Assegnazione della casa familiare nel solo interesse del minore

Cass. sez. I, ord., 19 maggio 2025 n. 13.138, rel. Caprioli

<<La decisione assunta dalla Corte è coerente con i principi affermati da questa Corte che ha chiarito che l’assegnazione della casa familiare prevista dall’art. 155-quater c.c. è finalizzata unicamente alla tutela della prole e non può essere disposta come se fosse una componente dell’assegno previsto dall’art. 156 c.c. (Cass., sez. 6-1, 29 settembre 2016, n. 19347); dovendo ritenersi estranea alla decisione di assegnazione della casa coniugale ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico (Cass., sez. 1, 12 ottobre 2018, n. 25604).

Ciò, in quanto va tutelato l’ambiente “ove il minore ha cominciato a vivere e a relazionarsi come persona”, tanto da considerare quell’abitazione come “la proiezione nello spazio della sua identità all’interno di uno specifico contesto ambientale e sociale” (Cass., sez. 1, 2/8/2023, n. 23501).

Deve, dunque, valutarsi l’esistenza di uno stabile legame fra il minore l’immobile già adibito a casa familiare, verificando, in caso di allontanamento e in considerazione del tempo trascorso, la persistenza di tale legame tra il minore e l’abitazione (Cass., sez. 1, 13/10/2021, n. 27907; Cass., 13/12/2018, n. 32231).

Valutazione questa che è stata compiuta dal giudice di merito che proprio valorizzando le dichiarazioni del padre ha rilevato che la durata di 4 dell’allontanamento volontario della minore avesse compromesso lo stabile legame fra i medesimi e l’immobile già adibito a casa familiare escludendo quindi la possibilità di rinsaldare e consolidare il rapporto con la casa coniugale.

A fronte di tale valutazione il ricorrente propone un difforme, apprezzamento in fatto delle risultanze probatorie già scrutinate dai giudici del merito sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., n. 32505/23)>>.

Conflitto tra genitori e nonni da risolvere in base al miglior interesse del minore

Cass. Civ., Sez. I, Ord., 09 maggio 2025, n. 12.317, rel. Dal Moro:

 

La responsabilità genitoriale e i connessi diritti relativi alla relazione con i figli, quanto il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significativi con i nipoti costituiscono situazioni giuridiche “serventi”, focalizzate sul primario interesse del minore, sulla sua protezione e sull’esigenza che egli cresca con il sostegno di un adeguato ambiente familiare, capace anche di assicurare il vantaggio derivante da una relazione positiva con le relazioni precedenti. Di conseguenza, in caso di conflittualità fra genitori e ascendenti non si tratta di assicurare tutela a potestà contrapposte individuando quale delle due debba prevalere sull’altra, ma di bilanciare, se e fin dove è possibile, le divergenti posizioni nella maniera più consona al primario interesse del minore, il cui sviluppo è normalmente assicurato dal sostegno e dalla cooperazione dell’intera comunità parentale.

(massima di Ferrandi Francesca in Ondif)

Dichiarazione di filiazione naturale ed effetti sui doveri del genitore verso i figli

Cass. Civ., Sez. I, ord. 9 maggio 2025 n. 12246, rel. Russo:

<<La sentenza dichiarativa della filiazione naturale produce gli effetti del riconoscimento, ai sensi dell’art. 277 с.c., e, quindi, giusta l’art. 261 c.c., implica per il genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento.
La relativa obbligazione si collega allo status genitoriale ed assume, di conseguenza, pari decorrenza, dalla nascita del figlio, con il corollario che l’altro genitore, il quale nel frattempo abbia assunto l’onere del mantenimento anche per la porzione di pertinenza del genitore giudizialmente dichiarato, ha diritto di regresso per la corrispondente quota, sulla scorta delle regole dettate dall’art. 1299 c.c. nei rapporti fra condebitori solidali>>.

(l’0art. 261 cc è stato abrogato dal d. lgs. 154 del 2013)

(massima di Valeria Cianciolo in Ondif)

 

L’assegnazione della casa familiare è legata solo alle esigenze dei figli di permanenza nell’ambiente domestico

Cass. sez. I, Ord. 9 maggio 2025, n. 12.249, rel. Russo:

<<La casa familiare deve essere assegnata tenendo conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, al fine di garantire il mantenimento delle loro consuetudini di vita e delle relazioni sociali che in tale ambiente si sono radicate, sicché è estranea a tale decisione ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico. Anche nella ipotesi in cui il giudice decida, previa valutazione del miglior interesse dei figli, di assegnare solo una porzione della casa familiare (o una singola unità abitativa), il potere di imporre limiti al diritto dominicale si esercita pur sempre nell’ambito dell’art. 337 sexies c.c., trattandosi di un provvedimento in favore del genitore convivente con i figli e nell’interesse di costoro>>.

(massima di Fossati Cesare in Ondif)

Dichiarazione giudiziale di paternità naturale e prove immuno-ematologiche

Cass. sez. 1, 09/05/2025 n. 12.245, rel. Russ. R. E.:

<<Inoltre, specificamente in tema di dichiarazione giudiziale di paternità naturale, questa Corte ha già affermato il principio, cui il Collegio intende dare continuità, secondo il quale l’ammissione degli accertamenti immuno-ematologici non è subordinata all’esito della prova storica dell’esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito, in materia, dall’art. 269, comma 2, c.c., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una gerarchia assiologica tra i mezzi istruttori idonei a dimostrare quella paternità, né, conseguentemente, mediante l’imposizione, al giudice, di una sorta di “ordine cronologico” nella loro ammissione ed assunzione, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge, e risolvendosi una diversa interpretazione in un sostanziale impedimento all’esercizio del diritto di azione in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (Cass. n. 22732 del 12/08/2024)>>.

Le spese straordinarie per i figli e il loro recupero da parte del fgenitore collocatario

Cass. Civ., Sez. I, Ord., 10 aprile 2025, n. 9392, rel. Valentino:

<<In tema di spese straordinarie sostenute nell’interesse dei figli, il genitore collocatario non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l’altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (come ad es. le spese scolastiche, spese mediche ordinarie), riguardando il preventivo accordo solo quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall’ordinario regime di vita della prole; tuttavia, anche per queste ultime, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute, alla ripetizione della quota di spettanza dell’altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all’interesse preminente del minore e al tenore di vita familiare.
Nel caso di mancata concertazione preventiva e di rifiuto di provvedere al rimborso della quota di spettanza da parte del coniuge che non le ha effettuate, spetta al giudice di merito verificare la rispondenza delle spese all’interesse del minore, commisurando l’entità della spesa rispetto all’utilità e alla sua sostenibilità in rapporto alle condizioni economiche dei genitori>>.

(massima di Ferrandi Francesca in Ondif)

Incremento delle spese per il mantenimento del figlio e revisione dell’assegno relativo

Cass. civ., Sez. I, Ord., (data ud. 06/03/2025) 17/03/2025, n. 7121;

<<Analoghe considerazioni vanno fatte per quel che attiene al mantenimento della figlia.

L’incremento dell’assegno in favore di quest’ultima non poggia su elementi obiettivamente idonei a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento.

In generale, l’art. 316 bis c.c., comma 1, prevede, poi, che i genitori (anche quelli non sposati) devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Lo stesso criterio di proporzionalità deve essere seguito dal giudice, quando, finita la comunione di vita tra i genitori (siano essi sposati oppure no), è chiamato a determinare la misura del contributo al mantenimento da porre a carico di uno di essi, dovendo considerare le risorse economiche di ciascuno (art. 337 ter c.c., comma 4, n. 4)), valutando anche i tempi di permanenza del figlio presso l’uno o l’altro genitore e la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascuno (art. 337 ter c.c., comma 4, nn. 3) e 5)), quali modalità di adempimento in via diretta dell’obbligo di mantenimento che, pertanto, incidono sulla necessità e sull’entità del contributo al mantenimento in termini monetari.

In tale ottica, perché possa essere operata la revisione del contributo al mantenimento del figlio, non basta che si determini un mutamento di alcuni dei parametri di riferimento previsti dall’art. 337 ter c.c., comma 4, essendo necessario che tale mutamento comporti un’alterazione del principio della proporzionalità che aveva determinato la misura dell’assegno in questione.

In particolare, se sono ritenute esistenti maggiori spese per il mantenimento del figlio (art. 337 ter c.c., comma 4, n. 1), ciò non comporta un automatico aumento del contributo al mantenimento a carico del genitore obbligato, perché deve sempre essere garantito il rispetto del sopra menzionato principio della proporzionalità, da verificarsi in base ai parametri sopra indicati ai nn. 3, 4, e 5 dell’art. 337 ter c.c.

Ciò significa che, se risultano immutati tutti gli altri elementi di valutazione, che attengono al riparto interno dell’obbligo di mantenimento, l’aumento delle spese di mantenimento legate alla crescita del figlio, in relazione alle specifiche esigenze di quest’ultimo, deve comportare un aumento del contributo al mantenimento gravante sul genitore obbligato, perché altrimenti le maggiori spese graverebbero ingiustamente solo sull’altro.

Ove, tuttavia, le condizioni economiche dell’uno o dell’altro genitore dovessero cambiare, o il figlio decidesse di andare a vivere per più tempo presso l’abitazione dell’uno piuttosto che dell’altro (art. 337 ter c.c., comma 4, n. 3), la misura del contributo al mantenimento non potrebbe essere automaticamente aumentata solo perché il figlio è cresciuto, dovendo essere nuovamente operato il giudizio relativo alla proporzionalità incentrato sui parametri sopra indicati.

In sintesi, a fronte della richiesta di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli minorenni o maggiorenni e non autosufficienti economicamente giustificata dall’insorgenza di maggiori oneri legati alla crescita di questi ultimi, il giudice di merito, che ritenga esistenti tali maggiori spese, non è chiamato ad accertare l’esistenza di sopravvenienze nel reddito del genitore obbligato in grado di giustificare l’aumento del contributo, ma deve limitarsi a verificare se tali maggiori spese comportino la necessità di rivedere l’assegno per assicurare la proporzionalità del suo contributo alla luce dei parametri fissati dall’art. 337 ter c.c., comma 4, ben potendo l’incremento di spesa determinare un maggiore contributo con redditi (dei genitori) immutati (o mutati senza modificare la rispettiva debenza), ovvero non incidere sulla misura del contributo, ove le attuali consistenze economiche dei genitori non rilevino per la misura del contributo, come già determinato>>.

Affidamento dei minori omo-familiare oppure etero-familiare? Sull’art. 333 c.c.

Cass. sez. I , 12/03/2025  n. 6.581 rel. Iofrida:

<<I ricorrenti, nonni paterni, insistono nel lamentare che il Tribunale per i minorenni di Lecce, prima, e, successivamente, la Corte di Appello avrebbero dovuto privilegiare nell’affidamento delle piccole Ca.So. ed Ca.Es. a dette figure familiari.

Questa Corte (Cass. 28257/2019) ha chiarito che “Il giudizio e l’eventuale istruttoria da svolgersi dal giudice del merito in ordine all’adeguatezza, o meno, del familiare prescelto quale affidatario in via temporanea, ai sensi dell’articolo 333 c.p.c., a soddisfare le esigenze del minore ed a salvaguardarne il sano ed equilibrato sviluppo psico-fisico, va accuratamente svolto, valorizzando delle figure vicarianti inter-familiari e il contributo al mantenimento del rapporto con la famiglia di origine che è criterio guida di ogni scelta in materia di affido, anche temporaneo, dei minori” (questa Corte ha cassato la decisione della Corte di merito, che aveva disposto l’affidamento temporaneo etero-familiare di un minore, senza aver adeguatamente valutato la possibilità dell’affido inter-familiare ai nonni).

Orbene, la Corte d’Appello di Lecce, in applicazione di tale principio, ha, nella specie, svolto anzitutto un’istruttoria accurata, sia acquisendo le Relazioni aggiornate dei Servizi sociali, sia disponendo consulenza tecnica psicologica proprio per definire l’idoneità all’affidamento intra-familiare e al collocamento dei minori presso gli ascendenti paterni.

Le doglianze in ordine a carenze istruttorie risultano quindi del tutto generiche e astratte, muovendo dall’assunto fondante secondo cui su deve in ogni caso privilegiare l’affido intra-familiare, sia pure in un’ottica di famiglia allargata.

Ma nel presente giudizio è stata comunque vagliata ogni possibilità, purché risolutiva, per il collocamento e affidamento dei minori, senza che siano ipotizzabili censure inerenti l’iter processuale e violazioni o falsa applicazione di norme.

Il tutore controricorrente evidenzia come sia emersa in giudizio l’incapacità dei nonni paterni delle due bambine di rendersi conto delle situazioni e delle condizioni di disagio dei minori e delle gravi trascuratezze e carenze delle figure genitoriali nell’accudimento dei minori e quindi, non avendo i nonni alcuna familiarità con la famiglia del figlio, l’assenza di quel rapporto significativo che consente di dare un senso al non allontanamento dei minori da un contesto familiare.

Peraltro, i nonni in una prima fase del procedimento non hanno espresso la disponibilità ad un eventuale affido delle nipoti, rimarcando invece l’adeguatezza del figlio e della nuora, ed anzi giustificando mancanze (a loro dire) di piccola entità (quali per esempio i vestiti sporchi dei bambini) con i presunti impegni della signora Pa.Ma. nei confronti dell’anziano genitore; solo nel dicembre 2021 essi avevano presentato istanza di affidamento delle nipoti, istanza respinta dal Tribunale per i Minorenni con provvedimento provvisorio del maggio 2022, confermato in sede di reclamo dalla Corte d’Appello.

Al riguardo, si deve rilevare (avendo il controricorrente svolto a pag.11 del controricorso alcune considerazioni) che non si è formato un giudicato, in ogni caso rebus sic stantibus, e quindi non preclusivo di nuovo esame della posizione dei nonni quali affidatari delle minori, rispetto alla conferma con il provvedimento definitivo, adottato dal Tribunale nell’ottobre 2022 e impugnato con reclamo alla Corte d’Appello, che ha deciso con il decreto oggi impugnato.

Nel caso di specie, la decisione della Corte d’Appello di inidoneità dei nonni ad essere individuati quali affidatari dei minori si è fondata sull’inesistente legame affettivo “significativo” nonni-nipoti, sui bisogni speciali di Ca.So., sulla tenera età di Ca.Es., sulla situazione complessa preadolescenziale di Pa.Ke. (che peraltro non è nipote dei signori Ca.An. e Cr.Ro. e per il quale la disponibilità dei nonni è sempre stata ambivalente, sembrando subordinata a quella di poter essere affidatari delle bambine), ma soprattutto sull’attivazione di tutte le possibili risorse senza esito positivo>>.

Sul diritto id visita dei nonni in caso di separazione dei genitori (che vanno ad abitare in città lontane)

Cass. Sez. I, Ord. 13/03/2025, n. 6658, rel. Tricomi, in un caso in cui il padre abitava a Genova e la madre era tornata a Bari:

<<Va premesso che, come più volte affermato da questa Corte, nella vigenza della disciplina successiva alla novella introdotta con il D.Lgs. n.154/2013, “Il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, previsto dall’art. 317-bis c.c., coerentemente con l’interpretazione dell’articolo 8 Cedu fornita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, non ha un carattere incondizionato, ma il suo esercizio è subordinato ad una valutazione del giudice avente di mira “l’esclusivo interesse del minore”. La sussistenza di tale interesse – nel caso in cui i genitori dei minori contestino il diritto dei nonni a mantenere tali rapporti -è configurabile quando il coinvolgimento degli ascendenti si sostanzi in una fruttuosa cooperazione con i genitori per l’adempimento dei loro obblighi educativi, in modo tale da contribuire alla realizzazione di un progetto educativo e formativo volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore.” (Cass. n.15238/2018). Invero, il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all’interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi, pertanto il giudice non può disporre il mantenimento di tali rapporti dopo aver riscontrato semplicemente l’assenza di alcun pregiudizio per i minori, dovendo invece accertare il preciso vantaggio a loro derivante dalla partecipazione degli ascendenti al progetto educativo e formativo che li riguarda, senza imporre alcuna frequentazione contro la volontà espressa dei nipoti che abbiano compiuto i dodici anni o che comunque risultino capaci di discernimento, individuando piuttosto strumenti di modulazione delle relazioni, in grado di favorire la necessaria spontaneità dei rapporti (Cass. n. 2881/2023).

Una volta accertata la ricorrenza delle condizioni anzidette, il giudice, ove ritenga di consentire che la frequentazione tra gli ascendenti ed il nipote esclusivamente alla presenza del genitore ex parte, deve espressamente motivare sul punto; deve, inoltre, utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, avvalendosi se del caso dei Servizi Sociali, al fine di contemperare la regolamentazione della frequentazione in modo proporzionato ed equilibrato con le altre esigenze di vita del minore (affettive, sociali, scolastiche e ludiche). L’esigenza di una regolamentazione chiara ed equilibrata della frequentazione con gli ascendenti, focalizzata sul superiore interesse del minore alla ricorrenza dei presupposti, è maggiormente avvertita laddove la situazione familiare sia connotata da una grave conflittualità, tale da impedire una gestione degli incontri attuata concordemente in autonomia da parte dei genitori, pur separati o divorziati, e dove si realizzino condizioni geografiche che tendenzialmente rendono più complesso l’incontro di persona.

Nel caso in esame, la Corte di appello ha ritenuto funzionale all’interesse del minore la frequentazione con i nonni, ma, nonostante la grave ed accertata conflittualità tra le parti e la distanza geografica delle rispettive residenze, non ha stabilito se gli incontri possano avvenire anche senza la presenza paterna e non ha proceduto a delinearne, anche avvalendosi dei Servizi Sociali, la concreta regolamentazione, di modo da definire in maniera più puntuale quale sia la modalità di incontro, di persona o mezzo apparati elettronici, tra nonni paterni e nipote: a tanto la Corte territoriale dovrà procedere in sede di rinvio, ove permanga all’attualità, la positiva valutazione dell’interesse del minore a mantenere i rapporti con i nonni paterni, utilizzando tutti gli strumenti a disposizione al fine di contemperare la relativa organizzazione con le altre esigenze di vita del minore in modo da rispettarne i tempi dedicati alla vita affettiva, sociale, scolastica e ludica e, nel contempo, inibire le potenziali occasioni di conflitto e favorire la necessaria spontaneità dei rapporti>>.

Obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne non indipendente economicamente

Cass. sez. I, ord. 26/02/2025 n. 5.090, rel. Tricomi:

<<In materia di mantenimento del figlio maggiorenne e non autosufficiente, i presupposti su cui si fonda l’esclusione del relativo diritto, oggetto di accertamento da parte del giudice del merito e della cui prova è gravato il genitore che si oppone alla domanda, sono integrati: dall’età del figlio, destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento; dall’effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica del figlio e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. n. 38366/2021). Inoltre, ove il figlio dei genitori separati o divorziati abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, adeguata alle sue competenze, egli non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, [solo che purtroppo gli assegni sociali sono largamenteinsufficienti allo scopo] ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso (Cass. n.29264/2022; Cass. n. 12123/2024).

Invero, il giudice di merito ha esaminato le risultanze istruttorie concernenti lo svolgimento di attività lavorativa da parte del figlio e ne ha apprezzato in maniera compiuta sia la temporaneità che la reiterazione, senza che l’erronea individuazione di uno dei periodi lavorativi, possa incidere sulla tenuta del complessivo ragionamento sviluppato in relazione a plurime emergenze, non smentite da fatti decisivi di cui sia stato omesso l’esame, dovendo osservare che la doglianza si pone essenzialmente come una critica di merito.

In relazione alla posizione della figlia, la Corte territoriale si è conformata alla giurisprudenza di legittimità secondo cui raggiunta la maggiore età, si presume l’idoneità al reddito che, per essere vinta, necessita della prova delle fattispecie che integrano il diritto al mantenimento ulteriore (cfr. Cass. n. 26875/2023) e che all’età progressivamente più elevata dell’avente diritto, si accompagna tendenzialmente, in concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al mantenimento (cfr. Cass n. 17183/2020), rimarcando che spettava alla richiedente provare che la “figlia adulta” avendo 26 anni, si era attivata nella ricerca di un lavoro senza riuscire a trovarlo e, dunque, la mancanza di inerzia colpevole, o l’impossibilità della stessa di farvi fronte. In particolare, la Corte di merito ha evidenziato che questa prova non poteva dirsi realizzata mediante la produzione del certificato medico, unico documento prodotto a sostegno dell’assunto e concernente un disturbo d’ansia, perché molto risalente, con apprezzamento che è congruamente motivato e rispetto al quale la ricorrente invoca una maggiore valorizzazione>>.