Nel recesso per giusta causa da rapporto finanziamento la giusta causa va espressa a pena di nullità

Cass. sez. 1 n. 5415 del 29.02.2024, rel. Vanentino, circa (parrebbe) l’aRT. 1845 CC:

<<La Corte d’appello ha ritenuto che il recesso per giusta causa dagli
affidamenti possa essere intimato dalla banca anche senza
indicazione alcuna della causa che lo sorregge.

Il che non è esatto, ad avviso del Collegio, perché la giusta causa è coessenziale alla fattispecie negoziale di cui trattasi, che proprio per la presenza di
essa si differenzia dalla fattispecie del recesso ad nutum; onde non
potrebbe dirsi perfezionata una manifestazione di volontà di
recedere (non già ad nutum, bensì) “per giusta causa”, che non
indichi tale causa.

Del resto, come esattamente osserva il Procuratore generale, la necessità di detta indicazione nell’atto di recesso si connette direttamente al rispetto dei principi di correttezza e buona fede e all’esigenza che la controparte, cui il recesso è rivolto,
sia posta in condizione di difendersi e di contestarlo efficacemente in
giudizio>

Il precetto parrebbe esatto, anche se necessiterebbe forse di miglior motivazione. La mera necessità di difensiva infatti parrebbe insufficiente, in quanto toccherebbe pur sempre al receduto l’onere di provare l’esistenza di giusta causa. Ma forse la buona fede è esattamente invocata, in quanto rende fin da subito chiara la ragione al destinatario: non essendoci ragione per tenerlo momentaneamente all’oscuro dei motivi di una scelta, che potrebbe essere per lui  foriero di conseguenze assai pesanti.

La prova dell’apertura di credito da aprte della banca

Cass. n. 13063 del 12.05.2023, rel. Crolla, sez. 1:

<<2.2 Ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 1 e 3 dell’art
117 nr 385/93 (applicabile ratione temporis al caso di specie) «i
contratti sono redatti per iscritto ed un esemplare è consegnato ai
clienti nel caso di inosservanza della forma prescritta il contratto è
nullo»
2.3 Il secondo comma della disposizione testé citata stabilisce
anche che il C.I.C.R., mediante apposite norme di rango
secondario, possa prevedere che particolari contratti, per motivate
ragioni tecniche, siano stipulati in forma diversa da quella scritta.
2.4 Al riguardo questa Corte ha avuto modo di precisare che, in
forza della Delib. C.I.C.R. 4 marzo 2003, il contratto di apertura di
credito, qualora risulti già previsto e disciplinato da un contratto di
conto corrente stipulato per iscritto, non deve, a sua volta, essere
stipulato per iscritto a pena di nullità ( cfr. Cass 2017, n. 7763),
principio, questo, da intendere nel senso che l’intento di agevolare
particolari modalità della contrattazione non comporta una radicale
soppressione della forma scritta, ma solo una relativa attenuazione
della stessa che, in particolare, salvaguardi l’indicazione nel
“contratto madre” delle condizioni economiche cui andrà
assoggettato il “contratto figlio” (Cass. 27836/2017).
2.5 Nella specie il tema della sostanziale regolamentazione
dell’affidamento nel contratto di conto corrente non risulta essere
stato oggetto di trattazione, sicché è senz’altro da ritenere che il
contratto di apertura del fido fosse assoggettato al requisito
formale “pieno” richiesto dall’art. 117 del Testo Unico Bancario.
2.6 Ne consegue che la Banca avrebbe dovuto provare il dedotto
affidamento esclusivamente mediante la produzione della relativa
scrittura, non essendo sufficiente, come già chiarito da questa
Corte, che l’affidamento risulti dal libro fidi (Cass. 5 dicembre
1992, n. 12947; Cass. 20 giugno 2011, n. 13445), e tanto meno
che il suo contenuto possa essere eventualmente ricostruito
attraverso la semplice menzione nel report della Centrale Rischi>>.

Prova dell’erroneo addebito di interessi nel conto corrente bancario: necessità assoluta di tutti gli estratti conto?

La prova dell’erroneo addebito degli interessi, operato dalla Banca, non necessariamente deve consjstere in tutti gli estratti conto pertinenti al tempo dedotto.

Essi possono infatti essere integrati da CTU , purchè questa poggi su un minino di documenti da cui risalire per coprire i periodi non documentati da estratti conto. La CTU ad es. può partire da un dato contabile della banca stessa, la quale non può poi negarlo (§ 3 , citando la sentenza di appello).

Così  Cass. 04.03.2021 n. 5887, rel. Dolmetta.

In pareticolare così scrive il rel.: <<La giurisprudenza della Corte – occorre subito riscontare in proposito – ha infatti chiarito che il giudice del merito deve in ogni caso valutare la possibilità che la prova dell’indebito sia desumibile aliunde, in maniera diversa dagli estratti conto, cioè.

Ben può – si è così precisato – il giudice integrare la prova offerta dal correntista; nel caso, pure con mezzi di cognizione disposti d’ufficio, come la CTU, alla quale il giudice può ricorrere quando la prova dei movimenti del conto, che sia prodotta dal correntista, non risulti completa, ma comunque tale da consentire al CTU di operare il calcolo delle competenze trimestrali (cfr., in specie, Cass., n. 31187/2018; Cass., n. 29190/2020; si veda, altresì, la pronuncia di Cass., n. 30822/2018, la quale – al di là della imperfetta sintesi approntata dall’Ufficio del Massimario – ha in realtà puntualizzato che, in caso di produzione parziale degli estratti, il calcolo dei rapporti di dare e di avere decorre “dalla data della posta iniziale a debito annotata sul primo estratto conto disponibile” e dalla misura data da questo saldo, senza alcun previo azzeramento dello stesso).

In realtà, è improprio e scorretto – così si è rilevato in particolare – considerare gli estratti conto come “veicolo di una prova legale” di fatti, che invece sono suscettibili di prova libera, cioè dimostrabili anche mediante argomenti di prova ed elementi indiretti che compete al giudice di merito valutare nell’ambito del suo prudente apprezzamento (Cass., n. 29190/2021)>>, § 12.

Non risultano però chiarissimi i fatti e  la pertinenza ad essi del ragionamento della SC. Infatti , ad una prima lettura, da un lato, la lacuna documentale riguardava solo il periodo 1983-1990, mentre il correntista  era “a posto” per il prosieguo (1991-2012, anno di chiusura del conto); dall’altro , egli aveva poi limitato la domanda appunto solo a detto prosieguo.