Per obbligare la piattaforma l’editore al delisting (diritto all’oblio), basta una richiesta stragiudiziale

Altro caso (rischiano di diventare una valanga …) di richiesta di cancellazione di notizia infamante (apertura di procedimento penale) -in subordine di aggiornamento- , vera ma superata dai fatti successivi (assoluzione piena) .

La cancellazione era stata ottenuta solo a seguito dell’istanza cautelare.

L’interessato, nonstante la dichiarata cessazione della materia del contendere,  proseguì il processo cercando il risarcimento del danno,  perchè comunque la notizia era rimasta esposta medio temore (per 10 anni circa): presupponendo dunque che sarebbe dovuto bastare una richiesta stradiuziale o addirittura che l’editore dovesse per conto suo controllare costantemente l’aggiornamento delle notizie da lui pubblicate (non è chiara la causa petendI: parrebbe la seconda)

Così opina Cass. sez. 3 del 1 marzo 2023 n. 6116 , rel. Sestini:

<<Ritiene il Collegio che non si possa affermare tout court e in termini generali un obbligo di costante aggiornamento della notizia o di rimozione della stessa una volta che sia trascorso un determinato lasso di tempo (di cui non sarebbe neppure agevole una predeterminazione generalizzata), dato che ciò imporrebbe un onere estremamente gravoso e pressoché impossibile da rispettare a carico delle testate giornalistiche titolari dei siti web, al quale potrebbe non corrispondere un concreto interesse dei soggetti cui si riferiscono le notizie.

D’altra parte, deve riconoscersi alla persona interessata dalla persistenza di una pubblicazione che reputi a sé pregiudizievole il diritto di tutelare la propria reputazione e di richiedere l’aggiornamento del sito o la rimozione della notizia, con la conseguenza che, una volta che sia stata formulata una siffatta richiesta, il rifiuto ingiustificato di aggiornamento o rimozione risulta idoneo a integrare una condotta illecita tale da giustificare il risarcimento del danno prodottosi a partire dalla richiesta di aggiornamento/rimozione (danno che ovviamente va allegato e provato, anche in via presuntiva). [pare dunque bastare richiesta stragiudiziale]

Una soluzione siffatta realizza un ragionevole bilanciamento dei contrapposti interessi e si pone in linea di continuità col rilievo già contenuto in Cass. n. 5505-2012 circa la possibilità/necessità di “compartecipazione dell’interessato nell’utilizzazione dei propri dati personali… ovvero di ingerirsi al riguardo, chiedendone la cancellazione, la trasformazione, il blocco, ovvero la rettificazione, l’aggiornamento, l’integrazione”.

In tal senso orientano il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 7 (secondo cui l’interessato “ha diritto di ottenere” l’aggiornamento o la cancellazione) e l’art. 17 Regolamento UE 679-2016 (che fa parimenti riferimento al diritto dell’interessato a ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei dati che lo riguardano, cui si correla il dovere del secondo di provvedervi senza ingiustificato ritardo): entrambi fanno dipendere dall’iniziativa dell’interessato il dovere del titolare del trattamento di attivarsi per la modifica del dato e mal si prestano a sostenere l’affermazione di un dovere dell’anzidetto titolare (sanzionato a livello risarcitorio) di procedere alla modifica di propria iniziativa.

Deve dunque ritenersi, con specifico riferimento al caso in esame, che la persistenza nel sito web di una testata giornalistica della risalente notizia del coinvolgimento di un soggetto in un procedimento penale – pubblicata nell’esercizio legittimo del diritto di cronaca, ma non aggiornatà con i dati relativi all’esito di tale procedimento – non integra, di per sé, un illecito idoneo a generare una pretesa risarcitoria; tuttavia, il soggetto cui la notizia si riferisce ha diritto ad attivarsi per chiederne l’aggiornamento o la rimozione, con la conseguenza che l’ingiustificato rifiuto o ritardo da parte del titolare del sito è idoneo a comportare il risarcimento del danno patito successivamente alla richiesta (fermo l’onere di allegazione e prova del pregiudizio da parte dell’interessato) >>.

Analoga soluzione in Cass. sez. 1 del 31.01.2023 n. 2983, rel. Scotti, con motivazione però più analitica (v. mio post).