Nuova convivenza more uxorio e revisione dell’assegno divorzile (art. 9 legge divorzio n° 878/1070): va individuato il peso della componente assistenziale dell’assegno

Cass. sez. I  dep. 12/02/2024), n. 3.761, rel. Parise:

<<Occorre rimarcare che, poiché si verte in tema di revisione ex art. 9 citato, la convivenza more uxorio costituisce un fatto sopravvenuto rispetto all’equilibrio anteriore, consegnato, per la sua regolazione, a un giudicato rebus sic stantibus che potrebbe configurarsi come non più attuale e idoneo a regolare il modificato assetto di interessi post-coniugali. E’ stato infatti chiarito da questa Corte, sempre in tema di revisione dell’assegno divorzile, che il giudice, a fronte della prova di circostanze sopravvenute sugli equilibri economici della coppia, non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti già compiuta in sede di sentenza divorzile, ma, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287 del 2018 deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio (Cass. 7666/2022). [cosa ovvia!!!]

7. Tanto precisato, va innanzitutto osservato che, essendo stato l’assegno già riconosciuto in sede di giudizio divorzile, non può mettersi ora in discussione che, in allora, l’assegno non fosse dovuto, e ciò perché ne era stata riconosciuta la debenza con la citata sentenza n.18/2010: sia per la finalità assistenziale, sia per quella perequativa-compensativa, in base a quanto risulta implicitamente accertato dalla Corte di merito con il decreto oggetto dell’odierna impugnazione. Di conseguenza, non può operarsi, nel presente giudizio, una diversa ponderazione dei presupposti necessari per il riconoscimento ab origine dell’assegno divorzile e, anche, delle correlate condizioni economiche delle parti già effettuata, ovviamente con i dati e le risultanze dell’epoca, con la citata sentenza del 2010, con l’ulteriore corollario che il ricorrente non può ora negare il ruolo endo-familiare dell’ex moglie svolto durante la vita matrimoniale.

8. In quest’ottica e così inquadrato l’ambito di cognizione, entro il quale deve svolgersi il presente giudizio, i motivi secondo e terzo, che sono sostanzialmente diretti a contestare la sussistenza e la dimostrazione del contributo familiare dell’ex moglie, sono inammissibili, e così anche il quarto, con il quale il ricorrente, sempre al fine di negare che occorra “compensare” il suddetto contributo, assume anche che debba valorizzarsi il regime patrimoniale scelto dagli ex coniugi in costanza di matrimonio.

9. Per contro, certamente, alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite nella sentenze nn. 18287 del 2018 e 32191 del 2021, il giudice di merito deve verificare se, ed in che misura, le circostanze, sopravvenute e provate dalle parti, abbiano alterato gli equilibri sanciti dall’assetto economico patrimoniale dato dalla sentenza di divorzio, nonché deve anche verificare se persista il presupposto indefettibile della mancanza di mezzi adeguati (Cass. S.U. 32191/2021 citata), sempre in dipendenza del fatto sopravvenuto.

Infatti, come in ogni altra ipotesi di revisione dell’assegno divorzile, si richiede la presenza di “giustificati motivi” e si impone la verifica di una sopravvenuta, effettiva e significativa modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi sulla base di una rinnovata valutazione comparativa delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali (cfr. Cass. 354/2023).

Ove, pertanto, le ragioni invocate per la revisione siano tali da giustificare la revoca o la riduzione dell’assegno divorzile, è indispensabile accertare con rigore l’effettività dei mutamenti e verificare l’esistenza del nesso di causalità tra gli stessi e la nuova situazione economica instauratasi.

10. Nel caso di specie, la Corte d’appello si è limitata ad effettuare un’operazione matematica di dimezzamento dell’assegno divorzile originariamente riconosciuto, senza precisare quale fosse il “peso” della componente assistenziale non più dovuta, ove individuabile in base alla sentenza di divorzio [nds: e se non lo è? l’art. 5 l. div. non lo prevede come obbligarorio], ma, soprattutto e prima ancora, senza accertare quale fosse l’incidenza della sopravvenienza sull’adeguatezza dei mezzi della beneficiaria e quale la rinnovata comparazione delle rispettive situazioni reddituali e patrimoniali degli ex coniugi.

Resta da aggiungere che l’aspetto della nuova condizione economica dell’ex moglie, come fatto impeditivo derivante dalla sopravvenuta convivenza more uxorio, doveva essere specificamente allegato e dimostrato dall’ex marito, poiché l’onere probatorio sul punto grava sulla parte che neghi il diritto all’assegno (Cass.3645/2023). Pertanto, la Corte di merito, una volta ritenuta provata la sussistenza di un nuovo progetto di vita del beneficiario con il nuovo partner, avrebbe dovuto accertare, in presenza di allegazioni e offerta di prova dell’ex marito, se e in che termini fossero discese, dalla nuova relazione more uxorio, reciproche contribuzioni economiche (Cass.3645/2023). A tale riguardo l’odierno ricorrente deduce, con sufficiente specificità, di aver fornito, nel giudizio di merito, indizi ed elementi istruttori sintomatici di una più che ampia disponibilità di mezzi adeguati in capo alla richiedente l’assegno (cfr. pag.7 ricorso per i riferimenti a vacanze, crociere, frequenti viaggi in aereo per far visita al figlio – residente in Spagna alle Isole Canarie -, acquisto, in proprietà piena ed esclusiva, di un immobile produttivo di reddito, in quanto già locato a terzi).>>

V, poi stesso relatore, Cass.  Sez. I, Ord. 08 marzo 2024 n. 6.250, rel. Parise:

<<Va rilevato che, nel giudizio relativo alla negazione o alla revoca dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, a causa dell’instaurazione da parte di quest’ultimo di una convivenza more uxorio, il giudice deve procedere al relativo accertamento tenendo conto, quale elemento indiziario, dell’eventuale coabitazione con l’altra persona, in ogni caso valutando non atomisticamente, ma nel loro complesso, l’insieme dei fatti secondari noti, acquisiti al processo nei modi ammessi dalla legge, e gli eventuali ulteriori argomenti di prova, rilevanti per il giudizio inferenziale in ordine alla sussistenza della detta convivenza, intesa quale legame affettivo stabile e duraturo, in virtù del quale i conviventi si siano spontaneamente e volontariamente assunti reciproci impegni di assistenza morale
e materiale (Cass. 14151/2022)>>