L’embedding di materiale protetto da copyright non costituisce riproduzione e quindi non c’è (co-)violazione da parte della piattaforma social

L’ embedding di materiale altrui nel proprio sito è il meccanismo <<trough which “ind paris can copy the HTML  (typertext Markup Language] code of an Instagram user’s post and paste into the third party’s webssite, causing the photo or video posted to that Instagrama account to be simulancousy displayed on that third party website.”>>.

Così la corte del nord california 1 febbraio 2022, Case 3:21-v-03778-CRB , Hunley c. Instgram.

Hunley agisce contro Instagram per secondary liability rispetto alla violazione primaria commessa dal suo utente tramite l’embedding.

La corte aveva già rigettato e ora, dopo l’amendement del complaint,  lo fa nuovamente: l’embedding non costiutisce riproduzione per il copyright. Mancando pertanto la violazione primaria, manca pure quella secondaria della piattaforma: infatti il terzo utente non ne carica copia sul proprio server (<<Hunley had acknowledged tha third parties using the embedding tool display the copyrighted photos and videos without storing them on their own servers or other storage devices>>. INOLTRE HUnley alleges that Instagran’s embedding technology “directs the browser to the Instagram server to retrieve the photo or video’s location on the Instagram server.”).

Si v. la definizione presente nella Conclusioni  dell’AG Szpunar 10.09.2020 nella lite europea, C‑392/19, VG Bild‑Kunst contro Stiftung Preußischer Kulturbesitz (poi decisa da CG 09.03.2021):

<< 9.  Una pagina Internet può contenere risorse diverse dal testo, come file grafici o audiovisivi. Tali file non sono parte integrante del documento HTML che costituisce la pagina, ma sono ad esso collegati. L’incorporazione (embedding) di tali risorse avviene mediante istruzioni specifiche esistenti, a tal fine, in linguaggio HTML. Ad esempio, per incorporare un’immagine, esiste il tag «image» («<img>») (6). Di norma, questo tag viene utilizzato per incorporare in una pagina Internet un file grafico memorizzato nello stesso server di tale pagina (file locale). Tuttavia, è sufficiente sostituire, nell’attributo «source» del tag «image», l’indirizzo di un file locale («URL relativo») con quello di un file contenuto in un altro sito Internet («URL assoluto») per incorporarlo, senza doverlo riprodurre, nella propria pagina Internet (7).

10. .      Questa tecnica utilizza la funzionalità di un collegamento ipertestuale, vale a dire che l’elemento, ad esempio un’immagine, viene visualizzato nel browser a partire dalla sua posizione originaria (il sito Internet di destinazione), e non viene quindi riprodotto sul server del sito sul quale appare. Tuttavia, l’elemento incorporato viene visualizzato automaticamente, senza necessità di cliccare su un qualche link. Dal punto di vista dell’utente, l’effetto è identico a quello di un file contenuto nella stessa pagina in cui appare. Tale pratica è nota con la denominazione di inline linking o di hotlinking.

11.  Il framing è una tecnica che consente di suddividere lo schermo in più parti, ognuna delle quali può visualizzare, in modo autonomo, una pagina o una risorsa Internet diversa. Così, in una parte dello schermo può essere visualizzata la pagina Internet originaria e, nell’altra parte, può essere visualizzata una pagina o un’altra risorsa proveniente da un altro sito. Quest’altra pagina non è riprodotta sul server del sito del framing, ma viene consultata direttamente tramite un deep link. L’indirizzo URL della pagina di destinazione di tale link è spesso nascosto, in modo che l’utente possa avere l’impressione di consultare una singola pagina Internet, quando in realtà ne sta consultando due (o più).

12.  Il framing è attualmente considerato obsoleto ed è stato abbandonato nell’ultima versione del linguaggio HTML (HTML5). Esso è stato sostituito dall’inline frame (8), che consente di inserire una risorsa esterna, come un sito Internet, una pagina, o addirittura un elemento di una pagina Internet proveniente da un altro sito, in un riquadro le cui dimensioni e posizione sono liberamente definite dall’autore della pagina Internet in questione. L’inline frame si comporta come un elemento integrante di tale pagina, poiché detta tecnica, a differenza del framing classico, non è una tecnica di suddivisione dello schermo, ma un mezzo per incorporare (embedding) risorse esterne in una pagina Internet.

13.      Per complicare maggiormente le cose, l’inline frame può essere definito come posizione di apertura di un collegamento ipertestuale (9). In questo modo, dopo che il link è stato attivato (con un click), la risorsa di destinazione si apre in un riquadro (i cui bordi possono essere o meno visibili sullo schermo), nella posizione definita dall’autore della pagina contenente il link>>.

Copiare post di una community da un social ad un altro , per evitare di sottostare a condizioni d’uso non gradite: è lecito sotto il profilo copyright?

Un gestore/moderatore di una pagina , relativa ad una comunità locale, su un social (LiveJournal) non accetta che il social cambi le condizioni d’uso per adeguarle al diritto russo . Per questo si sposta su altro social (Dreamwith).

Un follower, però, gli fa causa, dicendo che tale riproduzione viola il copyright sui suoi post.

La corte distrettuale del Massachusetts nega che vi sia violazione, affermando il ricorrere del fair use (17 US COde § 107): si tratta di US D.C. of Mass., 21.01.2021, Monsarrat c. Newman, civ. act. n. 20-10810-RGS (sub Discussion.a, p. 3 ss). Sopratutto perchè è rispettato il criterio più imporante dei quatro (l’ultimo, quello relativo all’effetto economico-concorrenziale, pp. 7/8.

Sul fair use v. lo studio “quantitativo” della giurisprudenza 1978-2019 in <<An Empirical Study of U.S. Copyright Fair Use Opinions Updated, 1978-2019>>, di Barton Beebe, NEW YORK UNIVERSITY JOURNAL OF INTELLECTUAL PROPERTY & ENTERTAINMENT LAW, vol.10/1, 2020 .

Viene anche proposta una domanda ex diffamazione , a causa della ripubblicazione di vecchi messaggi diffamatori (parrebbe, non è chiarissimo; sub Discussion.b, p. 8 ss.; il republishing è citato a p. 10). Pertanto il moderatore con ciò sarebbe divenuto <publisher>, non più mero <host> di informazioni altrui : in breve, l’informazione sarebbe propria (anche) del moderatore, invece che (solo) di chi a suo tempo la caricò.

Il moderatore covneuto invoca tuttavia il § 230 CDA.

La Corte accoglie l’eccezione, non avcendo l’attore provato un coinvolgimento del moderatore nella produzione della notizia diffamatoria, p. 10-11.

La decisione è interessante: amplia assai il concetto di <internet service provider> , che in tali termini potrà probabilmente essere usato anche nel diritto nazionale ed euroipeo.

(notizia e link alla sentenza dal blog di Eric Goldman)