Esecuzione del contratto sociale secondo correttezza e buona fede

Trib. Roma n. 1370/2023 del 27.01.2023,  RG 6118/2018, rel. goggi (segnalata da giurisprudenzadelleimprese.it):

<<Se è vero, infatti, secondo quanto previsto dall’art. 1375 c.c., che il contratto sociale deve essere eseguito in buona fede e che, dunque, tutte le determinazioni e decisioni dei soci, assunte formalmente o informalmente durante lo svolgimento del rapporto associativo, debbono essere considerate come veri e propri atti di esecuzione e devono conseguentemente essere valutate nell’ottica della tendenziale migliore attuazione del contratto sociale, dovendosi, dunque, ai fini che qui rilevano, considerare antigiuridico anche un atto che in concreto si presenti espressione dell’inosservanza dell’obbligo di fedeltà allo scopo sociale e/o del dovere di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto sociale, occorre tuttavia che in concreto venga fornita la prova del pregiudizio patrimoniale effettivamente subito e della correlazione eziologica tra la condotta inadempiente del socio ed il danno al patrimonio sociale che viene ritenuto imputabile a tale condotta>>

Chiaro, conciso ed esatto. Il rapporto sociale è contrattuale e ad esso si applica la disciplina del contratto.

Poi sull’onere della prova:

<<Invero, dall’art. 2697 c.c. – che richiede all’attore la prova del diritto fatto valere ed al convenuto la prova della modificazione o dell’estinzione dello stesso – si desume il principio della presunzione di persistenza del diritto: in forza di tale principio, pacificamente applicabile all’ipotesi della domanda di adempimento, ove il creditore dia la prova della fonte negoziale o legale della propria pretesa, la persistenza del credito si presume ed è, dunque, sul debitore che grava l’onere di
provare di aver provveduto alla relativa estinzione ovvero di dimostrare gli altri atti o fatti allegati come eventi modificativi o estintivi del credito di parte avversa (in tal senso, Cass. Sezioni Unite, 30 ottobre 2001, n. 13533; conf., ex plurimis, Cass., 21 maggio 2019, n. 13685; Cass., 13 giugno 2006, n. 13674; Cass., 12 aprile 2006, n. 8615)>>.