Sul diritto all’oblio, l’editore web può attendere una richiesta dell’itneressato, non essendo obbligato ad un costgante controllo dell’aggiornamenot delle notizie

Cass. sez. 1 n° 6806 del 07 marzo 2023, rel. Scotti, sul tema.

<<13. La questione di diritto che deve essere risolta e che è stata posta con il motivo all’attenzione della Corte è se l’obbligo di intervento del titolare del sito web presupponga una richiesta dell’interessato o invece vi preesista per il solo fatto della sopravvenuta inattualità della notizia per effetto del decorso del tempo, sì che sarebbe configurabile la sua responsabilità risarcitoria per non avervi provveduto anche in difetto di una richiesta dell’interessato>.

Risposta:

<14. La Corte ritiene corretto il responso del giudice umbro nel primo senso, allorché la notizia (come in questo caso è pacifico ed è stato accertato dal Tribunale con statuizione non censurata) è stata a suo tempo legittimamente pubblicata in presenza di un interesse pubblico informativo; in tal senso si è espressa questa Corte proprio con l’ordinanza sopra richiamata n. 2893 del 2023, con riferimento agli artt. 16 e 17 del GDPR (come si è detto non applicabile ratione temporis alla presente controversia), che delineano un obbligo di intervento senza indugio, temporalmente calibrato in relazione alla richiesta dell’interessato.

Giustamente il Tribunale ha evidenziato, in primo luogo, che proprio perché la condotta lesiva consiste nell’esposizione di una rappresentazione non più attuale della propria persona, occorre la percezione del divario fra l’immagine pregressa e quella attuale, che non può che essere rimessa alla sensibilità e all’onere di attivazione dell’interessato, dovendosi in difetto presumere la persistente conformità della notizia alla realtà attuale.

Per altro verso, e in doveroso bilanciamento degli interessi in gioco, sarebbe eccessivamente oneroso accollare al gestore di un archivio digitale di notizie l’onere di un controllo periodico del loro superamento e della loro inattualità, in difetto di qualsiasi parametro temporale fissato dalla legge e sulla base di elementi del tutto sconosciuti come l’evoluzione personale dei soggetti interessati>>.

Altra disciplina del diritto all’oblio (che la SC desume da Corte Giustizia 08.12-2022, C-460, parrebbe):

<Quanto agli obblighi incombenti alla persona che richiede la deindicizzazione per l’inesattezza di un contenuto indicizzato, è stato ritenuto che spetti ad essa dimostrare l’inesattezza manifesta delle informazioni che compaiono in detto contenuto o, quanto meno, di una parte di tali informazioni che non abbia un carattere secondario rispetto alla totalità di tale contenuto.

Tuttavia, al fine di evitare un onere eccessivo idoneo a minare l’effetto utile del diritto alla deindicizzazione, il richiedente è tenuto unicamente a fornire gli elementi di prova che, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, possono essere ragionevolmente richiesti al fine di dimostrare tale inesattezza manifesta; il richiedente, perciò, non è tenuto, in linea di principio, a produrre, fin dalla fase precontenziosa, a sostegno della sua richiesta di deindicizzazione presso il gestore del motore di ricerca, una decisione giurisdizionale, anche scaturente da procedimento sommario. Imporre un obbligo siffatto a detta persona avrebbe, infatti, l’effetto di far gravare su di essa un onere irragionevole.

Inoltre il gestore del motore di ricerca, al fine di verificare, a seguito di una richiesta di deindicizzazione, se un contenuto possa continuare ad essere incluso nell’elenco dei risultati delle ricerche effettuate mediante il suo motore di ricerca, deve fondarsi sull’insieme dei diritti e degli interessi in gioco nonché su tutte le circostanze del caso di specie. Tuttavia, nell’ambito della valutazione delle condizioni di applicazione di cui all’art. 17, paragrafo 3, lettera a), del GDPR, il gestore non può essere tenuto a svolgere un ruolo attivo nella ricerca di elementi di fatto che non sono suffragati dalla richiesta di cancellazione, al fine di determinare la fondatezza di tale richiesta.

Pertanto, in sede di trattamento di una richiesta del genere, non può essere imposto al gestore del motore di ricerca in questione un obbligo di indagare sui fatti e di organizzare, a tal fine, uno scambio in contraddittorio, con il fornitore di contenuto, diretto ad ottenere elementi mancanti riguardo all’esattezza del contenuto indicizzato. Tale obbligo costringerebbe il gestore del motore di ricerca stesso a contribuire a dimostrare l’esattezza o meno del contenuto menzionato e farebbe gravare su di lui un onere che eccede quanto ci si può ragionevolmente da esso attendere alla luce delle sue responsabilità, competenze e possibilità, e comporterebbe quindi un serio rischio che siano deindicizzati contenuti che rispondono ad una legittima e preponderante esigenza di informazione del pubblico e che divenga quindi difficile trovarli in Internet.

A tal riguardo, sussisterebbe un rischio reale di effetto dissuasivo sull’esercizio della libertà di espressione e di informazione se il gestore del motore di ricerca procedesse a una deindicizzazione del genere in modo pressoché sistematico, al fine di evitare di dover sopportare l’onere di indagare sui fatti pertinenti per accertare l’esattezza o meno del contenuto indicizzato.

Pertanto, nel caso in cui il soggetto che ha presentato una richiesta di deindicizzazione apporti elementi di prova pertinenti e sufficienti, idonei a suffragare la sua richiesta e atti a dimostrare il carattere manifestamente inesatto delle informazioni incluse nel contenuto indicizzato o, quantomeno, di una parte di tali informazioni che non abbia un carattere secondario rispetto alla totalità di tale contenuto, il gestore del motore di ricerca è tenuto ad accogliere detta richiesta di deindicizzazione. Lo stesso vale qualora l’interessato apporti una decisione giudiziaria adottata nei confronti dell’editore del sito Internet e basata sulla constatazione che informazioni incluse nel contenuto indicizzato, che non hanno un carattere secondario rispetto alla totalità di quest’ultimo, sono, almeno a prima vista, inesatte.

Per contro, nel caso in cui l’inesattezza di tali informazioni incluse nel contenuto indicizzato non appaia in modo manifesto alla luce degli elementi di prova forniti dall’interessato, il gestore del motore di ricerca non è tenuto, in mancanza di una decisione giudiziaria, ad accogliere siffatta richiesta di deindicizzazione. Nel caso in cui sia avviato un procedimento amministrativo o giurisdizionale vertente sull’asserita inesattezza di informazioni incluse in un contenuto indicizzato e l’esistenza di tale procedimento sia stata portata a conoscenza del gestore del motore di ricerca di cui trattasi, incombe al gestore, al fine di fornire agli utenti di Internet informazioni sempre pertinenti e aggiornate, aggiungere, nei risultati della ricerca, un avvertimento riguardante l’esistenza di un procedimento del genere.

E’ così evidente che la giurisprudenza Europea presuppone ed implica necessariamente un onere di attivazione da parte dell’interessato, sempre che il contenuto originariamente pubblicato fosse lecito, e pure un ragionevole contributo probatorio>>.