Un pò di insegnamenti di diritto brevettuale in Cass. sez. I, 17/01/2025 n. 1.160, rel. Campese:
<<3.1. Come rimarcato in dottrina, uno degli aspetti più controversi della normativa interna in materia di brevetti concerne il ruolo della Descrizione e dei Disegni nell’interpretazione delle Rivendicazioni. Ad oggi, può dirsi che l’unico elemento strutturale del brevetto è rappresentato dalle Rivendicazioni in quanto, solo grazie ad esse, l’inventore ne definisce l’oggetto e, conseguentemente, delinea il perimetro di protezione della propria privativa. Invero, l’ordinamento italiano, nel tempo e sotto le influenze del diritto internazionale, ha riconosciuto autonomia alle Rivendicazioni che, in origine, erano collocate ai margini della Descrizione: tanto trova conferma nell’attuale formulazione dell’art. 52, comma 1, c.p.i. (D.Lgs. n. 30 del 2005), ove se ne evidenzia il ruolo autonomo e preminente (“Nelle rivendicazioni è indicato, specificamente, ciò che si intende debba formare oggetto del brevetto”). Descrizione e Rivendicazioni, dunque, vengono distinte, con funzione di preminenza riconosciuta a queste ultime: la prima è una dichiarazione di scienza; le seconde sono dichiarazioni di volontà, tese a determinare “l’oggetto ed il contenuto dell’esclusiva richiesta”. Le Rivendicazioni, allora, con preminenza assolvono ad una duplice funzione: strutturale ed interpretativa. Nella specie, interessa proprio quest’ultima.
3.2. Va osservato, poi, che il codice della proprietà industriale, all’art. 52, comma 2, individua i principi interpretativi del brevetto nazionale, parificandoli alla legislazione Europea e statuisce che “i limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni; tuttavia, la descrizione e i disegni servono ad interpretare le rivendicazioni”. Nessuna norma stabilisce, in maniera puntuale, come vanno effettivamente interpretate le Rivendicazioni. La dottrina e la giurisprudenza, dopo anni di opinioni contrastanti, sono giunte ad affermare che le Rivendicazioni hanno criteri di interpretazione propri, diversi da quelli previsti dal nostro ordinamento in materia di contratti, in quanto, se l’inventore venisse qualificato come parte contrattuale ed il brevetto dovesse essere interpretato alla luce della propria volontà, vi sarebbe uno squilibrio eccessivo rispetto agli interessi dei terzi, contrariamente a quanto stabilito a livello internazionale (cfr. Cass. 10 maggio 2023, n. 12499, in cui si afferma che la Rivendicazione va interpretata alla luce del dato tecnico risultante dalla descrizione e dai disegni allegati, senza necessità che la relativa valutazione sia operata da un soggetto esperto del ramo).>>
Poi:
<<3.3.1. La Corte d’Appello, dopo aver esaminato le due tipologie di contraffazione – letterale e per equivalenti -, evidenziandone le differenze, ha riconosciuto configurabile, nella specie, quest’ultima.
3.3.2. In particolare, la presenza di una variante rispetto al modello originario l’ha indotta ad escludere l’ipotesi di contraffazione letterale. A suo avviso, il prodotto in contraffazione non riproduce in forma identica il brevetto e, pertanto, non attua una contraffazione cd. primaria. Successivamente, la stessa corte ha proceduto alla valutazione dell’ipotesi della contraffazione per equivalenti (fattispecie che si configura quando il prodotto in contraffazione, pur formalmente diverso dall’invenzione brevettata, può essere comunque a quest’ultima equiparato e così ricondotto nell’ambito di protezione della privativa e mira, in tal modo, a tutelare i diritti del titolare ed a garantirgli una protezione effettiva, non subordinata alla riproduzione integrale e letterale di tutti gli elementi dell’invenzione. Ne deriva un ampliamento delle ipotesi contraffattive rilevabili, con un passaggio da una impostazione letterale ad un approccio più sostanziale, che tenga conto di tutti gli elementi descrittivi rappresentati in sede di domanda volta tenimento del titolo di privativa).
3.3.3. Come spiegato dalla dottrina, il concetto di equivalenza origina e prende forma nell’ambito dell’esperienza giurisprudenziale statunitense degli anni ’50 che, per vagliarne la sussistenza, ricorre al metodo del cd. triple identity test. Secondo tale metodo, se un elemento svolge la medesima funzione di altro elemento oggetto di tutela, se tale funzione viene attuata attraverso le medesime modalità e se, infine, essa produce lo stesso risultato, allora si configura contraffazione per equivalenti. La giurisprudenza italiana, invece, ha privilegiato il diverso metodo di matrice tedesca della ovvietà (in base al quale l’equivalenza deve ravvisarsi ogni qual volta il trovato in contraffazione costituisca, in virtù della tecnica nota e per il tecnico medio del ramo, un’ovvia variante rispetto a quanto rivendicato). Essa, peraltro, per lungo tempo, ha continuato ad ancorare il giudizio di equivalenza all’invenzione complessivamente intesa, tentando di risalire alla medesima idea inventiva o cuore del brevetto e finendo, in tal modo, per distinguere – nell’ambito delle caratteristiche rivendicate – quelle “essenziali”, che devono, pertanto, essere riprese dall’invenzione in contraffazione, da quelle “non essenziali” che, contrariamente, possono anche mancare. Nelle pronunce più recenti, tuttavia (cfr., ed esempio, Cass. n. 120 del 2022; Cass. n. 12499 del 2023), si è sottolineato il ruolo fondamentale delle Rivendicazioni, tanto in sede di valutazione dei requisiti di brevettabilità quanto in sede di accertamento della contraffazione, superando l’approccio precedente.
3.3.4. Nella specie, la Corte d’Appello ha censurato la valutazione del giudice di prime cure per aver ravvisato la peculiarità inventiva del brevetto nella sola funzione di protezione dell’utente dall’aumento della temperatura delle pareti laterali del portacandela e non anche in quella, principale, di autopulizia ed è giunta a ritenere sussistente la contraffazione per equivalenti poiché il prodotto in contraffazione persegue entrambe le funzioni dell’invenzione brevettata: tanto la funzione “primaria” di autopulizia, con le medesime modalità, quanto quella di protezione dell’utente dall’esposizione del calore e dalla fiamma.
3.4. Va rimarcato, poi, che la corte capitolina, da un lato, ha dichiarato di avvalersi del criterio del cd. triple test per accertare la contraffazione per equivalenti; dall’altro, sembra avere continuato a rifarsi ad impostazioni (ormai superate) quali, appunto, il riferimento al nucleo inventivo del brevetto.
3.4.1. Il contrasto, tuttavia, è solo apparente. La corte, infatti, attribuisce un ruolo primario alle Rivendicazioni e ricostruisce l’esame della contraffazione per equivalenti secondo l’approccio elemento per elemento, determinando previamente l’ambito di protezione conferito dal brevetto, individuando analiticamente le singole caratteristiche del trovato, come espressamente rivendicate nel testo brevettuale, interpretate anche sulla base della loro descrizione e dei disegni allegati, e verificando, infine, se ogni elemento così rivendicato si ritrovi nel prodotto accusato di contraffazione, anche solo per equivalenti. In altri termini, benché abbia parlato di nucleo inventivo (funzione di autopulizia del candelabro), il criterio qualificante dalla stessa utilizzato è stato, in realtà, quello della modesta variante, data dalla realizzazione di un’unica componente mediante una saldatura attraverso una piastra dei supporti descritti nella rivendicazione. Lo stesso riferimento al nucleo inventivo non è stato argomentato in modo astratto dalla rivendicazione, ma sottolineando la coincidenza di soluzione espressiva, che si distingue solo per il profilo della saldatura. Pertanto, grazie proprio all’utilizzo del cd. triple test, che implica un raffronto tra funzioni, modalità di realizzazione e risultati citati nelle Rivendicazioni, la corte distrettuale si è riappropriata di un’idea oggettiva di equivalenza pur facendo riferimento, in apparenza, a concetti superati (nucleo inventivo)>>.