L’emittente radiotelevisica ha diritto al compenso per le copie private (art. 5.2.b) dir. 29-2001)

Corte di giustizia  23.,11.2023, Seven.One entertainment v. Corint, C-260/22 illumina (poco, per vero) la norma in oggetto, in relazione alla sua trasposizione nazionale tedesca, che esenta dal diritto al compenso tramite collecting society le emittenti per le loro trasmissioni.

La soluzione della corte è scontata, visto il dettato letterale della dir. 298/2001. Palesement irrilevante, poi,  è la circostranza per cui certi organismi TV siano anche produttori di pellicole maturando così il relativo credito, giustamente osserva la CG.

Meno semplice è la sua attiazione e in particolare se lo Stao possa esentare certi aventi diritto sulla base di danno inesistente o minimo: o meglio, visto che può, quando ricorra tale fattiuspecie concreta. Serve poi parità di trattamento nel senso che è da vedere se può esentare tutti o solo caso per caso (ed allora in base a quali criteri oggettivi).

Ma su tutto ciò solo il giudice nazinale può decidere, conclude la CG

L’eccezione di copia privata ex art. 5.2.a) dir. 29/2001 non si applica alla infrastruttura predisposta per il download con la tecnica del data deduplication (anche se il fornitore non effettua una comunicazione al pubblico)

C. giust. 13.07.2023, C-426/21, Ocilion c. SevenOne+1, affrotna l’ennesimo caso di rpedispisizione di infrasrtutrua perchè l’uitente poi da solo acceda a conteuti on line protetti.

Quyi la particolarità è luso della tecnica della data deduplicatin (la copia fatta dal  primo utente è consewrvata anche per eventuali altri sucecssivi)

Ma l’uso privato è difficilmente riscontarbile anche se è poi il singolo privato ad attivare il download:

<<45   A tale proposito, la tecnica di deduplica di cui trattasi nel procedimento principale conduce alla realizzazione di una copia che, lungi dall’essere a disposizione esclusiva del primo utente, è destinata ad essere accessibile, tramite il sistema offerto dal prestatore, ad un numero indeterminato di utenti finali, a loro volta clienti degli operatori di rete ai quali detto prestatore mette tale tecnica a disposizione.

46 In tali circostanze, è giocoforza constatare, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, che un servizio come quello offerto dalla Ocilion, che consente l’accesso a una riproduzione di un’opera protetta a un numero indeterminato di beneficiari a fini commerciali, non rientra nell’eccezione detta per «copia privata» di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29>>.

Ciò non toglie però cjhe non ricora comunicazione al puibblico per il fornitore della infrasttura (ad alberghi o ad oepratori di rete):

<<61  nel caso di specie, come menzionato al punto 12 della presente sentenza, dalla decisione di rinvio risulta che la Ocilion fornisce agli operatori di rete, nell’ambito della sua soluzione on premise, l’hardware e i software necessari, nonché un’assistenza tecnica per garantirne la manutenzione.

62 Orbene, come rilevato dall’Avvocato generale ai paragrafi da 68 a 70 delle sue conclusioni, in assenza di qualsiasi collegamento tra il fornitore dell’hardware e dei software necessari e gli utenti finali, un servizio come quello di cui trattasi nel procedimento principale non può essere considerato un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2001/29, realizzato dalla Ocilion.

63 Infatti, da un lato, un prestatore come la Ocilion non fornisce agli utenti finali l’accesso a un’opera protetta. È vero che esso fornisce agli operatori di rete l’hardware e i software necessari a tale riguardo, ma sono solo questi ultimi a consentire agli utenti finali l’accesso alle opere protette.

64 Dall’altro lato, poiché sono tali operatori di rete che forniscono agli utenti finali l’accesso a opere protette, conformemente alle modalità previamente definite tra loro, il prestatore che fornisce l’hardware e i software necessari agli operatori di rete per dare accesso a tali opere non svolge un «ruolo imprescindibile», ai sensi della giurisprudenza derivante dalla sentenza citata al punto 59 della presente sentenza, cosicché non si può ritenere che esso abbia realizzato un atto di comunicazione ai sensi della direttiva 2001/29. Infatti, sebbene l’utilizzo di tale hardware nonché dei software, nell’ambito della soluzione on premise, appaia necessario affinché gli utenti finali possano guardare in differita le trasmissioni televisive, dalle indicazioni contenute nel fascicolo sottoposto alla Corte non risulta che il prestatore che fornisce tale hardware nonché tali software intervenga per dare agli utenti finali accesso a tali opere protette.

65 In tale contesto, la circostanza che un tale prestatore sappia eventualmente che il suo servizio può essere utilizzato per accedere a contenuti di trasmissioni protetti senza il consenso dei loro autori non può di per sé essere sufficiente per ritenere che egli realizzi un atto di comunicazione, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 2001/29.

66 Del resto, dalla decisione di rinvio non risulta che l’assistenza tecnica offerta dalla Ocilion vada oltre la manutenzione e l’adeguamento dell’hardware e dei software necessari forniti e consenta a tale prestatore di influenzare la scelta dei programmi televisivi che l’utente finale può guardare in differita>>.

Equo compenso anche per le riproduzioni private di trasmissioni televisive, dice l’Avvocato Generale

Secondo le Conclusioni 13.07.2023 dell”AG Collins, C-260/22, Seven.One Enterteinment group c. Coriont Media GmBH, è incompatibile col diritto UE la legge tedesca, laddove  non attriobuisce l’equo compenso agli organismi di radio diffusione sulla riproduzione privatedi loro trasmissioni.

<<§ 41 L’articolo 2, lettera e), e l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, devono essere interpretati nel senso che ostano a che uno Stato membro preveda un’eccezione per copia privata al diritto esclusivo di riproduzione degli organismi di diffusione radiotelevisiva nelle fissazioni delle loro trasmissioni, escludendo al contempo il diritto a un equo compenso per tale copia qualora essa arrechi loro un pregiudizio più che minimo.

Il fatto che gli organismi di diffusione radiotelevisiva possono avere diritto a un equo compenso ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 in qualità di produttori cinematografici è irrilevante [giusto ma ovvio]>>.

Circa la possibilità di disapplicare, sempre utile il ripasso:

<<38. La questione che si pone nel caso di specie è se la ricorrente possa invocare l’articolo 2, lettera e), e l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 in un procedimento contro la convenuta al fine di ottenere la disapplicazione di una normativa nazionale contrastante con tali disposizioni. L’articolo 288, terzo comma, TFUE stabilisce che le direttive non possono di per sé creare obblighi a carico di soggetti di diritto e quindi non possono essere fatte valere in quanto tale nei confronti di soggetti di diritto dinanzi a un giudice nazionale. Anche se chiare, precise e incondizionate, le disposizioni di una direttiva, come quelle di cui all’articolo 2, lettera e), e all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 non consentono al giudice nazionale di disapplicare una disposizione del suo diritto interno ad esse contraria se, in tal modo, venisse imposto un obbligo aggiuntivo a un soggetto di diritto (51).

39. Una direttiva può comunque essere invocata nei confronti di uno Stato membro, a prescindere dalla veste in cui quest’ultimo agisce. Il giudice nazionale è tenuto a disapplicare la disposizione nazionale contraria a una direttiva laddove quest’ultima sia invocata nei confronti di uno Stato membro, degli organi della sua amministrazione, ivi comprese autorità decentralizzate, o degli organismi o entità sottoposti all’autorità o al controllo dello Stato o a cui uno Stato membro abbia demandato l’assolvimento di un compito di interesse pubblico e che dispongono a tal fine di poteri che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti fra singoli (52).

40. All’udienza, sia la convenuta che il governo tedesco hanno confermato che la convenuta è una società di gestione collettiva a cui la legge ha conferito poteri speciali e che deve agire nell’interesse pubblico. Ne consegue che, qualora il giudice del rinvio si trovi nell’impossibilità di interpretare l’articolo 87, paragrafo 4, dell’UrhG in modo conforme agli articoli 2, lettera e), e 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, la ricorrente può avvalersi di queste ultime disposizioni nella sua controversia con la convenuta per cercare di persuadere tale giudice a disapplicare l’articolo 87, paragrafo 4, dell’UrhG>>.

Quindi verso la collecting,  organo di diritto pubblico, vale l’efficacia verticale delle direttive inattuate.

Le collecting societies possono costituire l’ente che gestisce esenzioni e rimborsi in tema di equo compenso da copia privata

L’annosa questione dell’equo compenso da copia privata (art. 5.2.b dir. 29/2001) offre un nuovo aspetto di incertezza, proveniente dalla Spagna, relativo a chi possa svolgere le funzioni di certificazione dell’esenzione dal tributo e/o ottenere i rimborsi.

Decide la lite in sede UE  (rinvio pregiudiziale)  Corte di Giustizia 08 settembre 2022, C-263/21, Ametic c. vari enti.

Per capire bene, bisogna conoscere la disciplina dell’equo compenso da copia privata, non semplicissima: che però è ben riassunta nei §§ 34-42 e in parrticolare 37-39: << 37    Tenuto conto delle difficoltà pratiche per identificare gli utenti privati e per obbligarli a indennizzare i titolari del diritto esclusivo di riproduzione in ragione del pregiudizio arrecato a questi ultimi, è consentito agli Stati membri istituire, ai fini del finanziamento dell’equo compenso, un «prelievo per copia privata» a carico non dei soggetti privati interessati, bensì di coloro che dispongono di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione e che, a tale titolo, de iure o de facto, mettono tali apparecchiature a disposizione di soggetti privati. Nell’ambito di un siffatto sistema, il versamento del prelievo per copia privata incombe ai soggetti che dispongono di dette apparecchiature. Pertanto, a determinate condizioni, gli Stati membri possono applicare senza distinzioni il prelievo per copia privata relativamente ai supporti di registrazione idonei alla riproduzione, compresa l’ipotesi in cui l’utilizzo finale di questi ultimi non rientri nel caso previsto all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 (sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C‑110/15, EU:C:2016:717, punti 31 e 32 nonché giurisprudenza ivi citata).

38      Dato che un sistema siffatto consente ai debitori di traslare l’onere del prelievo per copia privata ripercuotendone l’ammontare sul prezzo della messa a disposizione di tali apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione, l’onere del prelievo viene in definitiva sopportato dall’utente privato che paga tale prezzo, e ciò conformemente al «giusto equilibrio», previsto dal considerando 31 della direttiva 2001/29, da realizzare tra gli interessi dei titolari del diritto esclusivo di riproduzione e quelli degli utenti di materiali protetti (sentenza del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C‑110/15, EU:C:2016:717, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).

39      Tuttavia, un sistema del genere deve non solo essere giustificato da difficoltà pratiche quali l’impossibilità di individuare gli utenti finali, ma deve altresì escludere dal pagamento del prelievo la fornitura di apparecchiature, dispositivi e supporti di riproduzione a soggetti diversi dalle persone fisiche, per scopi manifestamente estranei a quelli della realizzazione di copie per uso privato (v., in tal senso, sentenza del 5 marzo 2015, Copydan Båndkopi, C‑463/12, EU:C:2015:144, punti da 45 a 47, e del 22 settembre 2016, Microsoft Mobile Sales International e a., C‑110/15, EU:C:2016:717, punti da 34 a 36).>>

Il giudice a quo chiede se possa gestire esenzioni e rimborsi, relativi  all’equo compenso da copia prrivata (in particolare, in capo a coloro che non vendono/acquistano per motivi privati bensì solo professionali) un ente, cui paertecipano collecting societies: <<In tale contesto, il giudice del rinvio sottopone la sua prima questione per il motivo che la circostanza che la persona giuridica che emette i certificati di esenzione ed effettua i rimborsi del compenso per copia privata sia costituita e controllata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale potrebbe comportare uno «squilibrio» o un’«asimmetria» negli interessi da essa perseguiti, e a ciò potrebbero opporsi l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 e il principio di parità di trattamento>>.

La risposta è positiva, purchè non ricorra troppa discrezionalità e l’ente agisca in base a criteri oggettivi, sempre sottoposto a eventuale impugnativa giudiziale : <<58.   alla luce di tutte le considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 e il principio della parità di trattamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale in forza della quale la gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata è affidata a una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione di diritti di proprietà intellettuale, qualora tale normativa nazionale preveda che i certificati di esenzione e i rimborsi debbano essere concessi in tempo utile e in applicazione di criteri oggettivi che non consentano alla persona giuridica di respingere una domanda di concessione di tale certificato o di rimborso sulla base di considerazioni che comportino l’esercizio di un margine di discrezionalità e che le decisioni con cui essa respinge una siffatta domanda possano essere oggetto di un ricorso dinanzi a un organo indipendente.>>

la CG aggiunge che, per esercitare il suoi compiti, l’ente può anche legittimamente chiedere informazioni commerciali, dato che è sottoposto a doveri di data protection : << 75.  l’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29 nonché il principio della parità di trattamento devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale che autorizza una persona giuridica, costituita e controllata dagli organismi di gestione dei diritti di proprietà intellettuale e alla quale è affidata la gestione delle esenzioni dal pagamento e dei rimborsi del compenso per copia privata, a chiedere l’accesso alle informazioni necessarie all’esercizio delle competenze di controllo di cui essa è investita a tale titolo, senza che sia possibile, segnatamente, opporle il segreto dalla contabilità commerciale previsto dal diritto nazionale, posto che tale persona giuridica è obbligata a rispettare il carattere riservato delle informazioni ottenute.>>

Eccezione di copia privata e cloud computing: arrivata la decisione della Corte di Giustizia

Dopo le conclusioni di settembre u,s. dell’A.G., (v. mio post), giunge la sentenza 24.03.2022 della Corte di Giustizia nel caso 433/20, Autro-Mechana c. Strato AG circa il se il compenso, dovuto al titolare per l’eccezione di copia privatoa (art. 5.2.b dir. 29/2001),  sia dovuto anche da chi offra servizi di hosting tramite cloud computing.

Risposto che il caricamento in cloud costitusce riproduzione rientrante nel concetto di <riproduzione su qualsiasi supporto> (precisazione ai limiti dell’ovvio), esamina poi la vera questione della qualificazione del cloud computing nel problema de quo.

E dice che la legge nazionale, che eccettua  il fornitore di hosting via cloud computing dal pagamento, non è incompatibile con la dir., se però -in sostanza- un qualche equo compenso arrivi al titolare a seguito della prima riproduzione. Dipenderà quindi dalle altre disposizioni di quel diritto nazionale

Si v. anche i §§ 43-46 che illustrano in generale il  non semplicissimo meccanismo di traslazione del debito per l’equo compenso.

Da noi v.si l’art. 71 sexiex l. aut. e soprattutto il comma 2, secondo cui <<La riproduzione di cui al comma 1 non può essere effettuata da terzi. La prestazione di servizi finalizzata a consentire la riproduzione di fonogrammi e videogrammi da parte di persona fisica per uso personale costituisce attività di riproduzione soggetta alle disposizioni di cui agli articoli 13, 72, 78-bis, 79 e 80.>>

In effetti anche in tale tipo di cloud computing la riproduzione è sempre <<effettuata dall’utente>>, anche se egli si avvale non più di supporto da lui totalmente gestito, bensì di un’infrastruttura di hosting predisposta da altri e da lui “affittata”.

Copia privata su server in cloud ed equo compenso in diritto di autore

Interviene l’avvocato generale (AG) , C-433/20, 23.09.2021, Austro-Mechana Gesellschaft  c. Strato AG sulla questione del se la copia privata, memorizzata in cloud tramite apposito servizio,  costituisca <immissione in commercio di supporto di registrazione> che obbliga al pagamento dell’equoo compenso ex art. 5.2.b Dir. UE 29 del 2001 e disposizione austriaca attuativa .

Questioni sottoposte (§ 22):

«(1)      Se la nozione “su qualsiasi supporto” di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva [2001/29] debba essere interpretata nel senso che essa include anche i server di proprietà di terzi, i quali mettono ivi a disposizione di persone fisiche (clienti) a fini privati (e non per scopi di lucro diretti o indiretti) uno spazio di archiviazione, che i clienti utilizzano per effettuare riproduzioni mediante archiviazione («cloud computing»).

(2)      In caso di risposta affermativa: se la disposizione citata nella prima questione debba essere interpretata nel senso che essa si applica ad una normativa nazionale in base alla quale l’autore ha diritto ad un equo compenso (compenso per supporto di registrazione):

–        qualora debba presumersi che di un’opera (trasmessa a mezzo radio, messa a disposizione del pubblico ovvero trasferita su un supporto di registrazione prodotto a fini commerciali), vengano effettuate, in considerazione della sua natura, riproduzioni a fini personali o privati, mediante memorizzazione su un “supporto di registrazione di qualsiasi tipo idoneo a riproduzioni di tal genere e immesso in commercio nel territorio nazionale”,

–        e nel caso in cui, a tal fine, venga impiegato il metodo di archiviazione descritto nella prima questione».

Sulla prima lAG risponde posirivamente: la dir. comprende anche i supporti usati non tramite l’esercizio del dir. di proprietà sulla res ma solo fruendo del servizio di cloud hosting., spt. § 35 ss

La risposta era qui abbastanza semplice.

E’ invece più difficile, come intuibile, rispondere alla seconda (anche perchè la domanda è mal posta: la UE non può dire se la disposizione è interpretabile o no in un certo modo ma se una certa disposizione -o, al limite,  una sua interpretazione- è o meno compabitile con il diritto UE). Il precedente di riferimento in tema di copia privata è naturalmente la sentenza del 2010  nel caso Padawan, C-467/08.

La premessa è che la dir. nell’art. cit. vuole che l’eccezione << di cui all’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), di tale direttiva non sia in contrasto con lo sfruttamento normale (58) dell’opera o degli altri materiali protetti e non arrechi ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi (59) del titolare.>>, § 64.

Il che, applicato al caso de quo, porta l’AG a … non giudicare la disposizione interna austriaca per mancanza di dati istruttori sull’entità di danno che la non imposizione nel caso de quo produrrebbe ai titolari dei dirtitti , rinviando dunque al giudice a quo. Bisogna infatti prima capire, dire,  se un equo compenso derivi ai titolati già da smartphone o altri devices, tal che l’imposizione pure sulla riproduizione in cloud risulti eccessiva

Precisamente: <<70.     A mio avviso, data la natura necessariamente imprecisa dei prelievi forfettari sui dispositivi o sui supporti, occorre essere prudenti prima di associare tali prelievi forfettari ad altri sistemi di remunerazione o di innestarvi altri prelievi per i servizi cloud senza condurre preventivamente uno studio empirico in materia – e senza stabilire, in particolare, se l’uso combinato di tali dispositivi/supporti e servizi arrechi un danno aggiuntivo ai titolari dei diritti – in quanto ciò potrebbe dar luogo a una sovracompensazione e alterare il giusto equilibrio tra titolari dei diritti e utenti di cui al considerando 31 della direttiva 2001/29.

71.      Inoltre, se non si tiene conto della riproduzione/memorizzazione nel cloud, vi può essere il rischio di sottocompensare il danno arrecato al titolare dei diritti. Tuttavia, poiché l’upload e il download di contenuti protetti dal diritto d’autore sul cloud mediante dispositivi o supporti potrebbe essere classificato come un unico processo ai fini della copia privata, gli Stati membri hanno la possibilità, alla luce dell’ampio potere discrezionale di cui dispongono, di istituire, se del caso, un sistema in cui l’equo compenso è corrisposto unicamente per i dispositivi o i supporti che costituiscono una parte necessaria di tale processo, purché ciò rifletta il pregiudizio arrecato al titolare del diritto dal processo in questione.

72.      In sintesi, quindi, non è dovuto un prelievo o un contributo separato per a riproduzione da parte di una persona fisica a fini personali basata su servizi di cloud computing forniti da un terzo, purché i prelievi pagati per i dispositivi/supporti nello Stato membro in questione riflettano anche il pregiudizio arrecato al titolare del diritto da tale riproduzione. Se uno Stato membro ha infatti scelto di prevedere un sistema di prelievo per i dispositivi/media, il giudice del rinvio è in linea di principio legittimato a presupporre che ciò costituisca di per sé un «equo compenso» ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29, a meno che il titolare del diritto (o il suo rappresentante) possa dimostrare chiaramente che tale pagamento sia, nelle circostanze del caso di specie, inadeguato.

73.      Questa valutazione – che richiede una notevole competenza economica e a conoscenza di numerosi settori – deve essere effettuata a livello nazionale dal giudice del rinvio>>

Da noi la disposizione di riferimento è l’art. 71 sexiex l. aut.