non delle m,ere idee  o siotuiazioni., tenuto conto del camvbio dio gemnre artistico (articolo giornlastici –> film)

Anche le “entità di gestione indipendente”, e non solo gli “organismi di gestione collettiva”, possono operare in Italia: importante pronuncia della Corte dui Giustizia sul copyright europeo e in particolare sulla direttiva 2014/26

La corte di giustizia UE 21.03.2024, C-10/22, LEA c. Jamendo SA, scrive una pag. importante della gestione collettiva dei diritti di autore europei, applicando la dir. 2014/26.

Non solo gli OGC ma anche le EGI (v. le sette differenze elencate ai §§ 87-95) devono potere operare parimenti nel trerritorio naizonale come intermediari nello sfruttamento dei dirittti: quindi l’art 180 l. aut. è illegittimo (rectius: incompatibile col diritto UE).

La discrminazione è vietata dalla regola di libera prestazione dei servizi posta non tanto dalle direttive 2000/31 e 2006/31 (che eccettuano il copyright), quanto direttamente dall’art. 56 TFUE, rispetto al quale la radicale esclusione delle EGI manca della proporzinalità.

<< 96  Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve ritenere che il trattamento differenziato, operato dalla normativa nazionale di cui trattasi, delle entità di gestione indipendenti rispetto agli organismi di gestione collettiva risponda all’intento di conseguire l’obiettivo di protezione del diritto d’autore in modo coerente e sistematico, dal momento che la direttiva 2014/26 assoggetta le entità di gestione indipendenti ad obblighi meno rigorosi rispetto a quelli degli organismi di gestione collettiva per quanto riguarda, in particolare, l’accesso all’attività di gestione dei diritti d’autore e dei diritti connessi, la concessione delle licenze, le modalità di governance nonché il quadro di sorveglianza cui sono soggette. In dette circostanze, tale trattamento differenziato può essere considerato idoneo a garantire il conseguimento di detto obiettivo.

97 Tuttavia, per quanto concerne, sotto un secondo profilo, la questione se la restrizione consistente nell’escludere le entità di gestione indipendenti dall’attività di intermediazione dei diritti d’autore non vada oltre quanto è necessario per garantire il conseguimento dell’obiettivo di interesse generale connesso alla protezione del diritto d’autore, occorre rilevare che una misura meno lesiva della libera prestazione di servizi potrebbe consistere, segnatamente, nel subordinare la prestazione di servizi di intermediazione dei diritti d’autore nello Stato membro interessato a obblighi normativi specifici che sarebbero giustificati riguardo all’obiettivo di protezione del diritto d’autore.

98 Pertanto, occorre constatare che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, nella misura in cui preclude, in modo assoluto, a qualsiasi entità di gestione indipendente, a prescindere dagli obblighi normativi cui essa è soggetta in forza del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stabilita, di esercitare una libertà fondamentale garantita dal Trattato FUE, risulta andare oltre quanto è necessario per proteggere il diritto d’autore>>.

Costiuisce comunicazione al pubblico predisporre in appartamenti-vacanze televisioni con antenna interna per fruizione di opere protette?

Dicono di si le sempre interessanti Conclusioni dell’avvocato generale Szpunar  del 22.04.2024, C-135/2023 (ne dà notizia Eleonora Rosati su IPKat).

Si tratta di breve summa sul sempre poco chiaro problema.

Per l’AG va data la stessa risposta data dalla CG nel notissimo prececedente SGAE del 2006 (C-306/2005), relativa a camere di albergo, ed invece risposta opposta a quella data nel recente caso Stim e SAMI del 2020 (C‑753/18), relativo a apparecchiature in auto per noleggio.

La differenza tra quest’ultimo e quello de quo sta nel fatto che qui l’infrastruttura è realzzata dal convenuto, mentre nel primo le comapgnie di noleggio auto se la trovano già montata nelle auto acquistate (però potrebbero disabilitarla: che sia economicamente non conveniente è irrilevante)

<<40. È vero che, nella situazione oggetto del procedimento principale, il gestore di un condominio non effettua una trasmissione del segnale televisivo verso tali appartamenti, in quanto ciascun appartamento è dotato di un’«autonoma» attrezzatura fisica che permette la ricezione di tale segnale. L’atto del gestore, tuttavia, non si limita a fornire ai conduttori unicamente un apparecchio televisivo e un’antenna interna, che essi potrebbero utilizzare in qualsivoglia modo. Dotando gli appartamenti di apparecchi televisivi muniti di antenne interne regolate in modo da permettere la ricezione del segnale della trasmissione televisiva terrestre disponibile nella zona di copertura nella quale è situato il suo immobile, il gestore permette ai conduttori di usufruire di trasmissioni televisive ben definite, all’interno degli appartamenti locati e durante il periodo di locazione. (…)

42. A mio avviso è dunque possibile ritenere che, installando negli appartamenti destinati a locazione apparecchi televisivi muniti di antenne interne, il gestore di un condominio realizzi, con piena cognizione delle conseguenze del proprio comportamento, un «atto di comunicazione» consistente nel dare ai conduttori accesso a opere protette contenute nelle trasmissioni televisive che è possibile ricevere in detti appartamenti mediante tali apparecchi, in maniera sostanzialmente identica alla situazione delle camere d’albergo dotate di apparecchi televisivi collegati a un’antenna centrale>>.

E poi:_

<< 53. Non avendo alcuna influenza sull’installazione degli impianti radio a bordo degli autoveicoli, le società di noleggio di simili veicoli non agiscono neppure a scopo di lucro, contrariamente al gestore di un condominio destinato a locazione che vi installa apparecchi televisivi (49). Orbene, il carattere lucrativo dell’intervento dell’utente interessato, pur non essendo, di per sé, decisivo ai fini dell’esistenza di un atto di comunicazione, può essere indicativo della natura intenzionale di tale intervento. (…)

56. Orbene, se l’elemento decisivo nel procedimento principale è l’intervento intenzionale dell’utente allo scopo di dare ai propri clienti l’accesso a trasmissioni televisive, in forza del principio di neutralità tecnologica, dovrebbe essere irrilevante che tale accesso sia fornito loro mediante un’antenna centrale o più antenne interne (54).

57. Pertanto, il fatto che il gestore di un condominio dia ai conduttori l’accesso a trasmissioni televisive mediante apparecchi televisivi muniti di antenne interne installati in tali appartamenti dev’essere considerato un atto di comunicazione di opere protette contenute in dette trasmissioni. Occorre inoltre verificare se e, eventualmente, a quali condizioni tale comunicazione sia rivolta a un pubblico nuovo, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte in materia>>.

Mi parrevbbe condibisibile.

Piouttosto sarebbe ora di abnalzizare il concetto di “pubblico tenuto inconsidrazine dal titolare deri diritti quando autorizzo per la prima voklta la diffusione dell’opera”: è tutto da dismtrare l’orjentamento segjuito dalla CG per cui esso comrense gli impienti fruiti da residenti ma non da ospiuti di albergo o case vacanze o simili.

Vedremo se la CG le seguirà (probabile).

No copyright su contratti non originali perchè scopiazzati da altri

Sull’oggetto v. il  decisum dell’appello USA del 2° circuito n° 23-1527 & 23-2566 de. 12.01.2024, UIRC c- . William Blair .

Ce ne dà notizia e link al testo Eric Goldman.

Non ci son novità. Il contratto in sè è registrabile presso l’ufficio e quindi può essere tutelato col copyright.

Nel caso però manca creatività: in parte perchè copiato, in altra parte perchè banale (“After excising the copied language, what remains is a mixture of fragmented phrases, facts, and language dictated solely by functional considerations. Fragmented phrases and facts are not copyrightable. Harper & Row, Publishers, Inc. v. Nation Enters., 471 U.S. 539, 547 (1985) (facts); Alberto-Culver Co. v. Andrea Dumon, Inc., 466 F.2d 705, 711 (7th Cir. 1972) (short phrases and expressions). Language dictated solely by function is not copyrightable either. Publ’ns Int’l, Ltd. v. Meredith Corp., 88 F.3d 473, 480, 481 (7th Cir. 1996)“).

Il New York Times, e un gruppo di scrittori, citano OpenAI e Microsoft per violazione di copyright, consistente nella riproduzione di articoli (o di loro libri) per allenare la loro Intelligenza Artificiale e nel loro inserimento nell’output

– I –

Il NYT il 27 dicembre dà notizia di aver fatto causa per il saccheggio dei suoi articoli e materiali per allenare ChatGP e altri sistemi di AI e l’uso nell’output dai prompts degli utenti.

Offre pure il link all’atto di citazione. depositato presso il South. Dist. di NY il 27 dicembre 2023 , Case 1:23-cv-11195 .

Qui interessante è la decrizione del funzionamento della generative AI e del suo training, oltre alla storia di OpenAI che -contrariamente agli inizi (solo strategicamente open, allora vien da dire)- open adesso non lo è più , §§ 55 ss.: v. § 75 ss

Le condotte in violazione (con molti esempi reali -screenshot- delle prove eseguite dall’attore, spesso a colori: anzi, viene detto in altro articolo che l’Exhibit J contiene 100 esempi ; lo stesso sito in altro articolo offre il link diretto a questo allegato J) sono:

– Unauthorized Reproduction of Times Works During GPT Model Training,§ 83 ss

– Embodiment of Unauthorized Reproductions and Derivatives of Times Works in
GPT Models, § 98 ss

– Unauthorized Public Display of Times Works in GPT Product Outputs, § 102 ss;

-Unauthorized Retrieval and Dissemination of Current News, § 108 ss.

V. ora su Youtube  l’interessante analisi riga per riga della citazione svolta da Giovanni Ziccardi.

– II –

Giunge poi notizia di analoga iniziativa giudiziaria  (qui però come class action) promossa da scrittori USA. Vedasi la citazione depositata il 19 dicembre 2023 al South. Dist. di NY da Alter, Bird, Branch ed altri contro più o meno gli stessi convenuti. I datasets per il training sono presi da Common Crawl, Webtext, Books1 and 2,  Wikipedia etc, § 72 (lo dice lo stesso OPenAI).

L’allegata modalità seguita per la violazione:

<<90. Defendants used works authored and owned by Plaintiffs in the training of their GPT models, and in doing so reproduced these works and commercially exploited them without a license.
91. While OpenAI and Microsoft have kept the contents of their training data secret, it is likely that, in training their GPT models, they reproduced all or nearly all commercially successful nonfiction books. As OpenAI investor Andreesen Horowitz has admitted, “large language models,” like Defendants’ GPT models, “are trained on something approaching the entire corpus of the written word,” a corpus that would of course include Plaintiffs’ works.
92. The size of the Books2 database—the “internet based books corpora” that
Defendants used to train GPT-3, GPT-3.5, and possibly GPT-4 as well—has led commentators to believe that Books2 is comprised of books scraped from entire pirated online libraries such as LibGen, ZLibrary, or Bibliotik. Shawn Presser, an independent software developer, created an open-source set of training data called Books3, which was intended to give developers, in his words, “OpenAI-grade training data.” The Books3 dataset, similar in size to Books2, was built
from a corpus of pirated copies of books available on the site Bibliotik. Works authored and owned by Plaintiffs Alter, Bird, Branch, Cohen, Linden, Okrent, Sancton, Sides, Schiff, Shapiro, Tolentino, and Winchester are available on Books3, an indication that these works were also likely included in the similarly sized Books2>>.

Vedremo l’esito (magari già la comparsa di costitzione, speriamo)

– III –

“Chat GPT Is Eating the World” pubblica una utile lista delle cause pendenti in USA azionanti il copyright contro l’uso in AI (sono 15 , quasi tutte class actions).

Ci trovi anche il fascicolo processuale della sopra cit. NYT Times c. Microsoft-OpenAI (v. DOCKET,  link diretto qui e qui nei vari Exhibit l’elenco dell’enorme quantità di articoli copiati)

– IV –

Resta però da vedere se allenare  i LARGE LANGUAGE MODELS con materiale protetto ne determini realmente una “riproduzione” sotto il profilo tecnico/informatico: o meglio se tecnicamente si dia un fenomeno che possa giuridicamente qualificarsi “riproduzione”.     Kevin Bryan su X  dice di no ; Lemley-CAsey pure affermano la legittimità per policy reasons . Ma data la norma in vigore, si deve accertare se vi sia o meno riproduzione: in caso positivo, infatti, l’eventuale elaborazione creativa (tutto da vedere se ricorra e come vada giudicata la creatività) non può prescindere dal consenso dei titolari delle opere riprodotte.

Che queste AI richeidano di accedere a materialiper lo più protetti è com,prensibile: lo dice OpenAI (v. Dan Milmo 8 genn. 2023 nel Guardian). Ma non aiuta a risolvere detto dubbio tecnico-giuridico