Il fideiussore che ha pagato un debito dell’alienante d’azienda può agire in surroga anche verso l’acquirente della stessa ex art. 2560 c. 2 c.c.

Interessanti precisazioni in Cass. sez.  I 05/07/2023 n.19.041, rel. Nazzicone sul non sempre cristallinamente chiaro concetto di surroga:

<<3. – Con il terzo motivo, si deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 2467 c.c. e art. 2560 c.c., comma 2, perché il cessionario di azienda, secondo tale ultima disposizione, assume una posizione di garanzia aggiuntiva, a fini di rafforzamento della tutela per i creditori, ma la cessione d’azienda non opera una modificazione del lato passivo del rapporto: pertanto, il fideiussore, che abbia pagato un debito aziendale sorto in capo al soggetto alienante, non ha diritto di regresso o di surroga se non contro questi, mentre il suo pagamento avrà, nei confronti del cessionario dell’azienda, semplicemente l’effetto di liberarlo da quell’obbligo di garanzia, ma non gli darà diritto di ripetere quanto versato.

Il motivo è infondato.

Dispone l’art. 2560 c.c., circa i “Debiti relativi all’azienda ceduta”, che l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito (comma 1); risponde dei debiti suddetti anche l’acquirente dell’azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori (comma 2).

Pertanto, deve trattarsi di debiti che siano “inerenti all’esercizio dell’azienda”, pure nel caso di cui al comma 2, che prevede l’escutibilità dell’acquirente. Ma, se tale requisito è soddisfatto, il debito passa proprio in capo all’acquirente, principale obbligato; la liberazione dell’alienante, invece, non avviene e ciò per disposto di legge, a maggiore garanzia dei creditori.

Nel caso di fideiussione, rilasciata da un terzo a favore del creditore del soggetto che l’azienda abbia, in seguito, alienato, certamente non si trasmette sul piano soggettivo il negozio fideiussorio, dalla giurisprudenza di questa Corte ricostruito come negozio (di regola) intercorrente tra fideiussore e creditore, cui il debitore sul piano della conclusione del negozio resta, invece, estraneo (Cass. 30 giugno 2014, n. 14772, in motiv.). Pertanto, nel caso di cessione d’azienda, è certo che non subisce mutamenti soggettivi il negozio fideiussorio, ex art. 2558 c.c..

Occorre invece, nel caso di specie, stabilire se risponda – in quanto “debito inerente all’esercizio dell’azienda” e sempreché “risult(i) dai libri contabili obbligatori” – l’acquirente dell’azienda, in virtù del disposto dell’art. 2560 c.c., comma 2, per il debito esistente non direttamente verso il creditore originario (nella specie, la banca in forza di contratto di conto corrente bancario), ma derivante dall’esercizio dell’azione di surrogazione ex art. 1949 c.c. da parte del fideiussore, che quel debito abbia pagato.

Con riguardo alla surrogazione, questa Corte (cfr. Cass. 30 giugno 2014, n. 14772, in motiv.) ha già osservato che essa realizza una variazione soggettiva del rapporto obbligatorio, in quanto l’adempimento del terzo non estingue l’obbligazione in senso oggettivo, ma piuttosto tacita la pretesa del creditore, senza liberare il debitore.

Si opera, quindi, una variazione dal lato attivo del rapporto obbligatorio e si mira ad agevolare la soddisfazione del soggetto attivo del rapporto stesso, consentendo a colui che paga di succedere nello stesso diritto di cui era titolare l’accipiens.

Nella specie, mentre i ricorrenti riferiscono di un’azione proposta nel ricorso monitorio dal fideiussore ai sensi di entrambe le disposizioni degli artt. 1949 e 1950 c.c., la sentenza in questa sede impugnata afferma senz’altro che il fideiussore si è surrogato ex art. 1203 c.c. nei diritti del creditore (la banca) (v. p. 3 della sentenza): onde si tratta dello stesso diritto di questa, esercitato dal fideiussore in via surrogatoria, a fronte del medesimo debito inerente l’azienda, di cui risponde proprio il cessionario, a norma dell’art. 2560, comma 2, c.c.

Una volta eseguito il pagamento, spetta al fideiussore, dunque, il diritto di surrogazione, ai sensi dell’art. 1203 c.c. e della disposizione speciale dell’art. 1949 c.c.: diritto in cui egli subentra in luogo del creditore.

Pertanto, come la banca creditrice avrebbe potuto agire per il pagamento del dovuto sia verso la diretta cliente, alienante l’azienda, sia verso la cessionaria di questa, del pari la posizione giuridica attiva, in virtù del subentro per effetto dell’azione di surrogazione ad opera del fideiussore che abbia pagato, è esercitabile da lui nei confronti di entrambe le parti, a tutela della medesima posizione creditoria. La soluzione raggiunta dalla sentenza impugnata, e’, in definitiva, corretta>>.

Sul diritto di surroga dell’assicuratore sociale INAIL

Cass, 21.20.2022 n. 31.139, sez. 3, rel. Cirillo, interviene su un compesso caso di surrtoga INAIL verso l’assicuratore della responsabilità civile in un tragico sionistro stradale.

Qui riporto gli  insegnamenti  in diritto, al § 5.1-5.3, essenzialmente relativio al rapporto tra l’art. 1916 cc e l’arty. 142 cod. assic. priv. (già art. 28 L. 990/1969):

<<5.1. Trattandosi del diritto di surroga esercitato dall’INAIL a seguito di un sinistro stradale, la norma di riferimento e’, oltre all’art. 1916 c.c., il D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142; disposizione, quest’ultima, che ha il suo antecedente nella L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 28.
Il meccanismo delineato dalla L. n. 990 del 1969, art. 28, transitato, senza significative modifiche, nel D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142 – costituisce un’applicazione particolare della regola generale contenuta nell’art. 1916 c.c., poiché la disposizione delinea un’azione in surrogazione esperibile soltanto in relazione al risarcimento dei danni conseguenti ad incidenti stradali.
A norma dell’art. 142, comma 1, cit., l’assicuratore sociale ha diritto di ottenere “direttamente dall’impresa di assicurazione” il rimborso “delle spese sostenute per le prestazioni erogate al danneggiato ai sensi delle leggi e dei regolamenti che disciplinano detta assicurazione, sempreché non sia stato già pagato il risarcimento al danneggiato, con l’osservanza degli adempimenti prescritti nei commi 2 e 3”. I due commi successivi prevedono l’obbligo del c.d. accantonamento da parte dell’assicuratore del responsabile civile il quale, prima di pagare il danneggiato, dovrà richiedere allo stesso una sorta di dichiarazione liberatoria, che attesti che il medesimo non ha diritto “ad alcuna prestazione da parte di istituti che gestiscono assicurazioni sociali obbligatorie”. Seguono poi le regole per l’esecuzione del pagamento ovvero, in caso di dichiarazione positiva da parte del danneggiato circa l’esistenza di un proprio diritto verso gli assicuratori sociali, l’obbligo di accantonamento “di una somma idonea a coprire il credito dell’ente per le prestazioni erogate o da erogare”.
Il senso del complesso ed articolato sistema delineato dall’art. 142 è quello di consentire al danneggiato un pronto ristoro anche da parte degli assicuratori sociali; ma, ove questi abbiano erogato somme, essi si surrogano al danneggiato nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile. E’ comunque previsto – con l’apposita norma di chiusura dettata nell’ultima parte del comma 3 dell’art. 142 cit. – che l’ente gestore dell’assicurazione sociale “ha diritto di ripetere dal danneggiato le somme corrispondenti agli oneri sostenuti se il comportamento del danneggiato abbia recato pregiudizio all’azione di surrogazione” (v. sul punto la sentenza 25 settembre 2014, n. 20176).
5.2. La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo affermato che per ottenere il rimborso delle prestazioni erogate al danneggiato, l’ente gestore dell’assicurazione sociale può agire, ai sensi dell’art. 1916 c.c., nei confronti dei terzi responsabili del fatto illecito – per tali intendendo non genericamente i terzi obbligati, ma esclusivamente i soggetti (estranei al rapporto assicurativo) tenuti a rispondere di un evento (concretante il rischio assicurato) imputabile ad essi od a persone del cui operato debbano rispondere – con esclusione dell’assicuratore del responsabile del danno e con l’unico limite derivante dall’ammontare del risarcimento dovuto al danneggiato. Ovvero a quel fine il detto ente può agire direttamente nei confronti dell’assicuratore del responsabile del danno conseguente alla circolazione di veicoli (ma non di quest’ultimo), ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 28, comma 2, con l’ulteriore limite costituito dall’ammontare del massimale per il quale è stata stipulata l’assicurazione della responsabilità civile, atteso che tra le due normative non sussiste alcuna relazione di incompatibilità ai sensi dell’art. 15 delle preleggi, trattandosi di azioni che attribuiscono il diritto di surrogazione nei confronti di soggetti obbligati diversi (così la sentenza 20 novembre 1987, n. 8544, più volte confermata in seguito).
La successiva sentenza 23 dicembre 1994, n. 11112, ha ulteriormente chiarito che il citato art. 28 non ha abrogato l’art. 1916 c.c., u.c., il quale consente all’ente gestore dell’assicurazione sociale di valersi dello strumento surrogatorio nei confronti del terzo responsabile. La diversità delle due azioni fa sì che l’ente di assicurazione sociale ben può decidere di agire contemporaneamente contro il terzo responsabile e contro la società assicuratrice di quest’ultimo (tali principi sono stati confermati dalla più recente ordinanza 23 novembre 2017, n. 27869 e valgono anche in relazione al vigente del D.Lgs. n. 209 del 2005, art. 142).
La giurisprudenza di questa Corte ha anche affermato che il principio fissato dall’art. 1916 c.c., in forza del quale la surrogazione dell’assicuratore nei diritti dell’assicurato contro il terzo responsabile consegue al pagamento dell’indennità, subisce nel campo delle assicurazioni sociali i necessari adattamenti, nel senso che per il verificarsi del subingresso dell’istituto assicuratore basta la semplice comunicazione al terzo responsabile dell’ammissione del danneggiato all’assistenza prevista dalla legge, accompagnata dalla manifestazione della volontà di esercitare il diritto di surroga. Per cui l’esercizio della surrogazione da parte dell’assicuratore comporta la perdita della titolarità del credito del danneggiato nei confronti del responsabile e l’acquisto dello stesso da parte dell’assicuratore (sentenza 15 luglio 2005, n. 15022; nonché, più di recente, Sezioni Unite, sentenza 29 aprile 2015, n. 8620).
Ed è stato parimenti stabilito che, dal momento in cui l’ente comunica all’assicuratore del terzo responsabile di aver ammesso l’assicurato danneggiato all’indennizzo, e con ciò lo preavverta di voler effettuare la surroga, l’assicuratore è tenuto all’accantonamento in via provvisoria della corrispondente somma in favore dell’ente gestore (sentenza 17 gennaio 2003, n. 604).
5.3. Alcune più recenti pronunce hanno consentito a questa Corte di chiarire che la surrogazione dell’assicuratore di cui all’art. 1916 cit. ha un triplice scopo: evitare l’arricchimento dell’assicurato, che deriverebbe dalla possibilità di cumulare indennizzo e risarcimento; evitare l’arricchimento del responsabile, il quale, se non esistesse la surrogazione, beneficerebbe indirettamente della copertura assicurativa contro i danni stipulata dal danneggiato; consentire all’assicuratore di abbassare il costo generale dei sinistri e di conseguenza i premi puri applicati per le categorie di rischi omogenei (così la sentenza 14 ottobre 2016, n. 20740).
Proprio in relazione alla surrogazione da parte dell’INAIL è stato poi affermato che la rendita da esso versata alla vittima o ai suoi congiunti ha lo scopo di venire incontro allo stato di bisogno nel quale essi verranno presumibilmente a trovarsi a causa dell’incidente e della conseguente diminuzione o totale perdita del contributo economico che il lavoratore apportava alla sua famiglia.    E poiché la rendita erogata dall’INAIL ha lo scopo di indennizzare il solo pregiudizio patrimoniale, e non anche il danno non patrimoniale, “la c.d. compensatio lucri cum damno non opera quando il vantaggio conseguito dalla vittima dopo il fatto illecito sia destinato a ristorare pregiudizi ulteriori e diversi da quello di cui ha chiesto il risarcimento” (così l’ordinanza 18 ottobre 2019, n. 26647, che richiama la sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte 22 maggio 2018, n. 12566)>>