Il concetto di “visibilità durante la normale utilizzazione” per i componenti di prodotti complessi nella disciplina di disegni e modelli (art. 3.3.a, dir. UE 98/71): arrivata la sentenza della Corte di Giustizia

Dopo le conclusioni dello scorso settembre dell’AG Szpunar, riferite da mio post, è ora giunta la sentenza della Corte di Giustizia 16.02.2023, C-472/21, Monz Handelsgesellschaft International c. Büchel GmbH & Co. Fahrzeugtechnik KG.

La CG  segue il suggerimento dell’AG.

Sulla prima delle questioni così risponde:

<<45   Ne consegue che una valutazione in abstracto della visibilità della parte incorporata in un prodotto complesso, senza connessione con una qualsivoglia situazione concreta di utilizzazione di tale prodotto, non è sufficiente perché una tale parte possa beneficiare della protezione come disegno o modello ai sensi della direttiva 98/71. A tal riguardo, occorre precisare che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71 non impone, tuttavia, che una parte che è incorporata a un prodotto complesso resti visibile nella sua integralità in ogni momento dell’utilizzazione del prodotto complesso.

46 Infatti, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 33 e 34 delle sue conclusioni, la visibilità di una componente incorporata in un prodotto complesso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 98/71, in combinato disposto con l’articolo 3, paragrafo 4, della stessa, non può essere valutata unicamente dal punto di osservazione dell’utilizzatore finale di tale prodotto. A tal riguardo, deve essere presa in considerazione anche la visibilità di una simile componente per un osservatore esterno>>.

Sulla seconda questione:

<< 54  A tal riguardo, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 38 delle sue conclusioni, in pratica, l’utilizzazione di un prodotto nella sua funzione principale richiede spesso differenti atti che possono essere compiuti prima o dopo che il prodotto abbia svolto tale funzione principale, quali il deposito e il trasporto dello stesso. Di conseguenza, si deve ritenere che l’«utilizzazione normale» di un prodotto complesso, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71, comprenda tutti questi atti, ad eccezione di quelli espressamente esclusi da detto paragrafo 4, vale a dire gli atti relativi alla manutenzione, all’assistenza e alla riparazione.

55 Pertanto, la nozione di «normale utilizzazione», ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 98/71, deve comprendere gli atti che si riferiscono all’utilizzazione abituale di un prodotto nonché altri atti che possono ragionevolmente essere compiuti durante tale uso e che sono usuali dal punto di osservazione dell’utilizzatore finale, compresi quelli che possono essere compiuti prima o dopo che il prodotto ha svolto la sua funzione principale, quali il deposito e il trasporto di quest’ultimo.>>.

ci pare soluzione giuridicamente esatta.

Sul giudizio di validità e (quindi) di contraffazione di un disegno o modello comunitario

Il Tribunale di Roma  offre qualche insegnamento sul giudizio di validità e (successivamente) di contraffazione in tema di modelli o disegni comunitari disciplinati dal reg. CE 6/2002  del 12.12.2001.

Si tratta di Trib. Roma 19.11.2019 n. 22320/2019, Rg 72218/2016, Federal Signal Vama s.a. c. INTAV srl.

Le parti erano due società specializzate nella produzione e nella commercializzazione di dispositivi, apparecchi e accessori di segnalazione luminosa e acustica destinati ad essere installati su veicoli di emergenza, mezzi della polizia, nonché su veicoli ad uso della Pubblica Amministrazione in diversi settori. Il disegno (rectius: modello) comunitario azionato dall’attrice (dopo una fase cautelare sfavorevole) era appunto relativo ad un dispositivo segnalatore luminoso per autoveicoli .

Il collegio inizia ricordando che <<costituisce quindi contraffazione di un disegno registrato la produzione e/o commercializzazione di prodotti aventi forme che suscitano, nell’utilizzatore informato, la medesima impressione generale, riproducendo le caratteristiche individualizzanti del titolo di privativa, tenuto anche conto del margine di libertà del designer nel realizzare il modello.

Il giudizio sulla contraffazione di un design prende dunque come riferimento quello di un utilizzatore informato, ossia un consumatore finale attento che, pur non essendo un esperto di settore e/o un designer, usi il prodotto e conosca il mercato specifico all’interno del quale si colloca il modello.

All’utilizzatore informato si chiede quindi di operare un confronto tra il modello ed il prodotto asseritamente contraffattivo, al fine di accertare se quest’ultimo susciti o meno, all’esito di una analisi di insieme e complessiva, una impressione generale diversa rispetto alle linee rivendicate dal disegno o modello registrato.

Nella conduzione di tale test il disegno o modello va considerato nel suo effetto di insieme e non va dato peso alle modifiche insignificanti apportate dal presunto contraffattore; va invece attribuito particolare rilievo all’identità degli elementi formali che conferiscono al disegno o modello un proprio carattere individuale. (…) In sintesi, il carattere individuale, consiste nella capacità di un design di farsi notare per la peculiarità del suo aspetto e tale requisito consente al prodotto di riferimento di istituire un contatto privilegiato con l’utilizzatore informato >> (§ 8).

Osserva poi che <<il giudizio (incidentale) di validità del Design comunitario VAMA, da un canto, e il confronto tra i prodotti INTAV dedotti in contraffazione e il predetto Design VAMA, dall’altro, vanno effettuati alla luce dei criteri comuni innanzi indicati, esaminando le loro somiglianze e le loro differenze, al fine di stabilire, prendendo in considerazione l’affollamento del settore e il margine di libertà dell’autore nel realizzare il disegno o modello contestato, se essi producono nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa.

I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela del disegno registrato rispetto alle sue possibili contraffazioni.

Conseguentemente, le analisi e le valutazioni sviluppate in funzione dell’eccezione di nullità del Design VAMA, sollevata in riconvenzionale da INTAV, vanno tenute in considerazione anche nel successivo giudizio di contraffazione, al fine di accertare se il confronto produce o meno nell’utilizzatore informato un’impressione generale significativamente diversa>>, § 9.

Gli ultimi due periodi riguardano uno dei punti teoricamente più interessanti, che viene solitamente poco approfondito: se i requisiti di validità siano uguali (seppur visti dal lato opposto, quasi specularmente) a quelli richiesti per aversi contraffazione, come avviene per i marchi nel rapporto tra requisiti di novità (artg. 12 c.p.i.) e requisiti per aversi contraffazione (<<diritti conferiti dalla registrazione>>, art. 20 cpi). Il giudice risponde positivamente, come emerge dal passo che vale la pena di ripetere: <<I due profili sono strettamente collegati, in quanto il riconoscimento del carattere individuale del Disegn VAMA rispetto allo stato dell’arte nota e dell’affollamento del settore, condiziona necessariamente l’estensione dell’ambito di tutela>>.

SUL <<CARATTERE  INDIVIDUALE>> – Dice il Collegio che <<il CTU ha utilizzato le differenze rilevanti appena indicate  [per il giudizio di novità] anche nella valutazione della sussistenza del requisito del carattere individuale del Design VAMA, al fine di stabilire se esso suscita in un utilizzatore informato una impressione generale significativamente differente dalle anteriorità analizzate, tenuto conto del margine di libertà dell’autore in considerazione dell’affollamento del settore. Nell’ambito di tale giudizio assumono rilievo la figura dell’utilizzatore informato ed il profilo dell’affollamento del settore che riduce il margine di libertà dell’autore.>>, § 12.

La legge (art 6/2 reg. CE e art. 33 c. 2 c.p.i.) per vero parla solo di margine di libertà dell’autore, non di affollamento del settore: per cui possono immaginarsi anche altri aspetti limitanti la libertà creativa (elenco in Fabbio, Disegni e modelli, Cedam, 2012,  49 ss).

Nel caso specifico la figura dell’utilizzatore informato viene individata <<“nel  professionista  che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”.>>, § 12. Si tratta dell’altro punto interessante della decisione: l’utilizzatore informato è l’ipotetico addetto (=responsabile?) dell’Ufficio Acquisti dell’impresa acquirente (impostazione dunque relativa al caso in cui si tratti di prodotto destinato ad imprese; da precisare come vada adattato al caso di microimprese prive di specifico Ufficio Acquisti).

Accertata la validità del titolo giuridico, il giudice passa al giudizio di contraffazione, <<rispetto al quale vanno utilizzati i concetti di utilizzatore informato, di affollamento del settore e di margine di libertà dell’autore già enucleati a proposto della valutazione della validità>>, (§ 13 ss.) (art. 10 reg. CE e art. 41 c.3-4 c.p.i.). Si è sopra accennato al rapporto di specularità tra requisiti di validità e quelli di contraffazione.

Anche qui vale la precisazione per cui la legge letteralmente menziona solo il margine di libertà creativa.

Il giudice fa un’altra precisazione interessante per gli operatori:   <<a tale proposito, va ribadito che l’arte nota acquisita al presente giudizio e considerata dal CTU, anche con riferimento al predetto settore “ristretto” innanzi detto, comporta, rispetto alla validità del design, che in tale settore possa ottenere tutela anche per varianti di entità limitata rispetto alla tecnica nota, mentre, riguardo alla contraffazione, che la protezione così ottenuta sia confinata alle suddette varianti >>, § 13. Si legga poi subito dopo il modus procedendi del CTU: <<individuati correttamente in tal modo i parametri del giudizio di contraffazione, il CTU ha confrontato tutte le caratteristiche salienti del Design VAIMA con quelle dei prodotti INTAV, predisponendo per ciascuno di essi un’apposita e dettagliata Tabella di comparazione.>> e poi <<la differente ricostruzione dello stato dell’arte nei due giudizi rende quindi corretta la valutazione compiuta dal CTU in punto di “affollamento” del settore “ristretto” e il suo discostamento dalle decisioni EUIPO (p. 20).

Ne consegue il riconoscimento di un più ristretto margine di libertà dell’autore che rende apprezzabili, nell’aspetto complessivo, anche differenze meno evidenti tra i prodotti e il disegno tutelato e fa si che nel settore in considerazione, da un canto, si possa ottenere tutela anche per varianti alla tecnica nota di limitata entità, e, dall’altro canto, che la protezione così ottenuta sia in genere confinata a tali limitate varianti>> , (§ 14.2 in fine).

SULL’UTILIZZATORE INFORMATO –  Al § 14.3 il giudice ricorda una non rigorosa decisione EPO del 2013, che però il CTU non condivide, sicchè -come già sopra accennato- così conclude: <<Nel presente giudizio, invece, il CTU ha correttamente ritenuto, anche secondo le posizioni sostanzialmente concordi assunte dalle parti, che l’utilizzatore informato dovesse essere identificato nell’acquirente finale dei prodotti esaminati dotato di un certo grado di attenzione e, dunque, “nel professionista che si occupa della scelta e dell’acquisto dei dispositivi di segnalazione luminosa per veicoli, ad esempio nell’ambito delle pubbliche amministrazioni”. (…) Pertanto, il riconoscimento in questa sede di un apprezzabile livello di conoscenza e di un considerevole livello di attenzione, avvicina l’utilizzatore informato all’uomo del mestiere e lo allontana dal consumatore medio, rafforzando la considerazione che i disegni che presentano differenze significative nelle caratteristiche in cui la libertà dell’autore non è soggetta a restrizioni suscitano un’impressione generale differente nel medesimo utilizzatore informato  >>, § 14.4.

Se però il consumatore medio è chi lo usa in via professionale, come avviene per i prodotti destinati ad uso imprenditoriale, le due figure dovrebbero coincidere.

SULLA CONCORRENZA SLEALE – Venuti meno i presupposti per ravvisare contraffazione, viene meno anche la possibilità di ravvisare concorrenza sleale: <<una volta accertata in questa sede l’insussistenza della contraffazione del Design VAMA da parte di tutti prodotti INTAV in contestazione, vengono meno anche i presupposti per considerare concorrenzialmente illecita, sotto i vari profili denunciati da parte attrice (imitazione servile, appropriazione di pregi, concorrenza parassitaria, comportamenti contrari alla correttezza professionale e sfruttamento del lavoro altrui), l’attività di produzione e commercializzazione da parte di INTAV dei tre modelli del Prodotto C “denominati Freeway”. Invece, per i Prototipi A e B sui quali si era svolto il procedimento cautelare ante causam dinanzi al Tribunale di Torino, parte attrice non ha fornito alcuna prova della loro effettiva o potenziale produzione e/o commercializzazione>> § 15.

Siffatta perentorietà nell’escludere la concorrenza sleale  è così motivata subito dopo: <<difatti, una volta stabilito (e ammesso dalla stessa società attrice) che, nel settore “ristretto” dei dispositivi di segnalazione luminosa apposti sui veicoli, la figura del consumatore finale da prendere in considerazione coincide con quella dell’utilizzatore informato, il quale (come sostiene parte attrice) “non può che essere individuato nell’acquirente finale dotato di un certo grado di attenzione” da individuare nel responsabile degli acquisti delle case automobilistiche o della pubblica amministrazione, al quale va riconosciuto un elevato grado di attenzione e una spiccata sensibilità nell’individuazione delle differenze tra i vari prodotti del medesimo settore, deve escludersi che le differenze tra i medesimi prodotti e il Design VAMA innanzi evidenziate possano creare confusione nel consumatore medio di tale tipologia di prodotti.

Con particolare riferimento all’imitazione servile, essa deve riguardare le forme esteriori di un prodotto altrui e deve consistere nella riproduzione pedissequa di quei dettagli individualizzanti del modello imitato agli occhi del consumatore medio.

Non avendo parte attrice fornito la prova, mediante l’allegazione di elementi diversi da quelli sui quali si è fondata l’asserita e indimostrata contraffazione, che la mancanza di significative differenze renda confondibili per il consumatore medio i prodotti delle rispettive parti concorrenti sul mercato, con conseguente pericolo di sviamento della clientela, la condotta concretamente tenuta dalla società convenuta non può essere considerata concorrenzialmente illecita sotto il profilo dell’imitazione servile o dell’appropriazione dei pregi dei prodotti riconducibili al Design VAMA ad opera dei Prodotti Freeway di INTAV.

Neppure può essere considerato comportamento contrario alla correttezza professionale e/o sfruttamento del lavoro altrui la mera circostanza che la INTAV nel 2016 ha assunto, con qualifica di ingegnere elettronico, il sig. Rafael Sadrà Valluvi che, in precedenza, lavorava alle dipendenze di VAMA e che ben conosceva i design e i prodotti di tale azienda>> (§ 15)