Impugnazione di delibera di società quotata: la sentenza nella lite (Vivendi-)Simon Fiduciaria c. Mediaset

E’ giunta a decisione la lite tra Simon Fiduciaria (SF) e Mediaset, a seguito della impugnazione da paate della prima della delibera adottata dalla seconda 27.06.2018 sulla non ammissione al voto della stessa SF

Si tratta di Trib. Milano 23.04.2021, n. 3396/2021,  RG 50173/2018, rel. Simonetti.

SF è la fiduciaria cui Vivendi (V.) trasferì la partecipazione in osseguio al provveduimenti del AGCom in quanto eccedente il lmite ex art. 43/11 TUSMAR

Il divieto di accesso era stato motivato così:

<< • che Vivendi SA avesse acquistato e detenuto la Partecipazione del 28,8% del c.s. di Mediaset in violazione del Contratto di partnership concluso l’8 aprile 2016 includente un implicito impegno di stand still e in violazione di una specifica norma di legge (quella di cui all’art. 43 Tusmar);
• che le suddette violazioni permanessero nonostante l’intestazione fiduciaria a Simon della Partecipazione Fiduciaria;
• che, relativamente alla Partecipazione Fiduciaria, fossero pur sempre opponibili ai sensi degli artt. 1993 c. c. e 83-septies TUF a Simon le eccezioni relative a Vivendi SA circa l’esercizio dei diritti amministrativi inerenti alla Partecipazione Vivendi, anche considerando che l’esercizio dei diritti amministrativi incorporati nelle azioni costituiva reiterazione dell’inadempimento contestato (cfr. doc. 17 citazione)>>.

Il T. afferma la legitimazione ad agire di SF e che la prova di resistenza ex art. 2377/5 cc non si applica al caso de quo : <<Può dunque affermarsi che è inammissibile la prova di resistenza con riferimento all’esclusione di un socio legittimato alla assemblea. La diversa opzione interpretativa di Mediaset spa legittimerebbe, come osservato anche dal Tribunale di Roma nella sentenza citata da Simon in comparsa conclusionale (Trib Roma 17 ottobre 2016 n. 19326), la sistematica esclusione senza sanzione alcuna della minoranza da ogni assemblea perché in ogni caso il voto della minoranza non supererebbe per definizione la prova di resistenza>> p. 7

Il divieto di accesso era stato basato sull’art. 83 septies TUF.

Disattendendo le ragioni di SF, il T. ritiene che le eccezioni addotte da Mediaset (M.) rientrino nella cit. disposizione TUF, di cui dà interptazione estesa: <<La nozione di eccezioni personali cui si riferisce l’art 83 septies tuf è dunque la medesima della disciplina del diritto comune dell’art. 1993 c.c., data l’identità di funzione tra le discipline, favorire una circolazione celere e sicura dei titoli; il riferimento nell’art 83 septies tuf alle eccezioni personali consente di comprendere nella categoria tutte quelle fondate sui rapporti personali che trovano la loro causa in una determinata relazione in cui si sono venuti a trovare l’emittente e il soggetto in favore del quale è avvenuta la registrazione ex art 83 quater e segg tuf e che possono trarre fondamento sia nel contratto c.d. causale (statutario) sottostante lo strumento finanziario, sia in rapporti extra e diretti tra emittente e titolare del conto, non statutari per quanto riguarda le azioni quali strumenti finanziari.
NOTA 3 : Infatti non può dubitarsi che sia sempre oggetto di possibile eccezione personale ex art 1993 comma 1 c.c. la compensazione fondata su un qualsiasi controcredito e non si dubita che l’art 1993 c.c. si applichi ad alcune eccezioni fondate sui rapporti personali extrastatutari tra azionista e società, anche; la compensazione non può esservi se non in caso di autonoma fonte delle reciproche e contrapposte obbligazioni pecuniarie>>

Ma anche qualora si volesse restringere il concetto di eccezioni personali, come prospettato dalla difesa di Simon, alle sole eccezioni che si riferiscono a quei rapporti che hanno avuto direttamente ad oggetto la pretesa che il possessore del titolo esige oppure a quei rapporti che costituiscono il fondamento o la giustificazione di quella pretesa, <<le due eccezioni sollevate da Mediaset ricadrebbero in questa nozione avendo ad oggetto in radice la contestazione sulla stessa titolarità delle azioni vuoi in relazione all’art. 43 co 11 Tusmar – la cui violazione era sanzionata da nullità dell’acquisto ex art 43 comma 4 Tusmar – vuoi alla dedotta violazione di un accordo contrattuale che, secondo la tesi di Mediaset, impegnava Vivendi a non acquistare azioni Mediaset in misura così rilevante come accaduto a dicembre 2016.>>

Infine, la difesa dell’attrice ha contestato la riconducibilità alla nozione di <eccezioni personali> delle eccezioni sollevate da Mediaset a Simon con riferimento alla alterità soggettiva tra Vivendi e Simon: <<Il Tribunale ritiene che alla società fiduciaria possono essere sollevate, per paralizzare l’esercizio dei diritti amministrativi, tutte quelle questioni inerenti i rapporti con il titolare sostanziale e che la società avrebbe potuto sollevare al titolare effettivo dell’azione se non vi fosse stato lo schermo del mandato fiduciario. Nel caso di specie l’intestazione fiduciaria a Simon del 19,19% del c.s. di Mediaset spa acquistato da Vivendi non si colloca nel tentativo di eludere norme di legge, bensì di ottemperare ad un ordine di AGCom, ma ciò non esclude che la titolarità sostanziale delle azioni è pacificamente di Vivendi, costituendo Simon lo strumento per l’esercizio del diritto di voto quanto al pacchetto del 19,19% di Vivendi in Mediaset, esercizio di voto che Vivendi ha ritenuto con sue scelte discrezionali di organizzare attraverso anche la conclusione di un contratto di consulenza con Ersel Sim, ma tutto ciò non osta alla chiara riconducibilità delle azioni alla titolarità sostanziale di Vivendi sicché le eccezioni sollevate da Mediaset a Simon, fondate su rapporti personali con Vivendi, sono eccezioni personali alla parte che vuole esercitare il diritto di voto, eccezioni rispetto alle quali assume rilievo la posizione propria di Simon quale fiduciaria di Vivendi titolare sostanziale delle azioni>>PP. 12-13

Nel merito, però , dà ragione a SG.

L’eccezione basata sulla violazine del art. 43/11 TUSMAr è infonddta, alla luce della nota Corte Giustizia 03.09.2020, C-719/18 e del conseguente TAR Lazio che ha disapplicato retroattivamente l’rat. 43 Tusmar.

Il T. precisa anche che <<la decisione della Corte di Giustizia sull’interpretazione dei Trattati sono vincolanti dunque non solo per il giudice del rinvio, il Tar del Lazio, nella controversia avente ad oggetto l’impugnazione della delibera AGCom 178/17 ma spiegano efficacia anche al di fuori del giudizio principale, data la loro portata generale ed astratta con efficacia vincolante erga omnes a garanzia dell’uniforme interpretazione del diritto dell’Unione Europea>>: efficacia su cui è lecito però dubitare.

Sula seconda eccezione (inadempimerno al contratto 08.04.2016), il T. premette che SF non può “chiamarsene fuori”. <<Il patto fiduciario non può comportare, quanto alla contestazione sulla legittimità stessa della titolarità delle azioni, alcuna frazione/separazione tra fiduciante e fiduciaria tale da consentire di ritenere che le questioni che attengono alla legittimità dell’acquisto delle azioni da parte del fiduciante non siano personali anche alla fiduciaria che esercita i diritti amministrativi inerenti quelle azioni su mandato della fiduciante>>.

Tuttavia nel merito l’eccezione di M. è infondata, visto che l’acquisto di azioni in eccesso è avvenuto quando il patto era già risolto per mancato averamento della condizone sospensiva entro il termine concordato.

Sulle spese di lite: <<Nonostante l’accoglimento della domanda ritiene il Tribunale che la novità delle questioni giuridiche trattate, con riferimento all’interpretazione dell’art 83 septies tuf rispetto alle quali le posizioni interpretative di Simon sono state disattese, la circostanza che la fondatezza della domanda è stata in parte ritenuta per effetto di fatti nuovi verificatisi dopo l’esercizio dell’azione, giustifichi ex art. 92 comma 2 cpc la compensazione integrale delle spese processuali della fase di merito e della fase cautelare.>>

Valutazione comparativa ex art. 2378 c. 4 c.c. per la sospensione cautelare di delibera societaria impugnata: un caso recente

Nella lite ormai annosa Vivendi c. Mediaset ( su cui v. miei post del 10.09.2019 e del 16.01.2019), un recente provvedimento cautelare milanese applica il bilanciamento tra l’interesse dell’impugnante e quello della società resistente, disposto dall’art. 2378 c. 4.

Si tratta dell’ordinanza di Trib. Milano  03.02.2020, giudice : d.ssa Riva Crugnola, procc. riuniti RG 33508/2-3-4-5 del 2019.

Secondo la  disposizione appena citata, <<il giudice designato per la trattazione della causa di merito, sentiti gli amministratori e sindaci, provvede valutando comparativamente il pregiudizio che subirebbe il ricorrente dalla esecuzione e quello che subirebbe la societa’ dalla sospensione dell’esecuzione della deliberazione; puo’ disporre in ogni momento che i soci opponenti prestino idonea garanzia per l’eventuale risarcimento dei danni.>>
Il tribunale con la cit. ord. 03.02.2020, a scioglimento della riserva assunta all’udienza di due giorni prima, nega la cautela.
La domanda di merito mira a annullare due delibere dell’assemblea soci di Mediaset spa: <<procedimenti cautelari riuniti qui in esame riguardano la richiesta di sospensione ex art.2378 cc delle due delibere adottate dall’assemblea dei soci di MEDIASET SPA rispettivamente il 4.9.2019 e il 10.1.2020,
la prima recante approvazione del progetto di fusione transfrontaliera tra MEDIASET SPA (d’ora in avanti anche solo MEDIASET) e MEDIASET ESPANA COMUNICACION SA (d’ora in avanti anche solo MESPANA) con incorporazione di entrambe nella società olandese destinata ad essere ridenominata MEDIAFOREUROPE NV (d’ora in  avanti anche solo MFE),
la seconda recante approvazione di modifiche allo statuto di MFE post-fusione a seguito dei rilievi svolti dalle socie di MEDIASET impugnanti la prima delibera, VIVENDI SA e Simonfidspa>>, pp. 4-5.
Secondo Vivendi, la delibera è abusiva sostanzialmente perchè ha lo scopo di rafforzare i poteri della maggioranza (in base al più favorevole diritto olandese) senza corrispondere ad alcun progetto industriale , p. 6/7.
Secondo Mediaset invece ci sono solide ragioni di business legate soprattutto alla necessità aumentare la dimensione aziendale. Inoltre l’incoremento di potere corporativo della maggioranza è compensato da specifici diritti per le minoranza, p. 8/9.
Il Tribunale inizia a dire che le delibere vanno considerate unitariamente, p. 9.
Passa poi ad esaminare i pericula (per Mediaset dalla sospensione e per Vivendi dalla non sospenszione) per conclduere che il primo è maggiore del secondo, soprauttto perchè -a differenza da esso- non è risarcibile.
Infatti il rimedio risarcitorio per Vivendi esiste, mentre per Mediaset <<l’impossibilità di procedere alla fusione derivante dalla sospensione delle due delibere  impugnate rappresenterebbe (…) un evento senz’altro  pregiudizievole in termini non solo organizzativi ma anche industriali ed economici, in particolare impedendo uno sviluppo dimensionale ritenuto  indispensabile nel mercato di riferimento e, comunque, risolvendosi nel “blocco” di una iniziativa ampiamente illustrata ai mercati con tutte le ovvie conseguenze anche in termini di valutazione da parte degli stessi mercati; tale pregiudizio, in quanto attinente allo stesso sviluppo trans-nazionale dell’attività imprenditoriale propria della convenuta, o sviluppo la cui evoluzione secondo le linee da tempo programmate sarebbe bruscamente impedito, appare dunque al Tribunale particolarmente rilevante e non suscettibile di futura riparazione risarcitoria adeguata, incidendo sulle stesse modalità di esercizio dell’impresa, i cui risultati alternativi sarebbero -per le innumerevoli varianti da considerare- di difficilissima se non impossibile quantificazione nel caso -all’esito dei procedimenti di merito- le delibere impugnate fossero ritenute valide>>, p. 10.
In sintesi <<all’esito della comparazione dei pregiudizi ex art.2378 cc sono dunque ravvisabili: – da un lato, per la convenuta MEDIASET, un pregiudizio attinente allo stesso funzionamento dell’ente ed alle sue prospettive di sviluppo, come tale da considerare irreparabile; – dall’altro un pregiudizio per le impugnanti riconducibile al minor peso della loro partecipazione post-fusione, risolventesi in un minor valore della partecipazione suscettibile di rimedi risarcitori, con esito finale, dunque, nel senso della maggior rilevanza del pregiudizio che si verificherebbe in capo alla convenuta in caso di accoglimento delle istanze cautelari, istanze che vanno quindi rigettate>>, p. 11.
Concludo ricordando l’interessante questione posta da Vivendi: l’operazione di fusione con spostamento della sede in Olanda avrebbe il solo scopo di incrementare i poteri dei soci di maggiorenza, senza ulteriori scopi industriali. Il che attiene allo scopo della società: che di solito è individuato in quello di fare profitti e, oggi va aggiunto, di farli in modo sostenibile [precisazione densa di conseguenze giuridiche].
Sul purpose of the company v. il post <<A Fuller Sense of Corporate Purpose: A Reply to Martin Lipton’s ‘on the Purpose of the Corporation’>> di Bernard S. Sharfman del 9 giugno nel blog di Oxf. Univ.  che risponde a due post di Martin Lipton (uno dei più noti avvocati di diritto societario statunitense), ivi linkabili.