Marchio di colore e secondary meaning

Marcel Pemsel in IPKat dà notizia di una interssante sentenza che andrà studiata con attenzione (assieme ai suoi precedenti amministrativi) sui due temi in oggetto: Trib. UE T-652/22 del 6 maerzo 2024, Lidl c. EUIPO-MHCS (successore di Veuve Clicquot).

Si tratta di marchio di colore (anzi marchio figurativo era stato detto inizialmente: da studiarne la differenza disciplinare) assai noto, l’arancione della celebre casa vinicola:

Circa l’art. 4 del reg. 40/1994 (Segni atti a costituire un marchio comunitario: Possono costituire marchi comunitari tutti i segni che possono essere riprodotti graficamente, in particolare le parole, compresi i nomi di persone, i disegni, le lettere, le cifre, la forma dei prodotti o del loro confezionamento, a condizione che tali segni siano adatti a distinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese), il T. non vede provblemmi: la descrizione e il codice tecnico assieme rendono sufficientemente descritto il segno scelto:

<<57  However, in the present case, it must be stated, first, that the description of the mark at issue was indeed taken into account by the Board of Appeal (see paragraph 67 of the contested decision). Secondly, it must be pointed out, as observed by the intervener, that although the applicant submits that the scientific definition of the CIE satisfies neither the criteria of the judgment in Sieckmann nor those of Article 4 of Regulation No 40/94, it has not claimed that there is a contradiction between the colour sample at issue and the description containing the scientific definition of the CIE. When questioned on that point at the hearing, the applicant argued that the actual demonstration of the contradiction was not the subject matter of the present proceedings.

58 Thus, since, in the present case, the requirements of Article 4 of Regulation No 40/94, as set out by the judgment in Sieckmann, are met by the colour sample at issue (see paragraph 54 above) and are not contradicted by the description provided and the scientific definition that was indeed taken into account together (see paragraph 57 above), it is not necessary to examine whether the description of the mark at issue and the scientific definition of the CIE satisfy the criteria of that article and that judgment. According to the case-law cited in paragraphs 55 and 56 above, there is no requirement that the description of the mark, when included in the application form, must by itself satisfy the criteria of the article>>.

Più dettagliato è lo snodo motivatorio sulla prova del secondary meaning che deve  riguardare tutta la UE. Prova assai complicata per chiunque, anche per i colossi del vino.

Qui non posso che rimandare alla sentenza, che conclude affermando l’insufficienza di valutazione e rimandand in sede amministrativa.

La Piaggio ottiene finalmente ragione circa la registrazione come marchio di forma dellle linee della Vespa LX

Il Trib. UE 29.11.2023, T-19/22,  nella lite tra Piaggio e il produttore cinese dà ragione alla prima circa la registrabilità come marchio tridimensionale dell’aspetto della Vespa modello LX, che riproduto qui sotto:

(dal sito curia.eu)

La sentenza è interessante assai, anche per il profilo probatorio reggente l’accertamento di distintività sopravvenuta.

Il Trib. nega la distintività ab origine, ma accoglie la domanda di distintivià sopravvenuta (secodnary meaning), riformando la decisione amminstrativa, con miotivaiozne che riporto di seguito.

Va notato che viene superata l’insidiosa eccezione del produttore cinese, per cui i documenti provatori di Pioaggio erano sì relativi alal Vespa ma non esattamente al modello de quo (§ 95).

Ed ecco la motivaizone pertinetne:

<< 99   Nel caso di specie, dagli elementi del fascicolo risulta che la forma rappresentata dal marchio contestato corrisponde alla raffigurazione tridimensionale dello scooter «Vespa LX» commercializzato dalla ricorrente.

100    Sebbene gran parte degli elementi di prova prodotti dalla ricorrente non si riferiscano direttamente a tale raffigurazione, ma piuttosto alla «Vespa» in generale o ad altri modelli di «Vespa», resta tuttavia il fatto che la ricorrente ha prodotto taluni elementi di prova che riguardano specificamente il marchio contestato, come gli opuscoli e i sondaggi di opinione.

101    Inoltre, occorre osservare che l’apparenza complessiva degli scooter che figurano negli elementi di prova prodotti dalla ricorrente, ivi compreso lo scooter «Vespa LX», resta essenzialmente la stessa.

102    Come rilevato dalla ricorrente, ciò è corroborato, in particolare, dalla circostanza che le tre caratteristiche della forma rappresentata dal marchio contestato che sono state menzionate dalla ricorrente, ossia lo scudo a forma di freccia, la forma a «Ω rovesciata» tra la sella e la pedana nonché la forma a «X» tra le bombature laterali e il sottosella, compaiono in tutti gli altri scooter «Vespa» che figurano negli elementi di prova della ricorrente e in tutti gli scooter «Vespa» commercializzati tra il 1945 e il 2008 che sono stati presentati dalla ricorrente nella sua risposta alla comunicazione dell’esaminatrice del 3 aprile 2014.

103    Tale constatazione è altresì corroborata dalla sentenza del 6 aprile 2017 del Tribunale di Torino (allegato 12 al ricorso), nella quale è stato riconosciuto che le tre caratteristiche summenzionate nonché la forma a goccia della scocca erano ricorrenti in tutti i modelli di «Vespa» dal 1945 a oggi e, in ogni caso, certamente nello scooter «Vespa LX», la cui forma è rappresentata dal marchio contestato.

104    Infine, le variazioni tra i diversi modelli di scooter «Vespa» sono poco numerose.

105    Ne consegue che, tenuto conto dell’esistenza di elementi di prova che riguardano specificamente il marchio contestato, gli elementi di prova che fanno riferimento alla «Vespa» in generale o ad altri modelli di «Vespa» concernono, in un certo modo, la forma rappresentata dal marchio contestato e non possono essere ignorati nell’ambito dell’esame del carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio contestato. Infatti, non è escluso che tali elementi di prova, considerati nel loro insieme, siano idonei a dimostrare che il pubblico di riferimento percepisce tutti gli scooter «Vespa», ivi compreso lo scooter «Vespa LX» la cui forma è rappresentata dal marchio richiesto, come provenienti da una stessa impresa determinata, tenuto conto del loro aspetto complessivo, che è rimasto essenzialmente lo stesso dal 1945. La commissione di ricorso ha, pertanto, commesso un errore di valutazione nel ritenere in sostanza, ai punti 72 e 73 della decisione impugnata, che tali elementi di prova non fossero rilevanti.

106    Sotto un secondo profilo, la commissione di ricorso ha rilevato che i dati relativi al volume delle vendite, ai fatturati, alle quote di mercato e agli investimenti pubblicitari non erano affidabili e che nessun elemento di prova consentiva di corroborarli.

107    A tal riguardo, dalla tabella contenente i dati relativi al volume delle vendite e alla quota di mercato della «Vespa» in 26 Stati membri risulta che i modelli di «Vespa» hanno avuto il volume di vendite più elevato, e che essi hanno altresì detenuto una delle quote di mercato più considerevoli in tutti gli Stati membri tra il 2007 e il 2012. Inoltre, per quanto riguarda i dati relativi a Cipro e a Malta, che non figurano nella tabella summenzionata, dalla tabella che presenta il volume delle vendite e il fatturato relativi a detti modelli in tutti gli Stati membri risulta che il volume delle vendite e i fatturati per questi due Stati membri non sono stati particolarmente importanti, ma sono aumentati tra il 2009 e il 2012.

108    Sebbene, come ha correttamente sottolineato la commissione di ricorso, tali dati consistano in semplici tabelle Excel preparate dalla ricorrente stessa, sicché il loro valore probatorio è limitato, resta nondimeno il fatto che la ricorrente ha prodotto elementi di prova idonei a confermare taluni dati relativi al volume delle vendite e alla quota di mercato detenuta dalla «Vespa». Si tratta, in particolare, della lettera dell’ANCMA del 29 gennaio 2015 la quale conferma, quanto meno, i dati relativi al volume delle vendite e alle quote di mercato della «Vespa» in Italia tra il 2007 e il 2012. Parimenti, la relazione di verifica contabile attesta che la ricorrente ha ottenuto notevoli introiti tra il 2005 e il 2013 in Italia, grazie alla vendita di «Vespa».

109    La commissione di ricorso ha, pertanto, commesso un errore di valutazione nel ritenere in sostanza, ai punti 70 e 84 della decisione impugnata, che nessun elemento di prova fosse tale da corroborare i dati relativi al volume delle vendite, ai fatturati e alle quote di mercato della «Vespa».

110    Per di più, dalla tabella relativa agli investimenti pubblicitari della ricorrente risulta che quest’ultima ha destinato importi molto elevati alla promozione della «Vespa», perlomeno in Italia, Germania, Spagna, Francia e Belgio, tra il 2003 e il 2012.

111    Se è vero che anche tali dati sono contenuti in una tabella Excel preparata dalla ricorrente stessa, sicché il loro valore probatorio è limitato, occorre tuttavia osservare che taluni elementi di prova erano idonei a corroborare l’entità degli investimenti pubblicitari realizzati dalla ricorrente.

112    Anzitutto, la relazione di verifica contabile conferma che la ricorrente ha realizzato considerevoli investimenti pubblicitari tra il 2005 e il 2013 in Italia. La ricorrente ha poi presentato opuscoli in inglese e in italiano su diversi modelli di «Vespa», un libro dedicato al «mito di Vespa» e una pubblicazione intitolata «Vespa. Un’avventura italiana nel mondo», i quali erano idonei a dimostrare che la «Vespa» era stata pubblicizzata non solo in Italia, ma anche a livello internazionale. Infine, il catalogo «Eurovespa 2000» e la presenza di «Vespa club» in 20 Stati membri erano parimenti tali da dimostrare che la ricorrente aveva compiuto alcuni sforzi al fine di promuovere la «Vespa» all’interno dell’Unione.

113    La commissione di ricorso ha, pertanto, commesso un errore di valutazione nel ritenere, al punto 71 della decisione impugnata, che nessun elemento di prova fosse idoneo a corroborare i dati relativi agli investimenti pubblicitari realizzati dalla ricorrente rispetto alla «Vespa».

114    Sotto un terzo profilo, la commissione di ricorso ha ritenuto che gli elementi di prova non coprissero l’intero territorio dell’Unione. In particolare, i sondaggi di opinione sarebbero stati realizzati solo in dodici Stati membri e, quindi, coprirebbero solo una parte di detto territorio. Inoltre, i dati relativi al volume delle vendite, ai fatturati e alle quote di mercato non sarebbero corroborati da alcun elemento oggettivo, sicché la ricorrente non avrebbe prodotto elementi di prova rilevanti per quanto riguarda gli Stati membri non interessati dai sondaggi di opinione. Detta commissione ha pertanto ritenuto che, anche ammettendo che i sondaggi di opinione e le altre prove prodotte dalla ricorrente siano rilevanti, i risultati dei citati sondaggi in dodici Stati membri non potevano né essere estesi a tutti gli Stati membri, né essere completati e corroborati, negli Stati membri non interessati dai sondaggi in parola, dagli altri elementi di prova prodotti dalla ricorrente.

115    Se è certo vero che i sondaggi di opinione riguardano solo dodici Stati membri, mentre l’Unione ne contava 27 alla data di deposito della domanda di registrazione, occorre tuttavia sottolineare che, benché occorra dimostrare che il marchio contestato ha acquisito carattere distintivo in tutti gli Stati membri dell’Unione, non è affatto richiesto che gli stessi tipi di elementi di prova vengano prodotti per ogni Stato membro [v. sentenza del 28 ottobre 2009, BCS/UAMI – Deere (Combinazione dei colori verde e giallo), T‑137/08, EU:T:2009:417, punto 39 e giurisprudenza ivi citata]. Infatti, l’assenza di sondaggi non esclude che sia dimostrato che un segno ha acquisito carattere distintivo in seguito all’uso, dal momento che tale dimostrazione può essere fornita mediante altri elementi (v., in tal senso, sentenze del 28 ottobre 2009, BCS/UAMI – Deere (Combinazione dei colori verde e giallo), T‑137/08, EU:T:2009:417, punto 41, e del 10 giugno 2020, Louis Vuitton Malletier/EUIPO – Wisniewski (Raffigurazione di un motivo a scacchiera), T‑105/19, non pubblicata, EU:T:2020:258, punto 63).

116    Inoltre, come ricordato al precedente punto 88, gli elementi di prova del carattere distintivo acquisito in seguito all’uso possono riguardare complessivamente tutti gli Stati membri oppure un gruppo di Stati membri. Taluni elementi di prova possono, di conseguenza, presentare una rilevanza riguardo a più Stati membri, se non a tutta l’Unione (v., in tal senso, sentenza del 25 luglio 2018, Société des produits Nestlé e a./Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P e C‑95/17 P, EU:C:2018:596, punti 80 e 87). Come ricordato al precedente punto 85, nessuna disposizione del regolamento n. 207/2009 impone di dimostrare con prove distinte l’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso in ciascun singolo Stato membro, e sarebbe eccessivo esigere che la prova di una siffatta acquisizione venga fornita separatamente per ciascuno Stato membro.

117    Orbene, si deve necessariamente constatare che taluni elementi di prova diversi dai dati relativi al volume delle vendite, ai fatturati e alle quote di mercato potevano essere rilevanti ai fini della valutazione del carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio contestato negli Stati membri non interessati dai sondaggi di opinione.

118    Si tratta, in particolare, della presenza della «Vespa» nel Museum of Modern Art di New York, dei numerosi estratti di giornali online che mettono tutti in luce che, secondo esperti internazionali di design, la «Vespa» fa parte dei dodici oggetti che hanno segnato il design mondiale nel corso degli ultimi cento anni, delle fotografie contenute nella pubblicazione intitolata «Il mito di Vespa», le quali mostrano l’utilizzo degli scooter «Vespa» in film noti a livello mondiale, come «Vacanze romane», o ancora della presenza di «Vespa club» in numerosi Stati membri, i quali erano idonei a dimostrare il carattere iconico della «Vespa» e, quindi, il suo riconoscimento a livello globale, anche in tutta l’Unione.

119    La commissione di ricorso ha, pertanto, commesso un errore di valutazione nell’omettere di tener conto degli elementi di prova in questione i quali erano, invece, tali da dimostrare il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso del marchio contestato in tutta l’Unione>>.

Validità e prova del marchio tridimensionale : il caso italiano delle borse Kelly e Birkin di Hermes

Cass. n° 30.455 del 17.10.2022 , sez. 1, rel Lamorgese, Hermes c. Buti sas sull’oggetto.

Hermes agisce per contraffazione ma nei gradi di merito è accolta la riconvenzionale di nullità

H. allora ricorre in Cass. e ottiene ragione con rinvio ad appello Firenze-

<<4.1.1.- E’ principio generale che la forma tridimensionale di un prodotto, sebbene presenti un design di qualità o esteticamente apprezzabile, non è suscettibile di privativa, in quanto, almeno di regola, non idonea di per sé a identificare il produttore, a meno che non vi sia un legame esplicito che leghi il prodotto alla sua origine (ad esempio, mediante apposizione del nome o di un segno riferibile al produttore). (…. ).

E’ quindi centrale la verifica della capacità distintiva del marchio, questione esaminata nella giurisprudenza eurounitaria anche con riferimento al marchio di forma e risolta nel senso che “solo un marchio che si discosti in maniera significativa dalla norma o dagli usi del settore e che, di conseguenza, assolva la sua funzione essenziale d’indicatore d’origine, non è privo di carattere distintivo nel senso della detta disposizione (art. 7, n. 1, lett. b, Regolamento del Consiglio sui marchi comunitari n. 40 del 1994, analogamente i Regolamenti n. 207 del 2009 e n. 1001 del 2017)” (Corte giustizia UE, 29 aprile 2004, C-468-472/01, p. 36-37). La “maniera significativa” in cui deve consistere lo scostamento della forma da quella usuale del prodotto, secondo le pertinenti prassi di settore, dev’essere agevolmente rilevabile dai consumatori, a prescindere dalla “mera novità” della forma che “non è sufficiente per concludere che tale carattere (distintivo) esiste, in quanto il criterio determinante è la capacità di tale forma di svolgere la funzione di indicazione dell’origine commerciale” (Tribunale UE, 5 febbraio 2020, T-573/18).

La giurisprudenza Europea ha osservato che “non si può tuttavia escludere che l’aspetto estetico di un marchio (…) che assume (una determinata) forma (…) possa essere tenuto in considerazione, tra gli altri elementi, per accertare uno scostamento dalla norma e dagli usi del settore, purché tale aspetto estetico sia inteso come richiamante l’effetto visivo oggettivo e inusuale del design specifico del marchio suddetto (sentenza del 12 dicembre 2019, Euipo/Wajos, C-783/18, p. 32)” (Tribunale UE, 14 luglio 2021, T488/20, p. 43 e 44); di conseguenza, “la presa in considerazione dell’aspetto estetico del marchio (…) mira a verificare (…) se tale aspetto è idoneo a suscitare un effetto visivo oggettivo e inusuale presso il pubblico di riferimento” (Tribunale UE 14 luglio 2021 cit., p. 44, che ha annullato la decisione di rigetto per mancanza di distintività della registrazione di un rossetto come marchio di forma). Tale pronuncia ha precisato che, se è vero che una semplice variante di una delle forme abituali di un tipo di prodotti “non è sufficiente a stabilire che detta forma non è priva di carattere distintivo”, tuttavia ciò non esclude la possibilità che una “nuova forma” possa avere capacità distintiva (p. 50)>>.

sentenza impugnata e critica della SC:

<<4.1.2.- La sentenza impugnata è motivata nel senso che la nutrita documentazione, non solo pubblicitaria, prodotta dalle appellanti a dimostrazione della fama conseguita dal prodotto (di lusso) e, per quanto qui interessa, dalla sua forma, riconducibile alla Herme’s, è “non probante” “in quanto, in sostanza, di provenienza della produttrice e non espressione della considerazione dei consumatori e della riconducibilità, da parte dei medesimi, della forma della produttrice” (pag. 11); in altri termini, non sarebbe indicativa del valore che i consumatori attribuiscono al prodotto, trattandosi di messaggi veicolati o filtrati dal produttore stesso (pag. 12).

Si tratta di affermazioni poco comprensibili laddove rilevano la non terzietà della documentazione prodotta dalle appellanti, diligentemente indicata nel motivo di ricorso e genericamente richiamata nella sentenza impugnata senza sottoporla a un esame specifico, al cospetto della vastità della stessa.

Inoltre, la possibilità di registrare come marchio anche “la forma del prodotto o della confezione di esso, le combinazioni o le tonalità cromatiche” quando aventi capacità distintiva (art. 7 c.p.i.), può avvenire anche attraverso investimenti pubblicitari che consentono una vasta commercializzazione del prodotto, con l’effetto di favorirne la diffusione nel pubblico e la generalizzata riconducibilità di quella forma del prodotto a una determinata impresa, consentendo l’acquisto (tramite secondary meaning) di capacità distintiva del marchio che ne sia originariamente privo. Se ne ha conferma nella giurisprudenza Europea, la quale ha costantemente ribadito che “ai fini della valutazione dell’acquisizione di un carattere distintivo mediante l’uso, occorre tener conto di fattori come, fra l’altro, la quota di mercato detenuta dal marchio, la frequenza, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo e la percentuale degli ambienti interessati che identifica, grazie al marchio, il prodotto come proveniente da una determinata impresa. Mezzi di prova adeguati in proposito sono, in particolare, le dichiarazioni delle camere di commercio e d’industria o di altre associazioni professionali” (Tribunale I grado CE, 14 giugno 2007, T-207/06).

La sentenza impugnata, laddove ha affermato che le borse (Omissis) “rispettano nel loro insieme i parametri canonici delle borse normalmente in commercio” e, in altri termini, che le loro forme sono “standardizzate”, risulta quindi apodittica, non essendosi fatta carico di spiegare le ragioni del difetto dell’autonoma capacità distintiva di quelle forme sia originariamente sia alla luce dell’uso e della fama acquisita nel tempo (cfr. Cass. n. 7254 del 2008).

Tale esito non supera il vaglio di legittimità relativo al parametro normativo di cui all’art. 9 c.p.i., alla luce del quale i giudici di merito avrebbero dovuto accertare la sussistenza delle specifiche e autonome ipotesi di non registrabilità dei marchi di forma ivi previste, mediante esame separato, come richiesto dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 22929 del 2009, con riferimento all’analoga previsione di cui al R.D. n. 929 del 1942, art. 18, lett. c, come sostituito dal D.Lgs. n. 480 del 1992, art. 18)>>.

Indagini demoscopiche ai fini del secondary meaning (la parte più interessnte):

< Si osserva che, ai fini dell’accertamento del secondary meaning, cioè della prova del conseguimento del carattere distintivo in seguito all’uso del marchio, i dati risultanti dalle indagini demoscopiche costituiscono indizi, di per sé non decisivi, che devono essere ponderati quanto al valore dei risultati dei sondaggi di opinione, in relazione alla percentuale e al grado complessivo di attendibilità tecnico-scientifica degli stessi (non richiedendosi che la funzione identificativa acquisita dal segno, che può essere costituito anche dalla forma del prodotto, sia accertata sulla totalità o sulla quasi-totalità del pubblico destinatario), nonché accompagnati da altri indizi gravi, precisi e concordanti.

Tanto premesso, le indagini demoscopiche possono essere compiute (e prodotte in giudizio) dalla parte interessata, ma possono anche essere acquisite dal giudice di merito d’ufficio mediante una c.t.u., al quale l’art. 121, comma 5, c.p.i. consente di ricevere nuovi documenti ancora non prodotti in causa per favorire l’efficienza delle operazioni peritali, anche in deroga alla disciplina generale dettata per il deposito dei documenti sia in primo grado che in appello (Cass. n. 31182 del 2018). Analogamente è possibile trarre elementi probatori del carattere distintivo (della forma) del marchio nel pubblico dei consumatori da fonti (documentali e non) diverse (sempreché “almeno una frazione significativa del pubblico destinatario identifichi grazie al marchio i prodotti o servizi di cui trattasi come provenienti da un’impresa determinata” (cfr. Trib. I gr. CE, 2 luglio 2009, T-414/07; analogamente Corte Giust. CE, 4 maggio 1999, C-108/97)>>.

Ancora sul giudizio di confondibilità tra marchio denominativo e successivo marchio complessio (figurativo-denominativo)

Il Trib. UE 12.10.2022, T-222/21, Shopify c. EUIPO, interv. Rossi e altri, decide sul se l’anteriorità del marchio denominativo SHOPIFY impedisca la registrazione del seguente

(marchio posteriore)

La sentenza rieprcorre il solito iter logico per il giudizio di confondibilità e conferma la decisione di reclamo amminstrativo per cui non c’è confonbililità.-

Tra i punti più interessanti:

The relevant public for the assessment of the likelihood of confusion is composed of users likely to use both the goods or services covered by the earlier mark and those covered by the contested mark. Thus, as a general rule, where the wording of the goods or services of one mark is wider than the wording of the other, the relevant public is generally defined by the narrower wording (see judgment of 24 May 2011, ancotel v OHIM – Acotel (ancotel.), T‑408/09, not published, EU:T:2011:241, paragraphs 38 and 39 and the case-law cited), § 23.

— Assessment of the similarity between two marks means more than taking just one component of a composite trade mark and comparing it with another mark. On the contrary, the comparison must be made by examining each of the marks in question as a whole, which does not mean that the overall impression conveyed to the relevant public by a composite trade mark may not, in certain circumstances, be dominated by one or more of its components. It is only if all the other components of the mark are negligible that the assessment of the similarity can be carried out solely on the basis of the dominant element. That could be the case, in particular, where that component is capable on its own of dominating the image of that mark which members of the relevant public retain, with the result that all the other components are negligible in the overall impression created by that mark (judgments of 12 June 2007, OHIM v Shaker, C‑334/05 P, EU:C:2007:333, paragraphs 41 and 42, and of 20 September 2007, Nestlé v OHIM, C‑193/06 P, not published, EU:C:2007:539, paragraphs 42 and 43). § 40.

41      In the present case, before assessing the similarity of the signs at issue, it is necessary to examine the distinctive and dominant elements of those signs.

– gli elementi descrittivi non son dominanti  nella impressione complessiva, § 45.

— “shop” è dominante? è IL punto centralE: il Trib. dice di no :

49  In the second place, it is necessary to examine, in the light of the case-law cited in paragraph 40 above, whether or not the element ‘shop’ has a dominant role in the marks at issue.

50      So far as concerns the earlier mark, the other word component of it is the suffix ‘ify’, which, for the English-speaking public, will evoke the concept of transformation, and thus, together with the word ‘shop’, that of ‘making something become a shop’. Therefore, it is without committing an error of assessment that the Board of Appeal could find that the earlier mark, taken as a whole, was highly allusive to the goods and services aimed at creating e-commerce platforms or shopping sites that it designated for the English-speaking public. By contrast, for the non-English-speaking public, the suffix ‘ify’ has no meaning and therefore has an average distinctive character. In both cases, that additional element ‘ify’ is not negligible, within the meaning of the case-law cited in paragraph 40 above, in the earlier mark, and the element ‘shop’, which is moreover descriptive, cannot be regarded as dominant in that mark, contrary to what the applicant claims.

— bassa distinvitità del marchio anteriore, §§ 82/86

—  SHOPIFY non ha acwuisito una particlare distinvitità col tempo, § 87 ss

— infine sul giudizio finale: in the present case, the Board of Appeal considered, in essence, that, despite the identity or similarity of the goods and services concerned, given the descriptive nature of the element common to the two marks at issue, namely ‘shop’, the attention of the relevant public focused on the differentiating elements, in particular, on the ‘ify’ and ‘pi’ endings of the two signs, meaning that the coincidence between the signs resulting from the presence of the said common element was not decisive and that the similarity was weak overall. Furthermore, in view of the high level of attention for professionals and higher than average level of attention for the general public as well as the weak distinctive character of the earlier mark, there was no likelihood of confusion., § 121

e poi

Moreover, as the Board of Appeal pointed out in paragraph 93 of the contested decision, although, in accordance with the case-law of the Court of Justice, the more distinctive the earlier mark, the greater will be the likelihood of confusion, the opposite is also true. With regard to a trade mark with a weak distinctive character, and which thus has a lesser capacity to identify the goods or services for which it has been registered as coming from a particular undertaking, the degree of similarity between the signs should, in principle, be high to justify a likelihood of confusion, or this would risk granting excessive protection to that trade mark and its proprietor (see, to that effect, judgment of 5 October 2020, NATURANOVE, T‑602/19, not published, EU:T:2020:463, paragraph 56)., § 125

Marchio non distintivo nè ab origine nè in un secondo momento (Game tournaments)

Il marchio è questo, per computer games e altro:

Tribunale UE  T‑776/21 del 26.10.2022, ,Gameageventures LLP,  c. EUIPo, conferma i rigetti (parziali) dell’ufficio.

E’ nullo per mancnza di distintività , nemmeno sorpavvenuta (secondary meaning)

La parte piu interessnte è quella processuale circa le prove offerte per il secondary meaning., §§ 66-88:
<<  79   In order to prove that a significant proportion of the relevant public identified the goods and services concerned as originating from its undertaking, because of the mark applied for, the applicant submitted the following evidence to EUIPO:

–        two written statements;

–        evidence of cooperation with a major e‑sports broadcasting operator;

–        evidence of the provision of informational and promotional services;

–        Google Analytics traffic data for game-tournaments.com, namely the applicant’s website;

–        Extracts from the website game-tournaments.com.

80      First of all, as regards the two written statements, they are taken from persons established in Cyprus and in Sweden, the latter being the founder of an e‑sports team in Denmark. The witnesses stress that their statements are based on their knowledge, experience and impressions. They state that the mark applied for has indeed been put to use, since they have been confronted by its use since 2018 and 2019 respectively.

81      However, the mere fact that the sign has been used within the European Union for some time is not sufficient to demonstrate that the public targeted by the goods or services in question perceives it as an indication of commercial origin (see, to that effect, judgment of 11 April 2019, Adapta Color v EUIPO – Coatings Foreign IP (Bio proof ADAPTA), T‑224/17, not published, EU:T:2019:242, paragraph 111 and the case-law cited). Further, even though the witnesses assert that the mark has been used within the European Union, neither specifies the countries in which that use took place. Therefore, the written statements do not demonstrate use of the mark in the relevant part of the European Union by a significant portion of the relevant public.

82      Next, as regards the evidence of cooperation with a major esports broadcasting operator, that evidence consists of, first, a letter of intent between the applicant and an undertaking based in Cyprus, allowing the applicant to broadcast sporting events and, second, certificates of appreciation for two of those sporting events. That evidence therefore refers only to a single collaboration agreement of one year’s duration and in no way demonstrates that the mark applied for has acquired any distinctive character in consequence of its use.

83      Furthermore, the evidence of the provision of informational and promotional services consists of a sponsorship agreement, an information provision and licence agreement and a set-off agreement between the applicant and an undertaking established outside the European Union. That evidence shows that the applicant provides promotional and informational services, for that undertaking in particular. However, no mention is made in those documents of the countries concerned or of the relevant public. Nor did the applicant explain in the application what the connection was between those documents and the distinctive character acquired through its use.

84      Further, the Google Analytics data on the game-tournaments.com traffic show that thousands of users in Denmark, Finland, Ireland, the Netherlands, Portugal and Sweden visited the applicant’s website between 1 January 2018 and 29 February 2020. It should be noted that Cyprus and Malta are not mentioned there. In that regard, the Board of Appeal rightly pointed out, with regard to the number of residents in those countries, that the number of users represented only 0.1% of the general public in the countries mentioned.

85      Finally, the applicant also provided extracts from the game-tournaments.com website.  Although the mark applied for appears on the various pages of the website, it is not obvious, since it occupies only a small area and is positioned only in the corner of the website pages, that by its mere presence it contributes to any distinctive character of that mark among the relevant public. The applicant merely describes the content of its website but does not explain how the website in question confers distinctive character on the mark applied for.

86      It must be noted that those limited samples, which do not cover all the relevant countries, are not representative of the whole of the relevant public in the part of the European Union where the sign is considered to be devoid of distinctive character. Moreover, given its nature, the evidence provided by the applicant is insufficient to demonstrate that distinctive character has been acquired through the use of the mark applied for.

87      It follows from the foregoing that none of the evidence provided by the applicant is capable of calling into question the Board of Appeal’s finding that the evidence produced is not sufficient to prove that a significant portion of the relevant public is able, because of the mark applied for, to identify the goods and services concerned as originating from a particular undertaking.>>

Ancora respinta la domanda di marchio del tessuto scozzese di Vuitton: manca la prova del secondary meaning

Il Tribunale UE con sentenza 19.10.2022 , T-275/21, Luis Vuitton c. EUIPO, ha riconfermato la nullità del marchio  del noto tessuto (si v. il mio post 24 luglio 20 sulla prima sentenza).

Era stato già dichiarato privo di distintività ab origine ma rimandato all’Ufficio per esaminare la eventuale distintività sopravvenuta.

Ma l’ufficio l’ha negata e così pure il Tribunale.

Sentenza importante non tanto per il gidizio finale nel caso specifico quanto per l’iter motivatorio: sarà il leading case per la determinazione del secondary meaning (ma anche per quella ab origine) nei marchi europei.

Fattori da considerare: <<23   In order to determine whether a mark has acquired distinctive character, account must be taken, inter alia, of the market share held by the mark, how intensive, geographically widespread and long-standing the use of the mark has been, the amount invested by the undertaking in promoting the mark, the proportion of the relevant class of persons who, because of the mark, identify the product as originating from a particular undertaking, statements from chambers of commerce and industry or other trade and professional associations as well as opinion polls (see judgment of 21 April 2015, Louis Vuitton Malletier v OHIM – Nanu-Nana (Representation of a grey chequerboard pattern), T‑360/12, not published, EU:T:2015:214, paragraph 90 and the case-law cited).>>

da provare in tutti gli stati ue , § 28 (si badi: in tutti)

la parte più interessante è quando poi esmina i singoli mezzi di prova in casau.

Tra i molti ricordo per la suasemrep poco cjhiartr rilevanza quella della presenza in rete

<<84  By contrast, the mere fact that a website on which the mark at issue was promoted is accessible in certain Member States is not sufficient to demonstrate that a significant part of the relevant public in those Member States has been exposed to that mark. The mere existence of a website is not capable of establishing the intensity of use of a trade mark or of the relevant public’s exposure to that mark (see, to that effect and by analogy, judgment of 19 November 2014, Out of the blue v OHIM – Dubois and Another (FUNNY BANDS), T‑344/13, not published, EU:T:2014:974, paragraph 29).

(…) 90  In that regard, it is important to note that whilst, in principle, the fact that a search engine or social network algorithm associates the name of the contested mark and the goods made by the proprietor of that mark may be a relevant indicator for the purposes of assessing distinctive character acquired through use of the contested mark (see paragraph 83 above), it remains the case that the Board of Appeal rightly found that, given the small percentages of data concerning the relevant Bulgarian and Slovakian public, and given the low number of repetitions of the keywords in question, that evidence did not demonstrate an exposure of a significant part of that public to the contested mark.

(…)

967  Lastly, as regards the sites where the top-level domain is general, namely ‘www.upscalehype.com’, ‘www.coolspotters.com’, ‘www.bloguez.com’, ‘www.bagbliss.com’ and ‘www.styleestate.com’, suffice it to state that the applicant has not submitted any substantiated evidence demonstrating that a part of the relevant public in the Member States concerned consulted them. Therefore, the Board of Appeal cannot be criticised for having found that they did not primarily target the Member States concerned (see paragraph 82 above)>>.

Il tribunale UE su marchio costituito da tessuto ornamentale

Sul tema del marchio costituito da un disegno ripetuto (pattern), usato come rivestimento esterno (sulla cui disciplina non sempre c’è chiarezza), si pronuncia il tribunale UE con la sentenza 10 giugno 2020, T-105/19, Louis Vuitton Malletier c. Euipo.

Il motivo della stoffa di cui si chiedeva protezione era del tipo scozzese sulle tonalità del giallo e marron (v. foto in sentenza)

I prodotti indicati in domanda appartenevano alla classe 18 (borse, valigie etc.)

Il Tribunale dà alcuni utili insegnamenti. Ricorda ad es. la decisione del Board of  Appeal (poi <BoA>; del 22.11.2018, che è la decisione contestata) secondo cui a questi marchi si applicano le regole sui marchi tridimensionali , p. 16.

Inoltre, solo se si distanzia significativamente dalle regole e prassi del settore, può dirsi assolvere la funzione distintiva, p. 17.

Rleva poi che il BoA aveva basato il giudizio sul carattere distintivo (negandolo) su fatto notorio (well-known fact), ritenuto sufficiente dal Tribunale, trattandosi di operaizone logico-giuridica del tutto ammissibile,  §§ 19 e 29- 30.

Ecco la descrizione del marchio sub iudice: consisteva  <on the one hand, of a regular pattern of squares in two alternating colours, namely blue and beige, as confirmed by the parties during the hearing, which is reminiscent of a chequerboard pattern and, on the other hand, of a weft and warp structure, which constitutes a pattern within a pattern and appears on the inside of the squares in the manner of a weaving method shown by two interlacing threads> , p. 31.

il Tribunale concorda con il BoA sulla ordinarietà del motivo : <the chequerboard pattern is a basic and commonplace figurative pattern, since it is composed of a regular succession of squares of the same size which are differentiated by alternating different colours, one light and one dark, namely blue and beige. The pattern thus does not contain any notable variation in relation to the conventional representation of chequerboards and is the same as the traditional form of such a pattern>, p. 32.

infatti the <weft and warp [trama e ordito] pattern that appears on the inside of each of the chequerboard squares corresponds with the desired visual effect of interlacing two different fabrics, of whatever type they may be (wool, silk, leather, etc.), which is thus customary as regards goods such as those within Class 18>, § 33.

Perciò bene ha statuito il BoA quando ha detto che <the representation of a chequerboard in the alternating colours of blue and beige and the impression of interlacing threads did not, from a graphic point of view, contain any notable variation in relation to the conventional presentation of such goods, so that the relevant public would in fact perceive only a commonplace and everyday pattern>, p. 34,  e che <the juxtaposition of two elements that were not in themselves distinctive could not alter the perception of the relevant public as to the absence of distinctive character, ab initio, of the mark at issue as a whole. The juxtaposition of a chequerboard and of a weft and warp pattern does not give rise to any element that significantly diverges from the norm or customs of the sector concerned>, p. 35.

E’ dunque esatto affermare che <contrary to the applicant’s claims, the fact that the mark at issue was a basic and commonplace pattern that did not depart significantly from the norm or customs of the sector concerned was a well-known fact within the meaning of the case-law cited in paragraph 30 above>, p. 36.

Il secondo motivo di ricorso riguarda il profilo probatorio,  legato alla difesa di secondary meaning, p. 54 ss

Per accertare il secondary meaning, <the competent authority must carry out an examination by reference to the actual situation and make an overall assessment of the evidence that the mark has come to identify the goods or services concerned as originating from a particular undertaking (…) .   In that regard, account must be taken, inter alia, of the market share held by the mark, how intensive, geographically widespread and long-standing use of the mark has been, the amount invested by the undertaking in promoting the mark, the proportion of the relevant class of persons who, because of the mark, identify the product as originating from a particular undertaking, statements from chambers of commerce and industry or other professional associations as well as opinion polls (…)>, §§ 62-63.

Inoltre, in base al carattere unitario del marchio EU, <a sign must have distinctive character, inherent or acquired through use, throughout the European Union (…) .   Thus a sign may be registered as a European Union trade mark under Article 7(3) of Regulation 2017/1001 only if evidence is provided that it has acquired, through the use which has been made of it, distinctive character in the part of the European Union in which it did not, ab initio, have such character for the purposes of Article 7(1)(b). It follows that, with regard to a mark that is, ab initio, devoid of distinctive character across all Member States, such a mark can be registered pursuant to that provision only if it is proved that it has acquired distinctive character through use throughout the territory of the European Union (see, to that effect, judgment of 25 July 2018, Société des produits Nestlé and Others v Mondelez UK Holdings & Services, C‑84/17 P, C‑85/17 P and C‑95/17 P, EU:C:2018:596, paragraphs 75 and 76 and the case-law cited).> p. 65-66

Anche se il secondary meaning deve provato in tutti gli Stati in cui non c’è era ab initio, sarebbe irragionevole <to require proof of such acquisition for each individual Member State (judgment of 24 May 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli v OHIM, C‑98/11 P, EU:C:2012:307, paragraph 62).>, p. 67

Una cosa sono i fatti da provare, altra cosa sono i mezzi adottati a questo scopo: <No provision of Regulation 2017/1001 requires that the acquisition of distinctive character through use be established by separate evidence in each individual Member State> p. 68.

Ci avviciniamo al punto più importante, almeno a fini pratici. E’ dunque possible che le prove dedotte <to establish that a particular sign has acquired distinctive character through use is relevant with regard to several Member States, or even to the whole of the European Union. In particular, it is possible that, for certain goods or services, the economic operators have grouped several Member States together in the same distribution network and have treated those Member States, especially for marketing strategy purposes, as if they were one and the same national market. In such circumstances, the evidence for the use of a sign within such a cross-border market is likely to be relevant for all of the Member States concerned. The same is true when, due to a geographic, cultural or linguistic proximity between two Member States, the relevant public of the first has a sufficient knowledge of the products and services that are present on the national market of the second> p. 69.

Ne segue che, sebbene non sia necessario a fini di registrazione di un marchio privo di distintività in tutti gli stati UE, <that evidence be submitted, in respect of each individual Member State, of the acquisition by that mark of distinctive character through use, the evidence submitted must be capable of establishing such acquisition throughout the Member States of the European Union. In the case of a mark that does not have inherent distinctive character throughout the European Union, the distinctive character acquired through use of that mark must be shown throughout that territory, and not only in a substantial part or the majority of the territory of the European Union, and consequently, although such proof may be produced globally for all the Member States concerned or separately for different Member States or groups of Member States, it is not, however, sufficient that the party with the burden of providing such evidence merely produces evidence of such acquisition that does not cover part of the European Union, even a part consisting of only one Member State >, p. 70.

A conferma di ciò il Trib. ricorda giurisprudenza della CG , per la quale <although it must be proved that the mark at issue has acquired distinctive character throughout the European Union, the same types of evidence do not have to be provided in respect of each Member State (see judgment of 28 October 2009, Combination of the colours green and yellow, T‑137/08, EU:T:2009:417, paragraph 39 and the case-law cited)>, p. 71.

In breve, se ne traggono due insegnamenti:

1) la prova del significato secodnario deve essere data per tutti gli Stati, non solo per una parte sostanziale della UE;

2) la prova può essere cumulativa nel senso che un medesimo mezzo di prova può riguardare più Stati.

Segue poi un dettagliato esame  delle 68 prove (exhibits) , utile a fini pratici.

Il Tribunale , però, qui censura il BoA per aver irrazionalmente selezionato solo alcuni materiali probatori, relativi solo ad alcuni Stati (§§ 81-82 e segg.) e pertanto annnulla la decisione,  § 96