Sul danno da indisponibilità dell’immobile

Cass .  sez. III, ord. 17/04/2024 n.  10.477, rel. Gianniti:

<<In ogni caso, con recente arresto nomofilattico, le Sezioni Unite di questa Corte (sent. n. 33645/2022), sia pure occupandosi della diversa ipotesi del danno da occupazione illegittima di immobile, hanno reso chiarimenti direttamente rilevanti anche nel presente giudizio con riferimento alla morfologia ed alla risarcibilità del danno comunque derivante da un fatto che renda impossibile, a chi ne abbia diritto, il godimento dell’immobile e di trarne guadagno.

Con precipuo riferimento alla violazione del diritto di proprietà è stato in quella sede evidenziato che l’evento lesivo può attingere la cosa oggetto del diritto ovvero direttamente il contenuto del diritto stesso.

In entrambi i casi, ai fini dell’attivazione della tutela risarcitoria, è necessario si configuri una perdita o un mancato guadagno che rappresentino conseguenza immediata e diretta dell’illecito, alla stregua dell’art. 1223 c.c.

Nel secondo caso (evento lesivo incidente sul contenuto del diritto) può configurarsi un«danno risarcibile (…) rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione». È, questo, un danno emergente che si configura anche nell’ipotesi in cui si alleghi che detto godimento sarebbe stato concesso a terzi contro un corrispettivo corrispondente ai frutti civili. In questo caso, il criterio di liquidazione equitativa utilizzabile è omogeneo, attestandosi sul valore locativo di mercato, che rappresenta – per l’appunto – il controvalore convenzionalmente attribuito al godimento alla stregua della tipizzazione normativa del contratto di locazione.

Al lucro cessante afferiscono, invece, quelle perdite di occasioni di guadagno«da collegare non al contenuto del diritto previsto dall’art. 832 c.c., ma alla titolarità del diritto», espressioni«della possibilità di alienare quale caratteristica di tutti i diritti patrimoniali» (pag. 10). Si tratta, in concreto, del danno conseguente alla impossibilità di vendere l’immobile o locarlo a un canone superiore a quello di mercato, il quale necessita«di prova specifica, anche in via presuntiva» (pag. 11).

Dal punto di vista processuale, all’allegazione, da parte dell’attore, di una delle voci di danno suddette potrà contrapporsi la (specifica) contestazione del convenuto, la quale attiverà, in capo all’attore stesso, l’onere di provare il fatto costitutivo del risarcimento, se del caso mediante il ricorso alle presunzioni ovvero alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza. Oggetto di prova sarà, a seconda dei casi, la perdita della possibilità di godimento (diretto o indiretto), ovvero di alienazione o concessione in locazione del bene a canone maggiore di quello medio di mercato. Non potendo operare il meccanismo della non contestazione per i fatti ignoti al convenuto, la necessità di prova diretta da parte dell’attore – afferma la ricordata pronuncia delle Sezioni Unite – sarà statisticamente più frequente nell’ipotesi in cui il pregiudizio invocato assuma le forme del mancato guadagno (ove la prova potrà atteggiarsi sulla falsariga di quella del maggior danno, di cui all’art. 1591 c.c.); mentre, qualora a venire in questione sia il danno emergente, si assisterà,«a una maggiore frequenza dell’onere del convenuto di specifica contestazione della circostanza di pregiudizio allegata e ad una minore frequenza per l’attore dell’onere di provare la circostanza in discorso, data la tendenziale normalità del pregiudizio al godimento del proprietario a seguito dell’occupazione abusiva» (pag. 26).

Alla stregua di tali principi, ai quali il Collegio intende assicurare continuità, deve potersi puntualizzare che il danno diretto risarcibile da indisponibilità dell’immobile possa individuarsi nella soppressione o compressione della specifica facoltà di esercizio del diritto di goderne, che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione: sicché a tale concetto deve intanto riferirsi la soppressione o compressione della possibilità di estrinsecazione delle facoltà normalmente inerenti alla disponibilità della cosa, in relazione all’uso al quale sarebbe stata destinata anche direttamente ed immediatamente dal titolare del diritto ad essa e delle quali questo si è visto, pertanto, illegittimamente privato; con la conseguenza che il godimento diretto, la cui perdita sia suscettibile di risarcimento, va identificato nella facoltà del titolare di fruirne direttamente e di ritrarne le utilità congruenti alla destinazione del bene quali ricavabili dalla sua intrinseca struttura o da altri univoci e riconoscibili elementi.

Orbene, i suddetti principi appaiono applicabili al caso di specie, nel quale:

a) il ricorrente è per l’appunto la persona fisica proprietaria dell’immobile e, quindi lo stesso soggetto titolare del diritto al risarcimento del danno, rappresentando l’indisponibilità del bene un danno conseguenza del fatto impeditivo dell’indisponibilità dell’immobile per fatto altrui;

b) a tale riguardo, il ricorrente ha allegato: di aver contratto un mutuo per l’acquisto dell’immobile e di aver per esso chiesto l’applicazione delle agevolazioni fiscali previste per l’acquisto della prima causa; che l’immobile demolito era destinato a sua abitazione; di aver ottenuto il permesso a costruire e di averne chiesto la proroga; che anche quest’ultima era scaduta e che la nuova costruzione non è assentibile in base al nuovo PUC nelle more varato dal Comune di Poggiomarino; che, a causa dell’opposizione degli Annunziata, non riesce a ricostruire l’immobile per cui è causa ed è costretto a vivere con la sua famiglia in un immobile alla periferia di Poggiomarino, di vecchia costruzione.

In definitiva, occorre ribadire che il concetto di danno evento si distingue da quello di danno conseguenza e che soltanto quest’ultimo può essere risarcito, a condizione che lo stesso venga provato anche presuntivamente da chi formuli la richiesta risarcitoria per indisponibilità del bene per fatto altrui. La tesi del c.d. danno in re ipsa non prescinde dal predetto accertamento, ma, in termini sostanzialmente descrittivi, si limita ad affidarlo alla prova logica presuntiva sulla base del fatto che l’allegazione da parte del danneggiato di determinate caratteristiche materiali e di specifiche qualità giuridiche del bene immobile consentano di pervenire alla prova (fondata su una ragionevole certezza, la cui rispondenza logica deve essere verificata alla stregua del criterio probabilistico dell’id quod plerumque accidit) che quel tipo di immobile sarebbe stato destinato ad un impiego fruttifero, oppure anche solo che da quello sarebbe stata ritratta immediatamente e direttamente dall’avente diritto un’utilità corrispondente alle sue caratteristiche (ove, beninteso, suscettibile di valutazione economica: ciò che, peraltro, di norma appunto avviene quando si ha la disponibilità di un immobile, che offre sicuramente l’occasione di trarne giovamento anche in via diretta e immediata per il soddisfacimento di propri bisogni), ma almeno specificamente indicata (sia pure anche qui normalmente riscontrabile in caso di destinazione dell’immobile, reso indisponibile, ad abitazione del titolare persona fisica, quella integrando un bisogno essenziale della persona).

Alla luce dei suddetti principi risulta l’error in iudicando in cui, sul punto, è incorsa la Corte di merito, nella parte in cui (p. 9), pur riconoscendo la esclusiva responsabilità della Bi.Re. Costruzioni nella causazione dei danni sofferti da Annunziata e Bi.Re., ha rigettato la domanda di quest’ultimo, non essendo stato dallo stesso provato il danno sofferto e non potendo lo stesso essere liquidato ai sensi dell’art. 1226 c.c. (non trattandosi di pregiudizio impossibile o estremamente difficoltoso nel suo preciso ammontare). L’allegata indisponibilità di una soluzione abitativa è, infatti, evidente: e, solo, la liquidazione del danno conseguente andrà parametrata, se del caso -appunto – equitativamente, alla comparazione del diverso assetto derivante dalla detta indisponibilità ed imposto al titolare con quello che sarebbe conseguito dalla disponibilità invece compressa>>.