Uso o innovazione individuale della cosa comune? La trasformazione del tetto in terrazza privata

Cass. civ., Sez. II, Sent., (data ud. 14/11/2023) 10/01/2024, n. 917, rel. Fortunato:

Premessa sulla distinzione tra uso della cosa comune e innovazikone ex art. 1120:

<<Le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. si distinguono dalle modificazioni disciplinate dall’art. 1102 c.c., sia dal punto di vista oggettivo, che da quello soggettivo: sotto il profilo oggettivo, le prime consistono in opere di trasformazione, che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone l’originaria funzione e destinazione, mentre le seconde si inquadrano nelle facoltà riconosciute al condomino, con i limiti indicati nello stesso art. 1102 c.c., per ottenere la migliore, più comoda e razionale utilizzazione della cosa; per quanto concerne l’aspetto soggettivo, nelle innovazioni rileva l’interesse collettivo di una maggioranza qualificata, espresso con una deliberazione dell’assemblea, elemento che invece difetta nelle modificazioni, che non si confrontano con un interesse generale, ma con quello del singolo condomino, essendo volte al suo solo perseguimento (Cass. 2126/2021; Cass. 20712/2017; Cass. 18052/2012; Cass. n. 20712; Cass. 240/1997).

Costituisce innovazione ex art. 1120 c.c., non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solo quella che alteri l’entità materiale del bene, operandone la trasformazione, o ne modifichi la destinazione, ove il bene assuma, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale o sia utilizzato per fini diversi da quelli originari.

Qualora la modificazione della cosa comune risponda allo scopo di un uso del bene più intenso e proficuo, si versa nell’ambito dell’art. 1102 c.c., che, sebbene dettato in materia di comunione ordinaria, è applicabile in materia di condominio degli edifici per effetto del richiamo contenuto nell’art. 1139 c.c.>>

Ne segue: <<per tali ragioni la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il condomino, proprietario del piano sottostante al tetto comune dell’edificio, può trasformarlo in terrazza di proprio uso esclusivo, sempre che un tale intervento dia luogo a modifiche non significative della consistenza del bene in rapporto alla sua estensione e sia attuato con tecniche costruttive tali da non affievolire la funzione di copertura e protezione delle sottostanti strutture svolta dal tetto preesistente, quali la coibentazione termica e la protezione del piano di calpestio mediante idonei materiali (Cass. 14107/2012; Cass. 2126/2021).

L’art. 1102 c.c. consente a ciascun proprietario di far un uso più inteso della cosa comune a condizione che non sia alterata la funzione del bene e non impedito il pari uso: l’alterazione della funzione del bene deve essere effettiva e non può consistere in una semplice modificazione materiale; il pari uso non va inteso non deve consistere nel medesimo uso che possa invece farne il singolo che si trovi in un rapporto particolare e diverso con la cosa, ma di uso anche inteso ma che possa essere effettivo, occorrendo individuare, in concreto, i sacrifici alle facoltà di godimento che tale modifica apporti, senza dar rilievo ad una astratta possibilità di uso alternativo o un suo ipotetico depotenziamento (Cass. 14107/2012; Cass. 857/2019; Cass. 13503/2019; Cass. 41490/2021; Cass. 19939/2022; Cass. 2971/2023).

Le opere di cui si discute non costituivano – quindi – innovazioni suscettibili di autorizzazione ai sensi dell’art. 1120 c.c.: la norma riguarda non le opere intraprese dal singolo per realizzare un miglior uso della cosa comune ai sensi dell’art. 1102 c.c., ma quelle volute dall’assemblea condominiale con la maggioranza prescritta>>.

Occhio però al limite: <<Occorre tuttavia considerare che l’art. 1120, comma 2 c.c. [rectius: comma 4] , nel vietare le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico – è astrattamente applicabile anche agli interventi effettuati con le finalità di cui all’art. 1102 c.c. (Cass. 11455/2015; Cass. 18350/2013; Cass. 14607/12), dovendosi accertare, oltre alla compatibilità dell’intervento con i limiti derivanti dall’art. 1102 c.c., il rispetto dell’ultimo comma dell’art. 1120 c.c., alla luce del necessario coordinamento normativo che deve farsi tra l’art. 1102, l’art. 1120 e, ove si tratti di interventi sulle pari esclusive, con l’art. 1122 c.c. (Cass. 11455/2015).

Competerà al giudice del rinvio riesaminare i fatti di causa e valutare la sussistenza delle violazioni, conformandosi agli enunciati principi di diritto.>>

Condominio: differenza tra innovazioni e disciplina delle modalità di uso della cosa comune

Cass. sez. II del 13.06.2023 n. 16.902, rel. Falaschi:

<<Ad avviso della giurisprudenza di questa Corte (cfr., Cass. n. 15460 del 2002; Cass. n. 12654 del 2006 e Cass. n. 18052 del 2012), in tema di condominio, per innovazioni delle cose comuni devono intendersi non tutte le modificazioni (qualunque “opus novum”), ma solamente quelle modifiche che, determinando l’alterazione dell’entità materiale o il mutamento della destinazione originaria, comportano che le parti comuni, in seguito all’attività o alle opere eseguite, presentino una diversa consistenza materiale ovvero vengano ad essere utilizzate per fini diversi da quelli precedenti. In altre parole, nell’ambito della materia del condominio negli edifici, per innovazione in senso tecnico – giuridico, vietata ai sensi dell’art. 1120 c.c., deve intendersi non qualsiasi mutamento o modificazione della cosa comune, ma solamente quella modificazione materiale che ne alteri l’entità sostanziale o ne muti la destinazione originaria, mentre le modificazioni che mirino a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune e ne lascino immutate la consistenza e la destinazione, in modo da non turbare i concorrenti interessi dei condomini, non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto. A tale principio si è conformata la Corte di secondo grado che, con valutazione di merito adeguatamente motivata e fondata su univoci accertamenti di fatto, ha esattamente ritenuto – condividendo l’accertamento effettuato dal c.t.u. – che il Condominio con la diversa assegnazione dei posti auto e con l’amministrazione del corridoio sito a destra dell’ingresso del palazzo condominiale ha avuto quale finalità proprio quella di rendere detti spazi fruibili a tutti e per questo ne ha coerentemente disciplinato l’utilizzo. Con la conseguenza che ha valutato rispondere a logica e coerenza assegnare a ciascuno dei proprietari dei locali terranei lo stallo immediatamente prospicente gli stessi. Dunque si è trattata di operazione diretta a disciplinare, in senso migliorativo, l’uso della cosa comune impedendo che taluno dei condomini rimanesse privo della utilità fornita dal potere parcheggiare nello spazio comune, soprattutto considerando che, nel caso di specie, al piano terra del fabbricato esistevano locali di proprietà esclusiva, per cui non si era determinata alcuna interclusione degli stessi ma solo “il mero fastidio di spostare la propria vettura per accedervi più comodamente”. Ne’ l’utilizzo del “corridoio comune” per parcheggiare i motocicli solo sul lato destro ne impediva la percorribilità da parte dei proprietari dei depositi ivi situati, stante la oggettiva ampiezza dello stesso.

Pertanto deve, in questa sede, essere riconfermato il principio secondo cui, in tema di condominio di edifici, la Delib. assembleare, con la quale sia stata disposta una diversa distribuzione dei posti auto e dell’area per il parcheggio delle moto per disciplinare lo spazio comune in modo più utile per tutti i condomini, anche in funzione di impedire usi discriminati di tale area, rientra legittimamente nei poteri dell’assemblea dei condomini, attenendo all’uso della cosa comune ed alla sua regolamentazione, senza sopprimere o limitare le facoltà di godimento dei condomini, non incidendo sull’essenza del bene comune né alterandone la funzione o la destinazione (v., Cass. n. 9999 del 1992 e Cass. n. 875 del 1999). Pertanto, non è richiesta (come ravvisato esattamente, nella fattispecie, dalla Corte territoriale) per la legittimità di una Delib. assembleare condominiale avente detto oggetto, l’adozione con la maggioranza qualificata dei due terzi del valore dell’edificio, non concernendo tale Delib. una “innovazione” secondo il significato attribuito a tale espressione dal codice civile, ma riguardando solo la regolamentazione dell’uso ordinario della cosa comune consistente nel consentire a tutti i condomini di potersi avvantaggiare del beneficio del parcheggio>>.

Irrilevante il conflitto di interessi nelle delibere condominali (e poi: precisiazioni sul concetto di “innovazione” ex art. 1120 cc)

Circa il conflitto di interessi , Cass. sez 2 n° 5642 del 23.02.2023, rel. Giannaccari, dice:

<3.12.Tutto ciò si riflette, anzitutto, sul conflitto di interessi, posto che per il sorgere del conflitto tra il condominio ed il singolo condomino è necessario che questi sia portatore, allo stesso tempo, di un duplice interesse: uno come condomino ed uno come estraneo al condominio e che i due interessi non possano soddisfarsi contemporaneamente, ma che il soddisfacimento dell’uno comporti il sacrificio dell’altro.

3.13.Inoltre, nel condominio degli edifici, il quorum deliberativo – come quello costitutivo – è determinato con riferimento sia all’elemento personale (i condomini partecipanti all’assemblea), sia all’elemento reale (il valore di ciascun piano o porzione di piano rispetto all’intero edificio, espresso in millesimi).

3.14.Da nessuna norma si prevede che, ai fini della costituzione dell’assemblea o delle deliberazioni, non si tenga conto di alcuni dei partecipanti al condominio e dei relativi millesimi.

3.15.In materia di società di capitali, oltre l’ipotesi disciplinata dall’art. 2373 cit., si prevedono altri casi nei quali il socio non può esercitare il diritto di voto (art. 2344 comma 4 c.c.); peraltro, si prevedono anche casi in cui le azioni, per le quali il diritto di voto è sospeso, sono computate nel capitale ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e per le deliberazioni dell’assemblea (art. 2357 ter comma 2 c.c.).

3.16. Per contro, in tema di condominio negli edifici – posto che, in caso di conflitto di interessi, al condomino sia vietato esercitare il diritto di voto – non si contempla nessuna ipotesi nelle quali, ai fini dei quorum costitutivo e deliberativo, non si debba tener conto di tutti i partecipanti e di tutte le quote e nelle quali le maggioranze possano modificarsi in meno.

3.17.Al contrario, avuto riguardo alla funzione strumentale del principio maggioritario, in ragione della tutela dei diritti dei singoli sulle parti comuni e della garanzia del godimento delle unità immobiliari in proprietà solitaria, non sembra corretto applicare i principi elaborato in tema di società di capitali.

3.18.Ne consegue che, alla stregua dei principi sopra enunciati, non è corretta l’affermazione della Corte di merito secondo cui il voto della delegata T. non andava computato, per essere stato espresso in una situazione di conflitto di interessi, né, conseguentemente, che fosse necessaria la prova di resistenza della delibera senza il calcolo di quel voto>.

Sul cocnetto di  innovazione:

<<2.2.In tema di condominio di edifici costituisce innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c. non qualsiasi modificazione della cosa comune, ma solamente quella che alteri l’entità’ materiale del bene operandone la trasformazione ovvero determini la trasformazione della sua destinazione, nel senso che detto bene presenti, a seguito delle opere eseguite, una diversa consistenza materiale ovvero sia utilizzato per fini diversi da quelli precedenti l’esecuzione delle opere (Cass. Civ., Sez. II, Sez. 2 -, 04/09/2017, n. 20712; Cass. Civ., Sez. II, 29.8.1998, n. 8622)

2.3.Le modificazioni che invece mirano a potenziare o a rendere più comodo il godimento della cosa comune o ne lasciano immutate la consistenza e la destinazione non possono definirsi innovazioni nel senso suddetto.

2.4.Secondo l’accertamento della corte di merito, non costituiva innovazione la sostituzione delle gronde consdominiali in cemento, demolite e sostituite con gronde in lamiera a sbalzo di identica dimensione ed il rifacimento del muro di confine>.