Sull’azione di riduzione a tutela del legittimario: onere della prova e (soprattutto) modalità di calcolo per valutare l’allegata lesione

Altra importante lezione di diritto pratico successorio da parte del rel. Criscuolo in Cass Sez. II  del 21/12/2023, n. 35.738 (da Onelegale).

Dei tre passi qui riportati, è il terzo quello realmente interessante, il primo essendo scontato. L’irrilevanza processuale della domanda implicita , di cui al  secondo, potrebbe pure essere di qualche intersse praticio

1)   << A tal fine va richiamato l’orientamento di questa Corte secondo cui la dichiarazione del testatore di avere già soddisfatto il legittimario con antecedenti donazioni non è idonea a sottrarre allo stesso la quota di riserva, garantita dalla legge anche contro la volontà del “de cuius” [ovvio]; nè tale dichiarazione può essere assimilata ad una confessione stragiudiziale opponibile al legittimario, essendo egli, nell’azione di riduzione, terzo rispetto al testatore (Cass. n. 11737/2013; conf. Cass. n. 27066/2022; Cass. n. 18550/2022, entrambe non massimate).[ovvio]

In presenza di una tale dichiarazione, una volta esclusa la natura confessoria della stessa nei confronti del legittimario, è onere di chi invece ne sostenga la veridicità offrire la corrispondente prova, così che al fine di pervenire al rigetto della domanda di riduzione, la convenuta non poteva limitarsi ad invocare il testamento, ma ne avrebbe dovuto corroborare il contenuto sul piano probatorio.[pure ovvio]

Quanto invece alla ulteriore contestazione circa il riparto dell’onere della prova in tema di azione di riduzione, le critiche del ricorrente, sebbene esulanti dal novero di mere contestazioni tardive, appaiono comunque destituite di fondamento, occorrendo anche su tale questione provvedere ad una correzione della motivazione.

La più recente giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, delineato le regole di riparto dell’onere probatorio in caso di esercizio dell’azione di riduzione, affermando che, in tema di azione di riduzione, l’omessa allegazione nell’atto introduttivo di beni costituenti il “relictum” e di donazioni poste in essere in vita dal “de cuius”, anche in vista dell’imputazione “ex se”, ove la loro esistenza emerga dagli atti di causa ovvero costituisca oggetto di specifica contestazione delle controparti, non preclude la decisione sulla domanda di riduzione,[già più interssante] dovendo il giudice procedere alle operazioni di riunione fittizia prodromiche al riscontro della lesione, avuto riguardo alle indicazioni complessivamente provenienti dalle parti, nei limiti processuali segnati dal regime delle preclusioni per l’attività di allegazione e di prova. Ne consegue che, ove il silenzio serbato in citazione sull’esistenza di altri beni relitti ovvero di donazioni sia dovuto al convincimento della parte dell’inesistenza di altre componenti patrimoniali da prendere in esame ai fini del riscontro della lesione della quota di riserva, il giudice non può solo per questo addivenire al rigetto della domanda, che è invece consentito se, all’esito dell’istruttoria, e nei limiti segnati dalle preclusioni istruttorie, risulti indimostrata l’esistenza della dedotta lesione (Cass. n. 18199/2020, che ha altresì chiarito che il legittimario ha l’onere di precisare entro quali limiti sia stata lesa la sua quota di riserva, indicando gli elementi patrimoniali che contribuiscono a determinare il valore della massa ereditaria nonchè, di conseguenza, quello della quota di legittima violata, senza che sia necessaria all’uopo l’indicazione in termini numerici del valore dei beni interessati dalla riunione fittizia e della conseguente lesione; conf. Cass. n. 348/2023)>>.

2)   <<In primo luogo rileva il Collegio che la Corte d’Appello, conformemente al Tribunale (che aveva fatto riferimento al difetto di prova della simulazione della donazione relativa a tale immobile, rectius, donazione indiretta, solo come motivazione ad abundantiam), ha ritenuto che all’accoglimento della richiesta della convenuta ostasse il profilo processuale della formale proposizione di una specifica domanda di simulazione o comunque di accertamento della donazione indiretta, avendo in tal modo mostrato di aderire alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in caso di donazione indiretta, è pregiudiziale all’obbligo di collazione la proposizione della domanda di accertamento dell’esistenza della stessa (Cass. n. 23403/2022; Cass. n. 19833/2019, con specifico riferimento alle donazioni indirette).

La regola che appare suscettibile di applicazione anche nel caso in cui della donazione voglia tenersi conto ai fini della riunione fittizia ovvero dell’imputazione ex se, avrebbe quindi imposto che vi fosse stata una specifica domanda della convenuta, che i giudici di merito hanno escluso fosse stata proposta.

Tale affermazione non è stata oggetto di specifica censura da parte del ricorrente, che ritiene di poter superare il problema, assumendo che anche la Corte d’Appello avesse aderito alla tesi, alla quale faceva riferimento il Tribunale, della sufficienza di una proposizione della domanda de qua anche ab implicito>>.

[perchèp mai non dovrebbe ammettersi la domanda giudiziale implicita, se non lede i diritti difensivi di controparte?]

3)    <<L’art. 556 c.c. impone che la riunione fittizia, necessaria per individuare la porzione disponibile, e di riflesso l’ammontare della quota di legittima, debba avvenire sulla base dei criteri dettati in tema di collazione, e precisamente l’art. 747 c.c. dispone che debba aversi riguardo al valore dell’immobile al tempo dell’aperta successione.

La giurisprudenza di questa Corte ha conseguentemente affermato che, nel procedimento per la reintegrazione della quota di eredità riservata al legittimario, il momento di apertura della successione rileva per calcolare il valore dell’asse ereditario (mediante la cd. riunione fittizia), stabilire l’esistenza e l’entità della lesione della legittima, nonchè determinare il valore dell’integrazione spettante al legittimario leso, sicchè quest’ultima, ove avvenga mediante conguagli in denaro nonostante l’esistenza, nell’asse, di beni in natura, va adeguata, mediante rivalutazione monetaria, al mutato valore del bene – riferito al momento dell’ultimazione giudiziaria delle operazioni divisionali – cui il legittimario avrebbe diritto affinchè ne costituisca l’esatto equivalente (Cass. n. 5320/2016; Cass. n. 6709/2010).

Infatti, per accertare la lesione della quota di riserva va determinato il valore della massa ereditaria, quello della quota disponibile e della quota di legittima. A tal fine, occorre procedere alla formazione del compendio dei beni relitti ed alla determinazione del loro valore al momento dell’apertura della successione; quindi, alla detrazione dal “relictum” dei debiti, da valutare con riferimento alla stessa data; e, ancora, alla riunione fittizia, cioè meramente contabile, tra attivo netto e “donatum”, costituito dai beni di cui sia stato disposto a titolo di donazione, da stimare, in relazione ai beni immobili ed ai beni mobili, secondo il loro valore al momento dell’apertura della successione (artt. 747 e 750 c.c.) e, con riferimento al valore nominale, quanto alle donazioni in denaro (art. 751 c.c.). Devono calcolarsi, poi, la quota disponibile e la quota indisponibile sulla massa risultante dalla somma tra il valore del “relictum” al netto ed il valore del “donatum” ed imputarsi, infine, le liberalità fatte al legittimario, con conseguente diminuzione, in concreto, della quota ad esso spettante (cfr. ex multis Cass. n. 12919/2012).

E’ poi evidente che, qualora la lesione derivi da una disposizione a titolo universale che abbia del tutto pretermesso il legittimario, l’effetto dell’accoglimento dell’azione di riduzione, è il riconoscimento della titolarità di una quota ereditaria a favore del legittimario vittorioso su tutti i beni relitti, quota la cui entità va determinata in misura percentuale secondo il criterio di calcolo seguito dai giudici di merito onde permettere al legittimario stesso di avere una partecipazione alla massa che assicuri l’utile netto della riserva, ma con un incremento che gli permetta altresì di fare fronte in percentuale alla quota di riserva anche ai debiti ereditari.

Se appare corretto il criterio matematico per determinare la quota di riserva, è però vero che l’esito del calcolo è destinato ad essere inciso in maniera significativa dal valore che si attribuisca alle componenti prese in esame per le corrispondenti operazioni.

Si potrebbe, infatti, obiettare che la percentuale di riduzione sia destinata a rimanere immutata quale che sia il valore degli immobili, posto che anche la quota di riserva è determinata in una misura fissa destinata proporzionalmente a variare a seconda del mutamento della base di calcolo (sarebbe a dire che se la quota di riserva è pari ad un terzo, la percentuale di riduzione sarà sempre la stessa, quale che sia il valore dei beni da includere nella riunione fittizia).

Tuttavia, tale affermazione non è condivisibile, occorrendo tenere conto, da un lato, della possibilità che possa esservi un mutamento della stima tra la data di apertura della successione e quella della divisione, differenziato in relazione alla diversa tipologia dei beni caduti in successione, e ciò rileva in particolare nella fattispecie, poichè sono da prendere in considerazione delle donazioni mobiliari di beni aventi un mercato peculiare (come gli oggetti da collezione), che possono significativamente mutare nel tempo.

Ma soprattutto, poichè la riunione fittizia presuppone la detrazione dei debiti dal relictum, e poichè la misura dei debiti è espressa da una somma insuscettibile di mutamento nel tempo, trattandosi di un importo da prendere in esame nel suo valore nominale, è evidente che, se la stima dei beni immobili è minore, maggiore sarà anche l’incidenza dei debiti e minore sarà l’ammontare della quota di riserva da soddisfare in percentuale sui beni relitti.

Ad esempio, si consideri una quota di riserva pari al 50% ed un relictum composto da un unico bene immobile attribuito ad un terzo con testamento, con dei debiti di importo pari a 20 ed una donazione da imputare a carico del legittimario di valore sempre pari a 20: se alla data dell’apertura della successione il bene relitto vale 100, la quota di legittima è pari a 50 (100 – 20 + 20 = 100/2), ma la quota che va riconosciuta sul bene per l’effettiva reintegra è pari al 37,5%, occorrendo tenere conto dell’imputazione ex se e del fatto che al legittimario occorre ancora attribuire beni per un valore di netto di 30, che è quindi la sua partecipazione alla comproprietà del bene caduto in successione, in proporzione al valore del bene relitto (secondo il seguente calcolo 30 – legittima da recuperare -: 80 – valore del relictum al netto dei debiti = X – percentuale da riconoscere al legittimario sul bene relitto -: 100 – valore del bene relitto-, calcolo che permette di far rispondere il legittimario ed il terzo dei debiti in proporzione delle quote ricevute sul bene relitto).

In tal modo il bene relitto sarà attribuito al legittimario per una quota pari a 37,5 ed al terzo per la quota di 62,5, in modo tale che il legittimario risponderà del debito ereditario per 7,5 (che è pari al 37,5 % di 20) percependo 30 al netto dei debiti, ed il terzo per 12,5, (che è pari al 62,5 % di 20) percependo il valore di 50 che è pari alla disponibile.

Se il bene invece, alla data della divisione ovvero della stima nel corso del giudizio, dovesse valere 120, la quota di riserva risulterebbe pari a 60 (120-20+20=120/2), ed al legittimario andrebbe assegnata una contitolarità sul bene relitto di una quota pari al 40%, dovendosi detrarre dalla quota di riserva di 60, l’importo di 20 per effetto dell’imputazione ex se della donazione, spettando quindi a titolo di integrazione della riserva un valore sul bene ancora di 48 (sempre determinato secondo il seguente calcolo 40 – legittima da recuperare: 100 – valore del relictum al netto dei debiti = X – percentuale da riconoscere al legittimario sul bene relitto -: 120 – valore del bene relitto-). In questa ipotesi il legittimario risponderà del debito ereditario per 8 (pari al 40% di 20), mentre al terzo beneficiario sarà attribuita una quota pari a 72, rispondendo dei debiti per 12 (pari al 60% di 20), assicurandosi così che al legittimario vada la quota di 40 al netto dei debiti – da cumulare ai 20 già ricevuti a titolo di donazione – ed al terzo la quota di 60 al netto dei debiti, pari appunto alla disponibile).

E’, quindi, evidente come la corretta individuazione dell’epoca cui far risalire la stima dei beni interessati dalla riunione fittizia non è indifferente e si riflette perciò anche sulla percentuale di comproprietà che spetta al legittimario sui beni relitti.

Nel motivo il ricorrente ha evidenziato a pag. 41 come la stima sulla scorta della quale il Tribunale ha determinato la percentuale di partecipazione alla comunione dell’attore è stata operata sulla base di valori determinati in una data prossima a quella del deposito della CTU, eseguita a circa sei anni dalla data del decesso della E.E..

Il motivo è, quindi, fondato e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, dovendo il giudice di rinvio rinnovare le operazioni di stima ai fini del calcolo della legittima e della percentuale nella quale devono essere ridotte le disposizioni testamentarie, sulla scorta dei valori dei beni interessati dalla riunione fittizia, calcolati alla data d’apertura della successione>>.

l’azione di riduzione ha carattere individuale e non richiede il litisconsorzio (nè attivo nè passivo) tra tutti gli eredi

Cass. sez. II  21 giugno 2023, n. 17749, rel. Scarpa:

<<4.2. È consolidata l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui l’azione di riduzione non dà luogo a litisconsorzio necessario, né dal lato attivo né dal lato passivo, e può, quindi, essere esercitata nei confronti di uno solo degli obbligati alla integrazione della quota spettante al legittimario. Essa ha, infatti, carattere individuale e compete in via autonoma al singolo erede che ritenga lesa la sua quota individuale di legittima, sicché l’accertamento della lesione e della sua entità non deve farsi con riferimento alla quota complessiva riservata a favore di tutti i legittimari, ma solo riguardo alla quota di coloro che abbiano proposto la domanda. Nel giudizio conseguente all’esercizio dell’azione di riduzione, legittimato passivo è, pertanto, il solo titolare della posizione giuridica che l’attore contesta al fine di ottenere la reintegrazione della sua quota di legittimario, rimanendo ogni altro soggetto, benché coerede, estraneo a tale azione. Ove pure l’azione di riduzione si concluda con l’attribuzione di beni determinati al legittimario, essa vede, quindi, quale legittimato passivo soltanto il beneficiario della disposizione lesiva della legittima, e non anche i possessori dei beni con cui questa dev’essere reintegrata, i quali sono, invece, legittimati passivi della diversa azione di restituzione, conseguente al vittorioso esperimento dell’azione di riduzione (Cass. n. 32197 del 2021; n. 15706 del 2020; n. 27770 del 2011; n. 27414 del 2005; n. 2174 del 1998; n. 2923 del 1900, in tema di scindibilità delle impugnazioni nella controversia promossa da più eredi legittimari per ottenere la riduzione di disposizioni lesive della loro quota di riserva; n. 99 del 1970, in tema di differenze tra azione di divisione e di riduzione ai fini dell’integrità del contraddittorio).
La sentenza n. 13429 del 2006 resa dalle Sezioni Unite chiarì, peraltro, che l’individuazione della quota di riserva spettante alle singole categorie di legittimari ed ai singoli legittimari appartenenti alla medesima categoria va effettuata sulla base della situazione esistente al momento dell’apertura della successione e non di quella che si viene a determinare per effetto del mancato esperimento, per rinunzia o per prescrizione, dell’azione di riduzione da parte di qualcuno dei legittimari>>.