La Cassazione sulla parodia nel diritto di autore (con un cenno alla tutela del marchio rinomato verso usi non distintivi)

La pubblicità dell’acqua Brio Blu con l’evocazine (precis) di Zorro (su youtube è reperibile il video)  non è statga accettata dal titolare dei diritti, che ha agito in giudizio (nel 2007).

Dopo una sentenza di Cassazione 32 del 2007, la causa  vi ritorna e viene decisa da Cass. ord. 38.165 del 30.12.2022, sez. 1, rel. Falabella, CO.GE.DI. spa c. Zorro Productions inc..

Contiene una importante messa a punto della teoria giuridica della parodia e una precisazione pure utile sul marchio rinomato.

Vediamo i passaggi principali:

  •  § 2.2. sulla parodia in generale: <<Ciò posto, è anzitutto pacifica, in dottrina come in giurisprudenza, la tutelabilità del personaggio di fantasia: tutelabilità che è indipendente dalla protezione accordata all’opera (quale quella letteraria, teatrale, cinematografica, televisiva, radiofonica, musicale, ma anche fumettistica o del videogioco) in cui il personaggio stesso si colloca. Basterà ricordare, in proposto, il risalente arresto di questa Corte che pone i personaggi di Walt Disney, realizzati originariamente nel campo dei disegni, tra le creazioni intellettive dotate di caratteristiche figurative e normative che li rendono riconoscibili come creazioni tipiche: ciò che è stato ritenuto sufficiente perché esse siano protette come tali nelle varie forme di utilizzazione economica rese possibili dalla riproduzione in qualunque modalità figurativa contro ogni atto che, per via di identità o affinità espressiva, e avuto riguardo all’ordinaria capacita critica del pubblico, realizzi una ripetizione dell’idea dell’autore (Cass. 20 febbraio 1978, n. 810)>>.

<<La parodia di un’opera altro non è che una rielaborazione attuata attraverso una imitazione caricaturale attuata con finalità satiriche, umoristiche, comunque critiche; tale può considerarsi anche la parodia di un personaggio della fantasia. Il connotato proprio della parodia riposa nell’assunzione, quale fondamentale suo riferimento, di un’opera o di un personaggio originali, da cui poi ci si discosta allo scopo di trasmettere un messaggio diverso da quello avuto di mira dall’autore dell’opera o del personaggio in questione. Evidente e’, pertanto, la differenza tra chi attua un’attività di mera riproduzione – nelle diverse forme del mero plagio, quale pedissequa imitazione, e della contraffazione, quale copiatura attuata con differenze di semplice dettaglio – e chi, con la parodia, reinterpreta l’opera o il personaggio e ne declina altrimenti il senso, veicolando, in tal modo, un messaggio nuovo. La parodia è quindi opera dell’ingegno autonoma rispetto all’originale, ponendosi essa in antinomia con quanto oggetto del travestimento. (…). Di qui la differenza tra contraffazione e parodia, magistralmente scolpita in queste poche parole: “o si tratta di riproduzione più o meno larvata dell’opera seria nella stessa serietà di tratti caratteristici, e si ha contraffazione più o meno volgare; o vi è una qualsiasi surrogazione del comico al tragico nella sostanza dell’opera primitiva, e si è in presenza di una parodia”. Ed è proprio in questa chiave che debbono leggersi gli arresti della nostra giurisprudenza di merito, che ha qualificato come parodia interventi, muniti di una qualche creatività, che, senza discostarsi dalla forma espressiva dell’originale, si sono rivelati capaci di stravolgere il significato di quest’ultimo: come nel caso della sostituzione di parole o lettere dei passi estratti dall’opera di riferimento, del mutamento degli elementi sintattici di un testo letterario, della derisoria interpretazione di un brano musicale. Per realizzare tale risultato l’autore della parodia deve necessariamente accostare l’utente all’originale e reimpiegarne i contenuti. Come è stato ben sottolineato dalla giurisprudenza di merito, la parodia “implica un ineliminabile carattere di parassitismo rispetto all’opera parodiata, nel senso che essa trova fondamento proprio nella preesistenza di un’opera di riferimento cui operare ripetuti rimandi in chiave deformante”>>.

  • § 2.4 sul fondamento della eccezione di parodia, reperito nell’eccezione di citazione ex art. 70 c.1 l. aut, quindi invocabile già ora e cioè anche senza espresso recepimento della possibilità prevista dalla dir. 29/2001, art. 5 lett. k). (è stata poi inserita nella disciplina della resposnabilità delle piattaforme, art. 102 nonies.2.b ex d. lgs.  177 del 2021 di recepimento della dir. 790/2019):

<<La L. n. 633 del 1941, art. 70, comma 1, consente il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico, se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera. Ora, il diritto di critica e di discussione può essere speso con diverse modalità, tra cui è ricompreso il registro ironico, utilizzato nella satira, e quello comico e burlesco, impiegato nella parodia, ove, attraverso l’uso della provocazione grottesca, si ridicolizzano elementi caratterizzanti di un’opera: attività, questa, che può lecitamente compiersi anche con riferimento a un personaggio di fantasia, di cui si deridano aspetti che lo contraddistinguono, come le fattezze fisiche, le qualità, gli atteggiamenti, con chiaro intento di rovesciare comuni stereotipi associati a quella identità letteraria o artistica. Può osservarsi, infatti, che la citazione dell’opera, di cui è parola nel cit. art. 70, comma 1, è anche quella costruita intorno a un personaggio dell’opera stessa (il quale è in sé è suscettibile di tutela, come si è visto): e il mascheramento dell’eroe in pagliaccio – per venire alla fattispecie che qui viene in esame – è una delle forme più comuni di parodia del personaggio.                       La liceità della parodia dell’opera o del personaggio creati da altri trova quindi il proprio fondamento nell’utilizzazione libera di cui alla L. n. 633 del 1942, cit. art. 70, comma 1. Non contraddice tale ricostruzione l’art. 5, comma 3, dir. 2001/29/CE (sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione), che accorda agli Stati membri la facoltà di disporre eccezioni o limitazioni ai diritti di riproduzione e di comunicazione di opere al pubblico, di cui rispettivamente agli artt. 2 e 3 della direttiva stessa anche nel caso, previsto dalla lett. k) del predetto articolo, quando “l’utilizzo avvenga a scopo di caricatura, parodia o pastiche”. Se è vero che non esiste, tra le norme nazionali che regolamentano le utilizzazioni libere atte a circoscrivere il diritto esclusivo dell’autore, una disposizione che puntualmente recepisca espressamente l’ipotesi di cui alla lett. k) cit. – e che quindi espressamente faccia rientrare l’utilizzo dell’opera tra le eccezioni e le limitazioni ai suddetti diritti di riproduzione e comunicazione -, è altrettanto vero che l’assenza di un intervento normativo nel senso indicato è da ascrivere al fatto che l’art. 70 già ricomprende l’eccezione di parodia, intesa come espressione del dritto di critica e discussione dell’opera protetta.>>

Il giudizio è esatto, anche se ancor più lo sarebbe stato il rifeirmento al diritto costituzonale di di parola e manifestazione del pensiero (cit. poco sopra dalla SC).

  •    § 2.5 la SC ricorda l’interpretazione della parodia nel diritto UIe operata da  Corte di giustizia nella sentenza Deckmyn del 2014, C-210/13.
  •  § 2.6. la disciplina dell’eccezione di critica (e di parodia) non confligge con quella europea della parodia .
  •  § 2.8 Principi di diritto:  “In tema di diritto di autore, la parodia costituisce un atto umoristico o canzonatorio che si caratterizza per evocare un’opera, o anche un personaggio di fantasia e non richiede un proprio carattere originale, diverso dalla presenza di percettibili differenze rispetto all’opera o al personaggio che sono parodiati.

“In tema di diritto di autore, la parodia deve rispettare un giusto equilibrio tra i diritti del soggetto che abbia titolo allo sfruttamento dell’opera, o del personaggio, e la libertà di espressione dell’autore della parodia stessa; in tal senso, la ripresa dei contenuti protetti può giustificarsi nei limiti connaturati al fine parodistico e sempre che la parodia non rechi pregiudizio agli interessi del titolare dell’opera o del personaggio originali, come accade quando entri in concorrenza con l’utilizzazione economica dei medesimi”.

Competerà al giudice del rinvio verificare  se nel caso specifico ricorra l’eccezione di parodia, così ricostruita

  •  Poi la SC passa al marchio rinomato esaminando il ricorso incidentale del titolare dei diritti (che l’aveva azionato assieme al copyright).

E dice che esso può essere fatto valere anche contro utilizzi  non distintivi (come nel caso de quo), §  5.6:  “In tema di marchi d’impresa, avendo riguardo alla disciplina anteriore alla modifica dell’art. 20 c.p.i. attuatasi con il D.Lgs. n. 15 del 2019, art. 9, comma 1, lett. a), lo sfruttamento del marchio altrui, se notorio, è da considerarsi vietato ove l’uso del segno senza giusto motivo, posto in essere nell’attività economica, consenta di trarre indebitamente vantaggio dal carattere distintivo o dalla rinomanza del marchio o rechi pregiudizio agli stessi, a nulla rilevando che il marchio non sia utilizzato per contraddistinguere i prodotti o i servizi dell’autore dell’uso, come può avvenire nel caso della rappresentazione parodistica del marchio in questione“.

Aggiungo qui sotto alcune definizini di <paerodia>:

1) GRANDE DIZIONARIO ITALIANO DELL’USO  DeMAURO : <composizione che ripropone uno stile, un’opera letteraria, un film e sim., accentuandone i caratteri in  modo caricaturale o satirico: fare la p. di una poesia, di una canzone, p. dello stile tragico, mettere in p.>

2) Grande dizionario della lingua italiana (BATTAGLIA):

<Parodìa,  sf.  Opera  letteraria,  testo  teatrale  (o parte  anche  minima  di  esso)  composto  modifi­ cando  in  modo  più  o  meno  radicale  uno  scritto preesistente,  uno  stile,  un  genere  costituito  at­traverso   l’introduzione,   con   intenzioni  comiche,

burlesche,  satiriche  o  anche  critiche,  di  varia zioni  di  lessico,  di  tono,  di  struttura,  di  livello  stilistico  o  la  trasposizione  della  narrazione  in età,   situazioni   e   contesti   differenti   da   quelli originali.  –  Anche:  il  genere  letterario  a  cui appartengono tali opere>

3) TOMMASEOONLINE  https://www.tommaseobellini.it/#/

< f. Gr. Παρῳδία. (Lett.) Centone di versi, ed Arte di comporre versi con l’uso de’ versi altrui, recando il serio a ridicolo. (Fanf.) In Ascon. – Salvin. Fier. Buon. 1. 1. 5. (M.) Parodía tratta del verso del Petrarca: Non a caso è virute… E lett. ill. ital. 41. (Man.) L’adattare poi questi medesimi pensieri e frasi a altri argomenti sarebbe fare una parodía difficile. T. Parodía dell’Eneide. – Parodía fatta dello stil dell’Alfieri, per canzonare la sua ricercata durezza e brevità: La morte di Socrate con tre personaggi. – Parodía dello stile ossianesco: Dammi gli occhiali miei, figli del naso. – Farse francesi, parodía d’altri drammi>.

4) OXFORD ENGLISH DICTIONARY -OED :

  1. A literary composition modelled on and imitating another work, esp. a composition in which the characteristic style and themes of a particular author or genre are satirized by being applied to inappropriate or unlikely subjects, or are otherwise exaggerated for comic effect. In later use extended to similar imitations in other artistic fields, as music, painting, film, etc.

Protezione del personaggio di fantasia col diritto d’autore: la sentenza di appello conferma il Tribunale nel caso Clint Eastwood c. Rango

Con post 2.6.2021 avevo dato conto della setnenza di primo grado Trib. Roma 16.04.2021 che rigettava la domanda del produttore de <Per un pugno di dollari>.

Ora è stata emanata la sentenza di appello App. Roma n. 5432/2022, RG 6935/2021, rel. Romandini, che conferma il primo grado , ricalcandone la motivaizone.

Conferma che nel famoso film, riprodotto in minima misura (un minuto o poco più) in particolare nel suo personaggio più noto <L’uomo denza nome> (C. EAstwood) , il personaggio non è tutelabile perchè non disgiungibile dall’attore che lo impersonifica (C. Eastwood appunto).

Il quesito centrale, secondo il tribunale  cui aderisce la CdA,  sarebbe questo: <<La questione, tuttavia, attiene nel caso di specie, come in modo condivisibile spiegato dal
Giudice di prime cure, alla verifica se il personaggio “l’uomo senza nome”, non più comparso in
alcuna ulteriore opera cinematografica al di fuori dei lungometraggi costituente la c.d. “trilogia
del dollaro”, presenti profili pur minimi della creatività o piuttosto non costituisca “la
rielaborazione personale e non evolutiva (bensì contestualizzata nel mondo western) da parte
di Sergio Leone di prototipi noti alla narrazione letteraria e cinematografica e non ha acquisito
una penetrazione ovvero una permanenza nel pubblico , nella critica cinematografica o nelle

successive opere, così da renderlo qualificabile come opera creativa ed identificabile come tale>>.

Non so se sia esatta la valutazione: bisognerebbe provare a realizzare un  corto con altro attore, ma uguale tutto il resto.

In ogni caso, questo aspetto (disgiungibilità) nella disciplina della proteggibilità del personaggio è importante.

Errata invece l’affermazione per cui la risposta al quesito è questione di fatto (<<Il Tribunale ha optato per la seconda soluzione. Si tratta, dunque, di una valutazione in punto di fatto operata che appare alla Corte, peraltro,
sorretta da adeguata e coerente motivazione
>>): solo i fatti storici rientrano in essa, mentre il loro inquadramento nel concetto di creatività è giudizio in diritto.

La corte qualifica la brevità di riproduzione come <pura volontà di citazionismo … più che altro per rendere omaggio all’attore ed ad regista Sergio Leone >>. Affermazione assai dubbia, parendo invece voler riprodurre per lucrare, anche se abilmente riducendo il tempo per ridurre i rischi di violazione (difettano i requisiti dell’art. 70 l. aut.).

Significativa anche la discussione sull’eccezione di citazione, condotta però con motivazione non molto appfofondita . E’ invece giusta la critica di uso poco o nulla sorvegliato del termine fair use da parte del Trib.

V. il collage riportato da Girardello con post in IpKat 12.09.2022

e poi il video di RAngo, con link sempre offerto dal medesimo autore.

La Cassazione sulla riproduzione dei quadri altrui a fini di “catalogazione” (art. 70 l. aut.)

Cass. 4038 del 08.02.2022, rel. Falabella, affronta il non semplice tema della riproducibilità in cataloghi e simili delle opere pittoriche altrui , quindi in scala ridotta (bisognerebbe vedere quanto ridotta!) alla luce dell’art. 70 l. aut..

Risponde in modo secco che la riproduzione in scala ridotta, se concernente l’intero quadro, è illecita: <<La Corte di appello ha ritenuto che la pubblicazione dello “(OMISSIS)”, col quale erano state riprodotte 24.000 opere figurative di S.M., fosse ricompresa nell’eccezione di citazione di cui all’art. 70 L. aut..

Il comma 1 di tale articolo prevede, come è noto, che “(I)l riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all’utilizzazione economica dell’opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l’utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali”. Il tenore letterale della norma rende evidente che è consentita solo la riproduzione parziale delle opere dell’ingegno: ciò implica che le opere dell’arte figurativa possano essere riprodotte solo parzialmente, nei dettagli, e non nella loro integrità. In tal senso, questa Corte ha avuto già modo di precisare che la riproduzione di opere d’arte – inserite, nella specie, nel catalogo di una mostra – allorché sia integrale e non limitata a particolari delle opere medesime, quale che sia la scala adottata nella proporzione rispetto agli originali, non costituisce alcuna delle ipotesi di utilizzazione libera, previste in via di eccezione al regime ordinario dell’esclusiva dall’art. 70 cit. (Cass. 19 dicembre 1996, n. 11343).

La diversa soluzione proposta dalla Corte di merito, secondo cui, come si è visto, la duplicazione consentita, nel campo delle opere figurative, è quella che ha ad oggetto una parte soltanto della complessiva produzione di un artista, è da respingere, perché contraria al significato fatto palese dal testo dell’art. 70 L. aut.: norma, questa, pacificamente ritenuta di stretta interpretazione perché in deroga alla regola generale che attribuisce all’autore il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera (così Cass. 7 marzo 1997, n. 2089; cfr. pure Cass. 19 dicembre 1996, n. 11343 cit., in motivazione; nel medesimo senso, con riferimento alla disciplina contenuta nella dir. 2001/29/CE: Corte giust. CE 16 luglio 2009, C5/08, Malenovsky, 56; Corte giust. CE 26 ottobre 2006, C-36/05, Commissione /Spagna, 31).>>

L’opinione è difficilmente condivisibile.

La SC dimentica che <brani o parti> di opera è riferito a <riproduzione>, mentre non ci son limiti quantitativi per il <riassunto>.  E il quadro in scala ridotta va inserito in tale ultimo concetto: probabilmente già per interpretazione diretta e piana, ma comunque per quella estensiva e di certo per analogia (non c’è rapporto di regola eccezione tra diritto di autore e diritto di riassunto).

La SC censura poi la corte di appello per non aver esaminato la presenza del secondo requisito (fini di critica o discussione): ma se si nega il ricorrere del precedente requisito, l’esame di questo è superfluo.