Preliminare ed errore sulle qualità edificatorie del terreno

Cass. 12.01.2023 n. 639, sez. II, rel. Falaschi:

<<Va pertanto applicato il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui l’errore sulla valutazione economica della cosa oggetto del contratto non rientra nella nozione di errore di fatto idoneo a giustificare una pronuncia di annullamento del contratto, in quanto non incide sull’identità o qualità della cosa, ma attiene alla sfera dei motivi in base ai quali la parte si è determinata a concludere un certo accordo ed al rischio che il contraente si assume, nell’ambito dell’autonomia contrattuale, per effetto delle proprie personali valutazioni sull’utilità economica dell’affare” (Cass. n. 20148 del 2013).
Tale complessiva valutazione delle risultanze processuali, nel caso di specie, non risulta essere stata effettuata dalla Corte territoriale, la quale ha fondato la esistenza dell’errore su un unico elemento che da solo appare risulta privo di decisività.
In assenza di specifiche indicazioni sulla riconoscibilità in concreto delle ragioni abitative manifestate dalla promissaria acquirente – e conosciute dai prominenti venditori – la sola circostanza che il terreno pacificamente non è edificabile non costituisce elemento univoco, né decisivo da cui desumere che l’effettivo interesse perseguito dalla stessa riguardava il terreno per la sua capacità edificatoria.
A parte, inoltre, la formulazione letterale dell’oggetto del contratto, in cui parrebbe non risultare alcuna clausola o pattuizione accessoria, né alcun elemento estrinseco, quale la particolare destinazione urbanistica della zona in cui si trovava il terreno de quo, o una valutazione comparativa del corrispettivo pattuito rispetto all’effettivo valore del suolo, anche in relazione al minor valore rispetto alle aree edificabili circostanti, sintomatici della riconoscibilità dell’errore e della rilevanza essenziale attribuita dalla promissaria acquirente alla capacità edificatoria dell’area.>>

Attenzione dunque quando si negozia un bene con certe caratteristiche desiderate: vanno specificate ed anche nel preliminare!

Preliminare di cessione di quote sociali e impegno di garanzia

Cassazione 16 ottobre 2020 numero 22429,  rel. Dolmetta, decide una lite in cui (per la parte che qui interessa) si discuteva della violazione di un impegno assunto dai venditori nei confronti dei compratori. In particolare l’impegno era nel senso che la società, di cui venivano cedute Invia preliminare le quote, alla data del definitivo avrebbe dovuto risultare <<titolare di quote societarie della srl Lotel per un valore nominale complessivo variabile tra il 51% e il 64%>> di altra società, la quale a sua volta costituiva il reale oggetto di interesse dei  compratori

Successivamente (i fatti non sono però chiarissimi), tra la stipula del preliminare e la data stabilita per il definitivo, si era aperto un contenzioso tra i soci della società “venduta”, che avrebbe anche potuto potuto apportare un rilevante mutamento nella compagine sociale. Ed è per questo che poi le parti (in prima battuta gli aqquirenti, immagino) non diedero esecuzione al preliminare.

Uno dei motivi di ricorso in Cassazione era che la Corte d’Appello non aveva tenuto conto della questione della imputabilità del mancato rispetto dell’impegno di garanzia predetto

Va premesso che non è chiaro in che modo questo impegno possa essere stato violato semplicemente per la pendenza di un contenzioso dei soci. Infatti si potrebbe dire che, fino a che non venga definito tale contenzioso, nessuna risposta si può dare circa l’esistenza o meno di  tale violazione.

A parte ciò, la Corte di Cassazione passa ad esaminare se rilievi o meno il profilo soggettivo (imputabilità) della violazione dell’impegno stesso.

La Cassazione ha buon gioco nel dire che non ha alcun rilievo: è infatti peculiare dell’impegno di garanzia il dover essere accertato in via esclusivamente oggettiva. Giustamente la Corte richiama altri casi di garanzia nel codice civile: come ad esempio quelle per i trasferimenti (evizione nella vendita o veritas nominis nella  cessione di crediti oppure anche la garanzia di buon funzionamento), cui si può aggiungere quello dei vizi della res nella compravendita (secondo la nota ricostruzione di Mengoni).

E’ proprio del concetto di garanzia quello di tenere una parte al sicuro da eventi sgraditi, anche se in nessun modo addebitabili (imputabili) al  soggetto che fornisce la garanzia. Questo costituisce la differenza tra impegno da garanzia e impegno da obbligazione, in cui il raggiungimento dell’obiettivo -invece- avviene solo tramite lo sforzo che può considerarsi dovuto dal debitore e nulla più.

Precisamente La Corte si esprime nei seguenti termini:

<< (…) la sentenza del giudice bolognese [d’appello] ha inquadrato la previsione, relativa al possesso da parte della s.a.s. Perlotel (e quindi dei soci di questa, promittenti venditori) della maggioranza delle quote della s.r.l. Lotel, nell’ambito degli “impegni di garanzia”, dal contratto preliminare posti a carico dei promittenti venditori (cfr. sopra, nell’ultimo periodo nel n. 5).

La Corte territoriale ha ritratto questo inquadramento dal tenore testuale del patto; come pure, e in via di conforto ulteriore, dalla funzione concreta della promessa di vendita (cfr. nel secondo capoverso del n. 2). Questa prospettiva – è anche da precisare non è stato contestata dagli attuali ricorrenti.                 12. Ora, all’inquadramento, così raggiunto, consegue che il detto impegno implica – da parte dei promettenti venditori che lo hanno assunto stipulando il preliminare – l’assicurazione del risultato che viene così promesso, come in concreto rappresentato dalla titolarità della maggioranza delle quote della s.r.l. Lotel (per il tramite della s.a.s. Perlotel, la totalità delle quote di questa fungendo da oggetto diretto dell’operazione).              L’impegno in discorso si trova dunque inserito nell’ambito della categoria tradizionale – e di amplissimo riscontro nella pratica – dei c.d. obblighi di garanzia di risultato, di cui ad esempio fanno parte, nell’ambito degli obblighi di fonte legale, la garanzia per evizione (artt. 1483 ss. c.c.) e quella della veritas nominis in ipotesi di cessione dei crediti (art. 1266 c.c.) ovvero, nel contesto degli obblighi di fonte negoziale, della garanzia di buon funzionamento (come figura contemplata dalla norma dell’art. 1512 c.c.).

13.- E’ consentaneo all’assunzione di un impegno di garanzia del risultato che l’obbligato risponde per il caso di mancato verificarsi del risultato promesso anche quando ciò non si leghi al suo dolo o alla sua colpa: qui in effetti, la legge o il contratto pone direttamente in capo a un dato soggetto il rischio connesso al verificarsi di un dato risultato. E così, sempre a titolo di esempio, il venditore risponde nei confronti del compratore per l’evizione della cosa che gli ha alienato anche se, al tempo della convenuta alienazione, non era in mala fede.             In ragione di quest’ordine di rilievi, la giurisprudenza di questa Corte viene a escludere che, per ravvisare la sussistenza dell’inadempimento agli obblighi di questa specie, occorra un riscontro di colpevolezza del soggetto tenuto (cfr., tra le altre, Cass., 28 novembre 2019, n. 31314; Cass., 21 aprile 2015, n. 8102; Cass., 21 maggio 2012, n. 8002).         Si tratta – così si è venuto per l’appunto a precisare di “garanzia che opera per il fatto oggettivo”>>.

La soluzione è esatta, tranne un fugace appunto : è equivoco (e comunque con esattezza lessicale da verificare) esprimersi in termini di “obbligo” e di “inadempimento” con riferimento alla <garanzia>, in cui il risultato  è dovuto in termini assoluti e non parametrati su una condotta debitoria (sempre che sia esatto parlare di <debitore>  per chi è tenuto alla garanzia …)