Assegno divorzile di mantenimento in caso di moglie dedicatasi all’accudimento dei figli: due Cassazioni recenti

Cass. sez. 1 del 15.05.2023 n. 12.224, rel. Caiazzo:

<<La Corte d’appello, investita della domanda di corresponsione di assegno divorzile, deve accertare l’impossibilità dell’ex-coniuge richiedente di vivere autonomamente e dignitosamente e la necessità di compensarlo per il particolare contributo, che dimostri di avere dato, alla formazione del patrimonio comune o dell’altro coniuge durante la vita matrimoniale, nella registrata sussistenza di uno squilibrio patrimoniale tra gli ex coniugi che trovi ragione nella intrapresa vita matrimoniale, per scelte fatte e ruoli condivisi; l’assegno divorzile, infatti, deve essere adeguato anche a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali – che il coniuge richiedente l’assegno ha l’onere di dimostrare nel giudizio – al fine di contribuire ai bisogni della famiglia, rimanendo, in tal caso, assorbito l’eventuale profilo assistenziale (Cass., n. 38362/21).

E’ stato altresì affermato che, in tema di determinazione dell’assegno di divorzio, il principio secondo il quale, sciolto il vincolo coniugale, ciascun ex-coniuge deve provvedere al proprio mantenimento, è derogato, oltre che nell’ipotesi di non autosufficienza di uno degli ex coniugi, anche nel caso in cui il matrimonio sia stato causa di uno spostamento patrimoniale dall’uno all’altro coniuge, “ex post” divenuto ingiustificato, che deve perciò essere corretto attraverso l’attribuzione di un assegno, in funzione compensativo-perequativa, adeguato a compensare il coniuge economicamente più debole del sacrificio sopportato per aver rinunciato a realistiche occasioni professionali-reddituali, che il richiedente l’assegno ha l’onere di indicare specificamente e dimostrare nel giudizio (Cass., SU, n. 18287/18; n. 23583/22)>>.

Ora , nel caso concreto il giudice di secondo grado ha ritenuto <<che la controricorrente abbia diritto all’assegno divorzile nella misura stabilita; infatti, è stato accertato, con motivazione insindacabile in questa sede, che la controricorrente si era dedicata per tutta la durata del matrimonio all’accudimento e all’educazione di tre figli, quale scelta condivisa con l’ex-coniuge, costituendo ciò una ragione impeditiva dello svolgimento di attività lavorative.

Ne consegue che l’assegno è stato correttamente liquidato in favore della controricorrente, nella sua declinazione compensativa e perequativa, sulla base della disparità reddituale-patrimoniale tra gli ex-coniugi, e del contributo che la L. aveva apportato alla formazione del patrimonio dell’ex-marito>>.

Si badi: non basta la prova della rinuncia alla carriera professionale, serve anche quella del lucro cessante conseguente.

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Cass. Sez. I, ord. 16 maggio 2023 n. 13316 , Tricomi:

In generale:

<<Invero, come già affermato da questa Corte “Il riconoscimento dell’assegno divorzile in funzione perequativo-compensativa non si fonda sul fatto, in sé, che uno degli ex coniugi si sia dedicato prevalentemente alle cure della casa e dei figli, né sull’esistenza in sé di uno squilibrio reddituale tra gli ex coniugi – che costituisce solo una precondizione fattuale per l’applicazione dei parametri di cui alla l. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, – essendo invece necessaria un’indagine sulle ragioni e sulle conseguenze della scelta, seppure condivisa, di colui che chiede l’assegno, di dedicarsi prevalentemente all’attività familiare, la quale assume rilievo nei limiti in cui comporti sacrifici di aspettative professionali e reddituali, la cui prova spetta al richiedente.” (Cass. n. 29920/2022).

Quanto alla prova di tali circostanze, essa può essere desunta anche mediante il ricorso alle presunzioni semplici, potendosi rammentare in proposito che “Affinché sia riconoscibile valore giuridico alle presunzioni semplici è necessario che gli elementi presi in considerazione siano gravi, precisi e concordanti, ovvero devono essere tali da lasciar apparire l’esistenza del fatto ignoto come una conseguenza ragionevolmente probabile del fatto noto, dovendosi ravvisare una connessione tra i fatti accertati e quelli ignoti secondo le regole di esperienza che convincano di ciò, sia pure con qualche margine di opinabilità. senza che sia consentito al giudice, in mancanza di un fatto noto, fare riferimento ad un fatto presunto e far derivare da questo un’altra presunzione.” (Cass. n. 14115/2006; cfr. Cass. n. 20671/2005)>>.

Applicando poi al caso sub iudice:

<<la Corte territoriale ha proceduto – conformemente ai principi ricordati – all’esame della situazione reddituale e patrimoniale dei coniugi ed ad evidenziare il rilevante squilibrio esistente tra le condizioni economiche degli stessi alla stregua degli indici di riferimento previsti dalla L. n. 898 del 1970 cit., art. 5, comma 6, ritenendo di dover valutare il contributo fornito dal coniuge economicamente più debole ( G.) in costanza di matrimonio, al fine di accertare la ricorrenza o meno dei presupposti per il riconoscimento dell’assegno in funzione compensativa.

Su tale premessa, facendo applicazione del criterio probatorio presuntivo, ha ravvisato i presupposti per il riconoscimento dell’assegno in funzione compensativa, avendo considerato che G.- in costanza di matrimonio – si era precocemente pensionata con decisione condivisa dal coniuge, rinunciando così ad retribuzione altrimenti destinata ad incrementarsi progressivamente e che la lunga durata del matrimonio, la nascita di due figli ed l’impegnativo lavoro svolto dall’appellato (titolare di studio notarile) costituivano indizi da cui presumere l’esistenza di un rilevante contributo domestico nello svolgimento dei compiti genitoriale e di gestione della casa da parte dell’ex moglie, oramai impossibilitata per ragioni anagrafiche a rientrare nel mondo del lavoro>>