L’esaurimento di marchio opera anche in presenza di distribuzione selettiva, se non ne è adeguatamente provata la sua attuazione oltre progettaizone

Cass. sez. 1 del 14.03.2023 n. 7378, rel. Fidanzia, circa il legittimo motivo che osta all’esarimento del marchio (art. 5 cod. propr. ind.) costituito da distribuzione selettiva di prodotti di lusso.

<<La Corte d’Appello si è limitata a dare atto che Chantecler aveva ben “indicato”, già nel procedimento di primo grado, quali caratteristiche dovevano possedere i rivenditori della sua rete, ritenendo, tuttavia, all’esito dell’esame del materiale probatorio – difformemente rispetto alle conclusioni cui era pervenuto il giudice di primo grado – che non vi era prova che i criteri elencati dalla Chantecler (ubicazione in capoluoghi di provincia o importanti comuni di provincia o zone di rilevante interesse turistico commerciale, posizione centrale dell’esercizio commerciale; tradizione consolidata nel tempo dell’esercizio; alta professionalità dell’esercente ed elevata qualità del servizio offerto ai clienti; stigliature ed arredi presenti nell’esercizio eleganti e di alta qualità; commercializzazione autorizzata di importanti marchi di gioielleria quali a titolo esemplificativo: Bulgari, Pomellato, Buccellati, Cartier, Chopard, etc) fossero stati dalla stessa effettivamente applicati nell’individuazione dei distributori.

In particolare, ha precisato la Corte di merito che, nei contratti di distribuzione (valorizzati dal Tribunale in senso favorevole alla ricorrente), non era, in realtà, indicato alcun criterio in forza del quale il singolo distributore era stato selezionato, né che, nel corso del rapporto, il distributore dovesse continuare a mantenere il possesso dei requisiti richiesti. Neanche i contratti di agenzia prodotti in causa (valorizzati difformemente dal Tribunale) erano idonei a fornire la prova dell’esistenza di un sistema di distribuzione selettiva e comunque risultavano conclusi dopo quelli con i distributori, non consentendo quindi di affermare che i distributori fossero stati in precedenza selezionati sulla base dei criteri previsti dai contratti di agenzia….

Infine, la Corte d’Appello, nell’esaminare i diversi criteri indicati da Chantecler per la selezione dei distributori, ha comunque accertato che ben venticinque esercizi su novantanove presenti nell’elenco non erano ubicati né in capoluoghi di provincia, né in zone di interesse turistico.

Alla luce delle soprariportate osservazioni, la Corte territoriale ha concluso che difettava la prova che i distributori autorizzati fossero stati selezionati sulla base del possesso di determinati requisiti prestabiliti.

Come già anticipato, trattasi di valutazione di fatto che non è sindacabile in sede di legittimità, essendo stata articolatamente congruamente con una motivazione immune da vizi logici>>.

Segue importante precisazione processuale su come vada fatta valere l’eccezione:

<<In ogni caso, se era pur vero che la Chantecler aveva richiesto di provare, anche per testimoni, la circostanza che i distributori erano stati selezionati in base ai criteri sopra indicati, tuttavia, dopo che il Tribunale aveva ritenuto superflua la prova, la Chantecler s.p.a. non aveva proposto l’istanza, in sede di precisazione delle conclusioni di primo grado, con la conseguenza che la stessa doveva ritenersi rinunciata, e non poteva essere presa in considerazione nel giudizio d’appello, pur se in quella sede era stata riproposta>>.

La distruzione di merci è invocabile anche quando provenienti dal titolare del marchio , qualora non ne avesser autorizzato l’immissione in commercio

condivisibile posizione espressa da corte di giustizia 13.10.2022, C-355/21, Perfumesco c. Procter & Gamble International Operations SA, .

Si tratta di interpretare l’art. 10 dir. 48 del 2004:

<< Sezione 5  Misure adottate a seguito di decisione sul merito
Articolo 10 Misure correttive
1. Salvo il risarcimento dei danni dovuto al titolare del diritto a causa della violazione, e senza indennizzo di alcun tipo, gli Stati membri assicurano che la competente autorità giudiziaria possa ordinare, su richiesta dell’attore, le misure adeguate da adottarsi per le merci riguardo alle quali esse ha accertato che violino un diritto di proprietà intellettuale e, nei casi opportuni, per i materiali e gli strumenti principalmente utilizzati per la realizzazione o la fabbricazione di tali merci. Siffatte misure comprendono:
a) il ritiro dai circuiti commerciali,
b) l’esclusione definitiva dai circuiti commerciali, oppure
c) la distruzione.
>>

Nel caso spefico erano state messe in vendita da Perfumesco dei campioncini di profumo  Hugo Boss, creati però solo come c.d. tester cioè flaconcini di prova (Procter and Gamble unico licenziatario, legittimato ad agire).

Si trattava allora di interpretare il concetto di <violazione di diritto di proprietà intellettuale>

Un prodotto immesso solo come tester non è  immesso anche come vendita e quindi non opera l’esaurimento.  Quindi pare esatto ravvisare violazione (sopratutto se si accetta la tesi -ancora persuasiva- di Sarti  per cui il succo della privativa sta nel potere di determinare il numero di esemplari presenti nel mercato).

La rimozione del marchio (“smarchiatura”) da un giaccone in occasione di evento pubblico costituisce violazione del marchio?

Risponde di si Trib. Torino 11.03.2022, sent. n. 1102/2022 – RG 25850/2019, rel. La Manna, nell’interessnte caso K-Way.

Al cantente Nicky Jam fu fatto offuscare il marchio K-Way sul suo giubbotto in occasine del video ufficiale della Fifa World Cup 2018.

Norme azionate e usate dal giudice per accogliere la domanda: ART. 5 E 20 .C 2 CPI

La parte motivatoria più rilevante è la seguente:

<< 2.3) Né può affermarsi quanto sostenuto dalla convenuta in merito alla insussistenza dei presupposti
per l’applicazione delle citate disposizioni in quanto non vi sarebbe stata alcuna immissione in
commercio del giubbotto essendo lo stesso stato acquistato dal cantante ai fini del proprio personale
godimento. L’eccezione non è pertinente in quanto se è vero non risulta contestata l’appartenenza del
giubbotto al cantante vero anche è che proprio con l’utilizzo di quel giubbotto e all’alterazione del
marchio che lo contraddistingue che
il video è stato girato e diffuso a livello mondiale, vista la
risonanza dell’evento, con tutte le conseguenti ricadute commerciali a vantaggio, anche delle
convenute.    Appare evidente, quindi, che nel caso di specie non vi è stata alcun esaurimento del marchio
atteso che il giubbotto, pur appartenendo al cantante, non è stato utilizzato a scopo di mero godimento
o nell’ambito della fisiologica immissione nel circuito economico ma
specificamente al fine di
realizzare un video destinato alla promozione di un evento di rilevanza mondiale
quale il
Mondiale di calcio Russia 2018. Realizzazione e diffusione di tale video che sono avvenute proprio ad
opera delle parti convenute.
Né può trovare ancora accoglimento la tesi secondo cui gli illeciti commessi difetterebbero
dell’elemento soggettivo laddove dalla stessa narrazione dei fatti operata dalla parte convenuta emerge
inequivocabilmente come la stessa fosse ben consapevole del comportamento tenuto essendo
l’oscuramento stato eseguito proprio dalla Sony al fine di aggirare i divieti di utilizzo di prodotti non
riferibili agli sponsor ufficiali della manifestazione.
La posizione della parte attrice è, pertanto, da riconoscersi meritevole di tutela non sotto il profilo di un
suo diritto a vedere accostato il suo marchio alla manifestazione sportiva in oggetto, diritto peraltro
neppure reclamato dalla stessa attrice, bensì sotto il profilo del diritto della stessa a non vedersi alterare
il logo del proprio prodotto e, conseguentemente, a non vedersene ledere il prestigio e il valore
promozionale.
Sotto tale profilo, pertanto, la condotta posta in essere dalle parti convenute è da ritenersi contrastante
con i principi di cui agli artt. 5 Cpi e 13 Rmue nonché di cui allo stesso art. 20 Cpi, rappresentando
l’oscuramento del logo una ipotesi di contraffazione. Il comportamento rileva, inoltre, anche sotto il
profilo della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. in quanto è pacifico che Basicnet operi anche sul
mercato della promozione di video pubblicitari dei propri prodotti e la diffusione di un video
contenente un prodotto Basicnet modificato senza il suo consenso in modo da alterarne la capacità
distintiva rappresenta un’ipotesi di comportamento non conforme alla correttezza professionale
rilevante ai sensi dell’art. 2598 co. 3 cpc.
>>

L’esattezza del passaggio però è dubbia: non pare rientrare nella privativa il diritto di impedire all’utilizzatore di usare il prodotto senza il marchio inizialmente apposto, anche se ciò avvenga in sede commerciale.

Interessante è anche la determinazione del danno ai sensi della royalty raginevole ex 125.2 cpi