La disciplina della contitolarità di un marchio (unanimità o maggioranza per la concessione di licenza) spetta al diritto nazionale, non a quello armonizzato europeo

Così Corte di Giustizia 27.04.2023 , C-686/21, caso Legea.

Vediamo il passo circa il reg. 40/94:

Quanto al regolamento n. 40/94, quest’ultimo, pur riconoscendo la comproprietà di un marchio dell’Unione europea, non contiene alcuna disposizione che disciplini le condizioni di esercizio, da parte dei contitolari di un tale marchio, dei diritti conferiti da quest’ultimo, tra cui quello di decidere di concedere una licenza d’uso o di recedere dal relativo contratto.

37 Orbene, dall’articolo 16, paragrafo 1, del regolamento n. 40/94 si evince che il marchio dell’Unione europea, in quanto oggetto di proprietà, è assimilato a un marchio nazionale registrato nello Stato membro determinato secondo le norme stabilite in detto articolo. Ne consegue che, in assenza di disposizioni di tale regolamento che disciplinino le modalità di adozione, da parte dei contitolari di un marchio dell’Unione europea, della decisione di concedere una licenza d’uso di quest’ultimo o di recedere dal relativo contratto, dette modalità sono disciplinate dal diritto di tale Stato membro.

Motivazione leggerina ma forse esatta nell’esito.

v. mio post sulle conclusioni dell’AG , un pò più consistenti sotto il profilo teorico.

 

Sul concetto di marchio contrario all’ordine pubblico: termina la vertenza su «Fack Ju Göhte»

E’ giunta a conclusione la vertenza europea relativa al marchio «Fack Ju Göhte». Tale segno peraltro è pure il titolo di una commedia cinematografica tedesca prodotta dalla ricorrente,  che ha rappresentato uno dei maggiori successi cinematografici del 2013 in Germania. Due sequel di questa commedia cinematografica sono stati prodotti dalla ricorrente, che sono usciti nelle sale con i titoli «Fack Ju Göhte 2» e «Fack Ju Göhte 3» rispettivamente nel 2015 e nel 2017 (§ 9)
La sentenza è quella della Corte di Giustizia (di seguito solo CG) 27 febbraio 2020, C-240/18, Constantin Film Produktion GmbH c. EUIPO (di seguito : l’ufficio).

La sentenza è stata preceduta dalle articolate conclusioni dell’avvocato generale Bobek 02.07.2019,  sostanzialmente seguite dalla CG. Ne avevo riferito qui .

La lite è governata ratione temporis dal reg. 207/2009 (par 2). La norma che governa la fattispecie è l’articolo 7.1.f , secondo cui sono esclusi dalla registrazione di Marchi contrari all’ordine pubblico o al buon costume.
La società produttrice cinematografica (Constantin Film) presentava domanda di registrazione del marchio denominativo sopra indicato per svariate classi merceologiche, tra cui sostanze per bucato, supporti di dati registrati, dati audio video testi gioielleria eccetera
L’esaminatore respingeva la domanda per violazione appunto del predetto articolo 7.1.f in combinato disposto col seg. paragrafo 2, secondo cui <<Il paragrafo 1 si applica anche se le cause d’impedimento esistono soltanto per una parte della Comunità.>>
La Constantin Film presentava ricorso che veniva però respinto.
Nè aveva miglior sorte la fase giudiziale presso il Tribunale; a Constantin Film non rimaveva che adire la CG, ciò che fece.
Il caso è interessante perché Constantine adduce non solo la violazione del citato articolo 7.1.f , ma anche la violazione del principio sia di parità di trattamento che della certezza del diritto e di buona amministrazione. Tuttavia, essendo accolto il primo motivo, gli altri sono dalla CG considerati assorbiti e non esaminati, § 57. Erano stati invece esaminati dall’Avvocato Generale ai §§ 99 ss.
Il primo motivo (violazione dell’articolo 71.f) si articola in quattro parti, § 21 seguenti
La Corte ricorda che il motivo della rigetto della registrazione atteneva alla violazione divieto di registrare marchi contrari al buon costume, non all’ordine pubblico, par 38
Bisogna quindi indagare come vada inteso il concetto normativo di <ordine pubblico> e quello di <contrarietà all’ordine pubblico>

La risposta si trova i paragrafi 41- 42- 43.

Per ravvisare tale concetto, <<non è sufficiente che il segno in questione sia considerato di cattivo gusto. Al momento dell’esame quest’ultimo deve essere percepito dal pubblico di riferimento come contrastante con i valori e con le norme morali fondamentali della società, così come esistenti in quel momento.>>, par 41.
Bisogna a tale scopo basarsi <<sulla percezione di un soggetto ragionevole che abbia soglie medie di sensibilità e di tolleranza, tenendo conto del contesto in cui è possibile venire a contatto con il marchio e, se del caso, delle circostanze peculiari della parte dell’Unione interessata. A tal fine, sono pertinenti elementi quali i testi legislativi e le prassi amministrative, l’opinione pubblica e, eventualmente, il modo in cui il pubblico di riferimento ha reagito in passato a questo segno o a segni simili, nonché qualsiasi altro elemento che possa consentire di valutare la percezione del pubblico stesso.>>, par 42.
Questo esame non può limitarsi <<ad una valutazione astratta del marchio richiesto, o di alcuni suoi componenti, ma va accertato, in particolare qualora il richiedente abbia fatto valere elementi tali da far sorgere dubbi sul fatto che tale marchio sia percepito dal pubblico di riferimento come contrario al buon costume, che l’utilizzo del marchio stesso, nel contesto sociale concreto e attuale, sarebbe effettivamente percepito da tale pubblico come contrario ai valori e alle norme morali fondamentali della società.>>, par 43.
Questi i principi teorici, che vanno applicati al caso sub iudice
Il contesto di percezione da parte del pubblica è analiticamente allegato e provato in causa e ricordato dalla CG , la quale censura sul punto il Tribunale per non averlo considerato:<<52…. tra questi elementi [di contesto] figurano il grande successo della citata commedia omonima presso il grande pubblico germanofono e il fatto che il suo titolo non sembra aver dato adito a controversie, il fatto che sia stato autorizzato l’accesso alla commedia stessa da parte del pubblico giovane e che il Goethe Institut, che è l’istituto culturale della Repubblica federale di Germania, attivo a livello mondiale e che ha tra i suoi compiti quello di promuovere la conoscenza della lingua tedesca, ne faccia uso a fini pedagogici [numeri in rosso da me aggiunti]. 53 Poiché tali elementi sono, a priori, idonei a costituire un indizio del fatto che, nonostante l’assimilazione della prima parte del marchio richiesto all’espressione inglese «Fuck you», il grande pubblico germanofono non percepisce il segno denominativo «Fack Ju Göhte» come moralmente inaccettabile, il Tribunale, per dichiarare tale segno incompatibile con il buon costume, non poteva basarsi esclusivamente sul carattere intrinsecamente volgare di quell’espressione inglese senza esaminare i citati elementi e senza esporre in termini concludenti le ragioni per cui ritiene, ciononostante, che il grande pubblico germanofono percepisca quel segno come contrario ai valori e alle norme morali fondamentali della società nel momento in cui esso viene utilizzato come marchio.>>, §§ 52-53 (numeri in rosso da me aggiunti).
La CG censura poi l’affermazione, per cui la libertà di espressione è diritto antagonista solo del diritto di autore, non di quello di marchio: <<infine, si deve aggiungere che, contrariamente a quanto affermato dal Tribunale al punto 29 della sentenza impugnata, vale a dire che «nel settore dell’arte, della cultura e della letteratura esiste una costante preoccupazione di preservare la libertà di espressione che non esiste nel settore dei marchi», la libertà di espressione, sancita dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, dev’essere tenuta in considerazione, come riconosciuto dall’EUIPO in udienza e come esposto dall’avvocato generale ai paragrafi da 47 a 57 delle sue conclusioni, in sede di applicazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera f), del regolamento n. 207/2009. Tale conclusione è inoltre corroborata sia dal considerando 21 del regolamento n. 2015/2424, che ha modificato il regolamento n. 207/2009, sia dal considerando 21 del regolamento n. 2017/1001, che sottolineano espressamente la necessità di applicare tali regolamenti in modo tale da assicurare il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare della libertà di espressione>> (precisamente l’ultima parte dei citt. cons. 21 dice: <<Inoltre, il presente regolamento dovrebbe essere applicato in modo tale da assicurare il pieno rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare della libertà di espressione>>)
La CG annulla dunque la sentenza del Tribunale , § 58, e passa a decidere la lite nel merito , §§ 59-60. La CG lo fa applicando naturalmente i principi sopra esposti in linea astratta.
Afferma dunque che, sebbene il successo di un film non dimostri automaticamente l’accettazione sociale del suo titolo e di un segno denominativo omonimo, esso però <<rappresenta quantomeno un indizio di una siffatta accettazione, che si dovrà valutare alla luce di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie, al fine di dimostrare in termini concreti la percezione di tale segno in caso di un suo utilizzo come marchio>>, § 66.
Ed allora scendendo nei fatti, la CG ricorda che << le commedie Fack ju Göhte e Fack ju Göhte 2, che peraltro hanno avuto un sequel nel 2017, hanno avuto, proprio presso il pubblico di riferimento, un successo tale che la commissione di ricorso ha addirittura ritenuto di poter presumere che i consumatori facenti parte di quel pubblico abbiano almeno già sentito parlare di quelle commedie, ma, oltretutto e nonostante la forte visibilità che ha accompagnato tale successo, il titolo delle stesse non sembra aver suscitato alcuna controversia in seno al pubblico medesimo. Peraltro, l’accesso del pubblico giovane a tali commedie, che si svolgono in ambiente scolastico, era stato autorizzato con il titolo citato e, come risulta dal punto 39 della decisione controversa, esse hanno ricevuto fondi da varie organizzazioni e sono state utilizzate dal Goethe Institut a fini pedagogici>>, § 67 (numeri in rosso da me aggiunti).
Il che significa che, <<nonostante l’assimilazione dei termini «Fack ju» all’espressione inglese «Fuck you», il titolo delle commedie citate non è stato percepito come moralmente inaccettabile dal grande pubblico germanofono. A questo proposito va inoltre rilevato che la percezione della citata espressione inglese da parte del pubblico germanofono, ancorché ben nota a quel pubblico, che ne conosce il significato, non è necessariamente identica alla percezione che ne ha il pubblico anglofono, poiché la sensibilità nella lingua madre è potenzialmente maggiore rispetto a quanto avviene in una lingua straniera. Per questo stesso motivo, il pubblico germanofono non percepisce neppure, necessariamente, la citata espressione inglese allo stesso modo in cui ne percepirebbe la traduzione in tedesco. Inoltre, il titolo delle commedie in questione e, quindi, il marchio richiesto non consistono in tale espressione inglese di per se stessa, bensì nella sua trascrizione fonetica in lingua tedesca, accompagnata dall’elemento «Göhte»>>, § 68.
In sintesi, visto che , nonostante i fatti non facciano presumere una percezione nel pubblico del segno contestato come contrario al buon costume, non è stata fornita prova contraria, bisogna dire che l’ufficio non ha adeguatamene motivato l’applicazione del divieto invocato.
Pertanto la sua decisione va annullata, § 71.

Decadenza dal marchio farmaceutico per non uso e suo utilizzo nelle sperimentazioni cliniche (per l’autorizzazione alla immissione in commercio)

Secondo gli articolo 15 co. 1-58 co.1 lett. a) reg. 207/2009 (poi artt.18 co.1-58 co.1 lett. a reg. 2017/1001), il mancato <<uso effettivo>> del marchio per cinque anni comporta la decadenza dal diritto, “salvo motivo legittimo per il mancato uso” (o, nel reg. 2017/1001, “se non vi sono ragioni legittime per la mancata utilizzazione”).

Ebbene, le domande arrivate alla giustizia UE nella causa C‑668/17 P, Viridis Pharmaceutical Ltd c. EUIPO, sono le seguenti:

1°) L’uso di un marchio per prodotti farmaceutici, limitato alla fase delle sperimentazioni cliniche (clinical trials) per ottenere l’autorizzazione alla immissione in commercio (AIC),  vale “uso effettivo” ai sensi della predetta normativa?

2° ) [In subordine,] può dirsi che il divieto di commercializzazione, prima dell’ottenimento dell’AIC, costituisca “motivo legittimo” del mancato uso?

Ad entrambe le domande hanno risposto negativamente sia l’EUIPO che il Tribunale UE. Ora il soccombente ricorre alla Corte di Giustizia.

Pure l’avvocato generale Szpunar , però, risponde negativamente: v. le sue Conclusioni del 09.01.2019.

Aspettiamo ora la decisione della Corte

Il marchio “BIG MAC” di McDonald’s è stato annullato per mancato uso quinquennale

Su istanza della irlandese Supermac’s di Galway,  titolare -sembra- di una catena di fast food dislocati per l’intera Irlanda, l’ufficio europeo EUIPO ha annullato (rectius: ha dichiarato decaduto: v. dopo; in inglese revoked) per mancato uso quinquennale il marchio denominativo << BIG MAC >> , di cui era titolare il gigante statunitense McDonald’s.

La norma applicata è stata quella di cui all’art. 58 del reg. (UE) 2017/1001 del 14 giugno 2017 sul marchio dell’Unione europea (la nostra norma nazionale corrispondente è l’art. 24 co. 1  cod. propr. ind. , d. lgs. 30 / 2005).

Il marchio era stato inizialmente registrato il 22 dicembre 1998 e l’istanza di annullamento era stata depositata l’11 aprile 2017: quindi McDonald’s avrebbe dovuto il provare l’uso effettivo (genuine, in inglese) nei 5 anni anteriori e cioè dall’ 11 aprile 2012 fino al 10 aprile 2017.

L’istanza dell’impresa irlandese ha riguiardato tutti i prodotti e servizi coperti dalla registrazione:

<< Class 29: Foods prepared from meat, pork, fish and poultry products, meat sandwiches, fish sandwiches, pork sandwiches, chicken sandwiches, preserved and cooked fruits and vegetables, eggs, cheese, milk, milk preparations, pickles, desserts.

Class 30: Edible sandwiches, meat sandwiches, pork sandwiches, fish sandwiches, chicken sandwiches, biscuits, bread, cakes, cookies, chocolate, coffee, coffee substitutes, tea, mustard, oatmeal, pastries, sauces, seasonings, sugar.

Class 42: Services rendered or associated with operating and franchising restaurants and other establishments or facilities engaged in providing food and drink prepared for consumption and for drive- through facilities; preparation of carry-out foods; the designing of such restaurants, establishments and facilities for others; construction planning and construction consulting for restaurants for others.>>

La parte più interessante della decisione è quella inerente la qualità del materiale istruttorio offerto da McDonald’s: è opportuno che imprese e  loro  consulenti la tengano ben presente.

A dispetto della grandissima notorietà del segno distintivo, l’Ufficio (Cancellation Division) ha ritenuto il materiale probatorio/documentale insufficiente a provare l’uso effettivo in quanto o di provenienza interna a McDonald’s, e quindi poco persuasivo, oppure non comprovante l’uso effettivo in termini di dimensioni dell’uso stesso (quante vendite, a chi, dove …). 

Altro aspetto interessante è stato il cenno alla presenza su Wikipedia. Le  voci ivi presenti non sono state considerata fonte affidabile di informazione, poiché, potendo essere corrette dagli utenti di Wikipedia,  vanno considerate rilevanti solo se sostenute da altre prove indipendenti .

La decadenza ha effetto a partire dalla data dell’istanza e cioè dal 11 aprile 2017 e concerne il marchio per intero (in its entirety).

Il provvedimento di decadenza, titolato Cancellation No 14 788 C, è stato emesso dalla Sezione di Annullamento (Cancellation Division) in data 11.01.2019  e riguarda il marchio n° 62638; è leggibile quiqui oppure può essere cercato nel database dei cases dell’EUIPO, che porta alla seguente scheda.

McDonalds ha ora due mesi di tempo per ricorrere, ai sensi dell’art. 68 del reg. medesimo (sempre in via amministrativa) , per poi eventualmente adire il Tribunale della Corte di Giustizia UE (art. 72)

Infine, può essere di interesse vedere, da un lato, quanti marchi esistono contenenti  le parole Big Mac (o solo Mac, che non è detto abbia il medesimo valore distintivo) e, dall’altro, di quanti ne sia titolare McDonald’s: basta una ricerca in altro data base dell’EUIPO.