E’ uso legittimo della cosa comune (art. 1102 cc) chiudere con serratura il ballatoio in comproprietà?

T. chiude con cancello a serratura (pare, non è chiaro) un ballatoio comune e gli altri comproprietario agiscojo in giudizio. Poteva farlo? Risponde Cass. n° 8.177 del 14.03.2022 , rel. Carrato.

Premesse generali sull’art. 1102 cc: <<In via preliminare si osserva come non sia discutibile – alla stregua della univoca giurisprudenza di questa Corte (cfr., ad es., tra le più recenti, Cass. n. 7466/2015 e Cass. n. 6458/2019) – il principio generale secondo cui la nozione di pari uso della cosa comune, agli effetti dell’art. 1102 c.c., non va intesa in termini di assoluta identità dell’utilizzazione del bene da parte di ciascun comproprietario, in quanto l’identità nel tempo e nello spazio di tale uso comporterebbe un sostanziale divieto per ogni partecipante di servirsi del bene a proprio esclusivo o particolare vantaggio, pure laddove non risulti alterato il rapporto di equilibrio tra i condomini nel godimento dell’oggetto della comunione.

Tuttavia, l’applicazione di tale principio deve essere correlato alle specifiche fattispecie al fine di valutare se, ancorché la fruizione da parte di ciascun comproprietario non debba essere intesa in termini di assoluta parità, colui che intende farne un uso più intenso deve comunque comportarsi in modo che gli altri comproprietari non subiscano un possibile aggravamento dell’utilizzazione precedente, nel senso che l’esercizio di una condotta “più intensa” non debba implicare una modalità di utilizzazione, da parte degli altri, del bene in comproprietà che possa determinare la configurazione di una possibile incomodità che, seppur non intollerabile, non consente una prosecuzione agevole di siffatta utilizzazione.

Pertanto, l’onere probatorio – rilevante ai fini dell’art. 2697 c.c. – circa l’insussistenza di quest’ultima evenienza, al fine di poter rilevare la legittima esplicazione di un’utilizzazione più intensa ma senza impedire agli altri comproprietari di “farne parimenti uso secondo il loro diritto” (con l’adozione, perciò, di accorgimenti che salvaguardino l’esercizio di un normale uso paritario), incombe, qualora venga prospettata tale illegittimità, su chi ritenga di aver posto in essere il suddetto utilizzo più intenso in modo lecito.>>

Quindi, con riferimento al caso di specie: <<pacifica la comproprietà del ballatoio dedotto in controversia ed incontestata l’apposizione del cancelletto lungo il suo percorso da parte della B., spettava a quest’ultima – diversamente da quanto ritenuto dalla Corte bresciana nell’impugnata sentenza – fornire la prova, per contrastare il “petitum” originariamente dedotto e riscontrato dagli attori, di non aver impedito, tramite detta apposizione, agli stessi attori (odierni ricorrenti) di continuare ad utilizzare il ballatoio secondo il loro diritto di comproprietà, permettendone l’ordinaria accessibilità ed il godimento comune senza ostacoli, con la possibilità di un attraversamento senza particolari disagi.

A tale principio dovrà uniformarsi il giudice di rinvio.

Occorre peraltro evidenziare che, per quanto emergente dallo svolgimento della vicenda processuale, la circostanza che il cancelletto rimanesse sempre aperto o fosse privo di strumenti di chiusura era stata addotta tardivamente dalla B., a fronte, peraltro, dell’allegazione contraria, operata dai sigg. A. – M., che l’avevano dedotta fin dall’introduzione del giudizio, per come oltretutto comprovata anche dall’acquisita documentazione fotografica.

In ogni caso, ove anche fosse stato dimostrato che il cancelletto rimaneva ordinariamente aperto, la B. – in presenza della possibilità che la stessa lo potesse chiudere senza darne conto agli altri due comproprietari del terrazzo o, più in generale, gestendone le modalità di utilizzo secondo la sua esclusiva volontà – era tenuta a consentire (con accollo in capo alla stessa dell’assolvimento del relativo onere probatorio in sede processuale) agli A. – M. la continuazione dell’accesso al ballatoio in modo libero da ostacoli, permettendo agli stessi – nell’ottica dell’indispensabile soddisfacimento del dovere di reciproca collaborazione e fisiologica solidarietà tra tutti i comproprietari (cfr., da ultimo, Cass. n. 11464/2021) – di poter anche ricevere eventuali loro ospiti nei limiti della normalità, provvedendo – quantomeno – alla consegna in favore dei medesimi della chiave di apertura del cancelletto per ogni evenienza eventualmente ostativa (in tal senso aveva pronunciato anche la sentenza di questa Corte n. 8394/2000, richiamata nella stessa sentenza di appello, con la quale si esigeva tale consegna per l’esercizio della facoltà di uno dei comproprietari di installare un cancello sul passaggio comune; cfr., altresì, per l’applicazione del corrispondente principio in materia di servitù, Cass. n. 31114/2017 e n. 21928/2019)>>.

Quest’ultimo è il punto difficile: può il comproprietario chiudere con cancello a serraratura , dandone però la chiave ai restanti  comproprietari? La chiusura comporta un onere , dovendo costoro aggiungere la nuova chiave al mazzo di casa , portarsela sempre dietro e usarla ogni volta che vanno e vengono da casa. Ci pare un onere eccessivo, per cui riterrei illeggittimito tale uso (tranne forti ragioni contrarie , ad es. per serie ragioni di sicurezza dell’abitazione).

L’uso della cosa comune da parte del singolo comproprietario: precisazioni sull’annosa questione

L’art. 1102 c.c. (“Ciascun partecipante puo’ servirsi della cosa comune, purche’ non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto“) è tanto frequentemente applicato (soprattutto nei condomini) quanto fonte di incertezze applicative, data la genericità del concetto normativo di “parimenti uso”.

Una Cass. di due anni fa offre qualche chiarimento (Cass. 28.10.2020 n. 18.038, rel. Scarpa).

<<Questa Corte ha più volte affermato che la nozione di pari uso della cosa comune, cui fa riferimento l’art. 1102 c.c., non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con i diritti degli altri, essendo i rapporti condominiali informati al principio di solidarietà il quale richiede un costante equilibrio fra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione. Ne consegue che qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che in una materia in cui è prevista la massima espansione dell’uso il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto. Pertanto, si è chiarito in giurisprudenza, con particolare riguardo, appunto, al muro perimetrale dell’edificio – anche in considerazione delle sue funzioni accessorie di appoggio di tubi, fili, condutture, targhe e altri oggetti analoghi -, che l’apposizione di una vetrina da esposizione o mostra sul detto muro da parte di un condomino, in corrispondenza del proprio locale destinato all’esercizio di attività commerciale, non costituisca di per sè abuso della cosa comune idoneo a ledere il compossesso del muro comune che fa capo come “jus possidendi” a tutti i condomini, se effettuata nel rispetto dei limiti di cui all’art. 1102 c.c. (Cass. Sez. 2, 12/02/1998, n. 1499; Cass. Sez. 2, 20/02/1997, n. 1554; Cass. Sez. 2, 08/05/1971, n. 1309).

La destinazione della cosa comune – che, a norma dell’art. 1102 c.c., ciascun partecipante alla comunione non può alterare, divenendo altrimenti illecito l’uso del bene – dev’essere determinata attraverso elementi economici, quali gli interessi collettivi appagabili con l’uso della cosa, elementi giuridici, quali le norme tutelanti quegli interessi, ed elementi di fatto, quali le caratteristiche della cosa.

In mancanza di accordo unanime o di deliberazione maggioritaria che contenga norme circa l’uso delle parti comuni, la destinazione di queste ultime, rilevante ai fini del divieto di alterazione posto dall’art. 1102 c.c., può risultare anche dalla pratica costante e senza contrasti dei condomini, e cioè dall’uso ultimo voluto e realizzato dai partecipanti alla comunione, che il giudice di merito deve accertare (cfr. Cass. Sez. 2, 18/07/1984, n. 4195)>>.

Non c’è bisogno di precisare che la parte in rosso (<ragionevole prevedibilità>) sia quella più importante e difficile da accertare.

Apertura di passi carrabili su strada privata: eccessivo aggravio per gli altri comproprietari ex art. 1102 cc, che non possono più usarla come parcheggio

Aprire passi carrabili sul muro perimetrale, che dà su una stada privata -soggetta ad uso pubblico- , quindi togliendo la possibilità di parcheggio per gli altri comproprietari, costitutuisce uso vietato dall’art. 1102, alterandone  la destinazione (appunto a parcheggio).

Così Cass. 24.937 del 15.09.2021, rel. Carrato: <<Applicando tale principio generale ne deriva che anche l’assoggettamento di una strada privata a servitù di uso pubblico non implica la facoltà dei proprietari frontisti di aprire accessi diretti dai loro fondi su detta strada, comportando ciò un’utilizzazione di essa più intensa e diversa, non riconducibile al contenuto dell’indicata servitù (cfr., ex  multis, Cass. n. 3525/1993; Cass. n. 7156/2004, cit.; Cass. n. 21953/2013 e, da utlimo, cass. n. 24268/2019). Nel caso di specie, quindi, il mutamento di destinazione dell’immobile di proprietà della società ricorrente da palestra ad autorimessa, con la connessa apertura di sei accessi carrabili (pur se assistiti dal preventivo rilascio di altrettante concessioni) è venuto a porsi in contrasto con il più volte indicato art. 1102 c.c., in dipendenza della prodotta soppressione ed a svantaggio di tutti gli altri  numerosi condomini del supercondominio insistente “in loco”, della possibilità, per questi ultimi, di poter continuare a fruire pienamente della possibilità di parcheggiare –  secondo le antecedenti modalità – lungo i lati della strada in questione, così conseguendone l’alterazione dell’equilibrio tra le concorrenti utilizzazioni attuali o potenziali degli altri comproprietari e la configurazione di una pregiudizievole invasione nell’ambito dei coesistenti diritti di questi, con correlata violazione del principio di solidarietà cui devono essere informati i rapporti condominiali, il quale impone un costante equilibrio tra le esigenze e gli interessi di tutti i partecipanti alla comunione (v. anche Cass. n. 17208/2008 e Cass. n. 13213/2019).>>