Onere della prova nella lite sulla responsabilità medica

Cass. sez. III, 29/03/2022 dep. 29/03/2022, n.10.050, rel. Spaziani, sull’oggetto.

Permesso che la nuova disciplina ex legge 24/2017 si applica solo ai fatti ad essa successivi, la Sc così opina.

<<In particolare, con precipuo riferimento alle fattispecie di inadempimento delle obbligazioni professionali – tra le quali si collocano quelle di responsabilità medica – questa Corte ha da tempo chiarito che è onere del creditore-attore dimostrare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), l’esistenza del nesso causale, provando che la condotta del professionista è stata, secondo il criterio del “più probabile che non”, la causa del danno lamentato (Cass. 7 dicembre 2017, 29315; Cass. 15 febbraio 2018, n. 3704; Cass. 20 agosto 2018, n. 20812), mentre è onere del debitore dimostrare, in alternativa all’esatto adempimento, l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inadempimento (o l’inesatto adempimento) è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza (Cass. 26 luglio 2017, n. 18392; Cass. 23 ottobre 2018, n. 26700; Cass. 24 maggio 2019, n. 14335; Cass. 29 ottobre 2019, n. 27606).

Il concetto di “imprevedibilità”, pur lessicalmente esplicativo di una soggettività comportamentale che rientra nell’area della colpa, riferito alla causa impeditiva dell’esatto adempimento, va inteso, precisamente, nel senso oggettivo della “non imputabilità” (art. 1218 c.c.), atteso che la non prevedibilità dell’evento (che si traduce nell’assenza di negligenza, imprudenza e imperizia nella condotta dell’agente) è giudizio che attiene alla sfera dell’elemento soggettivo dell’illecito, in funzione della sua esclusione, e che prescinde dalla configurabilità, sul piano oggettivo, di una relazione causale tra condotta ed evento dannoso. [giusto: la causalità attiene alal condotta, commissiva o omissiva, non a detto evento imprevedibile]

Nelle fattispecie di responsabilità per inadempimento delle obbligazioni professionali – si è ulteriormente precisato – è configurabile un evento di danno, consistente nella lesione dell’interesse finale perseguito dal creditore (la vittoria della causa nel contratto concluso con l’avvocato; la guarigione dalla malattia nel contratto concluso con il medico), distinto dalla lesione dell’interesse strumentale di cui all’art. 1174 c.c. (interesse all’esecuzione della prestazione professionale secondo le leges artis) e viene dunque in chiara evidenza il nesso di causalità materiale che rientra nel tema di prova di spettanza del creditore, mentre il debitore, ove il primo abbia assolto il proprio onere, resta gravato da quello “di dimostrare la causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione della prestazione” (Cass. 11 novembre 2019, n. 28991; Cass. 31 agosto 2020, n. 18102).

Il nesso di causalità materiale si atteggia invece diversamente nelle altre obbligazioni contrattuali, ove l’evento lesivo coincide astrattamente con la lesione dell’interesse creditorio. Questa coincidenza non ne esclude, tuttavia, la rilevanza quale elemento costitutivo proprio di tutte le fattispecie di responsabilità contrattuale, la quale, al contrario, trova una esplicita conferma positiva nella portata generale della disposizione (art. 1227 c.c., comma 1) che stabilisce una riduzione del risarcimento nell’ipotesi in cui il fatto colposo del creditore abbia concorso a “cagionare” il danno, ritenendosi tradizionalmente (v. già Cass. 9 gennaio 2001, n. 240) che tale disposizione, a differenza di quella contenuta nel comma 2 del medesimo articolo, si riferisca al “danno-evento” e non al “danno-conseguenza”. [si noti il noto tema del se ricorra l’elemento della causalità materiale nella fattispecie di responsabilità contrattuale e la duplicemente articolata risposta della 3° sezione SC, distinguente tra facere professionale e non]

Non sembra esatto, pertanto, al di fuori delle obbligazioni professionali, parlare di “assorbimento” del danno-evento nella lesione dell’interesse creditorio, secondo un lessico sovente adottato in dottrina, mentre concettualmente più corretta appare la diversa ricostruzione, pur suggerita in dottrina, in termini di prova prima facie.

Avuto riguardo agli illustrati principi, nell’ipotesi – come quella in esame – in cui il paziente faccia valere la responsabilità del medico e della struttura sanitaria per i danni derivatigli da un intervento che si assume svolto in spregio alle leges artis, l’attore è tenuto a provare, anche attraverso presunzioni, il nesso di causalità materiale intercorrente tra la condotta del medico e l’evento dannoso, consistente nella lesione della salute e nelle altre lesioni ad essa connesse (nella specie, la perdita del concepito); e’, invece, onere dei convenuti, ove il predetto nesso di causalità materiale sia stato dimostrato, provare o di avere eseguito la prestazione con la diligenza, la prudenza e la perizia richieste nel caso concreto, o che l’inadempimento (ovvero l’adempimento inesatto) è dipeso dall’impossibilità di eseguirla esattamente per causa ad essi non imputabile (Cass. 26 novembre 2020, n. 26907)>>.