Primo Emendamento e censura da parte di Google-Youtube

Un tribunale dell’Oregon decide la lite inerente una presunta violazione del diritto di parola (coperto dal Primo Emendamento) in relazione a post di commento ad articoli apparsi su Breitbart News: si tratterebbe di violazione ad opera di Google-Youtube (è citata pure Alphabet, la holding).

L’istante allegava la violazione del diritto di parola e poi pure del safe harbour ex § 230 CDA.

Sul secondo punto la corte rigetta in limine dato che non è stata prospettata alcuna violazione della citata normativa, trattandosi di safe harbour.

Sul primo punto, ribadisce l’orientamento prevalente per cui un forum privato (per quanto importante, aggiungo io) non costituisce <ambiente statale> (non vale “State action”) e per questo non è soggetto al PRIMO EMENDAMENTO. Tale  disposizione costituzionale, infatti, riguarda solo l’azione dello Stato.

<<Thus, fundamental to any First Amendment claim is the presence of state action …  Neither Alphabet, nor its subsidiaries, Google and YouTube, are state actors. See Prager Univ., 951 F.3d at 996 (noting that the defendants, YouTube and Google, operated their platforms without any state involvement). Google and YouTube do provide the public with a forum for speech, but that does not make them state actors>>.

Eì vero che talora le corti hanno affermato che <<a private entity was a state actor for First Amendment purposes, most notably when a private entity engaged in functions typically reserved exclusively to state or municipal government. See, e.g., Marsh v. Alabama, 326 U.S. 501 (1946). Belknap’s Complaint makes no allegations that Defendants’ are engaging in municipal functions. The Ninth Circuit, moreover, has explained that private entities who provide the public a forum for speech, including YouTube and Google, are not analogous to private entities who “perform [] all the necessary municipal functions.”>>.

La sentenza si appoggia abbondantemente al precedente di quest’anno Prager Univ. v. Google LLC (decisione di appello del 9 circuito) in cui il tema è analizzato con un certo dettaglio.

Purtroppo non è chiaro il contesto fattuale : non è chiaro se si trattasse di censura di commenti a video (cita Youtube) , magari su un canale o account di Breitbart, o di commenti ad articoli scritti (parla di articles).

Non si può quindi capire quale sia l’importanza della piattaforma portatrice dei post e dunque nemmeno se sia possibile un’applicazione analogica di tale protezione.

Si tratta di Distretto dell’Oregon  01.12.2020, Belknap c. Alphabet-Google-Youtube, caso n° 3:20-cv-1989-SI .

(notizia tratta dal blog di Eric Goldman)

Responsabilità civile per danno alla reputazione tramite testata giornalistica (cartacea e on line)

È stata pubblicata la sentenza del Tribunale di Firenze 22 ottobre 2018 nella causa civile per danno alla reputazione tra Tiziano Renzi, padre dell’ex capo del governo, e il quotidiano Il Fatto Quotidiano (in Il Foro It., 2018/12, c. 4069 ss).

Il signor Tiziano Renzi ha censurato sei articoli de Il Fatto Quotidiano , due dei quali tratti dalla testata online. Il Tribunale ha accolto la domanda per alcuni articoli e non per altri. Qui segnalo i seguenti aspetti, non registrandosi particolari novità circa il (consueto) bilanciamento tra diritto di cronaca e diritto alla reputazione (la peculiarità concerne semmai l’interesse pubblico per i fatti di causa, stante la strettissima partentela dell’attore con una figura politicamente assai rilevante).

1°  Sul riparto interno della responsabilità ex art. 2055 c.c. (comma 2, probabilmente, e cioè ai fini del regresso tra corresponsabili: il che significa che è stato proposta apposita domanda) tra autore dell’articolo e direttore del quotidiano, da una parte, ed editore, dall’altra, quest’ultimo responsabile ex art. 11 legge sulla stampa n° 47 del 1948 (secondo cui <<Responsabilità civile – Per i reati commessi col mezzo della stampa sono civilmente responsabili, in solido con gli autori del reato e fra di loro, il proprietario della pubblicazione e l’editore>>)  – Il  riparto è stato accertato rispettivamente nella misura del 70%-30% e cioè 30% a carico dell’editore e 70% a carico di autore e direttore (articoli di giornale 2 e 6, secondo la numerazione data dal giudice). Autore e direttore, si badi, coincidevano.

Non è però spiegato come si è giunti a quantificare così il riparto.

Incongruenza nella motivazione relativa ad uno dei due articoli usciti nell’edizione online (articolo di giornale 5, secondo la numerazione in sentenza) –  Il giudice prima afferma la responsabilità della giornalista Scacciavillani e dell’editore (sempre ex art. 11 L. 47/’48; mentre non sarebbe responsabile il direttore, in quanto testata on line: v. punto seg.), ma poi prosegue così: <<Ai fini della ripartizione interna della responsabilità, quella dell’autore e direttore responsabile Marco Travaglio deve essere indicata nella misura del cinquanta per cento ciascuno>>.  Il riparto è poco comprensibile, visto che concerne autore e direttore responsabile, mentre appena prima afferma la responsabilità ex art. 2055 c.c. di giornalista ed editore. E’ poco comprensibile anche perché il direttore della testata online, semmai, pare essere Peter Gomez, non Marco Travaglio. Oscurità che indurrebbe all’appello sul punto.

Sulla irresponsabilità del direttore della testata on line (v. punto precedente)  – Si legge in sentenza che <<infatti non viene in rilievo la responsabilità del direttore per il reato di omesso controllo ex art. 57 c.p., giacchè l’attività on line non è riconducibile nel concetto di stampa periodica ex articolo 1 L. 8 febbraio 1948 n. 47>>. La motivazione non è limpida, poichè:

i) non è chiaro se l’articolo de quo manchi del requisito della “periodicità”, fermo restando che di stampa si tratta, oppure se non sia nemmeno qualificabile come “stampa” (alla luce del cit. art. 1, secondo cui <<Definizione di stampa o stampato – Sono considerate stampe o stampati, ai fini di questa legge, tutte le riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisico-chimici, in qualsiasi modo destinate alla pubblicazione>>);

ii) qualora si ritenga che manchi addirittura il requisito di “stampa”, è vero che le norme penali non possono essere applicate a casi non previsti tramite analogia. Tuttavia bisogna appurare se la stampa digitale sfugga all’art. 57 c.p. pure in base ad un’interpretazione estensiva, dai più invece ammessa. Quest’ultima via è per vero difficilmente percorribile, come in tutti i casi di  novità tecnologica non prevista dal legislatore dell’epoca: sarebbe stata in ogni caso necessaria una motivazione sul punto. Ciò tanto più se si ricorda che proprio la via dell’interpretazione estensiva è stata battuta da recente giurisprudenza penale: – con estensione in bonam partem, v. Cass. sez. un., ud.  29.01.2015, dep. 17.07.2015, n. 31022 sulla guarentigia ex art. 21 Cost. in tema di sequestrabilità preventiva di un sito web (§§ 17-22, commentata in varie riviste); – con estensione in malam partem (sta qui il puntum dolens, ovviamente), v. Cass. sez. V pen., ud., 11-12-2017, dep. 22-03-2018, n. 13398,  sull’applicabilità dell’art. 57 c. pen. al direttore di testata telematica registrata (§ 4, ad es. in Il foro it., 2018, II, 305 ss., ed annotata da S. Vimercati, Il revirement della Cassazione: la responsabilità per omesso controllo si applica al direttore della testata telematica, in www.medialaws.eu); – sempre con estensione in malam parte dell’art. 57 c. pen., v. Cass. sez. V penale, ud., 23/10/2018, dep. (pare) 11.01.2019, n. 1275 (§ 9.2, criticamente annotata da L. Amerio in medialaws.eu, § 7).

Per non dire della possibilità di valorizzare il differente trattamento tra due iniziative editoriali uguali sotto il profilo funzionale (anzi, la testata on line è assai più lesiva di quella cartaca, quanto a platea raggiungibile): con un problema di incostituzionalità non  modesto. Il giudice delle leggi però ha già respinto questa idea. Si veda Corte Cost. 16/12/2011, n.337 : <<È manifestamente inammissibile la q.l.c. dell’art. 11 l. 8 febbraio 1948 n. 47, censurato, in riferimento all’art. 3, comma 1, cost., nella parte in cui, escludendo dalla responsabilità civile ivi prevista il proprietario ed editore del sito web, sul quale vengono diffusi giornali telematici, accorderebbe una tutela ingiustificatamente più ampia alle persone offese da reati commessi col mezzo della carta stampata, rispetto a quelle che il medesimo reato abbiano subito col mezzo di un giornale telematico. L’eventuale accoglimento della questione, infatti, non potrebbe condurre ad una pronuncia di condanna al risarcimento del danno del presunto responsabile civile, perché una sentenza della Corte costituzionale non può avere l’effetto di rendere antigiuridico un comportamento che tale non era nel momento in cui è stato posto in essere (sent. n. 202 del 1991; ord. n. 71 del 2009).>> (massima da De Jure e ivi nota critica di A. Pace da Giur. cost. 2011, 6, 4613).

La disparità di trattamento, però, stava al centro della motivazione nelle citate pronunce della Cassazione penale;

iii) anche rigettata ogni possibilità di applicare la norma penale, nel caso in esame si trattava di responsabilità civile. Dunque si poteva considerare l’ipotesi di responsabilità del direttore di testata on line per estensione delle norme citate (artt. 11 L. 47/48-art. 57 c.p.) bensì analogica ma ai soli fini civili (sempre che non si ravvisi nell’art. 11 una norma eccezionale).

iv) l’equiparazione di stampa telematica a quella cartecea, in ogni caso , varrebbe solo per la testata telematica funzionalmente equiparabile a quella tradizionale cartacea: il che non è per i  blog (Cass. pen., sez. 5,  ud. 08/11/2018, dep. 20/03/2019, n. 12546, sub 3.2, richiamando appunto Cass. pen. sez. un. 31022 del 2015, cit.)