La rimozione del marchio (“smarchiatura”) da un giaccone in occasione di evento pubblico costituisce violazione del marchio?

Risponde di si Trib. Torino 11.03.2022, sent. n. 1102/2022 – RG 25850/2019, rel. La Manna, nell’interessnte caso K-Way.

Al cantente Nicky Jam fu fatto offuscare il marchio K-Way sul suo giubbotto in occasine del video ufficiale della Fifa World Cup 2018.

Norme azionate e usate dal giudice per accogliere la domanda: ART. 5 E 20 .C 2 CPI

La parte motivatoria più rilevante è la seguente:

<< 2.3) Né può affermarsi quanto sostenuto dalla convenuta in merito alla insussistenza dei presupposti
per l’applicazione delle citate disposizioni in quanto non vi sarebbe stata alcuna immissione in
commercio del giubbotto essendo lo stesso stato acquistato dal cantante ai fini del proprio personale
godimento. L’eccezione non è pertinente in quanto se è vero non risulta contestata l’appartenenza del
giubbotto al cantante vero anche è che proprio con l’utilizzo di quel giubbotto e all’alterazione del
marchio che lo contraddistingue che
il video è stato girato e diffuso a livello mondiale, vista la
risonanza dell’evento, con tutte le conseguenti ricadute commerciali a vantaggio, anche delle
convenute.    Appare evidente, quindi, che nel caso di specie non vi è stata alcun esaurimento del marchio
atteso che il giubbotto, pur appartenendo al cantante, non è stato utilizzato a scopo di mero godimento
o nell’ambito della fisiologica immissione nel circuito economico ma
specificamente al fine di
realizzare un video destinato alla promozione di un evento di rilevanza mondiale
quale il
Mondiale di calcio Russia 2018. Realizzazione e diffusione di tale video che sono avvenute proprio ad
opera delle parti convenute.
Né può trovare ancora accoglimento la tesi secondo cui gli illeciti commessi difetterebbero
dell’elemento soggettivo laddove dalla stessa narrazione dei fatti operata dalla parte convenuta emerge
inequivocabilmente come la stessa fosse ben consapevole del comportamento tenuto essendo
l’oscuramento stato eseguito proprio dalla Sony al fine di aggirare i divieti di utilizzo di prodotti non
riferibili agli sponsor ufficiali della manifestazione.
La posizione della parte attrice è, pertanto, da riconoscersi meritevole di tutela non sotto il profilo di un
suo diritto a vedere accostato il suo marchio alla manifestazione sportiva in oggetto, diritto peraltro
neppure reclamato dalla stessa attrice, bensì sotto il profilo del diritto della stessa a non vedersi alterare
il logo del proprio prodotto e, conseguentemente, a non vedersene ledere il prestigio e il valore
promozionale.
Sotto tale profilo, pertanto, la condotta posta in essere dalle parti convenute è da ritenersi contrastante
con i principi di cui agli artt. 5 Cpi e 13 Rmue nonché di cui allo stesso art. 20 Cpi, rappresentando
l’oscuramento del logo una ipotesi di contraffazione. Il comportamento rileva, inoltre, anche sotto il
profilo della concorrenza sleale ex art. 2598 c.c. in quanto è pacifico che Basicnet operi anche sul
mercato della promozione di video pubblicitari dei propri prodotti e la diffusione di un video
contenente un prodotto Basicnet modificato senza il suo consenso in modo da alterarne la capacità
distintiva rappresenta un’ipotesi di comportamento non conforme alla correttezza professionale
rilevante ai sensi dell’art. 2598 co. 3 cpc.
>>

L’esattezza del passaggio però è dubbia: non pare rientrare nella privativa il diritto di impedire all’utilizzatore di usare il prodotto senza il marchio inizialmente apposto, anche se ciò avvenga in sede commerciale.

Interessante è anche la determinazione del danno ai sensi della royalty raginevole ex 125.2 cpi

La CEDU conferma che il diritto di autore è un diritto proprietario ai sensi della Convenzione

La CEDU 01.09.2022, applic. n. 885/12, Safarov c. Azerbaijan, conferma che il diritto di autore rientra nella preevisione che tutela il diritto di proprietà , collocata nell’art. 1 del (primo)  protocollo, rubricato <protezione della proprietà>.

Il cui testo (v.lo nel sito della Corte) è: << Every natural or legal person is entitled to the peaceful enjoyment of his possessions. No one shall be deprived of his possessions except in the public interest and subject to the conditions provided for by law and by the general principles of international law.
The preceding provisions shall not, however, in any way impair the right of a State to enforce such laws as it deems necessary to control the use of property in accordance with the general interest or to secure the payment of taxes or other contributions or penalties
>>.

Questo il passaggio: <<30.  The Court reiterates that protection of intellectual property rights, including the protection of copyright, falls within the scope of Article 1 of Protocol No. 1 (see Anheuser-Busch Inc. v. Portugal [GC], no. 73049/01, § 72, ECHR 2007I, and SIA AKKA/LAA v. Latvia, no. 562/05, § 41, 12 July 2016). In the present case, the applicant was the author of the book in question and benefitted from protection of copyright under domestic law. This fact was never contested by the domestic courts (compare Balan v. Moldova, no. 19247/03, § 34, 29 January 2008, and Kamoy Radyo Televizyon Yayıncılık ve Organizasyon A.Ş. v. Turkey, no. 19965/06, § 37, 16 April 2019). Therefore, the applicant had a “possession” within the meaning of Article 1 of Protocol No. 1 to the Convention.>>

Inoltre per la Corte l’esaurimento di applica solo agli oggetti corproali <<35.  As to Article 15.3 of the Law on Copyright, referred to by the Supreme Court, the Court observes that that provision concerned the rule of exhaustion of right to distribution. As the wording of that provision and Agreed statement concerning Article 6 of the WIPO Copyright Convention suggest (see paragraphs 15 and 23 above), that rule referred to lawfully published and fixed copies of works which were put into circulation by sale as tangible objects>>. Affermazione frettolosa, dimentica dell’opposta posizione, sostenuta con diversi argomenti.

(segnalazione di Eleonora Rosati, in IPKaT  del 04.09.2022)

Sull’esaurimento del diritto d’autore relativo a libro digitale (il caso Tom Kabinet)

La questione della assoggettabilità ad esaurimento del diritto d’autore (del solo diritto di distribuzione (art. 4 § 2 dir. 29/2001; art. 17 c. 2 l. aut.) su libro digitale ha trovato -per ora, almeno- definizione. La Corte di Giustizia con sentenza 19.12.2019, C-263/18, NUV-GAU c. Tom Kabinet, dopo le accurate conclusioni dell’avvocato generale Szpunar 10.09.2019, ha preso posizione ed ha risposto negativamente: la fornitura di un libro elettronico per uso permanente (cioè senza limiti di tempo) rientra nella comunicazione al pubblico (in particolare nella messa a disposizione del pubblico delle loro opere in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente ex art. 3/1 dir. 29/2001) e non nella distribuzione. Di conseguenza non opera l’esaurimento, che è limitato al diritto di distribuzione. Quindi il mercato dell’usato di libri elettronici non può svilupparsi, essendo soggetto al consenso del titolare del diritto.

La sentenza richiederà meditazione accurata per la complessità degli interessi in gioco e le difficoltà ermeneutiche, per cui qui propongo solo brevissime considerazioni ad una prima lettura.

La Corte inizia ricordando le disposizioni del  WCT (WIPO Copyright Treaty 20.12.1996) , di cui la Direttiva 29 è anche attuazione (cons. 15) le quali nelle agreed statements agli articolo 6 e 7 riferiscono il diritto di distribuzione (e di noleggio) solo alle copie fisiche. Tuttavia è comunemente accettato che le Agreed Statements non possiedono forza interpretativa vincolante.

Inoltre la Corte si riferisce alla relazione sulla proposta di direttiva sfociata nella direttiva 29 da cui emerge che  <<che la proposta di direttiva mirava a far sì che qualsiasi comunicazione al pubblico di un’opera, diversa dalla distribuzione di copie materiali di quest’ultima, rientrasse non nella nozione di «distribuzione al pubblico» di cui all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, bensì in quella di «comunicazione al pubblico» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva.>>§ 45.

Solo che anche qui si può dire che il materiale preparatorio è sempre di dubbia utilizzabilità in sede ermeneutica potendosi anche  argomentare in senso opposto: ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit . Cioè  proprio perché la precisazione in sede di lavori preparatori non è stata ripetuta nel testo definitivo, può dirsi che non sia stata voluta.

Altro argomento è quello della tutela estesa del diritto d’autore (paragrafi 46-48): anche qui però  la genericità di queste considerazioni non è di ausilio interpretativo

A questo proposito La Corte ricorda i considerando 28 e 29 dir. 29 i quali parlano di “supporto tangibile” per la distribuzione  e di esclusione dell’esaurimento per i servizi e le copie materiali realizzate dall’utente del servizio stesso. Anche queste considerazioni non sono persuasive. Da un lato i considerando non sono vincolanti; dall’altro il concetto di servizio è diverso da quello di libro digitale. A nulla rileva che si parli nel paragrafo 29 di “copie tangibili” realizzate dagli utenti di un servizio: si presuppone infatti che ricorra un servizio, il che non avviene nel caso de quo.

Ancora (§ 52 seguenti) per la CG il concetto di distribuzione si riferisce ai supporti tangibili in base non al dettato dell’art. 4 -muto sul punto- ma alla giurisprudenza. C’è però giurisprudenza contraria, come ricorda la stessa CG. Nella nota sentenza Usedsoft del 2012 ( C‑128/11, del 03.07.2012), relativa alla distribuzione di software, la CG assimilò la distribuzione su supporto a quella via internet, per cui l’esaurimento per allo stesso modo in entrambi i casi. Qui la situazione è diversa perché il libro digitale non è un software, per cui la ripresa del ragionamento è dubbia. Vi sono infatti differenze economiche e funzionali e il discorso richiederebbe approfondimenti qui non possibili. Mi limito a dire che nella dir. sul software 2009 n. 24 manca il diritto di comunicazione al pubblico (salvo dire che lo si può invocare dalla normativa generale ex dir. 21/2001), essendo esplicitati solo la riproduzione i diritti di elaborazione e di distribuzione (art. 4 comma 1).

Da ultimo la Corte affronta l’obiezione per cui non ricorre il concetto usuale di comunicazione al pubblico (§ 60 seguenti).   La Corte lo supera dicendo che <<nel caso di specie, è pacifico che la Tom Kabinet mette le opere di cui trattasi a disposizione di qualunque persona si registri sul sito Internet del club di lettura, la quale può avervi accesso dal luogo e nel momento individualmente scelto, sicché si deve considerare che la fornitura di un tale servizio configura la comunicazione di un’opera ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, senza che sia necessario che detta persona si avvalga di tale possibilità scaricando effettivamente il libro elettronico da detto sito Internet >>, § 65.

Però  l’ostacolo non è in realtà superato: il libro acquistato viene rivenduto ad un solo soggetto e dunque non è a disposizione scaricabile per chiunque. E ciò non costituisce certo “pubblico”, trattandosi di trasferimento ad un unico soggetto. La Corte supera questo ostacolo precisando che, oltre che per la possibilità di qualunque interessato di poter divenire membro del club di lettura [e quindi Acquistare il libro], nella comunuicazione al pubblico  rileva -per ravvisare il “pubblico”- anche <<l’assenza di misure tecniche, nell’ambito della piattaforma di tale club, che consentano di garantire che possa essere scaricata un’unica copia di un’opera durante il periodo in cui l’utente di un’opera ha effettivamente accesso a quest’ultima e che, scaduto tale periodo, la copia scaricata da tale utente non sia più utilizzabile da quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, Vereniging Openbare Bibliotheken, C‑174/15, EU:C:2016:856), si deve considerare che il numero di persone che possono avere accesso, contemporaneamente o in successione, alla stessa opera tramite tale piattaforma è notevole. Pertanto, fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio che tenga conto di tutti gli elementi pertinenti, l’opera di cui trattasi deve essere considerata come comunicata a un pubblico ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29 >>, § 69.

Non è chiaro il riferimento alla sentenza Vereniging Openbare Bibliotheken, C‑174/15, la quale si limita a dire che l’eccezione di prestito pubblico  ex art. 6 dir. 115/06 si applica pure ai libri digitali (purchè uno alla volta e con successiva inutilizzabilità di quello “scaduta”): ciò perchè non vi ostan il WCT WIPO Copyright Treaty 20.12.1996, che nell’Agreed Statement all’art. 7 pone il requisito della copia tangibile solo per il noleggio, non per il prestito (sentenza C-174/15, Prima Questione, § 39 e §§ 53-54).

Qui però la sentenza in esame dà per provato ciò che in realtà era da provare e cioè che nel caso specifico più persone contestualmente o in successione potevano acquistare copia del libro.

La Corte conclude al § 69 dicendo che, <<tenuto conto della circostanza, rilevata al punto 65 della presente sentenza, che qualsiasi interessato può divenire membro del club di lettura, nonché dell’assenza di misure tecniche, nell’ambito della piattaforma di tale club, che consentano di garantire che [1] possa essere scaricata un’unica copia di un’opera durante il periodo in cui l’utente di un’opera ha effettivamente accesso a quest’ultima e che [2] , scaduto tale periodo, la copia scaricata da tale utente non sia più utilizzabile da quest’ultimo (v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, Vereniging Openbare Bibliotheken, C‑174/15, EU:C:2016:856)>>, ricorre la comunicazione al pubblico (numeri in rosso da me aggiunti). Aggiunge in coda, però, che va  <<fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio che tenga conto di tutti gli elementi pertinenti>> (§ 69, in fine)

Il punto è importante. Par infatti di capire che, se si accerta che nel caso specifico ricorrono misure tecniche tali da garantire il download di una sola copia per volta, in modo che non ci sia mai più di una copia del libro acquistgato da quel rivenditore, allora si rientra nel diritto di distribuzione (soggetto ad esaurimento) e non di comunicazione al pubblico.

La Corte però non dà indicaizoni di dettaglio su quest’ultimo punto e in particolare su chi incomba l’onere di provare che il libro è soggetto non ad una sola vendita bensì a alla possibilità di plurimi download. Verosimilmente toccherà all’acquirente/rivenditore provarlo, quantomeno per la sua maggior vicinanza alla prova.

Queste osservazioni descriverebbero <<in maniera puntuale l’evoluzione di modelli di gestione della proprietà intellettuale e del diritto d’autore mediante sistemi blockchain, che consentono di creare artificialmente condizioni di scarsità in senso economico – creando dunque copie digitali “uniche” di un determinato asset digitale-, favorendo nel contempo modalità di trasferimento univoche di tale asset tra i partecipanti>> (Galli M.-Bardelli E., Il mercato secondario degli ebook tra distribuzione, comunicazione al pubblico e principio dell’esaurimento, Riv. dir. dei media, 12.02.2020, p. 3, § 5).

La Corte infine non considera un ostacolo all’assoggettamento alla distribuzione (e quindi ad esaurimento), che era invece stato acutamente rilevato dall’avvocato generale:  quello del diritto di riproduzione. Infatti mentre nel mondo analogico la rivendita del libro non comporta alcuna riproduzione, in quello digitale si. Ed è certo che la prima vendita non ha attribuito all’acquirente il diritto di riprodurre i fini delle rivendite. per cui questo obiezione potrebbe essere risolutiva. In senso negativo. Si potrebbe forse ragionare su un’interpretazione evolutiva nel senso che la riproduzione temporanea è ammessa al solo scopo di poter rivendere il libro: con la conseguenza che l’acquirente/rivenditore dovrebbe subito poi cancellare la copia rimasta sul proprio dispositivo.

Il vero problema allora è come evitare che le dichiarazioni di intenti relative a tali cancellazioni siano eseguite nella pratica e provate in causa. Secondo la regola generale dell’onere probatorio potrebbe dirsi che -visto che è una riproduzione c’è-  toccasse all’acquirente/rivenditore dare prova di ciò. Certo che qui emerge la differenza vera tra mondo analogico e mondo digitale. Anche nel primo l’acquirente prima di rivendere teoricamente poteva farsi una copia del libro per tenerla per sé: solo che era improbabile, data  la fatica del lavoro di copiatura, a meno di detenere le fantasmagoriche tecniche di copiatura di Google Books.

Sembra quindi che sia questo il punctum dolens dell’assoggettabilità al diritto di distribuzione (e quindi all’esaurimento) della rivendita di libri digitali.