La pagina del gruppo Facebook dell’Amministrazione Comunale costituisce “designated public forum” ai fini della libertà di parola

Secondo la corte di Seattle-WA , 21 nov. 2021,Case 2:21-cv-01264-MJP , Kimksey ed altri c. comune di Sammamish, la pagina del  gruppo Facebook, costituito dal Comune di Sammamish per dialogare di temi istituzionali con i cittadini, costituisce <designated public forum> (all’interno della nota tripartizione comnprendente pure <zpublic forum> e <limited public forum>).

Infatti da un lato non c’è censura preventiva e dall’altro i commenti off topic son spesso stati tollerati

Pertanto si applica lo strictg scrutiny nel giudizio sulla legittimità della censura : il quale viene superato solo  <<it furthers a compelling interest and is narrowly tailored to achieve that interest>>

La ragione per cui si trattava di post <fuori tema -off topic-> non è tale: per cui la sua censura è illegittima

(notizia della sentenza e link alla stessa dal blog di Eric Goldman)

Ancora sul diritto di parola nei confronti di Twitter

la corte distrettuale northern district della Californa, 9 aprile 2021, Case No. 4:21-cv-00548-YGR, Rutenberg c. Twitter, rigetta l’istanza di Rutenberg (R.), che aveva  impugnato la cbiusura del suo account @realdonaldtrump, tramite il quale interagiva con i tweet dell’ex Presidente.

La domanda è avanzata tramite la § 1983, ma è rigettata in poche righe.

Bisogna che ricorra l’esercizio di funzione statale e che si tratti di state actor, ricorda la corte, p. 3 righe 8 ss.

Nessuno dei due requisiti ricorre nel caso specifico.

A nulla vale la tesi per cui T. sarebbe public forum: l’esercizio dei poteri di piattaforma da parte di T. non costituisce esercizio di potere sovrano statale. Nemmeno è esatto che T. , amministratndo gli account dell’ex presidente, diventi state actor.

R., conclude la corte, confonde la posizione della piattafoma T. con quella di uno dei suoi più famosi utenti, l’ex presidente-.

Ed in effetti (questo è un punto importante, anche se ovvio), una cosa è contestare la decisione della piattaforma, un’altra è contestare la decisione di un suo utente (di cui sei ad es. follower).

(notizie e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)

L’account Twitter e Facebook di un senatore (statale, non federale) costituisce “designated public forum”

Un senatore della Florida, a seguito di critiche mossegli da un cittadino, lo “banna” dal suo account di Twitter e poi di Facebook. Dice che lo ha fatto per profanity nei suoi post ma la corte distrettuale USA rigetta e dà ragione al cittadino “bannato”, vedendovi una ritorsione per le critiche al suo operato politico (US DC Northern district of Florida  -Gainesville division , 17.03.2021, Attwood c. Clemons, Case No.: 1:18cv38-MW/MJF).

La domanda è basata sul 42 U.S. Code § 1983. Civil action for deprivation of rights, riferito al 1° e al 14° emendamento dlela costituzione.

Viene  accertato che il senatore abbia agito under color of state law, p. 9 ss.

Qui c’è l’interessante questione sollevata dal senatore ma rigetta dalla corte, attinente al se il legislator speech (statale) possa in linea di principio essere considerato esentato da state action perchè a sua volta tutelato quale inherently private, p. 14-15.

A p. 15 la corte ricorda  i due elementi per ravvisare state action nella gestione degli account social da parte dei politici: << 1) whether the official uses the account in furtherance of their official duties, and 2) whether the presentation of the account is connected with the official’s position. Charudattan, 834 F. App’x at 481–82; Knight First Amendment Inst., 928 F.3d at 235–36>>.
In conclusione <<a reasonable fact finder could find that Defendant’s social media activity constituted state action>>. Ma poi l’indagine prosegue dovend o accertare <<whether Defendant is entitled to summary judgment, this Court must also address which class of forum Defendant’s social media accounts constitute and whether Defendant’s restriction of Plaintiff’s speech is consistent with the class of forum identified>>, p. 19,.

A p. 20-23 evidenzia tre ragioni per applicare la public forum doctrine ai social media: si tratta di passaggio importante, anche se non nuovo.

Per la corte va dunque  applicato il concetto di forum , anche se ve ne sono quattro tipi: << 1) traditional public forums, 2) designated public forums, 3) limited public forums, and 4) non-public forums.Barrett v. Walker Cnty. Sch.Dist., 872 F.3d 1209, 1226 (11th Cir. 2017). As set out below, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums when the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p. 23 . Come si vede, conclude che ricorre il tipo n° 2, dopo aver soprattutto indagato l’alternativa possibile tra il n. 2 e il n. 3 (p .24 ss ove esame dei due cocnetti).

Del resto non c’erano limitazioni per gli utentei poste ex ante : <<in this case, Defendant’s social media settings and absence of any explicit restriction limiting discourse to certain speech shows that Defendant provides unrestricted access to the public for expressive activity. Therefore, this Court concludes that Defendant’s social media accounts are designated public forums>> p. 27

Passa poi all’analisi della violazione costitutizionale, p. 27 ss.

E esamina se ricorra discriminazione , se cioè la gestione e il bannaggio sia stato una viewpoint discrimination, p. 30 ss. La ravvisa: <<because Defendant’s actions arguably constitute viewpoint discrimination, this Court must next determine whether Defendant has a compelling interest in blocking Plaintiff. He does not. When the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff, the only interest in blocking Plaintiff is to suppress Plaintiff’s criticism of Defendant’s viewpoint. Put another way, the only interest Defendant has in blocking Plaintiff is to ensure that Plaintiff’s opposing viewpoints are not shared on his account. Such an interest is not compelling. Indeed, it runs afoul of the First Amendment. As such, Defendant’s actions do not survive strict scrutiny reviewwhen the facts are viewed in the light most favorable to Plaintiff.>>, p .30.

Si noti la precisazione (non particolarmente rivoluzionaria, ma importante a fini pratici), per cui la possibilità per il cittadino di interloquiore in altro modo col Senatore (ad es. aprendo nuovi account) non ha rilevanza , trattandosi di burden on speech inammissibile, pp. 30-31-

(notizia e link alla sentenzi dal blog di Eric Goldman)

Primo Emendamento e censura da parte di Google-Youtube

Un tribunale dell’Oregon decide la lite inerente una presunta violazione del diritto di parola (coperto dal Primo Emendamento) in relazione a post di commento ad articoli apparsi su Breitbart News: si tratterebbe di violazione ad opera di Google-Youtube (è citata pure Alphabet, la holding).

L’istante allegava la violazione del diritto di parola e poi pure del safe harbour ex § 230 CDA.

Sul secondo punto la corte rigetta in limine dato che non è stata prospettata alcuna violazione della citata normativa, trattandosi di safe harbour.

Sul primo punto, ribadisce l’orientamento prevalente per cui un forum privato (per quanto importante, aggiungo io) non costituisce <ambiente statale> (non vale “State action”) e per questo non è soggetto al PRIMO EMENDAMENTO. Tale  disposizione costituzionale, infatti, riguarda solo l’azione dello Stato.

<<Thus, fundamental to any First Amendment claim is the presence of state action …  Neither Alphabet, nor its subsidiaries, Google and YouTube, are state actors. See Prager Univ., 951 F.3d at 996 (noting that the defendants, YouTube and Google, operated their platforms without any state involvement). Google and YouTube do provide the public with a forum for speech, but that does not make them state actors>>.

Eì vero che talora le corti hanno affermato che <<a private entity was a state actor for First Amendment purposes, most notably when a private entity engaged in functions typically reserved exclusively to state or municipal government. See, e.g., Marsh v. Alabama, 326 U.S. 501 (1946). Belknap’s Complaint makes no allegations that Defendants’ are engaging in municipal functions. The Ninth Circuit, moreover, has explained that private entities who provide the public a forum for speech, including YouTube and Google, are not analogous to private entities who “perform [] all the necessary municipal functions.”>>.

La sentenza si appoggia abbondantemente al precedente di quest’anno Prager Univ. v. Google LLC (decisione di appello del 9 circuito) in cui il tema è analizzato con un certo dettaglio.

Purtroppo non è chiaro il contesto fattuale : non è chiaro se si trattasse di censura di commenti a video (cita Youtube) , magari su un canale o account di Breitbart, o di commenti ad articoli scritti (parla di articles).

Non si può quindi capire quale sia l’importanza della piattaforma portatrice dei post e dunque nemmeno se sia possibile un’applicazione analogica di tale protezione.

Si tratta di Distretto dell’Oregon  01.12.2020, Belknap c. Alphabet-Google-Youtube, caso n° 3:20-cv-1989-SI .

(notizia tratta dal blog di Eric Goldman)