Diritto del nonno a frequentare il nipote ma solo se nell’interesse di questi

Cass.  Sez. I, Ord. 16/04/2024, rel. Caiazzo, n. 10.250, sull’art. 317 bis cc

<Invero, il diritto degli ascendenti a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni è funzionale all’interesse di questi ultimi e presuppone una relazione positiva, gratificante e soddisfacente per ciascuno di essi, pertanto il giudice non può disporre il mantenimento di tali rapporti dopo aver riscontrato semplicemente l’assenza di alcun pregiudizio per i minori, dovendo invece accertare il preciso vantaggio a loro derivante dalla partecipazione degli ascendenti al progetto educativo e formativo che li riguarda, senza imporre alcuna frequentazione contro la volontà espressa dei nipoti che abbiano compiuto i dodici anni o che comunque risultino capaci di discernimento, individuando piuttosto strumenti di modulazione delle relazioni, in grado di favorire la necessaria spontaneità dei rapporti (Cass., n. 2881/23; n. 15238/18). [non da poco: non basta l’assenza di danno, servendo la  presenza stimata di benefici per il minore]

Nella specie, la Corte territoriale ha posto a sostegno della decisione sia la c.t.u., espletata nel giudizio divorzile, che le relazioni della dott.ssa Ravrenna, psicologa incaricata dal padre della minore, poi da quest’ultimo revocata, recependo in sostanza i rilievi di tali professionisti a tenore dei quali la decisione di consentire il riavvicinamento della minore alla nonna (i cui rapporti erano sospesi fin dall’accordo di divorzio) era subordinata a una previa valutazione delle condizioni psicologiche della stessa minore e al superamento della conflittualità familiare nella quale la ricorrente era risultata profondamente coinvolta (come peraltro confermato in motivazione con riferimento ai riferiti incontri tra nonna e figli, in violazione delle prescrizioni dettata dal giudice), tentativo questo che non era riuscito con una recrudescenza della predetta conflittualità.

Pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto ancora insussistenti i presupposti per la ripresa della relazione in questione, essendo evidente l’inopportunità di una introduzione nel conflitto in atto della figura della nonna, anche considerando la fragilità mostrata dalla minore, priva di una effettiva “mentalizzazione” di quella figura. Inoltre, è stata evidenziata la correttezza delle preoccupazioni espresse dagli operatori (c.t.u. e psicoterapeuta) circa il coinvolgimento della nonna nelle conflittuali relazioni familiari e sulla necessità di osservare opportune cautele di natura psicologica prima di una possibile ripresa delle relazioni della stessa con la minore>.

Poi sul diritto del minore di partecipare al processo:

<<In generale i minori, nei procedimenti giudiziari che li riguardano, non possono essere considerati parti formali del giudizio, perché la legittimazione processuale non risulta attribuita loro da alcuna disposizione di legge; essi sono, tuttavia, parti sostanziali, in quanto portatori di interessi comunque diversi, quando non contrapposti, rispetto ai loro genitori. La tutela del minore, in questi giudizi, si realizza mediante la previsione dell’ascolto, e costituisce pertanto violazione del principio del contraddittorio e dei diritti del minore il suo mancato espletamento, quando non sia sorretto da un’espressa motivazione sull’assenza di discernimento, tale da giustificarne l’omissione (Cass., n. 16410/20, che ha dettato il principio in un giudizio nel quale i nonni del minore, che domandavano di essere ammessi ad incontrarlo, avevano contestato la nullità della sentenza a causa della mancata nomina di un difensore del minore – critica respinta – e della mancata audizione di quest’ultimo, censura che è stata invece accolta, con rinvio della causa al giudice dell’appello).

Nel caso concreto, dagli atti non emerge che il minore sia stato sentito in ordine alla questione della frequentazione con la nonna ricorrente, né è stata fornita una motivazione giustificatrice del mancato ascolto. Sul punto, è stato ritenuto che l’art. 315-bis cod. civ., introdotto dalla legge 10 dicembre 2012 , n. 219, [oggi v. pure l’art. 473 bis.4 cpc] prevede il diritto del minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano, e quindi anche in quelle relative all’affidamento ai genitori, salvo che l’ascolto possa essere in contrasto con il suo “superiore interesse”.

Al riguardo, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di ascolto del minore infradodicenne, nelle procedure giudiziarie che lo riguardino, l’audizione è adempimento necessario, a meno che l’ascolto sia ritenuto in contrasto con gli interessi superiori del minore medesimo (in ragione dell’età o del grado di maturità o per altre circostanze), come va specificamente enunciato dal giudice, in tal caso restando non necessaria la motivazione espressa sulla preventiva valutazione del discernimento del minore (Cass., n. 24626/23; n. 1474/21; n. 9691/22).

Nella specie, dalla sentenza impugnata si evince la fragilità della minore la quale non aveva “mentalizzato” la figura della nonna paterna, come rilevato dal c.t.u.; inoltre, come detto, i vari operatori avevano evidenziato l’inopportunità del coinvolgimento della nonna nelle conflittuali relazioni familiari e la necessità di osservare opportune cautele di natura psicologica prima di una possibile ripresa delle relazioni della stessa con la nipote.

Se ne deve dunque dedurre che l’omesso ascolto della minore sia stato adeguatamente giustificato dalla Corte territoriale, non rispondendo la relativa audizione all’interesse della stessa. Infatti, nel decreto impugnato è stato rilevato che la nonna era stata messa ampiamente in contatto con la nipote, liberamente e al di fuori di ogni cautela, ciò attraverso contatti telefonici e poi, durante le vacanza estive del 2022, grazie alla compiacenza dello stesso padre.

Invero, in tema di ascolto del minore maltrattato, il giudice deve sempre operare un bilanciamento tra l’esigenza di ricostruzione del volere e del sentimento del minore, quale principio fondamentale applicabile anche nel procedimento relativo alla decadenza dalla responsabilità genitoriale, e quella della tutela del minore maltrattato, come persona fragile, nel caso in cui l’ascolto possa costituire pericolo di vittimizzazione secondaria per gli ulteriori traumi che il fanciullo che li abbia già vissuti possa essere costretto a rivivere (Cass., n. 23247/23).

Nel caso concreto, è dunque evidente come il mancato ascolto della minore fosse stato ritenuto necessario nel suo interesse, nell’ambito del percorso terapeutico volto a tutelare Gaia Claudia riguardo alle conflittuali relazioni familiari>>.

Il diritto di visita dei nonni è subordinato al benessere del minore: la Cassazione sull’art. 317 bis c.c.

Chiarimenti sulla retta interpretazione dell’art. 317 bis cc “Rapporti con gli ascendenti” forniti da Cass, sez. 1 n° 2881 del 31.01.2023, rel. Pazzi.

<<L’interesse superiore del minore, perciò, deve costituire la considerazione determinante e, a seconda della propria natura e gravità, può prevalere su quello dei genitori o degli altri familiari (cfr. Corte EDU, 9/2/2017, Solarino c. Italia).

6.3 E’ fuor di dubbio che ciascun minore ha un rilevante interesse a fruire di un legame, relazionale ed affettivo, con la linea articolata delle generazioni che, per il tramite dei propri genitori, costituiscono la sua scaturigine.

Queste relazioni, d’ordinario, funzionano secondo linee armoniche e spontanee, perciò fruttuose per tutti gli attori in campo.

Ciò però non può far escludere che, in casi particolari, esse generino situazioni limite che esigono l’intervento giudiziale, quando non sia sufficiente il buon senso a far superare le frizioni fra gli adulti, allo scopo di assicurare il beneficio di una frequentazione fra ascendenti e nipoti di carattere biunivoco e capace di reciproco arricchimento spirituale ed affettivo.

6.4. L’intervento del giudice in questo ambito deve tenere conto del fatto che l’art. 317-bis c.c., nel riconoscere agli ascendenti un vero e proprio diritto a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni, non attribuisce allo stesso un carattere incondizionato, ma ne subordina l’esercizio e la tutela, a fronte di contestazioni o comportamenti ostativi di uno o entrambi i genitori, a una valutazione del giudice avente di mira l'”esclusivo interesse del minore”, ovverosia la realizzazione di un progetto educativo e formativo, volto ad assicurare un sano ed equilibrato sviluppo della personalità del minore, nell’ambito del quale possa trovare spazio anche un’attiva partecipazione degli ascendenti, quale espressione del loro coinvolgimento nella sfera relazionale ed affettiva del nipote (Cass. 15238/2018).

La Corte di merito, quindi, doveva preoccuparsi di verificare, in termini positivi, la possibilità di procedere a un simile coinvolgimento, costituente il presupposto indispensabile per un’utile cooperazione degli ascendenti all’adempimento degli obblighi educativi e formativi dei genitori.

Questo coinvolgimento, all’evidenza, ha una consistenza ben diversa dalla mera constatazione, compiuta nel caso di specie dalla Corte di merito, dell’insussistenza di “un reale pregiudizio nel passare del tempo con i nonni e lo zio paterni”, perché implica un accertamento non – in termini negativi – della mera mancanza di conseguenze pregiudizievoli in esito alla frequentazione, bensì – in termini positivi – della possibilità per gli ascendenti di prendere fruttuosamente parte attiva alla vita dei nipoti attraverso la costruzione di un rapporto relazionale ed affettivo e in maniera tale da favorire il sano ed equilibrato sviluppo della loro personalità>>.

In altri termini, <<non è il minore a dovere offrirsi per soddisfare il tornaconto dei suoi ascendenti a frequentarlo, ove non ne derivi un “reale pregiudizio”, ma è l’ascendente – il diritto del quale ex art. 317-bis c.c. vale nei confronti dei terzi, ma non dei nipoti, il cui interesse è destinato a prevalere – a dovere prestarsi a cooperare nella realizzazione del progetto educativo e formativo del minore, se e nella misura in cui questo suo coinvolgimento possa non solo arricchire il suo patrimonio morale e spirituale, ma anche contribuire all’interesse del discendente>>.

Se si considera che tanto l’assunzione di responsabilità da parte dei genitori, prevista dall’art. 316 c.c., quanto il diritto degli ascendenti di mantenere rapporti significati con i discendenti, riconosciuto dall’art. 317-bis c.c., <<costituiscono situazioni giuridiche “serventi” focalizzate sul primario interesse del minore, sulla sua protezione e sull’esigenza che egli cresca con il sostegno di un adeguato ambiente familiare, capace anche di assicurare il vantaggio derivante da una relazione positiva con le relazioni precedenti, ben si comprende, allora, come in caso di conflittualità fra genitori e ascendenti non si tratti di assicurare tutela a potestà contrapposte individuando quale delle due debba prevalere sull’altra, ma di bilanciare, se e fin dove è possibile, le divergenti posizioni nella maniera più consona al primario interesse del minore, il cui sviluppo è normalmente assicurato dal sostegno e dalla cooperazione dell’intera comunità parentale.

Il compito del giudice, dunque, non è quello di individuare quale dei parenti debba imporsi sull’altro nella situazione di conflitto, ma di stabilire, rivolgendo la propria attenzione al superiore interesse del minore, se i rapporti non armonici (o addirittura conflittuali) fra gli adulti facenti parte della comunità parentale si possano comporre e come ciò debba avvenire.

In una prospettiva avente di mira, costantemente, il superiore interesse del minore occorrerà, allora, verificare – in caso di non armonici rapporti fra genitori e ascendenti – se si possa in qualche modo attuare una cooperazione fra gli adulti partecipanti alla comunità parentale nella realizzazione del progetto educativo e formativo del bambino, determinare le concrete modalità di questa necessaria collaborazione, tenendo conto dei differenti ruoli educativi, e stabilire, di conseguenza, – per ciascuno dei minori coinvolti, anche procedendo al loro ascolto nei termini previsti dall’art. 315-bis c.c., comma 3, e rispetto a ognuno degli ascendenti aventi interesse a mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni – i sistemi più proficui di frequentazione e le più opportune modalità di organizzazione degli incontri>>.